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Autore: Mirajade_    22/08/2014    3 recensioni
Anni di guerre e rivolte hanno portato a nulla… morte e sangue. Città oramai impossibili d’abitare e specie estinte da tempo, come la razza umana.
La Terra è completamente deserta e i pochi abitanti non sono umani e riempiono a mala pena una città. Una città che viene usata per allenare, per distruggere e uccidere, dove i bambini non conoscono i loro genitori e vagano da soli, cercando qualcosa in luoghi rivoltanti o uccidendo. Lì i ragazzi imbracciano armi e eseguono sacrifici. Lì gli adulti muoiono per pessime condizioni di vita.
Un mondo parallelo, diviso in quattro terre, rischia di cadere in mano a un dittatore che vuole solo potere, uccidendo… uccide, nella terra di cui è padrone, giovani ragazzi mandandoli in arene, alla ricerca di anime potenti. Lì sei ragazze sono diverse, e sperano di morire velocemente, chiudendo gli occhi e pregando che la lama che le trafiggerà sarà quella del proprio, fratello, amico, guerriero.
Nasceranno, vivranno , soffriranno, ameranno, moriranno e piangeranno sangue.
L’unico, loro, desiderio è quello di finire nell’Altro Lato della Luna.
***
Aulampia era il nuovo angelo, la nuova divinità, la nuova guerriera.
||SOSPESA||
Genere: Fantasy, Guerra, Sovrannaturale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Courtney, Dawn, Gwen, Heather, Sierra | Coppie: Alejandro/Heather, Bridgette/Geoff, Duncan/Courtney, Duncan/Gwen, Trent/Gwen
Note: AU, Lime, OOC | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Contesto generale
Capitoli:
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There was a time, I used to look into my father’s eyes...
Don’t you worry, don’t you worry child
See heaven’s got a plan for you
Don’t you worry, don’t you worry now

 

-Dannazione!- urlò Heather premendo più insistentemente  due cuscini sulle sue orecchie:- Dobbiamo firmare una petizione per dormire?!-.
I suoi capelli erano totalmente ricoperti da uno strato di brina e il suo colorito era più bianco del solito, il nervosismo la stava divorando dall’interno.
Le sue unghie, del tutto congelate, erano conficcate nei cuscini bianchi nella speranza di far scomparire quel rumore assordante ma sembrava amplificarsi ad ogni minuto. Sentiva lo stridere delle spade e gli urli dei guerrieri, sentiva il battere del suo cuore e la morbidezza dei cuscini sull’orecchie.
-Non possiamo farci nulla,Heather. Sono gli ordini dell’imperatore- disse Gwen rigirandosi nel letto, cercando di trovare una posizione comoda per rilassarsi.
-Ordini o non ordini, qui si parla del mio sonno!- sbottò Courtney illuminata solamente da una lanterna ad olio. I suoi capelli erano legati in una crocchia malefatta e sul suo viso si poteva leggere la stanchezza di una studentessa che ha passato la sera a studiare.
-Ha ragione- si unì alla discussione Sierra che lasciava penzolante un braccio al di fuori del suo letto. Il suo sguardo era fisso su un vecchio tavolo in legno, malandato, ricoperto di fogli,libri,inchiostro e piume. Era l’unico mobile nel bel mezzo di quella spoglia stanza che, nonostante fosse piccola, godeva di una finestra molto alta e di quattro letti, tre a castello e uno singolo, ma quello singolo veniva solamente usato per poggiare altri libri o indumenti.
-Dovremmo urlare quattro imprecazioni ai loro dei e mandarli via!-  disse Zoey con la voce ovattata da un cuscino premuto sul suo viso.
-Come pensi di mandare via circa tremila guerrieri?- sbottò Courtney in preda ad un mal di testa.
-Scusami “Miss.Perfezione” la prossima volta, prima di dire qualcosa, mi consulterò con te!- disse Zoey sarcasticamente, togliendosi il cuscino dal viso. Non era dispiaciuta del tono che aveva usato con l’amica, sapeva che non si sarebbe offesa. Per lei Courtney era come una seconda sorella, era quella con cui aveva preso più confidenza, la prima che aveva avuto onore di conoscere.
-Zitte voi due! Fate più fracasso di quei guerrieri là fuori!- disse Gwen alzandosi dal letto e dirigendosi verso la grande finestra alta quanto lei, forse di più.
L’aprì con forza e davanti ai suoi occhi si prostrò un panorama di fuoco,fiaccole,spade e guerrieri, che non si riusciva a vedere attraverso il vetro opaco e macchiato  dell’infisso.
I guerrieri erano schierati in due file, una di fronte all’altra, le spade erano dorate e le mani che ne tenevano l’elsa erano macchiate di rosso. Era la simulazione di un assedio ma al contrario di un vero assedio il terreno sotto ai piedi dei guerrieri non era pieno di corpi inermi svuotati dalle proprie anime ma era rosso, il rosso del sangue. Rosso come la vendetta, come le rose nel cimitero, come l’animo di chi vuole e pretende vendetta.
La magia, ecco cosa li teneva in vita. Quel momento trasudava di magia e sangue; penetrava nelle carni dei ragazzi proteggendo l’anima, la vita.
La magia protegge, sanguina e fa sanguinare.
Un segnale, una fiamma lanciata nel cielo scuro senza stelle, e le due file si incrociano tra di loro, si mescolano.
In un assedio si combatte per la propria parte, per il proprio regno, ma quando i militi si fondono tra di loro non si sa più per cosa si combatte. Diventano un'unica cosa, un gruppo di uomini e ragazzi che combattono per il sangue. In una guerra non esistono parti da cui stare; si è tutti uguali, si è un'unica cosa, una specie che si distrugge tra di loro.
Gli occhi della sacerdotessa dell’acqua erano illuminati da una luce aranciata, il suo viso era contorto in un’espressione di eccitazione e stupore.
Vedeva lo spettacolo di tremila spade che danzavano, fendendo colpi, tagliando,squarciando l’aria e le membra. Sentiva l’odore del sangue invaderle le narici, metallico e penetrante.
Uno spettacolo meraviglioso ai suoi occhi: al di fuori della barriera quelle azioni si ripetevano ogni giorno, in altre terre, in altri pianeti, azioni che non aveva mai avuto l’onore di vedere, di sapere cosa si provava nel guardare una scintilla, una piccola parte, dell’apocalisse che per secoli ha distrutto moltitudini di specie.
-Gwen!- urlò Zoey scagliando un piccola fiamma sul braccio di Gwen, come era solita fare per attirare la sua attenzione.
La sacerdotessa si risvegliò dal suo stato di trans e dopo essersi strofinata la leggera macchia d’ustione sul braccio disse:- Venite a vedere- ritornò a guardare il panorama questa volta cogliendo ogni minimo dettaglio, come le sue compagne che ammiravano lo scontro dalle proprie finestre, talvolta, esultando. Guardò disgustata la scena di quelle ragazze che erano noncuranti dell’abbigliamento per la notte quasi trasparente, che esultavano ad ogni taglio o fiotto di sangue.
-La feccia del mondo proprio sotto la nostra finestra, che bellezza- disse Heather disgustata e menefreghista affiancandosi a Gwen.
-Bene, io propongo di far piovere un po’- pronunciò Courtney nella speranza di essere  sostenuta dalle sue amiche.
-Non se ne andranno via per un po’ di pioggia- dichiarò Bridgette che fino a quel momento non aveva proferito parola.
-Allora che si fa? Vorrei dormire, e ho già perso venti minuti del mio sonno- disse la sacerdotessa del tempo atmosferico incrociando le braccia e aspettandosi una risposta immediata.
-Ci deve essere qualcuno che controlla questa simulazione…- si affrettò a dire Zoey –Chiediamo se possono rimandare a domani nel tardo pomeriggio-
-Zoey…- Heather chiuse gli occhi, come per mantenere quel poco di umanità, e congiungendo le mani disse:-…stiamo parlando di guerrieri- aprì gli occhi fulminandola con lo sguardo:-… no di un pastore e delle sue caprette! Quindi smettila di usare questo atteggiamento da Miss.Simpatia e inizia a formulare frasi sensate-  quasi urlò in preda all’ira.
-Perché stasera sei più acida del solito?- urlò a suo volta Zoey trovandosi in un testa a testa con la sacerdotessa del ghiaccio.
Nel frattempo la simulazione era terminata e i guerrieri si apprestavano a pulire le proprie spade e riprendere fiato.
-Perché non posso dormire,perché devo ascoltare te che dici frasi insensate e perché…- Heather fu interrotta da Sierra.
-Ha i suoi giorni- disse trattenendo una risata e ricevendo un’occhiataccia da Heather.
-Ti ci metti anche tu Sierra?! E poi non sono affari tuoi se ho “quei giorni”- disse incrociando le braccia
-Lo so ma qua…- Sierra fu interrotta
-Ehi Principessa!- la voce proveniva al di fuori della finestra ed era maschile,sarcastica e irritante.
Courtney sussultò sentendo quel nomignolo e strinse le mani in due pugni per poi affacciarsi dal grande infisso; intravide il “suo” guerriero senza nome con accanto un ragazzo dai capelli rossi. Tutti e due erano sporchi di sangue sui pantaloni mimetici e sulle braccia e mostravano qualche taglio che in pochi minuti si rigenerava completamente lasciando una leggera cicatrice.
Non rispose a quel nomignolo come avrebbe fatto solitamente, aveva capito che a quel guerriero dagl’occhi indecifrabili piaceva vederla irritata.
-Non hai niente da dirmi? Per esempio: Sei stato bravissimo Da…- si morse la lingua -…Daniel- rivolse lo sguardo al suo amico che lo guardava stranito e divertito.
-Quindi ti chiami Daniel?- chiese Courtney con fare poco interessato sentendo di tanto in tanto la presenza delle sue amiche dietro e quella di Gwen accanto.
-No… mi sono fermato in tempo- sorrise compiaciuto  il guerriero – Hai ancora, circa, due giorni e mezzo-
-Per fare cosa?- chiese Gwen incuriosita.
Il guerriero volse lo sguardo alla sacerdotessa dell’acqua e la guardò a lungo, facendo infastidire leggermente Courtney:- Beh… bambolina, la tua amica deve scoprire…- fu interrotto bruscamente dal rosso accanto a lui.
-Si chiama Duncan- ghignò mentre guardava Courtney, meravigliato.
-Brutto bastardo!- disse Duncan mandandogli delle occhiate come per dire “Dopo facciamo i conti noi due”.
Nel frattempo la sacerdotessa del ghiaccio era alquanto irritata dalla situazione. Per  la discussione tra Gwen,Courtney e Duncan. E soprattutto per il modo in cui si pavoneggiava Alejandro in mezzo al quarto di pianura, facendo rivolgere gran parte degli sguardi verso di lui.
Sentiva quel senso di irritazione mischiato a qualcos’altro… gelosia? Perché quel ragazzo era il “suo” guerriero?
Impossibile, si disse tra se e se rivolgendo sguardi truci ad ogni sacerdotessa che osava guardarlo più di tre secondi.
Dopo un tempo che parve interminabile si mosse di scatto, scostando bruscamente Gwen e Courtney che avevano aperto una discussione con i due guerrieri.
Guardò ancora Alejandro che aveva smesso di pavoneggiarsi, ma si era unito ad un gruppetto di ragazzi. Nessuno gli toglieva gli occhi di dosso, forse perché era a petto nudo, non lo aveva chiaramente capito.
Con ultimo sospirò infuriato appoggio le mani al davanzale della finestra congelando totalmente le pareti dell’istituto in pochi secondi. Strati e strati di ghiaccio si muovevano come le radici d’un albero penetrando tra le più piccole fessure, espandendosi ad ogni crepa che incontravano sui muri di mattoni. Le finestre si chiusero di scatto a causa di un vento gelido e furono ricoperte da uno spesso strato di ghiaccio che ne impediva totalmente l’apertura.
Heather lasciò cadere le mani lungo i fianchi e la finestra dinanzi a lei si chiuse, ricoprendosi anch’essa di ghiaccio. Le mani le tremavano e la testa le pulsava, il suo cuore non accennava a farsi sentire.
Adesso cinque paia di occhi erano rivolti verso di lei.
Si avviò velocemente sul suo letto, sotto a quello di Gwen, cercando di prendere sonno e di far calmare quelle intense emozioni che vorticavano intorno al suo essere.
 

Piccole note e  sussurri danzavano intorno alla ragazza.
Le mani stringevano lo strumento poggiato sulla spalle; erano veloci, incontrollabili,distruttive.
L’archetto si muoveva incontrollato sul violino, lasciando le note sparse nell’aria, era un accompagnamento perfetto con le mani della sacerdotessa che accarezzavano le corde del violino velocemente.
Il suono sembrava riprodursi più volte nella pianura invasa da un vento freddo che spostava i capelli neri e la lunga veste della ragazza.
Era presa dal vento e dalle note. Era concentrata su i suoi passi e sullo strumento. Era ammaliata dalle parole e dal sole che stava sorgendo.
Sentiva la libertà prendere forma attraverso quell’oggetto materiale; sentiva la sua anima tormentata, macchiata, liberarsi dalle sue colpe, dal suo martirio.
Bugie,tradimento,sangue,La,Si,Verità,Malvagità,Vita,Do,Sangue.
Perché sembrava che quelle parole si adattassero perfettamente a quella melodia?
-Somebody make me feel alive and shatter me- sussurrò per poi appoggiare lo strumento sul fianco e ammirando la prossima e solita eclissi.

Camminava con passo affrettato seguita da una guardia.
Il viso era sciupato e i capelli erano legati in una treccia malamente fatta, segno che si era svegliata controvoglia.
Il sole stava sorgendo e lei riusciva a notarlo nel suo lieve splendore.
Era un’altra vittima, un’altra serva,schiava.
-Cosa vuole?- chiese con voce acida e grave alla guardia dietro di lei
-Non lo so. Sbrigati non gli piace aspettare- rispose la guardia fermandosi.
La passante ammirò un’ultima volta l’istituto e dopo aver chiuso gli occhi passò una mano in aria, accarezzandola. Dalle sue dita si formarono anelli verdi che si espandevano come se avesse toccato lo strato superficiale dell’acqua.
Gli anelli si dissolsero lasciando l’aria spezzata,distrutta: sembrava avessero distrutto una vetrata.
-Possiamo passare?- chiese la guardia
-Si- rispose sospirando la passante dai capelli aranciati.
Attraversarono lo spazio che si era formato . Davanti a lei non c’era un prato verde, il sole splendente e il dolce vento, c’era soltanto una serie di villaggi e edifici distrutti immersi nel grigio e nel nero, nella polvere da sparo e nelle lame. Tutto era spento, morto. Il risultato di innumerevoli rivolte e guerre.
Il passo della ragazza era silenzioso come quello di un predatore all’erta, i battiti del suo cuore rallentavano man mano che si avvicinava ad un enorme edificio  a due piani , lo sguardo si faceva più vigile e la tensione accresceva in lei.
“Un altro ordine, altra sofferenza, altro dolore”
I suoi pensieri affondarono in quell’unica frase e inconsapevolmente si ritrovò dinanzi ad un cancello in bronzo che la separava da una grossa e imponente villa che si affacciava da una collina, vigile dei due istituti.
Le gambe iniziarono a farle male, forse per la lunga camminata nelle strade in parte scoscese e piene di macerie.
Si sentiva uno strano odore di cenere e sangue, nonostante siano passati anni dall’attacco all’imperatore, e a quell’ora il paesino sembrava deserto: le piccole case di legno e paglia erano completamente buie con le finestre coperte da più tende, segno che nessuno era uscito o che non avevano intenzione d’uscire.
Ma la passante sentiva spesso degl’occhi fissi su di lei oltre a quegli strati di stoffa, ricavati per lo più da sacchi di juta.
Le sue unghie erano conficcate nei palmi delle mani da cui fuoriusciva denso fumo verde che si disperdeva nell’aria. Era nervosa, impaurita, dolorante.
Quando arrivò dinanzi al cancello della villa la guardia si posizionò davanti a lei iniziando a guidarla attraverso corridoi e stanze arricchiti da porcellane,vasi,statue e lampadari che sembravano formati da cascate di cristallo, che illuminavano le immense stanze oscurate da enormi tende nere in raso. Ogni forma di luce era oscurata dal nero.
Dà troppa importanza alla morte di sua moglie, pensò la passante seguendo ancora la guardia che la lasciò davanti ad una porta in legno scuro e dalle decorazioni dorate.
Appoggiò la mano sul pomello della porta prendendo un grande respirò e l’apri con la tentazione di chiudere gl’occhi per non vedere l’uomo che per anni l’aveva costretta ad essere una schiava, una marionetta.
Era appoggiato al bordo di una grande scrivania in marmo nero e la giacca bianca era l’unica cosa che trasmettesse luce sul viso dell’uomo segnato da odio e ambizione. La stanza non era che uno studio, pieno di scartoffie e mobili in vetro o marmo. Le finestre erano oscurate da tende nere,come quelle delle precedenti stanze, ma si poteva notare oltre la stoffa un manto verde e il villaggio attraversato precedentemente dalla passante.
-Che vuoi?- chiese senza troppe cerimonie, la ragazza, mantenendo un tono freddo e distaccato
-Buongiorno anche a te, Isabella- disse l’uomo non mostrando attenzione verso la domanda fatta dalla passante.
L’uomo ghignava mentre la ragazza teneva i denti digrignati in una smorfia di disgusto,dolore e paura.
-E’ cosi che tratti un vecchio amico?- chiese l’imperatore con sguardo beffardo
-Tu non sei mio amico e non lo sei mai stato- sembrava che da un momento all’altro Isabella sarebbe saltata addosso a Cristopher graffiando come un gatto avrebbe fatto con un gomitolo.
Prendere, bloccare, graffiare, mordere.
-Va bene non m’importa – disse l’imperatore girando intorno alla scrivania in marmo per poi sedersi su una grande poltrona girevole bordeaux – Ti ho convocato qui per un motivo… – fece una pausa per poi incrociare le mani tra di loro mentre Isabella sbuffava spazientita – Come saprai manca poco al giorno del “Riuso” e quest’anno ho bisogno di più barriere, più arene. Quei ragazzini ci mettono troppo tempo a farsi fuori tra di loro e qu…-
-Avevi detto che mi avresti lasciato in pace- disse la ragazza quasi in preda ad una crisi isterica.
-Ma tu sei costretta ad obbedirmi… io non ti ho chiesto di fare questo lavoro – ghignò – te l’ho ordinato, e ti consiglio di accontentarmi sei non vuoi avere la stessa sorte di quegl’esseri- era compiaciuto, aveva ragione. Ogni passante rimasto nella Terra del Nord doveva lavorare per l’imperatore, dittatura allo stato puro.
Isabella, dopo essersi rassegnata, chiese:- Quante te ne servono?-
-Un arena per sedici ragazzi… fai un piccolo calcolo e mettiti al lavoro- rispose  l’uomo con fare ovvio
-Calcolo o non calcolo stiamo parlando di circa seimila ragazzi e tu mi stai chiedendo di fare un arena per ogni gruppo di sedici?- chiese stupita la passante – Sei impazzito? Morirei subito dopo averne fatte sei, ci vuole troppo potere per costruire un barriera. Non scordiamoci dei tre cadaveri delle tue vecchie servitrici che adesso marciscono in qualche lurida grotta perché tu hai voluto una barriera in grado di ricoprire due istituti che si tolgono si e no due kilometri di distanza.- la ragazza infilo le lunghe dita in mezzo ai capelli rossi ingarbugliati.
-Mi stai ascoltando?- chiese infine guardando Cristopher perso nei suoi pensieri fissando un punto indecifrato nella stanza.
-Smith- disse non distogliendo lo sguardo – Ci serve un Passante Smith-

-Papà non ce la faccio!- disse la bambina con gli occhi lucidi. Il dolore alle gambe si espandeva sempre di più e l’unico pensiero che le offuscava la mente era quello di svenire e lasciare che quel dolore facesse perdere sensibilità ai suoi arti.
Paura e dolore si mescolavano in un'unica cosa in quel momento. Troppe domande a cui servivano delle risposte.
Dov’è Gwen? La mamma? Perché ci stanno cercando? Perché stanno portando via i figli dalle proprie madri?, ma quelle domande non potevano ricevere risposta in quel momento di dolore, ogni passo le causava fitte alle gambe, doveva cedere, voleva cedere.
Quando le sembrò di precipitare sentì la forte presa del padre che la sollevava da terra e che iniziava di nuovo a correre.
Voleva abbandonarsi ad un tremendo sonno e sperare che tutto quello che stava accadendo fosse un incubo ma sentiva il corpo rigido e tremante del padre sotto le mani. Avevano paura.
Forse è giunta la fine, pensò la bambina appoggiando la testa sulla spalla dell’uomo ed iniziando ad ammirare i capelli biondo platino proprio come quelli suoi. Ripensò a quando intrecciava i capelli neri della madre per passare il tempo o a quando aveva deciso di dipingere i suoi capelli e quelli della sorellina di pochi anni.
I suoi occhi si offuscarono di lacrime: “perché stava succedendo? Ero felice, eravamo felici”.  Rivide l’immagine di sua madre dolorante per terra e la bambina piangere tra le braccia di un guerriero, di un estraneo, qualcuno che non aveva diritto di toccarla.
A quei ricordi il dolore e la paura venivano pian piano sostituiti da un'altra forza, qualcosa di potente e devastante, qualcosa che sapeva di morte certa per chiunque si fosse avvicinato.
Il padre della bambina urlò di dolore facendo risvegliare la figlia dalla trans di puro potere. Caddero a terra e la piccola innocente poté vedere la bellezza del sangue, rosso, denso e penetrante che fuoriusciva dalla gamba del padre ferita da un pugnale, dalla lame lucente e rossa e dall’elsa impreziosita da oro e bronzo.
Girò la testa verso il lungo percorso tracciato sull’erba e il fango e intravide una grande costruzione da cui fuoriuscivano grida di paura come quelle che aveva sentito prima di lasciare il suo villaggio.
Socchiuse gli occhi e intravide due figure in lontananza avvicinarsi, erano minacciose e sembravano accompagnate da mille anime inquiete. Vestivano armature d’oro che sembravano fondersi con la loro pelle: erano sottili,lucenti,sporche e piene di potere.
-Da…- Amir estrasse il pugnale dalla sua gamba, stringendo i denti e con le lacrime agl’occhi, la sua voce risultava stanca e roca all’orecchie della figlia –Dawn ascoltami- ansimò facendo girare il viso della bambina rigato di lacrime verso di lui.
-Non piangere figlia mia…ascoltami- il suo sguardo si soffermò su i due uomini che lentamente si avvicinavano come per far assaporare alle due vittime la pura agonia –devi andartene da qui, da questo mondo- quelle parole sembravano uscire dalla bocca di un pazzo –in fondo alla foresta si trova il lago prosciugato- la bambina tremava  - ti ho sempre detto di non entrarci perché è troppo profondo e ripido ma quel lago in realtà un portale per altre dimensioni…- la voce risultava strozzata –soltanto i Passanti possono attraversarlo. Io sono un passante Dawn e anche tu lo sei ma i tuoi poteri sono bloccati…- Dawn era impaurita ma restava ad ascoltare quasi affascinata –quando morirò i tuoi poteri saranno liberati e tu dovrai promettermi di scappare il più veloce che puoi e di raggiungere quel portale- i due uomini erano vicini e le loro spade era lunghe e sottili come aghi -ti ritroverai sulla Terra, un pianeta distrutto dalla guerra e dall’apocalisse ma è proprio lì che troverai rifugio, fa attenzio…- la voce dell’uomo si spezzo e Dawn ammirò un altro pugnale questa volta conficcato nello stomaco del padre.
–Corri!- tossì Amir sputando sangue – ti voglio bene,e salutami le due gemelle- sorrise amaramente prima di sentire l’amarezza del sangue in gola dove una terza lama stava lacerando la trachea impedendo ogni parola e sospiro. Strinse la mano della bambina che si era appoggiata sulla sua e si lasciò trasportare, raggiungendo il suo essere e la libertà nell’altro lato della luna.

-Un Passante Smith?!- ripeté Isabella stranita. Il viso corrucciato in un’espressione di noia e disgusto vedendo in che punto poteva spingersi un pazzo.
-Esattamente Isabella. Sono i Passanti più potenti e devastanti di tutta la Terra del Nord- prese un lungo respiro –Anni fa ho avuto occasione di vedere un Passante Smith, Amir Smith, all’opera. Eravamo compagni di battaglia…- l’uomo si riscosse riprendendo conoscenza di quello che stava per fare, stava per raccontare il suo passato ad un’insulsa Passante -…ma non è questo l’importante. Vidi Amir combattere e subito dopo la sua morte, causata da me, vidi sua figlia in preda alla paura e alla rabbia tagliare la testa ad un mio guerriero come se nulla fosse. – Isabella non sembrava sorpresa – La figlia di quel miserabile ha ucciso in pochi attimi, all’età di cinque/sei anni e tu ne hai malapena diciotto e non sai fare una misera barriera- Christopher si alzò dalla poltrona mostrando un sorriso compiaciuto vedendo l’amarezza nelle labbra della ragazza.
-Cosa devo fare? Dove trovo un Passante Smith?- chiese solamente Isabella
-Fai qualche ricerca… no? Deve esserci qualche passante in questa maledetta terra o in quei due istituti. Raduna tutti coloro che fanno di cognome Smith e trova in città qualche parente, abbiamo bisogno di quelle barriere- disse Christopher per poi congedare brutalmente la ragazza, trascinata fuori da una guardia imperiale.
Lo studio ritornò silenzioso e le immagini di un bambina s’intrecciarono tra i pensieri dell’imperatore.

“Corri, Dawn, Corri”, si ripeteva la bambina ansimando. Le lacrime scendevano lente sul viso e le mani le bruciavano, tremavano e si contorcevano in forme animalesche. Ogni parte del suo corpo sembrava gridare dal dolore.
“Manca, poco. Manca poco” ma le sue gambe volevano cedere. La testa le girava tremendamente, il respirò era accelerato come il cuore che rimbombava nelle orecchie delle piccola fino a farle male.
-Prendetela, Prendetela!- sentiva urlare e subito dopo sulle sue mani iniziarono a formarsi goccioline di sangue. Sentiva conati di vomito graffiarle la gola ogni volta che li inghiottiva e le labbra umide, macchiate di sangue. Ben presto perse ogni sensibilità da parte dei suoi arti ritrovandosi a correre quasi ridendo noncurante del naso sanguinante. Le mani bruciavano insistentemente in una sensazione piacevole e fu tentata di chiudere gl’occhi ma più si avvicinava alla meta più i guerrieri erano vicini. Doveva combatterli e ucciderli. Si, perché avevano ucciso suo padre, perché avevano picchiato sua madre, perché avevano toccato sua sorella, perché quel dolore era una scarica d’adrenalina che si tramutava in pura rabbia e potere. Avrebbe ucciso chiunque avesse un marchio inciso sulla pelle.
Aguzzò la vista e lo vide: un lago prosciugato e profondo, pieno di rocce acuminate e qualche osso bucato.
“Manca poco” ma si ritrovò con il viso nella terra e il sangue sulle guance. Gli occhi tramutati in quello di un piccolo demonio e i denti affilati come quelli di un lupo, pronto a squarciare carne umana. Le mani adesso erano ricoperte da un aura viola e un potere si diffondeva in ogni parte dello spirito. Una risata uscì dalla sua bocca e sentì i passi del guerriero, era vicino, vicinissimo, l’avrebbe presa e portata al cospetto di un capo assassino.
Contorse le mani e in un ultima risata scagliò un mezza luna viola sul guerriero che non ebbe il tempo di dire le sue ultime parole: perché un uomo senza testa non può neanche augurarsi di finire in un posto migliore.
Dawn rise forte e pianse disperatamente. Una sensazione piacevole che premeva riproducendo le stesse parole “Adesso sei un mostro”.
Si trascinò con le ultime forze dinanzi all’antico lago e si concentrò sulle rocce raffigurando nella sua mente l’immagine di lei messa in una posizione anormale, col collo girato, e il sangue sul naso e la bocca.
“Non posso farcela” si disse. Appoggiò la fronte alla terra pregando in un miracolo e piangendo.
-Si che puoi farcela- sentì una voce femminile e tetra ma decisiva.
Alzò lo sguardo cercando qualcuno che potesse avere la sembianze di una donna ma nessuno, neanche gli alberi assomigliavano lontanamente ad una figura umana.
Si voltò verso il lago e rimase sbalordita da quello che si prostrava davanti a lei: una barriera, forse acqua, una strato trasparente che si increspava . Si avvicinò e al posto del suo riflesso vide quello di una ragazza dai capelli blu che la guardava senza pietà, arrabbiata e vendicativa.
-Non hai visto quello che hai fatto. Devi uccidere Dawn, uccidere. Vuoi potere? Devi strappare anime. E’ cosi che funziona tra i passanti: ogni morte equivale più potere-
Sei potente e bellissima, conquisterai terre e mondi, sarai una capo e una regina. Alzati e governa.
Ho dei piani per te- disse la figura ghignando e mostrando un intenso fuoco blu intorno a lei.
-Chi sei?- chiese semplicemente la bambina
-Puoi chiamarmi in tanti modi. Non sono nessuno. Un’anima venerata senza un motivo preciso- chiuse gli occhi e li riaprì –Buona fortuna- scomparve lasciando di nuovo la bambina sola con il suo riflesso e un’imminente pioggia.
Strinse i pugni.
-Io sarò Regina- le mani erano di nuovo ardenti e viola, chiuse gli occhi e si gettò a peso morto nel lago incontrando la freschezza dell’acqua e il mondo capovolgersi.

-Quando hai detto ci sarà l’esame?- chiese Zoey alle amiche non lasciando la sua posizione rilassata con il viso rivolto verso il sole eclissato.
-Tra quattro giorni esatti- rispose alla domanda Courtney bagnandosi le braccia scure con l’acqua del piccolo laghetto che padroneggiava al centro della pianura. L’unica fonte d’acqua in quel luogo.
Sembravano le ninfee dei miti greci, lì in mezzo all’acqua fredda quasi biancastra, senza indumenti che giocavano come della bambine.
-Guardatela, è veramente raccapricciante quella ragazza- disse Heather indicando Anne Marie Fell, nuda, nel suo fisico poco formoso e i capelli aggrovigliati in una sorta di nido. Trattenne una risata.
-Madre natura non è stata molto gentile- si unì alla conversazione iniziata Sierra
-Madre natura? Chi sarebbe? Quella sgualdrina che secondo alcuni Gaereli abbia creato la terra, l’acqua e tutto quello che li circonda?- chiese Courtney strofinandosi delle foglie di menta e te sul corpo.
-Credo di si… sorvolando su questo argomento- mentre si apprestava a parlare Sierra aveva iniziato a passare le dita tra i capelli lunghi -…avete sentito di Isabella Donovan?- chiese
Le ragazze fecero cenno con la testa di no.
-Si dice che sia uscita dalla barriera-
-E tu ci credi?- chiese Heather beffarda
-Ne parlano tutti- cercò di giustificarsi la sacerdotessa della telecinesi facendo spallucce.
-E’ altamente impossi…- Heather si bloccò vedendo una ragazza bionda che si lavava da sola poco lontana dal suo gruppo. Aveva uno sguardo triste e rassegnato mentre si accarezzava i capelli –La conoscete?- chiese guardando la ragazza.
-Dakota Milton. Emarginata. Passante- disse semplicemente Sierra.
-Dovremmo farla unire al nostro gruppo- propose Bridgette –Una passante può servire-
-Non siamo sicure che lo sia- s’intromise Gwen
-Beh… conosciamola, potrebbe servirci, e poi abbiamo qualcosa in comune… siamo emarginate perché ritenute diverse e mortali- la bionda ghignò sentendo,di nuovo,  il motivo della sua solitudine.
Ricevette delle occhiate insicure che in pochi attimi si trasformarono in sorrisi compiaciuti e maligni.
-Dakota!- urlò Courtney mordendosi il labbro inferiore e facendo cenno alla ragazza di avvicinarsi. Leggeva insicurezza e stupore attraverso gli occhi verde acido della bionda che con movimenti incerti si avvicinava al piccolo gruppetto. Era una ragazza magra, dal viso angelico e i movimenti leggiadri.
-Come mai tutta sola?- chiese Zoey quando Dakota si fu avvicinata fingendosi il più amichevole possibile.
La ragazza attese un po’ prima di rispondere, torturandosi le mani e il labbro inferiore come se non sapesse come continuare un discorso.
-Non piaccio molto alla gente- disse semplicemente, sorridendo imbarazzata.
-Perché?- chiese, questa volta, Heather mettendo la bionda in una situazione spiacevole.
-Io…- iniziò -…sono diversa, non potete capire- sorrise ancora pronta per allontanarsi ed uscire da quel bagno fresco.
-Sappiamo cosa sei- disse semplicemente Sierra per poi prendere un grande respiro e immergersi completamente lasciando una Dakota sorpresa in mezzo a sguardi curiosi e violenti.
-Forse è meglio che vada- la bionda abbassò lo sguardo
-Non siamo le uniche. Tutto l’istituto sa della tua natura- proferì Bridgette facendo alzare lo sguardo alla Passante, sorpresa.
-Non preoccuparti vogliamo solamente…- qualcosa o qualcuno interruppe Zoey che, dopo aver visto Sierra riemergere, aguzzò la vista per osservare strani movimenti dietro di lei. Piccole figure erano raccolte in gruppo eseguendo le medesime azioni… vide che correvano per poi rivelarsi i guerrieri che in sincronia si gettavano nel lago con nulla addosso facendo scappare e urlare la maggior parte delle ragazze.
-O per Aulampia, cosa stanno facendo!?- quasi gridò Heather coprendosi il viso con una mano.
-Si uniscono a noi…- rispose semplicemente Bridgette aggrappandosi al bordo del lago per issarsi su e coprirsi con una vecchia tovaglia, bucata all’altezza della vita.
-Dove vai?- chiese sua sorella, decisa a non correre impaurita per un branco di ragazzi nudi.
-Lontano da quegl’esseri- rispose la bionda per poi avviarsi verso l’interno, nella sua camera, a risentire quell’ondata di piacere e di energia vitale.
-Forse dovremmo uscire…- disse a bassa voce Dakota leggermente imbarazzata.
-Perche mai? Solamente perché…- Courtney non ebbe il tempo di terminare la sua frase che al centro di quel semicerchio, formato da sei corpi immersi nell’acqua opaca, sbucò un guerriero dai rasati capelli neri che rideva per aver fatto urlare le sacerdotesse all’unisono.
-Dannazione Duncoso! Cosa ci fai qui?!- chiese Courtney irata cercando di immergersi meglio nell’acqua per non far vedere le sue forme.
-Stupro donne in pericolo- disse con fare normale il ragazzo passandosi una mano tra i capelli bagnati.
-Bene, sei venuto nel posto sbagliato…- disse Heather con acidità –ora togliti dai piedi e cerca di farlo senza alzarti, chiaro?-
-Vi accontenterò per questa volta anche se dovete ammetterlo che volevate di più- disse Duncan alzandosi leggermente per far vedere un corpo magro e scolpito.
-Per l’amor del cielo, togliti, prima che ti affondo- proferì Sierra coprendosi gli occhi con una mano per non vedere altro.
-Va bene, ci si vede principessa- disse il ragazzo rivolgendosi a Courtney per poi sparire in mezzo all’acqua opaca e alla rabbia della sacerdotessa che accresceva.
-Zoey… stai bene?- chiese gentilmente Gwen che era rimasta ad ascoltare, come Dakota che sembrava essersi racchiusa in un’ armatura invisibile come un riccio.
Zoey era rimasta con le labbra serrate e le mani tremanti mentre il suo sguardo si allontanava a stento da quello di un ragazzo che con un ghignò mostrava un’ustione sulla guancia.
“Pagherai per questo… ci si vede dopo”
Non sapeva perché ma un ondata di paura era penetrata in lei bloccandola in una morsa di sguardi e terrore. Sapeva di essere forte, di poter mettere fine a quel gioco, ma sembrava qualcosa di difficile e lontano da eseguire. Ricordava il volto trasfigurato del guerriero e gli occhi di un mostro che la bramavano
-Devo andare- disse semplicemente dileguandosi come la sorella.



LITTLE WONDERLAND
Rieccomi qui :), dopo aver rinominato il mio spazio, :3.
Bene... cosa ne pensate di Dawn come sorella di Gwen? Spero che vi piaccia.
Personalmente pernso che quelle due ragazze siano molto simili se non fosse per il colore di capelli differente e il modo di vestire quindi ho voluto creare questo legame di parentela :3

Come avrete letto Dawn è una passante e i passanti per avere potere devono uccidere quindi... date il via alle deduzioni alla Sherlock Holmes e vediamo se riuscite a scoprire qualcosa :3 (Non spoillero niente, voglio tenervi sulle spine)
 Questo capitolo ha avuto dei leggeri momenti Duncney, ma niente di che... fatevene una ragione perchè la maggior parte dei capitoli saranno così, su tutte le coppie XD ma non mancheranno i momenti fluff,dolciosi :3 u.u (anche sulla Zoal, nonostante sappiamo quanto possa essere gentile Mal).
Riguardo alla canzone, come alcuni avranno capito, è Don't Worry Child degli 
Swedish House Mafia. Anche se la canzone parla della storia di un ragazzo penso che alcune parti siano azzeccate con la storia di Dawn, quindi mi è sembrata abbastanza adatta.

Anyway vi lascio e spero che vi sia piaciuto questo capitolo. (E l'immagine che vi lascio di sotto)


(attrice:Karen Gillan)

Alla prossima CUPCAKES :3
 
   
 
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