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Autore: Shisho_67    24/08/2014    2 recensioni
Ma all’improvviso qualcosa blocca la tua rovinosa caduta, fermandoti, arrestandoti prima che il vuoto ti inghiotta definitivamente. E’ un'altra luce. Ma questa volta è una luce di origine diversa da quelle che conosci tu, Sherlock, non è fredda, non trema, anzi, è ferma e salda, non accenna nemmeno per un momento a scomparire, ma, cosa più importante, è calda. E’ umana.
Genere: Introspettivo, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: John Watson, Sherlock Holmes
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Stai cadendo, Sherlock. Stai cadendo e non hai idea del perché.  Solo poche volte, nella tua fitta quanto breve esistenza, ti sei sentito cadere così. Corri per i corridoi del tuo immenso palazzo mentale, dove tutte le tue paure, le tue speranze, i tuoi sogni ormai morti da tempo sono immagazzinati con cura infinita. Una volta, molto tempo fa, anche te sapevi sognare. Quasi per sbaglio ti imbatti in quella porticina, piccola piccola , sola soletta in un angoletto buio del tuo palazzo mentale. Oh, ti sei sforzato di reprimerla, di dimenticarne l esistenza, ma nell’ ora della morte, Sherlock, tutto ciò che in vita viene disperatamente cercato di nascondere, riaffiora con una lenta, metodica risalita, una scalata della mente che le fa riaffiorare in superficie. Apri, seppur tentennante, quella piccola, misera porta e ti ritrovi davanti una sala bianca. In fondo, seduta su uno sgabello candido come le pareti, intravedi una figura. Inclini un poco la testa, incuriosito. Chiunque sia, la povera sagoma sta piangendo. La vedi ritirarsi, rannicchiarsi su se stessa, tentando in tutti i modi di scomparire. Poi la sala si riempie di risate, risate di scherno, dita puntate, voci di sottofondo che risuonano nelle tue orecchie come tanti spari. Ti tappi le orecchie, ma quelle non accennano a scomparire. Ti avvicini alla figura rannicchiata, cercando di imitarla nella sua folle ricerca di un nascondiglio ed è con stupore, quasi con paura, che ti accorgi che quel bimbo, perché adesso puoi accorgerti che di questo si tratta, sei tu da piccolo e che quelle voci che rimbombano senza tregua nella sua testa, quelle risa, provengono dalla gola di altri bambini come te, identici, ma allo stesso tempo all’ opposto. E all’ improvviso il ricordo svanisce, lasciandoti a galleggiare in un nero pece, scuro come la tristezza di un bambino solo, che cerca in tutti i modi da farsi degli amici. E che non ci riesce. Mai. Più si avvicina alle altre persone, più loro fuggono via, terrorizzate, scandalizzate dalla sua predisposizione al macabro, all’ ignoto che ai normali esseri umani non riserva che timore e lontananza.  Ecco, tu sei l’ignoto, Sherlock. L’ignoto che nessuno ha voglia di scoprire, di rendere finalmente noto. E tu lo sai e lo hai accettato. Eppure… Poi una luce, una piccola, quasi inesistente lucina in fondo a tutta quell’ oscurità. La droga. Si, perché è la droga che ti ha tenuto in vita dai 16 anni in poi, Sherlock, quando nient’altro nella tua vita aveva più il potere di farti resistere, di farti rimanere sulla Terra. Ma, nonostante quella lucina illumini un poco la tua anima oscura, da sola non basta a rischiarare il baratro di solitudine e desolazione che ti apre in due. Il buio intorno a te si riempie di cifre, calcoli e dati. E’ il tuo cervello che cerca una distrazione dal dolore, Sherlock, e tu lo sai. Tutto quel dedurre, comparare, emettere sentenze senza alcun filtro mente-bocca, tutto quel tuo nasconderti dietro alla tua logica, alla tua assenza di emozioni, tutto per celare un’ anima fragile e lacerata da troppi anni di isolamento dall’umanità, di solitudine a cui loro, le persone stupide che popolano il mondo reale, non quello che alteri tu con la droga, ti hanno costretto a vivere. E il muro di numeri crolla davanti ai tuoi occhi spalancati, grandi di terrore, ora. La tua vita ti sta sfreccia davanti agli occhi, più veloce di quanto la sua intelligenza riesca ad accettare. Poi la lucina in fondo al baratro ritorna, tremolante. Numeri e luci fioche si alternano davanti al tuo campo visivo, circondandoti e avvolgendoti in spire che stringono, strozzano, soffocano in un circolo vizioso che ti trascinano giù, giù, sempre più giù… Ma all’improvviso qualcosa blocca la tua rovinosa caduta, fermandoti, arrestandoti prima che il vuoto ti inghiotta definitivamente. E’ un'altra luce. Ma questa volta è una luce di origine diversa da quelle che conosci tu, Sherlock, non è fredda, non trema, anzi, è ferma e salda, non accenna nemmeno per un momento a scomparire, ma, cosa più importante, è calda. E’ umana. E’ accogliente e rassicurante. E non è logica, non è ragionamento stretto e serrato, ma istinto, puro, semplice, scattante istinto. E prende il nome di John. Vedi i suoi occhi veri, sinceri, puri davanti a te, la sua mano tendersi verso la tua e tu, senza nemmeno sapere perché, la afferri. Non sai se quello che stai facendo sia giusto, non hai idea delle conseguenze che di solito ti sono tanto ovvie e palesi. Il tuo è solo un disperato bisogno di affetto umano che è sfociato in un insensato slancio di fede. Sì, perché deve per forza essere fede quella che ti fa stringere così forte la sua mano, che ti fa accettare la sua presenza come se fosse sempre stata parte della tua vita, deve essere fede quella che ti spinge a fidarti così tanto di una persona fino a quel momento sconosciuta, di lasciare che entri nella tua misera esistenza con così tanta facilità, rischiarandone l’ essenza. Forse c’è dell‘egoismo in questo tuo aggrapparti a lui, anzi, c’è di sicuro, ma tu sai che non è solo il fatto che è il primo essere umano che ti rivolge la parola in modo civile che lo rende così speciale ai tuoi occhi. Chiudi gli occhi, soffocato da tutti quei sentimenti scomodi che ti stanno investendo in pieno volto. C’è riconoscenza, la senti bene, ma c’è anche affetto, dolcezza, voglia di esplorare. Sì, perché è ovvio che tu voglia conoscere tutto di John Watson, Sherlock, è palese che non faresti altro a giornate che indagare sulla sua vita come se fosse il più intrigante e complesso dei casi. Mai ti sei interessato alla vita come da quando hai iniziato a vivere con lui. Quel semplice ex soldato in congedo ti ha cambiato, lo ammetti. Sorridi tra te e te, mentre davanti a te sfilano le immagini di vostri casi più difficili. Le tue pupille incrociano più volte anche i casi un cui John ha rischiato di morire, ma te distogli subito lo sguardo, turbato come se quegli avvenimenti stessero avvenendo in questo momento anzi che anni fa. O mesi. O giorni. Ormai non ti importa nemmeno più del tempo che passa, se c’è lui accanto a te. Ti irrigidisci all’ improvviso quando da quella dolce luce che stavi tranquillamente osservando affiora un’altra figura. Questa volta non esiti un secondo a riconoscerla. E’ Mary, la moglie del tuo John. Lei ti sorride, affabile, poi tira fuori una pistola e fa fuoco. Alla sua sagoma si sovrappone quella tanto odiata e temuta di Jim Moriarty. Trattieni a stento un urlo, tappandoti la bocca con le mani e, come un bambino impaurito, ti rannicchi su te stesso, stringendoti le ginocchia al petto che all’improvviso ti duole come se ti avessero preso a calci. Perché alla fine è un po così che ti senti, fuori da questo posto che è il tuo prezioso quanto impenetrabile palazzo mentale. Apri gli occhi da scatto, quando un lampo bianco invade la stanza. Solo allora ti accorgi che hai le guance bagnate da calde lacrime salate. Te ne chiedi il perché, ma non fai in tempo a darti una risposta, che la figura di John ritorna, questa volta più grande, a sovrastare le altre, la pistola puntata. E ti senti protetto, Sherlock, perché ora c’è lui a salvarti. E ora che lui è lì, davanti ai tuoi occhi adoranti, ti ricordi anche il perché del tuo abbandono, della tua rinuncia a lui. Avevi lasciato che nonostante la tua assuefazione sposasse  Mary, consapevole dell’altra probabilità che dopo ti avrebbe abbandonato per stare con lei, per far si che fosse felice. L’aveva fatto per lui, tutto ciò che hai fatto dopo il vostro primo incontro è stato per lui. Sorridi un'altra volta, crogiolandoti nella rara sensazione che si prova nell’ aver fatto del bene. Poi le immagini davanti alle tue iridi di ghiaccio tremano, svanendo nel nulla, lasciando che al loro posto apparisse un foglio di carta con sopra scritta un’unica e sola parola. “Divorzio”. Ah, già. Mary e John hanno divorziato. All’improvviso la stanza intorno a te inizia ad incrinarsi, sulle pareti e sul pavimento iniziano a formarsi delle crepe. Tu ti alzi di scatto in piedi, stupito. Allarghi le braccia per rimanere in bilico in mezzo a tutto quel caos. Poi dalle crepe inizia ad uscire luce, una luce abbagliante, calda come non mai. La annusi a pieni polmoni, Sherlock, lasciandoti dolcemente cadere al suo interno, sentendo nelle narici ancora l’odore del tuo John. Ti lasci cadere con grazia in una delle crepe, con la stessa dolcezza che hai usato per cadere da quel palazzo dopo il suicidio di Moriarty. Ah, già. Anche quella volta l’hai fatti per John. Cadi, cadi e non ti capaciti di come bella ti appaia la caduta. Intorno a te ci sono le immagini concitate, ma scolpite una ad una nella tua mente di John che entra nel 221b Baker Street, che ti dice col viso arrossato e gonfio di pianto che con Mary è finita, che è tutta cola tua. E poi ci sei tu, la tua confusione, la punta di dolorosa offesa che ti punge il cuore a sentire le sue parole. E poi la tua sorpresa, la tua incredulità quando le sue labbra si uniscono alla tue, quando John Watson, il tuo migliore amico, il tuo John “non-sono-gey” Watson,  il tuo blogger, il tuo preziosissimo conduttore di luce ti bacia con dolce foga, attirandoti al suo corpo caldo e profumato. Ti ricordi che il tuo cuore ti era quasi uscito dal petto, per quanto illogico che fosse, quando dopo esserti staccato da te ti aveva guardato con quello sguardo intenso, magnetico, ma allo stesso tempo limpido e sincero come sempre. E’ da quel momento, Sherlock, che hai capito di amarlo. Che il tuo non era stato solo uno slancio di fede, un folle balzo alla cieca nel vuoto, il gesto disperato di un uomo solo, ma erano stati il cuore e l’istinto che, ancora una volta dalla comparsa di John Watson nella tua vita, ti avevano salvato dal baratro. E la tua caduta si arresta, all’ improvviso, cosi come è iniziata e tu atterri dolcemente sul morbido materasso del tuo comodo letto, svegliandoti.


Apri gli occhi, svogliatamente, disturbato da un solitario raggio di sole che filtra dalla persiana, finendo con esattezza millimetrica sul tuo viso. Sbuffi, scocciato, poi ti irrigidisci sentendo le braccia di qualcuno avvolgerti con dolcezza esasperante da dietro e una voce impastata borbottare parole incomprensibili al tuo orecchio. Sorridi, perché capisci al volo che il tuo amato John sta ancora dormendo, la mente persa nel suo mondo di fantasie e immaginazione, un mondo che ti era sempre stato estraneo, ma da quando hai conosciuto lui ti è diventato sempre più familiare. Ti rannicchi di più contro il suo petto che si alza e si abbassa regolarmente, stringendoti al suo corpo caldo, non per il freddo, ma semplicemente per la voglia di un contatto. Anche questa è una novità per te, ma le novità di John Watson non ti dispiacciono. In fondo, è grazie al suo arrivo, la prima vera innovazione della tua vita, che hai smesso di cadere, che sei ancora vivo.
  
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