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Autore: MadLucy    23/08/2014    3 recensioni
{Sheriarty | 7 flashfics + 1 drabble | slash | fluff | angst hints | ER | slice of life | what if | missing moment | con la straordinaria partecipazione di un jealous!Watson}
1. Sherlock non se ne intendeva per niente di queste cose, ma tentò almeno d'indovinare cosa fosse il caso di dire al proprio fidanzato, qualora il suddetto individuo si presenti alle dieci davanti alla porta di casa con un dvd ed un sorriso a trentadue denti.
2. Entrava senza un minimo di rispetto, come se non ci fossero due inquilini, in quell'appartamento.
3. A Moriarty piaceva da matti fare il turista.
4. Moriarty aveva un gatto di nome Snoopy, e questo era sia sinistro che disturbante.
5. Inevitabilmente, Mycroft disapprovava.
6. Questa volta Sherlock l'aveva combinata grossa.
7. In quella stanza ci sono pareti imbottite e il suo corpo dondola, serrato nella camicia di forza come in una crisalide grigia.
8. «Ho trovato! Svegliati, ho trovato!»
Genere: Angst, Fluff, Slice of life | Stato: completa
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: Jim Moriarty, John Watson, Mycroft Holmes, Sherlock Holmes
Note: Missing Moments, What if? | Avvertimenti: nessuno
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Sheriarty

Tell me {what do you see}




1.
Sherlock non se ne intendeva per niente di queste cose, ma tentò almeno d'indovinare cosa fosse il caso di dire al proprio fidanzato, qualora il suddetto individuo si presenti alle dieci davanti alla porta di casa con un dvd ed un sorriso a trentadue denti.
«È il mio film preferito. Wall-e. Quella storia sul robot e i rifiuti» lo informò Moriarty, sventolando una custodia di plastica con sopra uno scalcagnato rottame pietoso con gli occhi da cane bastonato che brandiva una piantina appassita. «Mi viene sempre da piangere quando lo guardo.»
Sherlock non dubitava affatto che fosse vero, a lui veniva da piangere solo a guardare il disegno.
Optò per un «Sparisci.»
Era incredibile come la più geniale mente criminale al mondo potesse crollare in una psicotica regressione infantile durante la visione di un cartone animato. Moriarty si dimenava sul divano, agitando il plaid qua e là, gesticolava, sputacchiava patatine in sacchetto e parlava sopra il film. Ogni cinque minuti si girava verso di lui dicendo "questa è la mia scena preferita" oppure "stai concentrato, Sherly, altrimenti mi costringi a farti Le Domande". A quella minaccia, Sherlock rispondeva candidamente «Stai attento tu, fra venti yoctosecondi ritorna la tua scena preferita.» E Moriarty, con espressione turbata e smarrita, rifiutava di dargli le patatine per un po'.
Il padrone di casa sospirò di sollievo quando cominciarono a scorrere i titoli di coda, ma a quel punto si accorse che il fidanzato si era impossessato del telecomando e stava cliccando il dannato pulsante per rivedere la dannata storia del dannato robot di nuovo, quindi si affrettò a spegnere la tv.
«Non ti perdonerò mai» fu l'imbronciata reazione.
«Allora esiste perlomeno un modo per farti stare zitto?»
«Tenermi la bocca occupata sarebbe una buona idea.»
Sherlock non se ne intendeva per niente di queste cose, proprio per niente, ma ci capì ancora di meno di fronte all'irritazione di Moriarty, quando si alzò per andare a prendergli un altro pacchetto di patatine.




2.
Entrava senza un minimo di rispetto, come se non ci fossero due inquilini, in quell'appartamento. Gettava la giacca dove capitava, sebbene fosse un trench di Cavalli, si ravvivava con un sorrisetto narcisistico la chioma mora allo specchio del corridoio e gli rivolgeva un'occhiata maliziosetta.
«Ciao Johnny,» lo motteggiava, con l'insolenza di un re che elargisce una generosa concessione. «Come va quel colpo della strega di cui mi parlavi la settimana scorsa?»
Smorfia truce. Sorriso trionfante. A quel punto, John gli dava le spalle e sbottava rivolto al salotto, seccamente:
«Hey, Sherlock, è arrivato il tuo fidanzato psicopatico genio del male che ha conquistato la via lattea. Burger King, a giudicare dal profumo del suo sacchetto.»
«Entrando in questo appartamento, è ostico stabilire chi dei due è quello perspicace.» Dopo un ultimo sguardo sprezzante, Moriarty cinguettò come un fringuello in primavera nel trovare Sherlock intento di fronte al computer. «Ciao, Sherly, sono venuto a sottrarti da tutte le tue angustie, non sei contento?»
«Le onde sonore della tua voce interferiscono con quelle elettromagnetiche dell'emisfero destro del mio cervello, Moriarty.»
John constatò, trattenendo un ghigno, che Sherlock appariva non contento, contentissimo. Ma ci voleva ben di più per scoraggiare Moriarty.
«Ancora quegli stupidi casi...» commentò con disprezzo, gettando all'aria qualche fascicolo di fogli con noncuranza. «Vuoi sapere chi è il colpevole? Eccomi qua.» Spalancò le braccia, per poi sedersi senza tante cerimonie sulle sue ginocchia. «Avanti, puniscimi.»
«Volgare» commentò Sherlock.
«Non su quella sedia» abbaiò Watson.
Moriarty decise di dare ascolto al secondo consiglio e si trascinò via il detective, calcandogli in testa quel cappellino celeberrimo, ho sempre sognato di finire sulla copertina del Sunday Telegraph.
«Tranquillo, Johnny, nel caso in cui ti sentissi solo ti ho lasciato Playboy sulla scrivania» osservò Moriarty, sporgendo la testa nell'appartamento, prima di chiudere la porta.
Era più o meno a quel punto che John gli rivolse il medio alzato.
«Quante dita vedi, Moriarty?»
La risposta era stata una specie di risatina.



3.
A Moriarty piaceva da matti fare il turista. Indossare capellini discutibili e magliette con affermazioni sentenziose, dispiegare mappe nel bel mezzo della strada, comprare hamburger unti sul marciapiede e scattare foto con in mano lo zucchero filato. Sherlock faticava a stare al passo con la sua follia. Sembrava quasi che stesse perdendo se stesso in un camerino ingombro di maschere, un bambino che non sa più scegliere in un negozio di giocattoli.
Poi il suo cellulare gorgheggiava metallico un ritornello di Lady Gaga e Moriarty cominciava a scriversi su whatsapp con un terrorista in cima all'Empire State Building -e tutto tornava a posto. Sherlock faticava a stare al passo con una follia che non fosse la propria, ma non per questo valeva la pena arrendersi.




4.
Moriarty aveva un gatto di nome Snoopy, e questo era sia sinistro che disturbante. Era entrato nell'appartamento, aveva acceso la luce e mollato le chiavi in una ciotola di ceramica nell'ingresso, come fanno tutte le persone normali nelle loro case normali, e poi si era chinato sulle ginocchia per strofinare la testolina di un animaletto nero e scattante che mulinava la lunga coda in aria.
«Dì ciao a Snoopy, Sherlock» lo aveva invitato, con quella sua voce strascicata e cantilenante che non mancava d'un pizzico di impudica petulanza, e sorrideva quei suoi sorrisi pigri, lunghi e soddisfatti. Squadrò la sagoma del fidanzato, ritta, rigida ed immobile sulla soglia, in atteggiamento di completa disapprovazione. Sbuffò sonoramente, gonfiando le guance.
«Cosa c'è che non va, adesso?»
«Moriarty, nell'immaginario comune Snoopy è un cane» argomentò Sherlock, staccando le parole con chirurgica freddezza. «Un cane, non un gatto. E il fatto che tu abbia chiamato un gatto Snoopy è qualcosa di perverso.»
«Sì, lo so, l'ho fatto apposta» gongolava Moriarty. Aveva tutti i pantaloni a tubo coperti di peli, ma questo non sembrava disturbarlo. Per tutta la serata, compresa la cena, non aveva fatto altro che bisbigliare all'orecchio di quel gatto infernale, che serrava gli occhi ambrati in fessure e pareva prendere tacitamente nota, senza smettere di rivolgere a Sherlock uno sguardo torvo.




5.
Inevitabilmente, Mycroft disapprovava. La relazione di suo fratello era solo un pretesto come un altro per escogitare facezie farcite di salace humor britannico.
«Si dice "tieniti stretto gli amici e ancora di più i nemici"... però mi sembra che tu l'abbia presa un po' troppo alla lettera, Sherlock» fu il saluto che rivolse loro, dalla poltrona di pelle marrone dietro la scrivania, non appena varcarono la soglia del suo studio. Sherlock era scattato come una cerbottana.
« Se hai da ridire sulle consuetudini sessuali altrui, fratello, la mia mente brillante potrebbe rinfrescarmi la memoria e portare alla luce reminiscenze di brunette in abiti attillati, che fanno molto cinema muto e che di certo non vengono pagate soltanto per poggiare il grazioso deretano sui sedili delle tue Lamborghini...»
Mycroft interruppe le sue parole con un gesto asciutto, che comprese stizzito la persona di Moriarty.
«Non ci ho ancora fatto l'abitudine. Tutto qui» ribattè. Ma nel frattempo quell'altro si era offeso.
«Consuetudine sessuale...» ripetè con amarezza, ispirato da un'improvvisa passione drammatica, mentre picchiettava con l'indice sul becco di un cigno di cristallo dall'aria piuttosto costosa. «Oh, Sherlock, manchi deplorevolmente di romanticismo. È molto poco carino dire che ti servo solo per quello
Mycroft inarcò un sopracciglio nella sua direzione -forse per le sue parole, o forse perchè minacciava di mandare in malora i suoi soprammobili.
«Ma lui non era il verginello?» 
Moriarty commentò con un ghigno serafico. «Quanto li deflori, i verginelli diventano i peggiori. Tanto sesso, pochi inviti a cena.»
«Nessun invito a cena.» Sherlock ci tenne a precisarlo, senza sollevare la testa dal dossier di informazioni che il fratello gli aveva appena allungato.
«Quello nel bar della stazione non valeva?»
«Hai pagato tu.»
Mycroft ringraziò il cielo di essersi banalmente, stereotipicamente invaghito della propria segretaria, e sentì la mancanza del buon vecchio Watson. Lui sì che era una persona seria. Affidabile. Su cui si poteva contare.
«Perchè diavolo ti sei fidanzato, dico, fidanzato con questo... elemento?» sospirò costernato, quasi fosse una domanda retorica.
«Perchè questo idiota» sillabò Sherlock, alquanto alterato, «è una delle menti più geniali dell'universo!»
Moriarty aveva fatto cadere il cigno. Mycroft chiuse gli occhi e contò fino a dieci.





6.
Questa volta Sherlock l'aveva combinata grossa. Moriarty irruppe a passo di carica in cucina, bucandogli la schiena con uno sguardo accusatore.
«Tu pensi che io sia un disagiato!» esclamò, sinceramente irritato, brandendo il tablet, aperto sulla pagina del blog di Watson.
Sherlock si voltò, senza guardarlo, tutto preso dal pacco di popcorn che aveva appena estratto dal microonde.
«Partiamo da ciò che non penso. Non penso che tu stia bene, per esempio.» sottolineò, squarciandolo in una terrina. Moriarty liberò una risata sonora e grondante di sussiego.
«Quindi supponi che il mio passato sia controverso, doloroso e segnato per sempre da eventi traumatici e destabilizzanti come la perdita di genitori drogati, maltrattamenti e abusi fisici e psicologici in un orfanotrofio con le sbarre alle finestre...» Roteò gli occhi con enfasi. Sherlock lo liquidò distratto.
«Penso che la tua vita sia stata rovinata da un'unica grande disgrazia, per cui l'intero pianeta ha sofferto, cioè la sciagura di avere in sorte un'intelligenza senza pari.»
Moriarty non rise.



7.
In quella stanza ci sono pareti imbottite e il suo corpo dondola, serrato nella camicia di forza come in una crisalide grigia. Il suo respiro è rappreso, raggrumato nell'aria piatta, cambia ritmo e si allunga e si sospende e si riverbera come una tossina nel sangue, vischioso e ineluttabile, striscia sul collo di Sherlock come la carezza di dita umide.
«Cosa ci fai qui?»
Le catene cigolano, i denti sono frammenti di bianco, ritagli nel buio.
«Non lo so, Sherlock.» Gli raschia la nuca, con l'insolenza di un dubbio. «Dimmelo tu.»
Ci sono pareti imbottite e occasioni perse, persone perdute.


8.
«Ho trovato! Svegliati, ho trovato!»
Era la prima volta, da quando stavano insieme, che Sherlock lo scuoteva bruscamente nel bel mezzo della notte, e Moriarty -ancora assorto nel dormiveglia- gli stava già cercando il pigiama alla ricerca dei bottoni. Ma lui gli scostò la mano con impazienza.
«Mi ci sono lambiccato sopra per un bel po', che non mi succede spesso, ma finalmente ho compreso cosa sei.»
Dopo essersi preso qualche secondo per stiracchiarsi, Moriarty recepì lentamente le sue parole e sbadigliò un sorriso storto.
«Meglio tardi che mai, basta che all'altare tu abbia le idee chiare. Su, avanti, fremo dall'ansia di saperlo, cosa sono?»
Sherlock si comportò in modo altrettanto strano. Lo afferrò per le spalle ed avvicinò la fronte alla sua, quasi fino a farle sfiorare. Lo fissò negli occhi senza esitare.
«Jim Moriarty,» proclamò gravemente, come se lo stesse incoronando, «tu sei la personificazione della nicotina.»
Forse fu proprio la sua serietà a far scoppiare Moriarty in una risata sguaiata, che seguì al bacio più affilato di denti e sporco di sangue di sempre.



































Note dell'Autrice: Vi prego, non giudicatemi per questo. XD Lo so che alcuni headcanon sono agghiaccianti, e che morirò nel mio letto stanotte per aver scritto che il film preferito di Moriarty è Wall-e, o per avervelo fatto immaginare sulle ginocchia di Sherlock che dice puniscimi, ma... pazienza, ci sono cose per cui vale la pena morire. Un minuto di silenzio per il cigno di cristallo di Mycroft. Grazie mille per aver letto, chiunque volesse recensire, ^^
Lucy

  
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