The
Dark Monk
Prologo
La
missione di una vita, la vita in una missione.
Scoprire
la verità, a tutti i costi.
Per
poter continuare ad andare avanti.
Per
poter ancora credere nella Giustizia.
Dea
bendata, taglia il mazzo e mescola le tue carte.
Mostrami,
stanotte.
La
realtà che tutti i giorni ho sotto gli occhi.
Era da poco passata l’alba.
Camminavano fianco a fianco l'uno dell'altro.
I lineamenti del suo viso
cominciavano ad addolcirsi prendendo via via forme sempre più umane. I suoi
muscoli si sgonfiavano. I canini giganteschi ed affilati come quelli di una
tigre, sparivano. Le ali regredivano insinuandosi ancora fra la pelle della
schiena, come ogni notte. Come ogni maledettissima notte. Dalla notte in cui
tutto ebbe inizio.
All'inizio era stato un
incubo. Dal tramonto all'alba. Poi, pian piano si era adattato. Soprattutto
grazie all'aiuto del suo migliore amico, aveva cominciato ad unire una cosa
fastidiosa con una utile. Aveva cominciato ad usare la sua forza sovraumana per
combattere le ingiustizie. E, sorprendentemente, funzionava.
Unico ma scomodissimo effetto collaterale. Unico neo. Unica colpa. Unica
vergogna. Unico vero problema.
Lei non l'avrebbe mai dovuto sapere. Con Miki non avrebbe mai potuto
avere una vita normale: chi mai avrebbe sposato od avrebbe vissuto con un
mostro? Quale donna mai, con una vita normale ed un lavoro normale, avrebbe
potuto sopportare quella situazione? Un uomo che dal tramonto all'alba si
trasforma in un essere quasi animalesco e completamente di pietra?
- Stai ancora pensando a quello? - Gli chiese Ryo mentre entravano nella
sua auto sportiva ed Umibozu riprendeva le sembianze di un essere umano vero e
proprio.
- Come potrei non pensarci? L'età avanza, Ryo. E se tu non hai per
niente voglia di mettere la testa a posto e crearti una famiglia con una donna
che ti ami, beh, io non la penso allo stesso modo. Continui a passare da una
donna all'altra senza mai fermarti a riflettere sul fatto che non siamo più dei
ragazzini. - Gli disse Umibozu appoggiandosi allo schienale del secondo
passeggero. Un sospiro di sollievo uscì dalle sue labbra appena sentì il
contatto con la pelle del sedile. Era nuovamente umano.
- Non credere che io non ci pensi, anzi. Solo che col lavoro che ho
scelto di fare, mi è impossibile pensare ad una storia seria con una ragazza.
Come pensi che potrebbe reagire se scoprisse chi sono veramente? E se lo dicesse
a qualcuno? E se i miei nemici venissero a scoprire che è la mia donna? Non
sarebbe sempre in pericolo? Ed io, non ho la più pallida voglia di pensare
anche alla vita di Kaori. - Disse Ryo mentre stava partendo. Umibozu si voltò
verso di lui con una espressione sconvolta.
- Kaori??? Tu hai detto Kaori! - Disse Umibozu puntandogli l’indice
contro mentre Ryo si voltò verso di lui cercando di negare.
- Kaori? Chi l’ha mai nominata, quella?! Ti sei confuso! Io non ho
detto proprio niente! E non ho nominato quella, tsè, figurati! Una con un
carattere così, chi vuoi mai che se la prenderebbe! Tsè, io no di sicuro. - Ma
Umibozu tirò su la stanghettina dei suoi occhiali scuri guardandolo in tralice.
- Magari la vista non sarà più quella di una volta, ma il mio udito ci
sente benissimo. Non mi dire che ti sei innamorato di lei? - Ma Ryo invece che
rispondere premette il piede sull'acceleratore facendo sobbalzare in avanti il
povero Umibozu che andò a picchiare la sua testa pelata nel vetro davanti.
Vide Ryo continuare a stringere con lei mani il volante con una
espressione rabbiosa. Gli occhi socchiusi ed un angolo della bocca increspato in
modo quasi animalesco.
- Che ti sia chiaro. Io non mi sono mai innamorato di nessuno. E mai
succederà. L'amore rende deboli. Ed io non posso assolutamente permettermelo. -