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Autore: mamie    27/08/2014    6 recensioni
Come episodio è certamente usato e abusato, ma è uno dei miei preferiti e quindi ecco un'altra variazione sul tema. Siamo nel momento in cui Byakuya ha salvato Rukia e finalmente comincia a trattarla come una componente della sua famiglia e non come una vivente immagine di Hisana, ma non è facile. Il dolore è ancora troppo vivo, il rimpianto e il rimorso troppo presenti.
[Prima classificata all'Origami Contest di Aki sama].
Genere: Introspettivo, Malinconico, Slice of life | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Byakuya Kuchiki, Hisana Kuchiki, Kuchiki Rukia
Note: Missing Moments | Avvertimenti: nessuno
- Questa storia fa parte della serie 'Fiori di ciliegio'
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Prima classificata all'"Origami Contest!" di Aki Sama con i prompt: Gru, Kimono, Broccato giapponese.

KINTSUKUROI

La solitudine è ascoltare il vento e non poterlo dire a nessuno.
(Jim Morrison)

 
Ti svegli e ti sembra di sentire il suo profumo. Quell’aroma pungente di erica che sapeva di sole e di vento, che ti faceva girare la testa quando lei ti era così vicina da sfiorarti con i suoi capelli.
La tua mano si stende e ti sembra di sentirne ancora il calore sul cuscino che ha appena abbandonato.
Poi apri gli occhi e, nel chiarore diffuso degli shoji, vedi la chawan posata sul tokonoma, lì dov’è da moltissimo tempo. Allora ti rigiri con un gemito.
 
Lei non c’è più.
La prima volta che ti sei accorto che stava male, la tazzina del tè le era sfuggita di mano ed era caduta spaccandosi con un colpo secco. Lei era arrossita, scusandosi, ma tu avevi visto com’era impallidita prima e ti eri subito alzato per sostenerla.
“Mi dispiace, sono proprio maldestra” aveva sorriso lei per sdrammatizzare. “Era la mia preferita”.
“La faremo riparare” avevi risposto guardando preoccupato le ombre scure che aveva sotto gli occhi.
Avevi chiamato il dottore, e poi subito dopo un vecchio orafo che lavorava da secoli per la tua famiglia.
“Una tazza di epoca Tang… che peccato” aveva mormorato l’artigiano maneggiando con delicatezza le schegge di porcellana.
Solo pochi giorni dopo eri tornato da lei con la tazzina riparata, sottili linee d’oro ne chiudevano le crepe, sembravano rami di ciliegio punteggiati di piccole gemme. Lei aveva sorriso. “È ancora più bella!” aveva esclamato.
Avresti voluto che per lei fosse stato altrettanto semplice, ma non basta un filo d’oro per riparare un’anima infranta.
 
D’improvviso la stanza ti sembra troppo piccola e soffocante. Vuoi uscire.
Ti metti a sedere a fatica. Cerchi i punti d’appoggio per metterti in piedi, mentre il dolore delle ferite ancora fresche ti invade come un ospite sgradito che non se ne vuole andare.
Stringi i denti e ti alzi. Non hai mai permesso al tuo corpo di darti degli ordini. Non l’hai mai permesso a nessuno. Nessuno da quando lei non c’è più.
Respiri a grandi boccate l’aria fredda dell’alba, insieme al silenzio. Nel giardino, quel giardino chiuso dove nessun altro può entrare, il ciliegio sta mettendo le prime gemme. Il ricordo di lei seduta sotto quell’albero, sotto una nevicata di petali candidi, ti colpisce di nuovo come una pugnalata. Chiudi gli occhi e respiri quel dolore insieme al gelo del vento che improvvisamente si insinua tra gli steli dell’erba.
Portava il kimono rosso delle nozze, di broccato pesante e rigido. Era corsa sotto l’albero e, con piccoli gesti impazienti, se l’era tolto ammucchiandolo scompostamente accanto al tronco. Pareva una fiamma e lei, piccola e bianca, era come immersa in un rogo. Hai avuto un presentimento, allora? Che quella felicità sarebbe stata così breve, così fragile?
Perché lei? Te lo chiedi di nuovo, ancora e ancora.
Perché lei e non tu?
Si alza un’altra folata che ti viene a scompigliare i capelli. Ti piace il vento. È come un grande airone che ti porta nelle sue ali, lontano, perché tu possa restare solo. È il vento che turbina sulla lama della tua spada, che gioca con i petali del ciliegio, che sussurra a volte con la sua voce.
 
‒ Nii-sama?
Non hai sentito Rukia entrare né avvicinarsi. Ti viene vicino timidamente, come fa sempre, ma nei suoi occhi c’è una nuova luce, una luce che non hai mai visto prima.
‒ Forse non dovresti ancora alzarti ‒ dice.
‒ Sto bene – menti.
‒ Ti ho portato il tè – risponde lei senza protestare.
Ti inginocchi lentamente sul largo bordo di legno dell’engawa.
‒ Prendiamolo qui – dici.
Poi esiti un momento, sei consapevole di fare una richiesta strana.
‒ Portami quella tazza laggiù.
Rukia spalanca gli occhi. Le hai indicato la chawan del tokonoma. La tazza di Hisana.
Forse vorrebbe dire qualcosa, ma poi decide di rinunciare. Quando torna ha l’antica porcellana in mano, insieme al tuo kimono che ti appoggia sulle spalle per non farti prendere freddo.
Un tempo l’avresti rimproverata. Oggi no. Oggi apprezzi la cosa per quella che è: un gesto di affetto e di cura, come dovrebbe essere tra fratelli.
La guardi, circondata dalla luce del primo mattino, con quella tazza in mano… come le somiglia. Eppure è anche così diversa. Non è lei. Non sarà mai lei.
 
Rukia si inginocchia, versa il tè nella tazza e te la porge. La rigiri tre volte tra le dita ammirandone la forma, sentendo sotto i polpastrelli il calore diverso della porcellana e dell’oro. Bevi tre sorsi, molto lentamente. Il vento ritorna, lo senti sulla pelle come una carezza delle sue dita.
Tua sorella ti guarda con grandi occhi pieni di aspettativa, ma non riesci a dirle niente. Non ancora.
È difficile tornare a vivere.
 

come nel vento
petali di ciliegio
i nostri giorni

 
 
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NOTE
Kintsukuroi – metodo di riparazione della porcellana che usa l’oro (o la lacca dorata) come collante, con l’intento di evidenziare le spaccature invece di nasconderle. Ringrazio eos75 per avermi fatto conoscere questa tecnica.
Shoji – pannelli di carta di riso usati come porta-finestra e divisorio per le stanze.
Chawan – tazza da tè.
Tokonoma – nicchia della stanza in cui di solito si mettono in mostra un dipinto o una calligrafia e un vaso di fiori o un oggetto prezioso. A rigore la chawan di Hisana sarebbe dovuta stare davanti al suo altarino, ma ho preferito pensare che Byakuya la tenesse nella sua stanza.
Engawa – veranda che corre tutto intorno alla casa tradizionale.

  
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