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Autore: Walking_Disaster    23/08/2014    3 recensioni
Attenzione: Wincest.
Missing-moment della 1x01 (sì, torniamo alle origini) dove abbiamo Sam e Dean che meditano su cos'è stato fino a quel momento il loro rapporto e come poi si è interrotto. Ci sono cose non dette, che pesano sul cuore. Sam che si fa domande e Dean che vuole risposte.
Poi finisce tutto e da lì ricominciò.
Genere: Introspettivo, Malinconico, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: Dean Winchester, Sam Winchester
Note: Missing Moments | Avvertimenti: Incest | Contesto: Prima stagione
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This is Zero




I due fratelli erano riusciti a tirar fuori l'Impala dalla casa fatiscente dentro alla quale Sam l'aveva diretta a tutta velocità, con grande terrore di Dean per i possibili danni che la macchina si sarebbe potuta procurare.
In quel momento il maggiore era inginocchiato accanto allo sportello del guidatore, si era leccato il polpastrello del pollice ed adesso era impegnato a tentare di cancellare con preoccupazione uno dei graffi presenti sulla carrozzeria, studiando quello sfregio con la sua miglior espressione da fidanzato preoccupato per la propria donna. Intanto Sam era appoggiato all'auto, dal lato opposto a dove si trovava Dean, il viso contratta in una smorfia e la mano che saggiava i graffi che Constance gli aveva lasciato sul pettorale, laddove le dita del fantasma erano affondate.
Era uscito da quella vita, dai pericoli, dal camminare sul filo del rasoio un giorno sì e l'altro pure. E quell'esperienza era stata adrenalinica e destabilizzante per lui, ormai abituato alla routine fatta di libri da studiare, ragazza da invitare fuori a cena e feste studentesche alle quali Jessica lo portava e dove lui, puntualmente, si annoiava. E si sentiva fuori posto. Ma quello ovunque, ormai, era una costante che si eclissava parzialmente solamente quando si trovava con Dean. Si era dimenticato di quanto il fratello gli infondesse calma, a dispetto del carattere impulsivo e vivace del ragazzo di cui si parlava. Sam non sapeva perché Dean avesse quel potere su di lui; aveva sempre pensato che fossero legati a doppio filo, ed i loro trascorsi ne erano la conferma. Perché sapeva perfettamente che non era normale trovarsi nello stesso letto, nudi, la sera prima della partenza per Stanford. E non era normale che si baciassero o si sentissero vincolati da un bene così incomprensibile e profondo che l'andare a bere qualcosa insieme come un'altra coppia qualunque di fratelli, ogni tanto, non bastava, perché banale e sminuente. Andavano a bere insieme, quello sì, ma poi si trovavano in una stanza di motel. Ed i loro incontri reali, alla finfine, erano quelli.
Le ragazze non erano mai mancate a nessuno dei due e di comune accordo avevano stabilito che alle volte potevano concedersi una nottata di sesso con una donna. Giusto così, perché erano giovani ed erano fratelli e non avrebbero potuto stare insieme come se fosse stata una relazione qualsiasi. Andava bene, bastava che poi tornassero sempre a casa, l'uno dall'altro, corpo e mente. Non esisteva il tradimento fisico e quello mentale era incontemplabile: i pensieri dei due Winchester erano da sempre e sempre monopolizzati l'uno dall'altro.
Poi era arrivata Jessica. E per quanto doloroso fosse stato all'inizio, Sam aveva spinto via dal suo cuore e dalla sua testa Dean, perché quella ragazza era gentile e amorevole e voleva prendersi cura di lui. Quindi decise di darle una chance: i ventiduenni normali fanno questo, no? Si scelgono una ragazza e stanno con lei. Per cui Sam si era procurato ferite e scottature, ma alla fine aveva creduto di avercela fatta. L'avrebbe sempre amato, tutto ciò era indubbio, ma non l'avrebbe desiderato per sé, non avrebbe voluto sentire il suo sapore e non avrebbe donato tutto se stesso per anche solo un suo sorriso.
Era stato masochisticamente apprezzabile illudersi a quel modo. Una vita placcata di ordinarietà montata su misura su di un ragazzo dalle ottime capacità recitative, così abile da ingannare persino se stesso. Tutto ciò era talmente ironico che gli venne da sorridere.
«Non ti uccido solo perché sono danni facilmente recuperabili, ricordatelo.»
La voce di Dean lo fece tornare alla realtà, mentre quest'ultimo si alzava in piedi e si dava un paio di pacche sulle ginocchia per eliminare la terra che gli era rimasta sui jeans. A quanto pareva aveva terminato di controllare le ferite di guerra che l'Impala aveva riportato e dal tono che aveva utilizzato pareva fosse sollevato.
Sam tirò le labbra biecamente, abbassando lo sguardo e lasciando che la frangia gli sfiorasse le ciglia, la punta della scarpa che tirava un paio di colpetti distratti al terreno.
«E' tutto a posto, Dean?» Domandò, perché dopo la caccia era di rito interessarsi della salute dell'altro, accertarsi che stessero bene e che potessero ripartire, lasciandosi altre vite risparmiate alle spalle.
«Certo! Perché me lo chiedi?»
Tuttavia, la voce stranita del maggiore che si era posto ora davanti all'altro e l'espressione sospettosa che rivolse a Sam fecero rabbuiare il più piccolo, che deviò lo sguardo verso sinistra e scrollò le spalle con indifferenza. Dean non aveva appena saltato un passaggio della loro routine come se nulla fosse. Il minore realizzò anche però che tutto ciò era oltremodo legittimo: loro non avevano più una routine. L'aveva rotta lui stesso voltando le spalle al fratello, quel giorno di due anni prima.
«Facevamo così, un tempo...» Gli concesse vago, arricciando il naso e tornando ad osservare il maggiore, che manteneva un sopracciglio sollevato. L'espressione di Dean mutò in un qualcosa che molto si avvicinava ad un sadico divertimento, mentre rispondeva: «Già: "un tempo".» Il maggiore arricciò le labbra dopo quelle parole che sulla sua lingua avevano un sapore di sbeffeggiamento, intanto che si affiancava al fratello e affondava le mani nelle tasche dei jeans, incrociando le caviglie.
Sam aveva lo sguardo basso e sembrò voler ribattere quando Dean lo interruppe, riprendendo la parola: «Per cui la donna in bianco non avrebbe potuto ucciderti... adorabile, Sammy. Davvero adorabile.» Ghignò malignamente, un antico sentimento polveroso che tornava prepotente in bocca, amaro sulla lingua. Dean aveva sempre saputo che Sam l'avrebbe fatto patire come un cane a stargli tanto vicino ed il rischio di soffrire per lui era stato doppio, dato il mondo in cui si erano consapevolmente legati. Non per niente il maggiore aveva tentato di sfuggirgli inizialmente, forte del fatto che se non avesse fatto l'ultimo passo, quello definitivo, si sarebbe preservato.
Perché Sam era un carnefice perfetto e come vittima non si spezzava. Dean invece, per quanto bravo fosse a fingere, non era altrettanto a ricucire le ferite lasciate dalla mancanza più presente che potesse ottenere nella vita.
«Mi chiamo Sam.» Lo corresse automaticamente ed era palese il fatto che il minore fosse sulla difensiva. La realtà era che quel caso l'aveva non poco confuso: non aveva mai tradito fisicamente Jessica, ma forse aveva tradito Dean, sforzandosi di dimenticarlo e credendo di averlo fatto. Era quel "credendo" così ipotetico, però, che lo lasciava interdetto.
Sospirò pesantemente, prima di riprendere: «In ogni caso no, non avrebbe potuto farlo davvero, perché non sono infedele.» E mentre lo pronunciava, non aveva idea se stesse dicendo il vero o il falso.
Dean tornò a piantarglisi davanti, un sorriso sbilenco a piegargli le labbra. Chinò il capo in avanti, prima di parlare: «Non lo sei? Ah, buon per te e Jessica, allora.»
Tutto quanto sapeva infinitamente di sfida, alle orecchie di Sam. Il tono esageratamente enfatizzato, la piega sulla fronte del fratello, il sorriso a sfottò.
Evidentemente non si trovava completamente d'accordo e voleva farglielo sapere.
«No, non lo sono. Sto insieme a lei da un anno e mezzo, Dean, e non ho mai sfiorato nessun'altra persona.» Stavolta era il turno di Sam di sottolineare quanto appena detto, calcando il tono mentre la tensione si faceva palpabile ed elettrizzava l'aria. C'era silenzio, escludendo i respiri dei due fratelli ed il dibattersi inquieto e irritato dei loro esseri. C'erano troppe cose non dette, questioni che pesavano sulle spalle. Qualunque cosa fosse non era finita e, nel bene e nel male, ormai risultava chiaro che non si sarebbe mai conclusa completamente. Ci sarebbero stati solamente interludi di riposo e dolore, di presa di respiro prima di tornare a immergersi nel loro piccolo mondo sbagliato, malsano e corrotto.
«Fisicamente no, quindi. Ma mentalmente? È questo il segreto, Sam, ciò che conta. Hai mai pensato a qualcun altro?» Era una domanda che a Dean faceva paura, perché presupponeva la risposta che lo avrebbe potuto demolire internamente e silenziosamente. Per quanto avesse ostentato quella malcelata aggressività di cui necessitava, lo terrorizzava sapere la verità – ammesso che Sam gliel'avesse concessa. Lo terrorizzava sapere che in realtà suo fratello stava egregiamente senza di lui, che l'aveva dimenticato e che si era innamorato – davvero e in modo sano. Che non doveva cercare di scindere amore fraterno con l'altro amore, quel sentimento soffocante e totalizzante a cui non sapeva dare un nome, ma che c'era e che lo annullava in toto in favore del benessere e della presenza dell'altra persona, e cioè, sempre e comunque, Sam.
Sam, ma come diavolo siamo finiti a questo punto?
Il minore rimase in silenzio. Un silenzio carico, che bruciava le guance, che faceva mordere le lingue. Un silenzio che gridava, tanto forte era, gridava una risposta che Dean non recepì. Voleva sentirlo dalle labbra di Sam, ma quest'ultimo scosse il capo, distogliendo lo sguardo. Quando parlò, la voce era calata di un tono ed aveva lasciato andare tutto quanto: «E' tardi, Dean. Devo tornare a casa.» E non aspettò risposta, perché diede le spalle al più grande, a tutto ciò che c'era stato. Gli diede le spalle e spalancò lo sportello, rifugiandosi nell'abitacolo, al posto del passeggero.
Dean restò fermo qualche istante, mordendosi l'interno del labbro inferiore, sentendo scivolare tutto quanto come sabbia tra le dita. Granello dopo granello, non restò niente.
Rimontò in auto ed il viaggio di ritorno fu silenzioso.
Fu così che finì tutto.
E poi ricominciò.




Walking_Disaster's corner:
Avevo fatto tutto lo specchietto iniziale ma mi faceva schifo, quindi torno al mio caro e vecchio "corner".
Rieccomi con un'altra Wincest – che poi neanche tanto lo è. È considerabile di più come pre-wincest, suppongo. Anyway, questo è quanto. Ho provato a chiedermi cosa c'era prima, come sarebbe stata la resa dei conti. Ed è nata questa cosetta. Sono abbastanza soddisfatta, soprattutto della seconda metà. Della storia dei due fratelli è l'episodio 1x00 (e attenzione: dei due fratelli, non di SPN). È dove la fine fa partire l'inizio e dove i fratelli si ritrovano veramente. È ovviamente un missing-moment della prima puntata della prima stagione e niente.
Spero vi piaccia e fatemi sapere che ne pensate :)


See u soon,
WD

   
 
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