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Autore: VikiMel    24/08/2014    1 recensioni
«Casa dolce casa!» E prese le chiavi, fece per aprire ma guardando in basso notò un qualcosa che sperava fosse opera della sua immaginazione o almeno, una qualche immagine creata sotto effetto degli alcolici: la sua ombra appariva come insolitamente enorme.
Genere: Azione, Comico, Mistero | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: Violenza
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Capitolo 2

Rebecca, Simon e il mostriciattolo

 

«Provamelo» Simon era un fascio di nervi, stava sudando freddo per l'agitazione.
La ragazza davanti a lui affermava di essere la sorella della sua defunta Clara e in effetti poteva rassomigliarle in quanto a stazza e lineamenti: anzi, se non fosse stato per i capelli e per gli occhi, avrebbe asserito che lei era Clara.
Ma in quanto al carattere c'era un abisso che le separava.
«Okay, va bene, te lo provo, ma ti prego! Posa quell'arnese, ho il terrore delle pistole!» Rebecca stava per rimettersi a piangere e il detective capì di aver esagerato.
«Va bene, la metto via: ora però anche tu farai la tua parte e poi mi spiegherai come hai fatto ad entrare.»
«Prendi» disse lei sorridendo e porgendogli una lettera ingiallita «qui c'è scritto tutto quello che vuoi sapere!»
Simon riconobbe subito la scrittura, quella curvatura sulle "ci" per non parlare della "a" perfettamente tondeggianti.
Era la sua scrittura.

"Cara Rebecca,
mio mostriciattolo adorato, sorella, come stai? Te la passi bene all'Università di Kyoto? Scommetto che avrai comprato una tonnellata di vestiti!
Poi voglio vedere le fotografie!
Io qui sto bene e ho una notizia meravigliosa da darti: non indovinerai mai!
Simon mi ha chiesto di sposarlo! Oh cielo, me l'ha chiesto mentre combattevamo!
Mi ha sconfitto e poi mi ha posto la fatidica domanda, è stato così tenero!
Ovviamente sei invitata al matrimonio anche se so che molto probabilmente non verrai; quando avrai terminato i tuoi studi però esigo che tu venga a trovarci e, siccome so che quando arriverai saremo da qualche parte a risolvere qualche caso con il maresciallo, ti dico dove si trova la chiave d'emergenza: sotto al vaso di fiori blu a pois viola.
Così potrai entrare senza problemi e finalmente ti presenterò Simon!
Ti piacerà: è molto gentile -quando non impugna la pistola- e sono sicura che andrete d'accordo!
Anche se non gli ho ancora parlato di te perché mi piacerebbe presentarti personalmente, perdonami!
Prometto di farlo non appena non appena avremo finito di rivolvere questo caso!
Ora è impossibile parlarci, è preso da deduzioni, risse e i preparativi!
Mi manchi molto, spero di rivederti presto...
Spicciati genietto a laurearti per la terza volta!

Sempre tua,
Clara

PS: 何か が 私 に 起こった 場合, それ お 保護 します "

Simon finì di leggere e guardò la ragazza che nel frattempo si era legati i capelli «Soddisfatto, tantei-san
«Come mi hai chiamato?»
«Signor detective» spiegò «in Giappone si dice così e... ah! Devo andare a togliere la pentola dal fuoco sumimasen! Cioè, scusa!»
E corse in cucina.
Simon ora si sentiva più che perplesso, stordito.
Si mise a sedere sul divano e fece il punto della situazione: una ragazza vestita da "Gothic Lolita", dai capelli color ciliegia che parlava a tratti in una lingua a lui incomprensibile era entrata in casa sua, aveva preparato il pranzo e aveva con sé una lettera di due anni fa di Clara in cui stava scritto che avrebbe potuto far loro visita in qualsiasi momento.
La situazione era surreale e al contempo stesso razionale.
«Il pranzo è pronto! Muoviti o si fredda!»
Quelle furono parole che lo riportarono alla realtà
«A-Arrivo...»
Pranzarono in silenzio, in una cucina che a Simon pareva più in disordine che mai.
Non ricordava di averla lasciata così male.
A testa bassa e una volta finito si misero a lavare i piatti.
«Mi dispiace per prima, non volevo spaventarti. È che non mi aspettavo di avere ospiti»
«Non preoccuparti, effettivamente poteva essere chiunque anche se dubito che un ladro ti avrebbe preparato il pranzo» rispose lei, facendo l'occhiolino.
«Vero... dunque: hai finito la tua terza laurea, giusto?»
Ci fu una breve pausa di silenzio.
«Sì»
«Cosa hai studiato? Se posso chiedertelo...»
«Lingua e cultura giapponese, a Kyoto.»
«E le altre?»
«Sei un detective, no? Allora indovina! Voglio vedere se sei bravo come affermava Clara: diceva che quando t'impegni sei uno Sherlock niente male!» La risposta, accompagnata da un sorrisetto e uno sguardo di sfida, fece sorridere il detective che si sentì in dovere di precisare:
«Indovinare? Vorrai dire dedurre. Se indovinassi sarei un indovino, non ti pare? Ma comunque, dimmi... perché sei venuta qui nonostante...» si bloccò.
«La scomparsa di Clara?» terminò Rebecca per poi proseguire «Be', mi pare ovvio: per darti una mano no? Sapevo che saresti rimasto solo e siccome sono sola anch'io ho pensato che se avessi voluto una mano anche solo per le pulizie, potrei esserti utile! So quanto le volevi bene e...»
«Okay, frena! Tu vorresti lavorare per me come colf? Ho capito bene?» Simon era incredulo «Dopo aver preso tre lauree vorresti fare la domestica in casa mia? Lo sai che è una cosa senza senso?»
«Sì, ma qui è l'unico posto dove riesco a sentire mia sorella presente... per favore!» Rebecca chinò il capo per evitare di farsi vedere nuovamente in lacrime.
Doveva mancarle molto e sapeva per certo che quando Clara era scappata da casa, Rebecca doveva averla seguita prima che lei partisse per l'Università.
Dovevano essere inseparabili.
Ma la faccenda non gli quadrava: c'era qualcosa in quella ragazza che distoglieva Simon dall'idea di fidarsi ciecamente di lei, una sorte di sensazione...
Una vocina nella testa gli diceva che c'era di più rispetto a quello che lei gli aveva detto.
Ed era, dunque, determinato ad accertarsene.
«Rebecca, giusto? Nella lettera in fondo c'è un Post Scriptum in giapponese, suppongo... Cosa c'è scritto?»
«Emh... una cosa che ci dicevamo sempre da piccole, è personale!»
«Stai mentendo, hai risposto troppo frettolosamente distogliendo lo sguardo e incrociando le braccia! Mi par di capire che "il dare una mano" non si riferisse alle pulizie. Tu hai le mie stesse lauree vero? Anche perché dovresti aver notato che non pulisco molto, ma nemmeno tu! E te lo posso dire con certezza: qualsiasi persona che abbia un minimo di concetto di pulizia, me compreso, non avrebbe mai lasciato la cucina così in disordine. In più... Ah!» Simon si avvicinò cercando di sopraffarla ma come sospettava la sua reazione di ribaltarlo con una mossa di judo fu molto repentina e istintiva.
«Ahia! Lo sapevo, potrai anche portare vestitini e tacchi, ma non puoi ingannarmi: hai le spalle e le braccia piuttosto muscolose per essere una semplice secchioncella e a meno che i libri non pesassero trenta chili tu hai frequentato la stessa scuola di judo di Clara! Mamma che botta...» Si rialzò dolorante ma trionfante e soddisfatto come non gli accadeva da un po'.
Rebecca nel frattempo si era sistemata i capelli e si era seduta: stava fissando quell'uomo che era riuscito a sorprenderla e spaventarla allo stesso tempo.
L'aveva fregata con una facilità non indifferente e questo le piaceva, come piaceva a sua sorella.
Il bel detective dagli occhi grigi e la chioma ambrata intuì che Rebecca stava per vuotare il sacco «Nanika ga watashi ni okotta baai, sore o hogo, shimasu» disse lei con tono serio «Se mi succede qualcosa, proteggilo. Queste, Simon Cole, sono le ultime volontà di mia sorella ed io intendo rispettarle! Ti faccio i miei complimenti, hai ragione: ho le tue stesse lauree ad eccezione del giapponese, caspita! Clara lo diceva che sei bravo! Mi hai fregato, pensavo che non stessi osservando nulla ed invece... dal primo momento che mi hai avuto sott'occhio mi hai squadrata per bene: sì, facevamo judo assieme finché non sono partita e ti chiedo scusa per la reazione brusca, ma te la sei cercata! Comunque... prima riguardo al collaborare ero seria e se ti stai chiedendo se ho davvero paura delle pistole, la risposta è affermativa! Ne sono terrorizzata e odio essere interrotta!»
Il detective, che aveva appena alzato il dito per porre quella domanda chiuse la bocca e le fece segno di continuare.
«Dunque... anche se sono entrata in casa tua di soppiatto, ho commesso un crimine di guerra in cucina e ti ho sbattuto in terra come un tappeto persiano... posso chiederti di vivere qui con te? Anche se non vuoi collaborare con me è lo stesso, solo permettimi di fare quanto richiesto da mia sorella: glielo devo.»
Simon la guardò, Rebecca non riuscì ad intuire cosa volesse dire quello sguardo: ad un tratto il detective si alzò, andò a prendere il cappotto e se lo mise, poi portò un cappotto rosso da donna a Rebecca.
«Mettitelo» intimò
«D-Dove andiamo Simon?» la ragazza temeva di essere cacciata fuori, il suo tono non presagiva nulla di buono.
«Lo vedrai e... un'ultima cosa...»
«Sì?»
«Posso chiederti in futuro di non chiamarmi mai più...»
«Ma Simon, perché?» chiese lei in lacrime
«Perché quel nome strano in pubblico mi darebbe fastidio! Andiamo collega, devo trovarti delle lenzuola decenti in cui farti dormire!»
Rebecca passò dalle lacrime alla confusione «Lenzuola? Ma non mi stavi cacciando?»
«No, affatto... Clara non te l'hai mai detto? Mi piace scherzare e se non vuoi le lenzuola e il letto, meglio per me! Mi terrai compagna la notte!» disse lui ammiccando.

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*Angolino dell'autrice*

Salve a tutti gli internauti di EFP! 
Finalmente ho deciso 
di presentarmi ufficialmente!
Salve a tutti! Sono VikiMel e ho deciso di esordire con questo giallo un po' comico, che spero apprezzerete!
Come avrete letto al nostro Simon ne sono successe di cose!
E aspettate di vedere che cosa accadrà nel prossimo capitolo!
Grazie a tutti coloro che lo leggeranno a quelli che già lo seguono!
In particolare ringrazio il mio "mentore" Auros "Mercer" che mi ha invogliato a scrivere questa cosa!
Quindi grazie mille!
Questo giallo è dedicato a TE ;D

 

   
 
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