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Autore: scandros    06/08/2003    0 recensioni
La speranza di un amore é sempre viva dentro di noi e prima o poi questo sentimento ti travolge come un'onda. Holly e Patty lo sanno!
Genere: Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Sanae Nakazawa/Patty Gatsby
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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CAPITOLO 8

 

 

Sempre e solo tu

 

 

 

 

La pioggia continuava a intingere la città di tonalità argentate e l’aria di fine luglio era particolarmente fresca. Holly e Patty erano ancora stretti l’uno nelle braccia dell’altra per poter fissare indelebilmente nella loro mente, ogni singolo istante di quell’attimo di amore che stavano vivendo.

- Patty stai tremando. Sei completamente fradicia. - le disse Holly mettendole le mani sulle spalle. - Dammi le chiavi, ti porto su. -. Senza neppure controbattere, la ragazza afferrò la chiave del portone e di casa e seguì l’amato per le scale. Nonostante la stanchezza e la debolezza, Patty non distoglieva gli occhi da quel giovane di cui era tanto innamorata. Non aveva avuto il tempo di constatare quanto fosse cambiato il suo fisico. In tre anni, le spalle erano diventate più larghe e il torace muscoloso, frutto di allenamenti duri e di molto nuoto. Era diventato più alto, ma nonostante tutti quei cambiamenti, il suo viso era sempre quello di un cucciolo, quegli occhi scuri che l’avevano tanto affascinata, ma soprattutto, gli anni non avevano per nulla smussato la sua dolcezza.

Aprì la porta e cercò un interruttore appoggiando la mano sul muro. Si voltò verso Patty. Afferrò le sue valigie e le portò all’interno della casa, poi prese per mano la sua Patty e con un cenno del capo la invitò ad entrare.

L’ingresso era molto ampio e dava accesso alle stanze dell’appartamento. Silenziosamente, perlustrarono la casa andando prima a sinistra. Holly premette l’interruttore e le luci dei faretti illuminarono un corridoio con quattro porte. Le aprirono una dopo l’altra scoprendo prima la sala da bagno, poi la camera matrimoniale, la stanza degli ospiti e l’ultima, era la camera destinata a Patty. Non avevano dovuto intuirlo perché appesa alla maniglia c’era una targhetta ricamata dalla ragazza tempo prima, che riportava il suo nome. Suo padre doveva averla messa lì proprio per indicarle la stanza. Quando Holly ebbe aperto la porta della stanza, entrambi rimasero allibiti.

L’armadio si trovava sulla stessa parete della porta, il letto da un lato e di fronte uno scrittoio con la sua poltroncina. Al centro della stanza erano stati raggruppati tutti i suoi cartoni; sulla branda c’era un nudo materasso privo di lenzuola. Tutte le stanze che avevano visto fino a quel momento, erano state arredate con gusto. Holly le strinse più forte la mano e la portò via.

- Vieni, andiamo in cucina. Ti preparo un the e ti fai una doccia calda altrimenti ti verrà un febbrone. - le disse accarezzandole il volto premurosamente. Lei annuì incapace di parlare. Alison non le aveva neppure sistemato la roba tanto era stata impegnata ad odiarla. Ma perché provava tanto risentimento nei suoi confronti?

Ritornarono nell’ingresso. Frontale alla porta c’era un grande arco che conduceva ad un salone doppio con all’interno un angolo pranzo sistemato su una pedana. Una porta chiusa invece conduceva allo studio del padre. Ritornarono per la seconda volta all’ingresso e stavolta varcarono il disimpegno a destra dell’uscio. Trovarono subito una seconda sala da bagno e senza pensarci due volte, Holly entrò ed aprì il rubinetto dell’acqua calda all’interno della doccia. Prese un accappatoio appeso vicino il mobiletto e lo diede a Patty.

- Una doccia calda ti farà bene. -. Lei annuì senza proferire parola. Le sembrava tutto così irreale. Holly, il suo Holly che si prendeva teneramente cura di lei.

Invitata dal getto d’acqua calda, si svestì velocemente e dopo pochi istanti fu inondata da miriadi di goccioline calde.

 

Holly intanto, sembrava aver preso possesso della cucina. Era una stanza molto ampia con i mobili suddivisi in due pareti e il tavolo con le sedie centrale. Constatò che si trattava di una casa molto bella, curata nei minimi particolari anche se non riusciva a spiegarsi il motivo per il quale la stanza di Patty non fosse stata sistemata. Gli abiti. Patty sarebbe uscita in accappatoio dal bagno. Arrossì al solo pensiero di poterla vedere cinta solo da quel morbido telo di spugna. Era bellissima. Non l’aveva mai vista così bella e lui si sentiva il ragazzo più fortunato della terra. Ed anche il più stupido. Come aveva fatto a perdere tanto tempo dietro il pallone? Lei era sempre stata a soli due passi da lui, stretta al suo fianco disposta ad aiutarlo in ogni momento. E lui era corso inevitabilmente dietro quella sfera che tanto l’aveva fatto sognare e che a soli diciotto anni l’aveva consacrato come uno degli astri nascenti del calcio.

Cercò un bollitore per il the aprendo gli sportelli. Quando lo trovò, lo riempì d’acqua e lo mise sulla cucina. Aprì nuovamente gli sportelli per cercare il the e lo zucchero e poi le tazze per loro. Lui che preparava il the per la sua Patty. Era sempre stata lei ad occuparsi di lui. Ma adesso le cose erano cambiate. Aveva avvertito la sua fragilità, le sue lacrime avevan parlato chiaro. Solo lui poteva darle il conforto di cui necessitava, le avrebbe dato tutto l’amore che in quegli anni aveva maturato solo per lei. Perso tra i suoi pensieri, si destò solo quando udì il rumore del phon acceso. Si stava asciugando i capelli. Sorrise. Afferrò un vassoio che aveva trovato, dispose le tazze e la zuccheriera e versò il the. Elevò il vassoio e lo portò nel salone appoggiandolo sul tavolino sistemato tra i due divani disposti ad elle.

La stanza era fievolmente illuminata da un lume appeso nella sala da pranzo. Gli piaceva quell’atmosfera estremamente soft. Si avvicinò alla finestra e scostò le tende. Non pioveva più. Doveva pensare a dove andare a dormire quella notte. Era stremato anche se non lo dava a vedere. Le interminabili ore in aeroporto a San Paolo, il viaggio aereo fino a Parigi, la partita e poi la corsa per Barcellona. Cosa si faceva per amore. Com’era cambiato in quell’ultimo periodo.

 

Non la udì arrivare. Sentì solo le sue braccia cingergli la vita. Avvertì un fremito che gli attraversò la schiena. Lei era lì, poteva sentirne il profumo fiorito, il calore della sua pelle avvolto nella morbida spugna. Si liberò dall’abbraccio e la guardò. Sembrava fragile e indifesa, ma era stupenda e regale nella sua semplicità. Non riusciva a toglierle gli occhi di dosso. Anni e anni in cui l’aveva ignorata e adesso era a pochi passi da lui, raggiante in tutto il suo splendore.

- Ehy, piccola. Cosa c’è? - le chiese Holly dolcemente prendendole il viso tra le mani. - Perché piangi? -

- Non capisco…perché mi odia tanto? -

- Di cosa parli? -

- Alison! E’ per lei che sono tornata con urgenza abbandonando te. -

- Ma ora sono qui e non ho intenzione di lasciarti. -

- Sì ma…ma ho rischiato di rovinare tutto. Se tu non fossi ….

- Tesoro, non importa quello che è successo…sapevo che c’era qualcosa che non andava bene. L’ho sognato. -

- Sognato? - chiese perplessa.

- Sì. Ti ricordi quando ti ho telefonato prima della tua partenza per Parigi? -

- Sì. -

- E’ successo poco prima. Ti vedevo sulla spiaggia dove solitamente andavo a correre. Ero così felice di vederti che ti correvo incontro. Ma tu eri sfuggente e alla fine del sogno mi dicevi che dovevi andar via. Ti perdevo, nel sogno. E’ per questo che ti ho chiamata. Volevo assicurarmi che tu ci fossi ancora, che volessi aspettarmi. -

- Se mi avessi detto che saresti tornato tra dieci anni, ti avrei aspettato lo stesso, Holly. -

- Amore mio, vieni qui. - le disse abbracciandola, - Ancora non ci credo che finalmente, io e te….-

- Ho rischiato di perderti ancora una volta per correre dalla mia matrigna. -

- Hai fatto quello che dovevi fare Patty. -

- Mio padre era disperato. Aveva bisogno di me ed io…non potevo lasciarlo qui da solo. - disse allarmata.

- Non devi giustificarti, ti capisco. - le disse cercando di calmarla.

- Holly, credimi: non c’era cosa che più desideravo di più che riabbracciarti. E’ per te che sono corsa a Parigi nonostante le obiezioni della mia famiglia. Io dovevo esserci. Quando è arrivata la telefonata di papà, il mondo mi è crollato addosso. Sono corsa qui sperando di poter essere almeno di aiuto e invece? Quando sono andata in ospedale, Alison mi ha trattato come la peggiore delle sguattere, si è sentita male, serviva una trasfusione ed io mi sono offerta. Nonostante tutto, neppure un grazie. E mio padre? L’ha difesa fino alla fine mentre io non solo perdevo la mia famiglia, ma soprattutto pensavo di aver perso te. - disse in preda all’eccitazione e al dolore.

- Patty, adesso calmati. Amy, Jenny e gli altri mi hanno spiegato perché stavi venendo qui. Non devi discolparti per essere andata via all’improvviso. Anzi, ho apprezzato tantissimo il tuo gesto. E quando ti ho vista all’aeroporto, ho letto la disperazione nei tuoi occhi. E’ stato l’amore che provi per me a spingermi a saltare sul primo aereo e a raggiungerti. Adesso non devi più temere di perdermi, perché io sono qui e ci resterò. -

- Ma…la tua carriera.-

- In Brasile sono stato contattato da due club spagnoli. Quando i ragazzi mi hanno detto dov’eri diretta, ho deciso dove sarei andato a giocare per i prossimi quattro anni. Barcellona. Giocherò nel grande Barça, una delle più note squadre europee. -

- Vuoi dire che non dovrai tornare in Brasile o in un altro stato? - le chiese radiosa in volto ed incredula per quanto aveva appena udito. La prese per la vita e la sollevò facendola volteggiare come una farfalla.

- No amore. Resterò qui con te, se tu lo vorrai. -

- Sì che lo voglio, Holly, più di qualsiasi cosa al mondo. - gli disse baciandolo. Tutto era spontaneo tra di loro. Prima un bacio dolce, poi un altro ed un altro ancora sempre più passionale fino a che abbracciati non caddero sul divano. Holly era sopra di lei: la guardò. Sembrava una bambola di porcellana. I capelli scuri erano sparsi sul divano di pelle color cammello. Nell’ovale niveo brillavano intensamente i suoi occhi color nocciola. Con un dito le sfiorò le labbra carnose di un rosso rubino.

- Patty forse…è ora che io vada. - le disse imbarazzato.

- Resta con me, ti prego, non andare via. -. Quelle parole risuonarono nella sua mente. Sembrava un grido di aiuto. Ad invocarle era la sua donna, colei che amava. Continuò a disegnare nella sua mente le forme perfette del suo corpo.

L’accappatoio, leggermente aperto, lasciava intravedere le lunghe gambe snelle e più su, l’attaccatura dei seni. Holly chiuse gli occhi al sol pensiero di quello che stava per accadere. Lo desiderava ardentemente esattamente come lei. Patty alzò una mano e prese ad accarezzargli il volto con delicatezza. Le afferrò la mano e se la portò alle labbra baciandola ripetutamente. La prese in braccio e dopo pochi istanti si ritrovarono sul letto nella camera degli ospiti.

Avvicinò il suo volto a quello della ragazza e riprese a baciarlo lentamente fino a scendere sul collo. Con leggerezza spostò il colletto dell’accappatoio e le sue labbra si posarono sulla spalla. Patty, in preda all’eccitazione continuava ad accarezzargli l’ampia schiena. Sussultò quando la mano del ragazzo cercò lentamente i seni nudi accarezzandoli quasi con timidezza. Gli sorrise e lo attirò a se per un altro bacio. Con un gesto rapido Holly si svestì e trascinati da un’incontenibile passione, quella sera si unirono in un unico corpo vivendo intensamente il primo giorno della loro lunga storia d’amore.

 

 

Il sole filtrava dalle persiane quasi dispettoso. Holly strizzò le palpebre e le riaprì più volte cercando di capire dove si trovasse. Si mosse appena e sorrise quando la vide. Era bellissima. Rannicchiata sul suo petto nudo sembrava una creatura angelica. I capelli erano sparsi qua e là lungo il volto intinto di raggi dorati. La baciò sulla fronte felice di essersi risvegliato con lei accanto. Com’erano cambiate le cose in cos poche ore. Fino al giorno prima, entrambi non pensavano che sarebbe successo. Invece si stava risvegliando con lei accanto. Sorrise pensando che finalmente il fantasma di un Holly tanto imbranato in amore, era scomparso per lasciar vita invece ad un ragazzo pieno di sentimenti e passione.

Patty aprì gli occhi incrociando quelli di lui. Arrossì leggermente. Erano nello stesso letto; i loro corpi nudi sembravano recitare ancora la passione che li aveva avvolti quella notte.

- Buongiorno amore mio. - le disse sorridendole.

- Dimmi che non è un sogno…che sei davvero qui con me! No, non svegliarmi. Desidero che questo sogno non finisca mai. -

- Non stai sognando. Siamo qui, io e te. Stretti l’uno all’altra. - le sussurrò.

- Holly. -

- Sì. -

- Ti amo. - gli disse sinceramente mentre il cuore le batteva forte in petto.

- Patty. -

- Sì. -

- Ti amo. - le disse sorridendo. Scoppiarono in una risata gioiosa mentre dal salone giungeva il suono del telefono. Si guardarono in volto indecisi sul da farsi. Afferrò l’accappatoio e corse verso il salone dove la sera prima aveva visto il telefono.

- Vado a farmi una doccia. - le urlò.

 

 

- Pronto? - rispose affannata dalla corsa.

- Patty! - esclamò la voce dall’altra parte del telefono. La riconobbe subito e un velo di tristezza scese su di lei. Quella voce la riportò alla realtà spezzando l’incantesimo che si era creato la sera prima.

- Come stai? - chiese George alla figlia. Il suo tono era sommesso quasi di scuse nei confronti di quella figlia da lui tanto trascurata il giorno prima.

- Come sta lei? - chiese a sua volta evitando di rispondere al padre.

- Ha trascorso una notte tranquilla. I valori sembra che si stiano stabilizzando. Se procede così, potrebbero anche non dover interrompere la gravidanza. Tuttavia dovrebbe rimanere in ospedale per i prossimi due mesi, per essere monitorata continuamente e soccorsa in caso di necessità. -

- Perché me lo dici così, tutto d’un fiato? Pensi forse che io possa essere felice perché deve restare in ospedale per altri due mesi? - gli chiese freddamente senza alterare il suo tono di voce.

- Patty, per favore, cercate di non ricominciare a litigare. La dottoressa Ramirez mi ha detto che mentre io riposavo, ti sei offerta per donare il sangue a Alison. E’ stato un gesto molto nobile, il tuo. -

- L’avrei fatto per qualunque altra persona. Spiegalo alla tua principessa, soprattutto sapendo che ne va della vita di un bambino. Lei non fa altro che attaccarmi, lo ha fatto anche ieri in presenza dei medici. Non ha gradito molto la mia presenza e questo mi ha ferita. D’altronde, la riprova di non essere gradita l’ho trovata a casa. -

- Patty, ti prego, non fare la bambina! -

- Cosa? Ti rendi conto di quello che mi stai dicendo? - urlò irritata dalle parole pronunciate dal padre. - Sono saltata sul primo aereo per correre qui da voi e per l’ennesima volta tua moglie mi rifiuta incitandomi ad andar via. Arrivo a casa stremata e cosa trovo? L’unica stanza non sistemata, con i pacchi ancora sigillati è la mia. Cosa dovrei pensare? Che non volevate sistemarmi la roba perché sono troppo gelosa delle mie cose? - continuò senza interrompersi.

- Non essere frettolosa. Ci sarà sicuramente una spiegazione. -

- Smettila di difenderla. Vuoi rendertene conto? Quale spiegazione vuoi che ci sia a quest’ultimo gesto? Era forse più importante sistemare la camera degli ospiti che quella di tua figlia? - gli chiese sperando in una possibile spiegazione che in qualche modo potesse lenire quel suo rancore nei confronti della matrigna che pian piano stava prendendo forma dentro di lei.

- Ne parliamo più tardi, quando vengo a casa. -

- Non hai una risposta, vero? Non aver fretta di tornare a casa papà. Non sono io che ho bisogno di te. -

- Patty smettila. - le disse ammonendola.

- Non sai dirmi altro. Tutto qui? -

- Non mi piace l’idea che tu sia sola in una città che non conosci. -

- Non è la prima volta che mi allontano da te e d’altronde, sono stata sempre sola, anche nella stessa città. -. George tacque a quelle parole. Era la mera verità. Sua figlia aveva sempre ragione. Costantemente in viaggio per il suo lavoro, George aveva trascurato Patty e nonostante questo, si era dimostrata una ragazza piena di qualità, studiosa e soprattutto ben proiettata nel mondo degli adulti. Non era più una bambina. Era una donna che voleva la sua indipendenza e che finalmente aveva trovato il coraggio di metterlo contro uno specchio a confronto con la realtà.

- Se ti può far star meglio, non sono sola. -

- Che vuoi dire? - chiese allarmato. Patty deglutì. Si sarebbe risparmiata i particolari ma gli avrebbe detto che Holly era lì. In fondo era anche giusto tranquillizzarlo che non era sola.

- Holly è qui. Mi ha raggiunta da Parigi. -. George azzittì. Non c’era bisogno di chiarimenti o interpretazioni della frase della figlia. Oliver Hutton. La promessa del calcio internazionale innamorato di sua figlia a tal punto da inseguirla per mezzo mondo. Holly non aveva esitato un solo attimo a saltare sul primo aereo per correre da lei. Lui invece, il giorno prima si era dimenticato anche di chiederle come stesse e l’aveva rimproverata di negligenza nei confronti della moglie. Stava sbagliando tutto con sua figlia. A cosa sarebbe andato incontro.

- Tu…stai bene? - le chiese non sapendo cosa dire. Stava sudando freddo. Non voleva essere diretto, ma voleva sapere da Patty se lei e Holly avessero passato la notte insieme.

- Cosa vuoi sapere papà? - gli chiese mentre le lacrime le salivano agli occhi. Il petto si sollevava al palpitare del suo cuore. Stava tremando. Non temeva di dire la verità a suo padre ma il suo giudizio. Per lui era sempre stata la figlia perfetta, quasi priva di difetti, diligente e obbediente alla matrigna.

Holly la guardava mentre appoggiata al bracciolo del divano, tratteneva la cornetta con ambedue le mani. Era una sua decisione. Doveva essere lei a parlare al signor Gatsby. Se l’avesse accusata di qualcosa, lui sarebbe stato pronto a difenderla ad ogni costo: ne era consapevole.

- Patty, stai piangendo? - le domandò George eludendo un’altra domanda che avrebbe solo inasprito i toni di quella conversazione. Dimenticava che sua figlia non era più una bambina e che ora aveva anche un fidanzato.

- Sì. - ammise mentre le lacrime scendevano lungo le gote.

- Perché? Ti ha fatto forse qualcosa…

- No. Holly è la persona migliore che io conosca ed io ne sono…innamorata! - ammise cercando di frenare i singhiozzi. Suo padre tacque. Era la persona migliore che sua figlia conosceva. Quelle parole risuonavano dure nella sua mente. Oliver Hutton aveva preso il suo posto nel cuore di Patty. Inevitabilmente, dovette ammettere che per quanto fosse stato lontano negli ultimi tre anni, Holly le era stato più vicino di quanto invece non avesse fatto lui. Era sempre stato nel cuore e nella mente di sua figlia e adesso le era accanto.

- Mi dispiace averti fatto tante domande…scusami, dimentico che ora sei una donna. Ma non mi piace sentirti piangere. -

- Pensi che a me piaccia? Se piango papà, è perché sono triste per questa situazione che si è creata. Tu saresti felice sapendo che non sei desiderato da qualcuno con il quale devi convivere? -. La domanda era stata sufficientemente diretta per scagliarsi come una freccia dritta nel cuore di George. Come doveva comportarsi? Chi doveva spalleggiare in questa guerra tra madre e figlia? Avrebbe dovuto parlare con Alison e chiarire un po’ di cose.

- Okay, parlerò con Alison e cercherò di comprendere il perché dei suoi comportamenti nei tuoi confronti. -

- Questo non cambierà quello che ho detto ieri! - rispose determinata. Sapeva a cosa si riferiva. - Resterò qui a Barcellona, non andrò a studiare negli Stati Uniti, ma deciderò io il mio corso di laurea e al più presto mi troverò un altro alloggio. -

- Non essere affrettata. Vorrei che ci pensassi. -

- Ci penserò infatti, ma sappiate, tu ed Alison che intendo procedere così. - ribadì seccamente confermando quelle che erano state le sue ultime parole al padre il giorno prima.

- Devo andare, il medico mi sta chiamando. -. Patty tacque. Era indecisa sul da farsi. Sapeva benissimo che suo padre era stremato, che probabilmente doveva andare a lavorare, che non aveva dormito granché e che aveva assolutamente bisogno di una doccia. Era suo padre e lei nutriva un profondo affetto nei suoi confronti.

- Senti…potrei venirti a dare il cambio. Così ti riposi e rinfreschi. Mi terrò alla larga da Alison, ma se necessario, io sarò lì. -. George non sapeva cosa dire. Si aspettava una simile proposta da sua figlia. Era abituata ad attaccare nelle discussioni, ma alla fine, per il quieto vivere familiare, chinava il capo e si prestava ad essere utile in diverse occasioni.

- Non so se è una buona idea. -

- Non preoccuparti. Cercherò di non litigare con lei. - aggiunse sospirando.

- Se è come tu dici, spero che prima o poi, lei possa apprezzare i tuoi sforzi. -

- Non lo faccio per lei, ma per te e per il bambino. -

- D’accordo. Ti aspetto. -

- Papà! -

- Sì. -

- Ti voglio bene. -. George tacque. Sapeva che erano parole sincere e ricche di significato. Aveva il cuore gonfio di lacrime, un urlo che voleva uscire dalla sua gola impedito da un nodo, un desiderio immane di correre via verso la libertà. Erano state ore molto dure ed intense per lui. Il precoce ricovero di Alison era stato l’ultimo tassello ad un periodo ansioso e fortemente stressante per lui. Aveva chiesto aiuto a sua figlia e lei era corsa da lui senza pensarci due volte. Purtroppo però, il rapporto tra Alison e Patty restava la sua spina nel fianco. Fino a che non sarebbero andate d’accordo, lui non sarebbe stato sereno. Amava molto sua figlia e non poteva che apprezzare quello che stava facendo per lui e la matrigna.

Non attese che il padre rispondesse: riattaccò e rimase a fissare il telefono. Stava pensando a cosa avrebbe fatto. Holly continuava a guardarla. Non sapeva se disturbarla o meno. Poi decise. Le si avvicinò e la stinse tra le sue braccia. Patty accoccolò il capo sul suo petto, stringendosi a lui ancor più forte, per il timore che potesse andar via.

- Devo andare da loro. - gli disse con voce flebile.

- Lo so. E’ la cosa giusta, Patty. Hai preso la decisione migliore. -

- Spero di sì. E tu cosa farai? - chiese guardandolo in volto. Com’era bello il suo Holly. La carnagione abbronzata dal sole carioca, il suo fisico scolpito dagli allenamenti.

- Devo chiamare Roberto. In qualità di mio procuratore, deve formalizzare il mio passaggio al Barcellona. Dovrebbe trovarsi ancora a Parigi. E dovrei anche contattare i ragazzi e mia madre. -

- E’ vero, presi com’eravamo da noi, ho dimenticato di chiamare Amy e Jenny. - aggiunse andando nella sua stanza.

 

 

 

Rovistando nei cartoni ancora sigillati, Patty recuperò un paio di pantaloni larghi in lino di colore azzurro ed una maglietta bianca. Dopo essersi fatta una doccia, si vestì e si pettinò. Si sentiva più rilassata adesso. Holly era con lei e avrebbe firmato presto un contratto con il Barcellona. Suo padre aveva intuito quello che era successo tra lei e Holly ed era consapevole dei sentimenti che provavano l’uno per l’altra. L’unico neo rimaneva Alison. Aveva deciso di andare da lei per sostenere ancora una volta il padre. Non poteva esimersi da quel dovere. Uscì dalla stanza e raggiunse Holly in cucina.

- Ho preparato la colazione. - le disse spostando la sedia per lei. Era irriconoscibile. Dov’era finito il ragazzo timido ed impacciato che ricordava lei? Patty guardò la tavola imbandita di tutto quello che il suo capitano aveva reperito nella dispensa di Alison.

- Non è un miraggio, vero? -

- Affatto. Accomodati. -

- Holly, sei tu o qualcuno ti ha fatto un rito di magia nera? - gli chiese sedendosi e non distogliendo lo sguardo da lui.

- Certo che sono io. Perché mi fai questa domanda? - le domandò sorseggiando del latte col caffè.

- Perché ti ricordavo diverso! Insomma, fino a tre anni fa vedevi solo il pallone. Adesso…-

Il ragazzo abbassò lo sguardo e sorrise. Poi la fissò. Patty arrossì. Le succedeva ancora. Quel ragazzo riusciva ad imbarazzarla, soprattutto quando la guardava.

- Ho avuto paura di perderti. E’ per questo che sono cambiato. Una vita non mi basterà per chiederti scusa per tutte quelle volte che mi sono comportato come uno sciocco ignorando completamente i tuoi sentimenti. Desidero porre rimedio a tutti i miei errori. Sono innamorato di te e desidero condividere con te ogni attimo della mia vita. - aggiunse allungando un braccio verso di lei. Patty gli sorrideva. Il cuore batteva forte per lui, per quel giovane che con tanta perseveranza aveva amato e avrebbe amato per il resto della sua vita. Afferrò la sua mano e se la portò alle labbra.

- Anch’io ti amo, Holly e, sarò onorata di restarti accanto. -.

- Adesso muoviamoci a fare colazione. O arriveremo tardi ai nostri appuntamenti. -

- Già. Hai chiamato Roberto? -

- Sì, ha accompagnato i ragazzi in aeroporto questa mattina alle sette. Dovrebbe essere già in volo da un quarto d’ora. Mi chiamerà non appena arriverà in aeroporto e ci daremo appuntamento. Quindi tesoro, se a te non dispiace, ti accompagno in ospedale. -

- Speravo me lo chiedessi. -. Terminarono la colazione con ritrovata allegria. Per distrarla da pensieri malinconici cominciò a raccontarle di alcune sue avventure comiche trascorse in Brasile. Il comportamento della ragazza era immutato: esattamente come negli anni precedenti, continuava ad ascoltare Holly catturata quasi magneticamente dal suo sguardo. Non avevano parlato della notte trascorsa insieme, consapevoli che si era trattato di un atto d’amore voluto da entrambi. Non volevano dimenticare quello che era successo, ma era ancora troppo imbarazzante parlarne. Era una situazione ancora alquanto inverosimile per loro, tanto da non rendersi conto di quanto in poche ore, il loro rapporto fosse cresciuto e mutato al tempo stesso.

Poco dopo, quando uscirono in strada avviati verso la stazione del metrò, Patty ebbe un tuffo al cuore. Lui le aveva sfiorato la mano e aveva intrecciato le dita con le sue. Le sembrava di vivere in un sogno dove tutti i suoi desideri parevano realizzarsi. Holly la guardò avendo ben compreso il suo iniziale disagio.

- Tutto bene? - le domandò.

- Eh…certo…è che..mi sembra tutto così strano. - disse sinceramente imbarazzata. Lui si fermò e le prese il volto tra le mani. Posò delicatamente le sue labbra su quelle della ragazza.

- Sai qual è una delle cose che più apprezzo di te? La tua sincerità e la semplicità che hai sempre avuto. Di te ho sempre avuto questo bellissimo ricordo, la persona che più di tutte mi era accanto, quella di cui fidarmi. Quella di cui mi sono innamorato e con cui voglio continuare questo cammino. -

- Grazie Holly. E’ che sei così cambiato che mi sembri quasi irreale! Insomma, io ti ricordavo come il ragazzo timido ed impedito, quello a cui dovevo correre dietro, che non capiva i miei sentimenti…-. Holly la baciò ancora una volta ma con trasporto e passione e lei, non potette che cedere a quell’emozione.

- Questa notte, ho provato delle sensazioni bellissime. Ho amato intensamente la donna che spero vorrà condividere insieme il mio futuro. E questa mattina, quando mi sono svegliato, mi sono reso conto di essere il ragazzo più felice della terra perché ho trovato te accanto a me. -. Lei si gettò tra le braccia sorridente.

- Sono io la ragazza più fortunata perché ho te. Sono innamorata del ragazzo più straordinario che ci sia e…Holly, è tale la mia felicità nell’averti accanto, che non riesco ad esprimerla come vorrei…ieri pomeriggio ero così sfiduciata e demoralizzata che ho sentito il mondo crollarmi addosso. Proprio come tre anni fa. Tu sei apparso all’improvviso per un ultimo abbraccio. Così ieri sei ricomparso nella mia vita. Quando sono sull’orlo del baratro, tu ci sei ed io ti ringrazio, amore mio. - gli disse stringendosi ancora di più al suo petto. Le mise una mano sui capelli e cominciò ad accarezzarglieli delicatamente.

- Qualcuno disse che in amore non si deve mai dire grazie. Patty, viviamo questo rapporto cercando di recuperare il tempo che abbiamo perduto. Io voglio stare con te e so che condividi questo mio desiderio. Vedrai, se saremo uniti, insieme costruiremo un futuro meraviglioso. -

- Non ti lascio più Holly. Ora che ci sei, non voglio che tu vada via. -. Lui rise di cuore e dopo averla baciata ancora una volta, ripresero a camminare mano nella mano verso la stazione della metropolitana.

  
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