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Autore: timetofly_    27/08/2014    6 recensioni
Un filo sottile sottile.
Un filo di speranza, di amicizia, di affetto, di nostalgia, di amore.
Il filo a cui si aggrappano Ian e Nina durante una notte di pioggia, bloccati in un camerino.
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Dalla storia:
C’è una tensione, tra loro, che non c’è mai stata prima. Una tensione strana, che le fa venire freddo: è la tensione da ‘cose non dette’. Perché Nina si è arrabbiata, perché Ian non ha ritenuto suo dovere giustificarsi; perché entrambi sono stanchi di combattere per non perdersi, perché tra loro è tempesta continua, e allora che senso ha continuare a guardare il cielo?
Genere: Angst, Malinconico, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Ian Somerhalder, Nina Dobrev
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Thin Thin Thread

-          Un filo sottile sottile

 

 

 

Man, it's been a long night
Just sitting here, trying not to look back
Still looking at the road we never drove on
And wondering if the one I chose was the right one
Oh, but I'm scared to death
That there may not be another one like this
And I confess that I'm only holding on by a thin thin thread

Sad, Maroon 5

 

 

 

Nina osserva le gocce di pioggia appiattirsi e scivolare sul vetro dell’unica finestra del suo camerino. Ha lo sguardo stanco, il correttore è sbiadito e lascia intravedere le ombre delle occhiaie. Indossa gli abiti di scena di Elena -i pantaloncini di jeans e una camicia troppo larga. È notte, è tardi, ha da poco finito di girare e ormai sarebbe a casa, se solo un temporale non l’avesse sorpresa quando già aveva indossato il giubbotto di pelle; perciò ha su anche quello, anche il giubbotto.

Nina se ne sta infagottata sulla sedia con le rotelle, allunga la mano di tanto in tanto verso la bottiglia d’acqua sulla scrivania perché, cavolo, il disgustoso sapore del sangue finto non ne vuole sapere, di sparire dalla sua bocca. Candice ride nell’altra stanza, e la sua risata spicca nell’indistinto vociare che le fa da sottofondo. Ma a Nina piace starsene sola, almeno per qualche minuto al giorno; la pioggia, il rumore che fanno le gocce quando si schiantano sul vetro, le piace. Le dà il tempo di pensare, di raccogliere le idee, di tornare in sé dopo aver pianto e sofferto nei panni di una donna che ha subito la perdita più straziante, quella dell’amore della sua vita. Girare scene così pregne di dolore la destabilizza. Girare scene in cui soffre di un dolore devastante è, a sua volta, devastante; e quando Damon la guarda in quel modo, nel modo che è tutto di Ian, le fa tremare le ginocchia. Perché forse, forse c’è stato troppo per fare come se non ci fosse stato niente. Perché forse, e solo forse, guardare Ian con gli occhi della ragazzina ingenua e inesperta che era cinque anni prima non è possibile, semplicemente. Forse non riusciranno mai a ritrovare un equilibrio, mai, perché essere amici nel senso più puro del termine significherebbe dimenticare, e nessuno dei due può dimenticare. Nina non può dimenticare che le stesse mani che sul set le tengono il viso o, tutt’al più, stringono le sue, mesi prima la toccavano ovunque riuscissero ad arrivare e le davano tutto ciò che chiedeva. Nina non può dimenticare che la passione con cui Ian la bacia sul set non è che un quarto di quella con cui la spingeva nel camerino tra un ciak e l’altro. Non può dimenticare i sorrisi rubati, i doppi-sensi che solo lei era in grado di decifrare, e i vestiti scambiati nella fretta di rivestirsi, lei con la sciarpa di lui, lui con il cappello di lei. E non fa più male ricordarlo, ormai. Ormai di tutto ciò che è stato resta solo una cicatrice. È giusto così, questo pensa Nina mentre fissa la pioggia e si sente una puntina soddisfatta, perché ora, se ripensa ai baci di Ian e le vengono i brividi, non fa male. È guarita, si sente bene, si sente pronta ad andare avanti, perché a volte la vita non lascia alternative e bisogna far così, adattarsi, scegliere sé stessi.

«Posso entrare?»

Il cuore di Nina salta un battito. Per la voce improvvisa, per il fatto che quella voce l’ha riconosciuta e una parte di lei, quella bambina, quella che proprio non ce la fa a crescere, è ad un tratto su di giri.

«Certo.» risponde dopo un attimo di perplessità. «Certo che puoi entrare.»

Ian entra con cautela, per poi richiudere la porta. Lui, più che perplesso, sembra imbarazzato. Nina l’ha visto poche volte così; l’ultima è stata meno di un’ora prima, quando Damon le ha sussurrato di andare avanti. Move on, ha detto, e Nina si è sentita così piccola in confronto a lui, a quell’uomo saggio che le parlava dalle labbra di un personaggio fittizio.

Per quanto in imbarazzo, Ian è terribilmente bello. Ha i capelli stravolti, i vestiti di Damon sono sgualciti, il viso è tirato, eppure è bello. Ha bisogno di dormire, pensa Nina. Ma, nella penombra dovuta alla luce soffusa dell’abat-jour, quando incontra il suo sguardo non ha dubbi: l’azzurro ghiacciato dei suoi occhi cela una scintilla, un guizzo, un potenziale incendio.

«Non smette di piovere.» sente il bisogno di dire, virando bruscamente sull’argomento ‘tempo’. Ma la verità è che quella scintilla, negli occhi di Ian, l’ha vista mille e mille volte: sa riconoscere un uomo innamorato.

«Smetterà.»

Ian, il perpetuo ottimista. Accenna un sorriso, lei si sforza di ricambiarlo.

La pioggia riempie il silenzio. C’è una tensione, tra loro, che non c’è mai stata prima. Una tensione strana, che le fa venire freddo: la tensione da ‘cose non dette’. Perché Nina si è arrabbiata, perché Ian non ha ritenuto suo dovere giustificarsi; perché entrambi sono stanchi di combattere per non perdersi, perché tra loro è tempesta continua, e allora perché sperare nell’azzurro del cielo?

Ciononostante Ian si muove per il camerino di Nina, cerca di trovare le parole per spiegare a lei e a sé stesso che cosa ci fa lì, che cosa vuole.

«Non c’è mai stato niente prima.» tira fuori a un certo punto. «Mentre stavamo insieme non esistevano altre donne.»

Nina non può. Non può sentirsi dire cose simili, non importa quanto lui sia sincero -oppure, forse, proprio per questo.

«Non mi devi spiegazioni, sul serio.»

«Lo so.» e lui annuisce, fa un passo verso di lei, la guarda da su, scruta i suoi occhi scuri e grandi, persi, e combatte contro sé stesso per non stringerla, per non baciarla tra i capelli, per non sussurrarle che gli dispiace. «Voglio solo dirtelo perché si leggono tante cose, sui giornali, su internet, e molte non sono vere.»

«Lo so, Ian. Lo so, non ho mai pensato che tu… che voi…»

Nina stringe gli occhi, li tiene così per qualche istante, chiusi; non ce la fa, non è pronta.

«Bene.» dice precipitosamente lui, ma non se ne va. Restano entrambi immobili, spostano lo sguardo per la stanza semi-buia, e se capitano occhi negli occhi si scansano. Si conoscono, sono consapevoli di quanto sia facile sbagliare quando si trovano nella stessa stanza, e la luce è scarsa, e la porta è chiusa.

«È perché lavoriamo insieme, Neens.» mormora Ian, frantumando il silenzio. «È per questo che è così difficile, sai… andare avanti senza guardare indietro.»

«Te la stai cavando bene.»

È un commento rancoroso, e Nina se ne pente subito. Non è arrabbiata, non con lui, non più. Sta per scusarsi, ma lui l’anticipa; quando parla il suo tono non è polemico, ma sicuro, controllato.

«Sì, me la sto cavando bene. Sto bene, Nina. Sto bene, sono felice, non posso sentirmi in colpa per questo.»

«Non devi sentirti in colpa per questo. Sto bene anche io. Non adotto cavalli e non mi concedo lunghi weekend romantici a New York, ma sto bene.»

Stavolta Nina sorride: è sincera. Ian ricambia, ha ancora più voglia di stringerla, ma non lo fa. Cavolo, se è bella quando sorride; è bella perché anche i suoi occhi sorridono, e il suo viso si anima, prende vita, trasmette emozioni positive. Sembra di nuovo piccola così, rannicchiata su una sedia girevole, i capelli spettinati e gli occhi appena più aperti del solito, segno che è attenta, che è coinvolta. È bella di una bellezza naturale e spontanea, se fosse un fiore sarebbe un fiore selvatico.

Ian lo sa, lo sa perfettamente che non riuscirà mai ad esserle indifferente, che averla intorno costantemente equivarrà a una costante lotta contro i suoi istinti. Lo sa, perché non potrebbe andare in modo diverso.

«Non ti ho fatto i complimenti per l’ennesimo premio…»

«E io per i VMA. Sei stata brava, sul palco. Quando quel tipo…»

«Trey?»

«Sì, lui. Forse ha un po’ esagerato.»

«Gli hanno detto di dire così.» e Nina alza le spalle, perché non ha importanza. Perché se l’è cavata, e l’ha fatto da sola.

«Te la sei cavata bene, comunque.» conclude Ian, forse leggendole nel pensiero.

Ormai potrebbe andarsene, perché la pioggia ha perso di forza, batte meno contro i vetri, il silenzio non è capace di riempirlo più. Invece sceglie di restare, di prendere uno sgabello, di sedersi di fronte a Nina. Lei appare tranquilla, più a suo agio ma perennemente attenta a misurare i propri movimenti, le proprie parole.

«Non volevo che lo scoprissi così.»

Perché lo sa, Ian, che Nina ha visto gli scatti che lo immortalavano con Nikki insieme a tutto il resto del mondo. Ian sa che non se l’aspettava, sa che si è ritrovata un uragano addosso senza alcun preavviso, e non può fingere che gli stia bene, l’averla messa in una simile posizione.

«Mi dispiace.» continua, e le prende le mani, entrambe. Nina si irrigidisce, vuole liberarsi di quella presa, ma è salda, e lei forse non vuole liberarsene poi così tanto. Le mani di Ian sono calde, grandi, sicure; sono mani a cui aggrapparti, mani che sanno tenerti.

«Mi dispiace, ma è… è successo tutt’insieme, Nikki è sempre stata lì, ma io non l’avevo mai davvero vista, capisci? Non me n’ero accorto e quando l’ho fatto…»

«Quando l’hai fatto hai realizzato che lei, invece, ti aveva visto da un bel po’.»

Stavolta Nina non può evitare un sorriso amaro, e neanche se ne pente. Le è rimasto il diritto di parlare francamente su questioni che, dopotutto, la riguardano. Ian la lascia fare, non replica, anzi, le sorride di rimando, inclina il capo da un lato, la guarda da un’angolazione diversa. Vorrebbe toccarle le labbra, aggiustarle in un sorriso sereno, genuino. Ma l’unica cosa che concede a sé stesso è farle una carezza, muovendo lentamente il pollice sul dorso della sua mano, più piccola e anche più fredda rispetto alle sue.

«Non importa il modo in cui io l’abbia scoperto. Non ha nessuna importanza, perché non cambia le cose. Tu e Nikki siete una coppia ed è…»

Nina si blocca, prende fiato, guarda il dito di Ian carezzarle il dorso della mano. Deve ancora metabolizzare, forse, che la sua amica e il suo ex ragazzo siano ormai una coppia, e anche molto affiatata, a giudicare dalle volte in cui l’ha vista sul set negli ultimi giorni. Quella mattina le ha perfino detto ciao. Un passo avanti, pensa con una smorfia.

«Neens, se anche io non stessi con Nikki…»

«Noi due siamo incompatibili» completa per lui, ripescando una sorta di motto, parole che, nel corso dei mesi precedenti, aveva detto e si era sentita dire innumerevoli volte. Parole in cui avevano condensato la fine della loro relazione, la loro fine e saltuariamente erano pronti a ricordarsele a vicenda. La loro soluzione prevede accettare l’inesistenza di una soluzione.

E infatti Ian annuisce, le fa il suo sorriso obliquo, un po’ amaro, sconfitto, ma capace di far invertire alla Terra il senso di rotazione, giusto per rendere l’idea. È cambiato tutto, ma alcune cose non possono cambiare.

Ancora silenzio, però stavolta Ian non può ignorare che non piove più e che questo rende la sua presenza lì, seduto di fronte alla sua ex fidanzata ma attuale co-star, collega di lavoro, amica ‘work in progress’, totalmente inappropriata. Ed è per questo che le sfiora appena una mano con le labbra, per congedarsi con l’eleganza che lo contraddistingue.

Invece si ritrova incatenato ai suoi occhi da Bambi, sente le sue dita sottili stringergli le mani per non lasciarlo andar via, e non vede altro se non le sue labbra schiuse, e sa che il suo respiro è accelerato e Dio, quanto poco basterebbe per toglierglielo del tutto. Intreccia le dita di una mano alle sue, un incastro perfetto, naturale, e Nina stringe, lo lascia fare e risponde ad ogni singolo gesto. Lo mette in difficoltà, pur essendolo lei per prima. Glielo legge negli occhi, Ian, che vorrebbe fermarsi ma che vuole di più non fermarsi. Lo vede il modo in cui gli guarda le labbra e la conosce, sa che sta pensando a come sarebbe se solo si avvicinasse di qualche centimetro. Lui sa come finirebbe, se lei cedesse: cederebbe anche lui. Si attraggono, si sfidano a resistere l’uno all’altra, giocano con gli sguardi e lo fanno inconsciamente; lo fanno perché non possono non farlo. Perché quello che si sono dati è stato folle e immenso e devastante; un passato del genere non può che essere invadente.

I loro nasi si sfiorano e nessuno dei due ammetterebbe di essersi avvicinato all’altro; le mani, però, sono strette, appiccicate, non si lasciano. Poi Nina apre gli occhi, spinta dall’istinto di conservazione: non vuole ripiombare nel vortice da cui è a stento riuscita a uscire, non vuole illudersi che Ian sia suo, che le appartenga davvero. In realtà, Ian non è mai stato meno suo di così, e non importa quanto lo stringe forte, la cosa non cambierà. Sono incompatibili, loro due.

«Non roviniamo tutto.»

È Ian a dirlo, perché le dita di Nina non lo stringono più così tanto da fargli male. Ora la sua mano è morbida, non c’è l’urgenza di qualche attimo prima.

Lei annuisce, si schiarisce la gola, cerca di darsi un contegno, eppure sussulta quando le labbra di Ian le lasciano un bacio morbido sulla fronte; chiude gli occhi per assaporare i brividi dell’epilogo di una storia, la loro. Ha caldo, ha i battiti accelerati.

«Ci passerà.» sussurra lui, le labbra ancora a pochi millimetri dalla sua pelle. Lui che ha il sapore dei baci di un’altra donna sulle labbra e ne è geloso, dopotutto, perché Nikki gli piace, perché potrebbe perfino innamorarsene e non credeva che avrebbe mai amato qualcuno come ha amato Nina. È per questo che si allontana, perché è cresciuto; entrambi lo sono.

«La voglia di strapparci i vestiti di dosso?»

Ian ride, ride forte, di gusto, si sfoga per gli istinti repressi. Anche Nina ride, si porta la mano davanti alla bocca ma non riesce ugualmente a nascondere la candida curva delle sue labbra.

Restano lì, seduti l’uno di fronte all’altro, ad ascoltare le ultime tracce delle loro risate confuse l’una nell’altra mentre guardano il buio dietro i vetri. È ora di tornare a casa, ognuno alla propria. È ora di tornare alla vita, ognuno alla propria.

È Ian ad alzarsi per primo e a mettere a posto lo sgabello.

«Non vai a casa?» chiede a Nina, nel vederla ferma al suo posto. Lei lo sta semplicemente osservando: lo vede diverso, consapevole, lucido.

«Tra poco.»

Sa quello che vuole, Ian. Sa chi vuole e, per la prima volta da un po’, Nina si rende conto di non essere lei, quella persona. Non ne è sorpresa, non prova gelosia: è rassegnata, ha accettato che le cose non potevano che andare così. C’ha provato a farla funzionare, e anche lui l’ha fatto, e si sono distrutti. Ora va meglio.

«Ian?»

Lui si volta, la porta già aperta, lo sguardo interrogativo.

«Sono felice che tu sia felice.»

 

 

 

 

 

Spazio autrice.

 

Prima ff che pubblico, risultato di un paio d’ore di totale immersione perché boh, tutto il caos che è nato attorno alla questione Ian-Nikki-Nina mi ha ispirata, diciamo così.

Ognuno ha la sua opinione sulla faccenda eppure nessuno conosce la verità. Questa è la mia verità, il modo in cui mi piace immaginare adesso Ian e Nina: due persone che stanno cercando di andare avanti per conto proprio ma senza perdersi.

Spero che questo primo –forse ultimo, chi lo sa- esperimento non sia uscito troppo male e vi invito a farmi sapere cosa ne pensate (:

Un abbraccio e, in ogni caso, grazie per aver letto <3

   
 
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