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Autore: Blackvirgo    20/09/2008    3 recensioni
Una notte di pioggia e i pensieri di un ubriaco che odia la pioggia. Ispirata unicamente all'anime.
Scritta per il nonsense contest indetto da Setsuka, Be Mine e Emily ff.
Genere: Dark, Introspettivo | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Genjo Sanzo Hoshi
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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nonsense sanzo_gocce di pioggia Gocce di pioggia

Ubriaco, ecco cos'era.
E la pioggia che cadeva fuori dalla finestra tamburellava come piccole dita sul vetro.
Le stesse piccole dita che tamburellavano nel suo cervello.

Fumo e birra.
Fumo che pareva nebbia nella sua mente.
Alcol che scorreva come pioggia nelle sue vene.

Sentiva tanto freddo che non poteva avere sangue nel suo corpo.
Solo l'acqua che tamburellava sulla finestra e nella sua testa.
Acqua nelle vene che tamburellava nella sua testa al ritmo del suo cuore.

Una voce insistente aveva quel cuore.
Insistente e seccante quanto le grida dei suoi compagni di viaggio nella stanza accanto.

Raccolse la pistola, fedele compagna da più di dieci anni.
L'aveva scelta per appoggiarsela alla fronte in momenti come quelli.
Ad una fronte calda che pulsava al ritmo di un cuore fastidioso.

Le voci sono sempre fastidiose.
Lo erano quelle dei suoi compagni – che avevano da ridere?
Lo era la voce della pioggia – che avrà quel bambino dal viso rigato da lacrime? O è la pioggia che piange al suo posto?
Lo era stata la voce di Goku – perchè un ragazzino dovrebbe essere imprigionato nel cuore di una montagna?
Lo doveva essere stata la sua – perchè quell'uomo gentile sorrideva nel chiamarlo Koryu della Corrente del Fiume?

Fiume. Pioggia.
Acqua della vita. Acqua della purificazione.
Allora perchè la pioggia non riusciva a lavare tutto quel sangue?
Perchè, nella pioggia di quella notte lontana, la vita di un uomo era sparita, disperdendosi come le gocce di pioggia di un temporale?

Ma erano rosse.

Come lo erano i suoi vestiti.
Come lo erano le sue mani.
Come lo erano i capelli e gli occhi di un mezzo demone che aveva la presunzione di ricordare a tutti il sangue.

Come il fuoco che ardeva in quel ragazzino.
Fuoco che era il calore del sole che bramava nell'eterna ombra della sua prigionia.

Sole che un uomo gentile e sorridente aveva voluto smettere di vedere.
Togliendosi quegli occhi verdi che avevano visto morire mille demoni e una donna che valeva molto di più di tutti loro messi assieme.

Se trovi un Budda uccidilo.

Il suo era morto, ma lui ancora lo piangeva.

Se trovi un tuo antenato uccidilo.

Nel fiume erano le sue origini e l'acqua le aveva lavate.

Aveva avuto con sé un rosario e aveva ucciso anche l'uomo a cui l'aveva regalato.

Anzi no.
L'involucro senza anima che era diventato.
Perchè quell'uomo aveva ceduto.
Non era stato in grado di accettare la morte quando questa si era presentata.
Aveva lottato per mantenere la propria vita e l'aveva venduta.

Quando si muore non si perde così tanto.

Non avere legami.

Lui non aveva legami con nessuno.
Erano gli altri a tentare di legarlo con sciocche pretese.
Con sentimenti che non poteva ricambiare.

Che non voleva ricambiare.

Che negava di ricambiare.

“Che sciocchezze”, pensò. “Quei tre sono miei compagni per un unico motivo: non hanno bisogno di me esattamente quanto io non ho bisogno di loro.”

Non avere nulla.

Neanche la vita.
Vita che la pioggia regalava alla terra arsa da un sole cocente, caldo come il fuoco, rosso come il sangue.

Premi quel grilletto finiscila. Se nulla vuoi allora nulla desidera.
Smetti di piovere, di picchiare sulla finestra e nella mia testa.

Perchè combattere per una guerra non tua?
É un ordine.

Perchè seguire un ordine?
Perchè.
Per lo stesso motivo per cui un cuore batte.
Anche se nelle vene è l'acqua a scorrere al posto del sangue.

Perchè ho scelto di farlo.
Ho scelto di vivere.
Le scelte tagliano, le scelte creano.

Creare è la negazione del nulla, la vita è la negazione della morte.
Ed entrambe sono scelte.

La tensione di un muscolo partì dall'avambraccio per piegare il suo dito.
Un click vicino all'orecchio e un boato nella stanza.

La porta si aprì all'improvviso mentre le voci di Goku, Gojio e Hakkai riempivano il silenzio ottenuto con tanto sforzo.

“Andatevene o vi ammazzo tutti,” biascicò Genjo, prima di crollare sul tavolo, addormentato, la pistola fumante stretta nella mano.
Lasciando gli altri tre a guardare interrogativamente lui e un buco sul soffito.
   
 
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