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Autore: Itsba    23/08/2014    1 recensioni
Ten era ancora nel suo completo gessato e nel suo cappotto lungo. Era appoggiato allo stipite della porta con le braccia incrociate, il peso del corpo scaricato su un piede solo mentre l'altro si accavallava leggermente sull'altra gamba.
Sul suo viso la solita espressione di stupore e curiosità era sparita e troneggiava un sorriso malizioso che nessuno in quel momento, a parte Eleven, avrebbe potuto vedere.
Genere: Erotico, Suspence | Stato: completa
Tipo di coppia: Shonen-ai, Yaoi | Personaggi: Altri, Doctor - 10, Doctor - 11
Note: Cross-over | Avvertimenti: nessuno
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TI È PIACIUTA LA SORPRESA?
 
 
 Il frusciare del cappotto color cammello per le porte, il passo felpato delle bianche e alte Converse sulle piastrelle del pavimento, quella naturalezza mista a stupore e curiosità che aleggiava nei suoi occhi guardando qualsiasi posto a lui nuovo, ma che trovava sempre così familiare, quella leggerezza e silenziosità nell'insieme dei suoi movimenti, e quell'abbigliamento bizzarro, che poi coi tempi che corrono tanto bizzarro non era, fecero sì che quando entrò nell'edificio alcune -se non tutte- delle bionde segretarie si voltarono incuriosite dal singolare soggetto che si avviava verso di loro.
"Cavoli, erano davvero tutte uguali!"
Si trovò a formulare questi strani pensieri, il Dottore, mentre si avviava cercando di farsi ricevere dl proprietario del mastodontico edificio, nonché dell'azienda da esso rappresentata.
-Lei è il Signor...?-
-...Io...-
Si sentì il lieve accenno di una voce elettronica provenire dall'auricolare all'orecchio destro della segretaria che lo aveva ricevuto.
-Il Signor Grey può riceverla adesso. Prego, da questa parte- Disse alzandosi la segretaria.
Il Dottore iniziò a seguirla in silenzio, dopo averla ringraziata con un cenno del capo e accennato un lieve "Allons-y".
Ricordava di aver letto una volta in un'intervista che il Signor Grey dichiarava di "avere il controllo su tutto e su tutti".
Sarebbero andati d'accordo. Se lo sentiva.
 
-Dunque lei sarebbe colui che farebbe al caso mio...- Esordì il Dottore.
-Così pare, ma... mi dica di più.-
-Diciamo solo che voglio fare una "sorpresa" a una persona che per me è come un fratello. Anzi, molto più di un fratello...-
I due conversarono tranquillamente per una quarantina di minuti. In seguito il Dottore si congedò.
"Era un uomo potente. Avrebbe saputo fare al caso mio. E se non ci fosse riuscito, avrebbe comunque svolto un lavoro dignitoso, utile in egual misura per arrivare al mio scopo. Per non parlare delle voci che giravano sul suo conto..."
 
 
Era un sabato sera. Le 10:30 forse. Un tranquillo sabato sera che seguiva un tranquillo sabato. Nessun alieno era piombato con intenti malvagi sulla Terra. Beh, in effetti nessun alieno era piombato sulla Terra.
Il Dottore, o come amava chiamarlo quel suo fratello -che era molto più di un fratello- Eleven, stava beatamente cazzeggiando nel suo Tardis. Già, il suo, perché il fratello Ten, nonostante si fosse accontentato dei successi ricevuti e avesse incaricato lui, da allora in poi, di occuparsi della manutenzione dell'universo, aveva voluto potersi lasciare qualche sfizio, tra i quali il Tardis e il fedele cacciavite sonico.
*Al che, tramite alcuni viaggi attraverso ere e mondi paralleli erano riusciti a prendere in prestito un Tardis per Ten e a portarlo sulla Terra e, grazie ai mantenuti contatti del loro amico, il Capitano Jack Harkness, con i suoi ex superiori, riuscirono a farsi mandare un nuovo cacciavite sonico per Eleven.*
Sempre elegantissimo nella sua giacca beige, nella sua camicia bianca, nei suoi pantaloni allacciati alle fedeli bretelle, e col collo stretto nel suo amato papillon, non perdeva occasione di guardarsi allo specchio.
Beh, sì, perché ormai libero dal compagno di viaggi poteva permettersi una lieve personalizzazione del suo ambiente, in fondo, che male c'era nell'appendere qualche specchio qua e là?
E per l'occasione (in realtà non c'era mai nessuna occasione, era solo una scusa che dava a se stesso per sembrarsi meno matto e per, in un certo senso, giustificarsi) teneva sulla testa il fez rosso che sosteneva tanto gli donasse.
Fatto sta che c'era qualcosa che lo inquietava. Qualcosa che sentiva sarebbe successo. Non necessariamente una cosa brutta ma... una sensazione strana che non sapeva descrivere.
Poco dopo si sentì assalire da dietro, e non fece in tempo a scalciare e a urlare che un forte odore di  etere proveniente dal tessuto che gli veniva premuto sulla bocca e sul naso gli annebbiò completamente la mente e in breve tempo si ritrovò svenuto, alla mercé dei suoi assalitori.
A volte neanche essere signori del tempo può essere d'aiuto in queste situazioni.
 
Gli uomini di Christian Grey avevano seguito le istruzioni del capo alla lettera. Si erano diretti verso il luogo che il cliente del capo, un certo Dottore... conosciuto anche come Ten, gli aveva descritto come solito "parcheggio" della navicella dell'interessato. Con le chiavi fornitegli anch'esse da quest'ultimo non ebbero molta difficoltà a entrare, e con un po' di accortezza nei pavimenti metallici riuscirono a non far rumore e a sorprendere l'interessato alle spalle e farlo addormentare con dell'etere. Decisamente vecchia scuola.
L'avevano trasportato all'interno del furgone con cui erano arrivati e, con l'ostaggio addormentato nel retro, guidarono fino alla sede del cliente.
Le due abitazioni erano simili in maniera inquietante, tanto che alle prime i due uomini rimasero perplessi, ma d'altra parte era quello il luogo che gli era stato indicato e loro si limitavano a seguire gli ordini. Qualsiasi errore non sarebbe potuto essere considerato colpa loro.
I due bussarono alla porta blu e attesero, fino a che pochi secondi dopo non ne uscì un uomo alto, magro, dall'abbigliamento bizzarro, capelli decisamente disordinato e un paio di occhiali dalla montatura nera e squadrata appoggiati sul naso. Questi ringraziò brevemente i due uomini e cercando di caricarsi alla meglio il corpo del compare sulle spalle entrò nel Tardis, sentendo, mentre passava per la stretta porta, un tonfo che con tutta probabilità doveva essere causato dalla testa dell'altro sbattuta su un'anta della porta.
Ad attenderlo, in una delle molteplici stanze del Tardis, c'era Christian Grey.
Avevano stretto un accordo, i due. Avevano deciso che Grey avrebbe fatto ciò che Ten chiedeva. Ma lo avrebbe fatto a modo suo.
Aveva chiesto di avere a disposizione una stanza, una stanza abbastanza vuota peraltro. Un impianto stereo, si sarebbe occupato lui della musica. Una sedia. Delle corde rivestite di velluto. E aveva chiesto esplicitamente che Ten rimanesse fuori fino a che non sarebbe stato lui ad avvertirlo di poter entrare.
Così trasportò Eleven, ancora profondamente addormentato, nella stanza che aveva concesso a Grey e, dopo aver cercato inutilmente di convincerlo a permettergli di restare, se n'era dovuto andare.
Doveva semplicemente attendere qualche decina di minuti. Forse meno. Ma non riusciva a stare calmo. La trepidazione e la curiosità avevano la meglio su di lui. Era così da sempre.
Nella stanza accanto Christian si stava ingegnando perché il suo piano non mostrasse pecche.
Si era innanzitutto premurato di imbavagliare il Dottore, l'Undicesimo Dottore, in modo che se anche si fosse svegliato non avrebbe avuto modo di urlare aiuto. "In effetti avrebbe potuto" pensò. "Era stato un rapimento a tutti gli effetti".
Cercò di mandar via questi pensieri mentre, sulle note della predefinita colonna sonora di Nove settimane e mezzo, sistemava l'ancora addormentato Dottore sulla sedia.
Iniziò la sua opera togliendogli la giacca. Terminato con la giacca proseguì slacciando il bottone del pantaloni. Non era un uomo robusto, non sarebbe stato difficile spogliarlo. Liberò i pantaloni dalle grinfie dei ganci delle bretelle e li fece scivolare lungo le gambe e li tirò dai piedi nudi, precedentemente spogliati dei mocassini.
Slacciò il papillon rosso scuro e lo appoggiò allo schienale della sedia dove aveva appoggiato anche le bretelle scure -gli sarebbe servito più tardi- e cominciò pazientemente a sbottonare la candida camicia, terminando coi bottoni sul collo e quelli sui polsini.
Privandolo anche di quell'indumento si trovò davanti al torace scolpito dell'uomo. Non era esagerato, ma i muscoli definiti sul suo petto e sul suo addome tentarono Grey facendogli passare la lingua sulle labbra ormai secche.
Era molto tempo che non era più interessato a questo genere di cose. Ma il ricordo risvegliato da quella visione gli provocò comunque un'ondata di calore, intensa anche se contenuta, all'altezza della cintura.
Raggiunse la busta appoggiata a una parete della stanza e ne prese il contenuto. Tornato al Dottore, gli tolse rapidamente le mutande e, imponendosi di non guardare più del necessario, lo vestì dei boxer scuri e aderenti che aveva comprato, sotto consiglio del suo cliente.
Recuperò dallo schienale della sedia le bretelle, che aggangiò abilmente al nuovo capo di intimo. Poi si concesse un momento di pausa, prima di terminare l'opera, per mandare un messaggio al suo cliente dicendogli che poteva affacciarsi.
 
Intanto l'effetto dell'etere cominciava a svanire e Eleven a svegliarsi. Sentiva una sensazione di freddo lungo tutto il corpo. Non aveva la minima idea del perché ma non essendo del tutto convinto su cosa fare decise che forse era meglio fingere di continuare a dormire.
Evidentemente le sue doti recitative dovevano essere piuttosto buone, infatti l'uomo che lo stava toccando abilmente continuò senza accorgersi di nulla.
"Aspetta... un uomo mi sta toccando?!".
Doveva essere un uomo. Decisamente. Aveva mani grandi e sentiva un lieve odore di dopobarba.
Ma perché un uomo lo stava toccando, e soprattutto perché era legato e imbavagliato su una sedia con addosso solo un paio di boxer aderenti? E poi dove diavolo era?
Mandato il messaggio Christian procedette recuperando il papillon e allacciandolo sapientemente al collo del Dottore, accorgendosi però sia della leggera irrequietezza che notava ora in Eleven e che prima non c'era, sia della figura slanciata che lo osservava appoggiata allo stipite della porta.
Quando ebbe finito, ripulì brevemente la stanza, raccogliendo gli indumenti e la borsa e portandoli con se mentre se ne andava.
Avvicinatosi al Dottore si accostò al suo orecchio e gli sussurrò qualcosa, poi se ne andò.
 
 
Ten era ancora nel suo completo gessato e nel suo cappotto lungo. Era appoggiato allo stipite della porta con le braccia incrociate, il peso del corpo scaricato su un piede solo mentre l'altro si accavallava leggermente sull'altra gamba.
Sul suo viso la solita espressione di stupore e curiosità era sparita e troneggiava un sorriso malizioso che nessuno in quel momento, a parte Eleven, avrebbe potuto vedere.
-Ma cos...- Tentò di dire Eleven, accortosi della presenza dell'amico.
-Ti è piaciuta la sorpresa?- Al sorriso malizioso si incresparono gli angoli facendolo allargare ancora di più.
-Vogliamo cominciare allora? Allons-y!-
 
Angolo autrice:
Mi scuso se in qualche punto non sono stata capace di far capire se si trattasse di Ten o Eleven ma mi sembrava, usando parole più esplicite di perdere l'atmosfera.
Ringrazio She_loves_darkness per aver partorito insieme a me l'idea malsana di questa storia.
Fatemi sapere se vi è piaciuta!
A presto!
   
 
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