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Autore: fastingpylades    26/08/2014    3 recensioni
[Jason Grace/Nico di Angelo]
I fell in love with a ghost,
Oh, under the moonlight.
You took my hand and held me close,
For once I was alright.
I cried and the tears fell from my eyes like a waterfall,
And I swear I could feel you in my arms.
But there was no one there at all.
Genere: Angst, Malinconico | Stato: completa
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: Jason Grace, Nico di Angelo
Note: What if? | Avvertimenti: nessuno
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Quattro anni erano passati da quando avevano sconfitto Gea.


Tanti morti erano stati omaggiati con drappi con il simbolo e il colore della propria cabina bruciati al grande falò; greci e romani, nessuna distinzione.
Tutti piansero per i loro caduti che si meritavano l’Elisio per il coraggio dimostrato in battaglia. Il fumo che usciva da ogni cappa era scuro, e si fece ancora più scuro quando al fuoco venne gettato un drappo nero come la pece e un teschio d’argento stampato sopra.
Nico di Angelo era morto dopo esser stato colpito da una freccia mortale durante la battaglia, sotto gli occhi di Jason Grace che osservava il fuoco che lentamente bruciava il drappo.
Hazel cercò di parlare, ma dovette fermarsi visto che era troppo distrutta per parlare, Frank cercò di confortarla e la portò lontano dall’arena, quindi toccò a Jason.
La sorellastra di Nico glielo aveva chiesto nel caso lei non fosse riuscita a parlare.
Il biondo era lì, davanti a quei ragazzi dai visi distrutti e traumatizzati dalla guerra che era finita solo una settimana fa, con il discorso scritto da Hazel  in mano che accartocciò.
Si schiarì la gola e alzò le spalle cercando di non guardare troppo quel drappo che veniva bruciato.
“Nico di Angelo è stato uno degli eroi più coraggiosi e forti che io abbia mai conosciuto.
Ci è stato di grande aiuto nell’impresa contro Gai— Gea, ci ha portato alle porte della morte dove abbiamo recuperato Percy e Annabeth, ha trasportato qui la statua di Atena  per far cessare la rivalità tra greci e romani. . .
Nico era una persona fantastica, di cui ci si poteva fidare e—”.
Fece una pausa  lanciando uno sguardo al drappo che era quasi scomparso tra la cenere, non poteva di certo stare lì per ore a parlare di quanto era fantastico il figlio di Ade.
“Spero che sia nell’Elisio e che si stia godendo la felicità che qui gli era stata negata”.
E con l’amaro in bocca, Jason abbassò lo sguardo e se ne andò verso la propria cabina dopo che Percy gli diede una piccola pacca sulla spalla per confortarlo un po’.
Appena entrò nella cabina chiuse la porta dove si appoggiò e iniziò a piangere disperatamente.


Lui era lì.
Proprio accanto al ragazzino che aiutava a tenere testa a un mostro, uno dei pochi mostri rimasti in piedi.
Non aveva visto quella maledetta freccia avvelenata che aveva colpito il ragazzino per cui Jason avrebbe donato la vita.
Lo aveva visto cadere e lo aveva preso prima che potesse toccare l’erba impregnata dal sangue dei semidei e dei mostri.
“Jason—”.
Aveva sussurrato Nico prima di guardarlo negli occhi e sputare un po’ di sangue.
“S-Sto b-bene”.
“Non stai bene— dobbiamo trovare subito un medico”.
Esclamò il biondo che alzò lo sguardo alla ricerca di qualcuno della cabina di Apollo, Will Solace incrociò il suo sguardo e si precipitò da loro mentre il figlio di Giove cercava di tenere sveglio il figlio di Ade.
Il figlio di Apollo osservò la ferita inferta dalla freccia e scosse la testa, purtroppo il veleno che era entrato in circolo era troppo.
“No, ti prego, non andare”.
Sussurrò Jason con le lacrime che gli scendevano sulle guance e che stringeva a se il corpo magro di Nico che chiuse gli occhi, accennò un sorriso e strinse leggermente un piccolo lembo di maglia prima di lasciarla andare per sempre.
Grazie, Jason Grace”.
Oramai le Parche avevano tagliato il filo della vita del giovane quattordicenne e indietro non si poteva più tornare.
 
Furono quattro anni di sofferenza per Jason che sognava e risognava la scena della freccia tanto da non voler più dormire per evitare di sentire quel corpo diventare un blocco di ghiaccio.
Non aveva neppure più le lacrime per piangere per quel ragazzino che aveva amato in segreto.
Era una sera di mezza estate, Jason si trovava nella cucina del proprio appartamento a New York. Stava studiando un importante testo di latino, visto che a breve avrebbe dovuto affrontare un esame, quando sentì una voce familiare chiamarlo dal salotto.
Alzò la testa dal libro e guardò la porta della cucina.
Era Leo?
No
, era  insieme a Frank e Hazel in vacanza.
Forse Piper?
No, nemmeno lei, non sentiva  la ragazza da quando avevano rotto poco dopo la morte di Nico. Aveva bisogno di stare da solo e Piper aveva deciso di rimanere con il padre piuttosto che stare al Campo Mezzosangue quindi avevano deciso di lasciarsi, seppur rimanendo amici.
Forse se lo era immaginato, insomma il troppo studio e il poco dormire. . .
Sospirò passandosi una mano sul viso e abbassò la testa sul libro riprendendo a leggere mentalmente.
JASON GRACE!
Questa volta la voce era chiara e forte, ma familiare, Jason si alzò dalla sedia così velocemente che la fece cadere e corse in salotto con la spada d’oro imperiale in mano.
Accese la luce e con sua grande sorpresa, seduto sul divano con le braccia incrociate al petto e le gambe accavallate, c’era Nico di Angelo.
Beh, il suo fantasma visto che leggermente trasparente.
“Ugh, Grace, stai uno schifo”.
Fu il suo primo commento del quattordicenne, ma al biondo non importò visto che rimase in silenzio e si avvicinò lentamente per poterlo toccare dopo aver posato la spada, ma Nico si scansò subito e lo guardò negli occhi azzurri e lucidi.
“Non toccarmi, la connessione potrebbe andarsene visto che è debole, abbiamo poco tempo”.
Jason annuì velocemente, guardandolo con un sorriso e prima che se ne rendesse conto le lacrime tornarono a scendere bagnandogli le guance. Nico sospirò senza interrompere il contatto visivo con il figlio di Giove che si chiedeva come fosse possibile che il fantasma fosse lì senza nessuno che lo avesse evocato.
“Ho chiesto a mio padre di fare un piccolo strappo alla regola da circa il giorno della mia morte ed eccomi qui dopo quattro anni di silenzio, questa sarà la prima e ultima volta che lo farà”.
Disse il fantasma come se gli avesse letto la mente. Nico tornò vicino il biondo, l’osservò per un po’ e scosse la testa mentre sbuffava.
“Dovresti curarti di più, da quanto tempo non dormi?”.
Jason rimase in silenzio e abbassò lo sguardo prima di passarsi una mano sul viso, stanchissimo.
Doveva dirgli tutto?
Di quello che provava ancora per lui?
Di quanto aveva sofferto e stava soffrendo per la sua scomparsa?
Il figlio di Giove si voltò verso di lui e lo guardò negli occhi, quei bellissimi occhi neri.
“Da quando sei morto”.
“Grac—”.
“Avrei dovuto vedere quella freccia, avrei dovuto prenderla al posto tuo”.
“Non dire queste sciocchezze, Grace”.
“Le dico perché tu meriti di vivere, Nico sei una persona fantastica e coraggiosa, che ama prendersi cura dei propri amici e di cui ci si può fidare”.
Fece un pausa guardando per un attimo il pavimento poi di nuovo il re degli spettri.
“Mi sono innamorato di te per queste qualità che hai e lo sono ancora, avrei dato la vita quel giorno. Per salvare la persona che mi era più cara.
Sì, ti amavo allora e ti amo ancora”.
Se Nico avesse potuto arrossire lo avrebbe fatto, gli occhi scuri erano spalancati dalla sorpresa per quelle parole e aveva la bocca semi-aperta, ma subito abbassò lo sguardo e si accarezzò la spalla.
Jason sospirò abbassando anche lui lo sguardo, sapeva che Nico non avrebbe detto niente visto che probabilmente non aveva ancora rinunciato a Percy.
“Ti amo anche io”.
Mormorò il moro che incontrò lo sguardo del biondo, si torturò le mani e continuò a guardarlo negli occhi.
“Quella freccia era indirizzata a te, ma sono stato abbastanza veloce da mettermi davanti a te e salvarti la vita. Jason, avrei fatto di tutto per tenerti in vita, persino scambiare la tua anima con la mia per farti tornare a vivere e vederti felice, non come sei adesso, in questo stato orribile. . . Per favore, fallo per me. Sii felice per me”.
Mormorò il moro che avvicinò una mano per cercare di accarezzargli dolcemente la guancia senza successo visto che l’oltrepassò.
“Per favore, fallo per me e un giorno, lo prometto sullo Stige, ci rincontreremo nell’Elisio”.
“Lo farò”.
Mormorò di rimando Jason dopo pochi minuti prima di ‘toccare’ il re dei fantasmi che svanì per qualche secondo prima di comparire e scomparire come se ci fosse un’interferenza.
“Devo andare e ricorda: non devi incolparti per la mia morte, ti aspetto”.
E prima che Jason potesse dire qualsiasi cosa, la stanza divenne buia.
 
Jason si svegliò con un leggero mal di testa nella cucina del proprio appartamento con la testa appoggiata sul libro di latino.
Il suo primo pensiero fu Nico, di quel breve incontro che sembrava non essere mai avvenuto in quella casa visto che era tutto in ordine.
Che fosse tutto frutto della sua immaginazione?
No, non poteva essere.
Aveva potuto sentire la carezza che Nico gli aveva dato e il modo in cui lo aveva chiamato la prima volta, rifiutava di credere che fosse frutto di un’allucinazione dovuta al poco dormire e al troppo studio.
Si massaggiò gli occhi stanchi e si avviò in camera dove si buttò sul letto iniziando a osservare la statuina di Ade e l’anello con il teschio che erano appartenuti a Nico.
“Ci rincontreremo, lo so”.
Mormorò il figlio di Giove che chiuse gli occhi per dormire finalmente con l’anima in pace e con la consapevolezza che prima o poi avrebbe incontrato il suo amato.
  
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