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Autore: laurapalmer_    26/08/2014    11 recensioni
A Jodie, Ashton piace soprattutto perché è uno di quelli che hanno bisogno di fare casino, di sbattere la testa, farsi male, soffrire e poi comunque ridere di gusto, che è la cosa che gli riesce meglio, in fin dei conti.
Che poi non hanno mai preteso di essere perfetti, Ashton con i suoi continui sbalzi d'umore e Jodie con le sue manie di protagonismo, ma ce l'hanno (quasi) fatta.
Genere: Introspettivo, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Ashton Irwin, Nuovo personaggio
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
- Questa storia fa parte della serie 'Things have gotten closer to the sun'
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in un giorno di pioggia



L'Irlanda è così, per Ashton, una continua scoperta, una continua battaglia, a partire dalla pioggia che lo accompagna quasi giornalmente, nel tragitto dal suo appartamento (quello di Jodie) alla fermata della metropolitana.
Non ha un lavoro fisso, si limita a raccattare qua e là qualche soldo, facendo una volta il barista e quella dopo il buttafuori in un night club della periferia di Dublino.
E' difficile, perché effettivamente lo è, ma sente le mani tremare e il cuore più veloce, ogni volta che la vede, quindi va bene così.
Si sono conosciuti che, ovviamente, pioveva.
Ashton non era ancora abituato a così tanta acqua, si trascinava per le strade con un maglione bordeaux, quello di Calum, e un paio di pantaloni neri fin troppo stretti, con i piedi infilati in un paio di scarpe dalla scuola scollata.
Jodie, invece, a quei tempi aveva ancora i capelli azzurri e lilla, infilati in un cappellino nero, la giacca di jeans di suo fratello a coprirla dalle intemperie e il solito mezzo sorriso che rivolge a tutti stampato sul viso.
"Ce l'hai una cartina?", gli aveva chiesto, senza nemmeno una minuscola traccia di timidezza, e lui avrebbe tanto voluto dirle quanto fosse bella, ma aveva solo annuito, passandole ciò di cui aveva bisogno, in silenzio.
Si sono rivisti dopo una settimana, poi, nel pub di fronte all'ostello dove Ashton aveva prenotato un letto.
La tinta dei capelli era già scolorita, ma era bella comunque, con i jeans neri e la maglia bianca, quella larga che usa tuttora.
E Ashton, ripensandoci, non sa proprio dove ha trovato il coraggio di avvicinarla e offrirle una birra.
"Sono Jodie" aveva detto lei e lui, cretino, le aveva stretto la mano, manco avessero avuto quarant'anni.
Aveva riso comunque, lei, più per l'espressione spaesata del giovane di fronte e per il suo tremendo accento australiano che per altro.
Tutto era venuto da sè, poi: i caffè nel bar dove lavorava Jodie, dopo l'orario di chiusura, le partite di basket di suo fratello, la gita al mare, quella in pieno inverno.
Che poi Ashton non s'è mai abituato al freddo, ma alla fine non glien'è mai fregato più di quel tanto, perché Jodie c'era, capito, lei era lì, nonostante fosse ben consapevole di quanto a lui mancasse l'Australia e di quanto gli mancassero gli altri.
"Stai bene, coi capelli rosa" le diceva, per poi passare a raccontare di quando Michael si era fatto verde e "Jodie, stava benissimo! Ma dopo due giorni già sembrava che gli crescesse erba marcia sulla testa".
A Jodie, Ashton piace soprattutto perché è uno di quelli che hanno bisogno di fare casino, di sbattere la testa, farsi male, soffrire e poi comunque ridere di gusto, che è la cosa che gli riesce meglio, in fin dei conti.
Che poi non hanno mai preteso di essere perfetti, Ashton con i suoi continui sbalzi d'umore e Jodie con le sue manie di protagonismo, ma ce l'hanno (quasi) fatta.
E ok, forse bevono troppi caffè, a lui manca tremendamente suonare con la sua band, quella degli amici di sempre, a lei qualche volta viene la nostalgia di casa, ma stanno bene, nonostante il bagno invaso dagli shampi di Jodie e il letto sempre disfatto.
Ashton non si è mai sentito così dannatamente completo, in vita sua, e solo ora realizza che nessun paio di occhi azzurrissimi, che nessuna chioma di capelli rossi un po' spenti possono essere paragonati alla felicità di tornare a casa, incazzato con il mondo perché sta piovendo (ancora) e trovarla lì, con i capelli un po' stopposi di chi ha fatto troppe tinte e il viso invaso dalle lentiggini.
E, quindi, sì, l'Irlanda è umida, fredda e il Natale con la neve è ancora terribilmente strano, per lui, ma la birra è la migliore e Ashton non crede di essersi mai sentito a casa, come nel suo (loro) appartamentino in Temple Bar.









NdA: Ok, in teoria avrei dovuto mettere questa OS domani, ma la Fre mi ha convinta.
Come avrete capito, la storia è ambientata dopo l'epilogo, Ashton è già partito ed è andato in Irlanda, a Dublino, dove ha conosciuto Jodie :)
Che dire, questa OS funge un po' da collante tra Young blood e il sequel, perché, ve lo giuro, c'è bisogno di qualche cosa in mezzo, tra le due storie corrono circa quattro anni, vi lascio immaginare cosa può essere successo in un lasso di tempo così lungo.
Spero che la OS vi piaccia, così come spero di incuriosirvi, per questo sequel che sto preparando con una cura maniacale, tanto che manco sembro io ahahah
Vi lascio con il banner e uno spoiler!
Ci sentiamo presto :*

Eleonora






7 settembre 2014

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"Luke Hemmings non ha nessuna voglia di svuotare gli scatoloni che sono arrivati stamattina davanti alla porta del suo nuovo appartamento a Sydney, ancora prima di lui. Non ha nemmeno riposto nell'armadio i vestiti che ieri ha infilato nel trolley rosso, dato che è stato sdraiato sul divano blu che separa il salotto dalla cucina."


  
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