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Autore: SilviAngel    28/08/2014    8 recensioni
Sequel di un'altra mia one shot dal titolo "Non ti voglio"
Dal testo:
Gettandosi sul letto ancora completamente vestito, il liceale ammise a se stesso che non era stato poi così tremendo passare del tempo con il lupo.
Certo, si sarebbe morso la lingua prima di ammetterlo a voce alta, ma questa era la realtà.
Avevano parlato e Stiles era ancora vivo.
Di certo, quello era un risultato che non avrebbe mai e poi mai messo in preventivo.
Genere: Commedia, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: Derek Hale, Scott McCall, Stiles Stilinski
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
- Questa storia fa parte della serie 'Come tutto cominciò...'
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Eccomi qui con il seguito della one shot “Non ti voglio” senza la lettura della quale vi mancherà, purtroppo, l’intero contesto.
Spero piaccia, buona lettura.

 
Forse ti voglio
 
Stiles era entrato in casa completamente sovrappensiero, quasi incapace di mettere nella giusta luce ciò che era accaduto quella sera e meravigliandosi non poco delle scelte compiute senza neppure fermarsi a riflettere.
Avrebbe potuto fuggire da quell’incontro programmato da altri in modo relativamente semplice dato che lui e Derek erano stati seguiti e spiati, ma invece di riconquistare le chiavi della sua auto – sospirando sperò di ritrovarla esattamente al suo posto la mattina successiva – aveva agguantato per un polso il mannaro e lo aveva trascinato via.
Una seconda via di fuga gli era stata gentilmente offerta quando Derek, oramai rassegnato alla prematura conclusione dell’appuntamento, aveva imboccato la strada che avrebbe condotto il figlio dello sceriffo al sicuro della propria casa, ma anche in quel frangente Stiles aveva scelto volontariamente di rimanere e di portare a conclusione la serata.
Gettandosi sul letto ancora completamente vestito, il liceale ammise a se stesso che non era stato poi così tremendo passare del tempo con il lupo.
Certo, si sarebbe morso la lingua prima di ammetterlo a voce alta, ma questa era la realtà.
Avevano parlato e Stiles era ancora vivo.
Di certo, quello era un risultato che non avrebbe mai e poi mai messo in preventivo.
Il ragazzino ignorò – come chiara e meritata forma di tortura psicologica – gli ulteriori e numerosi messaggi di Scott, i quali andavano dal dispiaciuto all’offeso per poi volgere tragicamente al preoccupato, decidendo infine per una laconica risposta di gruppo Sto bene, sono a casa. Ci sentiamo domani quando, agli sms dell’amico, se ne era aggiunto uno minaccioso di Lydia.
Con un calcolato colpo di reni, si alzò, costringendosi a prepararsi per la notte.
Infilandosi, pochi minuti, dopo sotto le coperte ritenne più che opportuno che vi fosse una continuazione a quella prima uscita, aveva ancora tante cose da chiedere al lupo più scontroso di Beacon Hills o almeno tentò di convincersi che quella fosse l’unica ragione.
 
Il week end passò lento.
Scott provò a indagare più volte, ma alla fine il suo appuntamento con Kira e i compiti per il lunedì successivo ebbero la meglio e, desistendo dal proprio proposito, gettò la spugna permettendo a Stiles di crogiolarsi, dopo tanto tempo, in un paio di giorni di pantofole e pantaloni in flanella comodamente sul divano di casa sua.
Lo stesso sceriffo si stupì di ciò arrivando a domandargli, nel tardo pomeriggio della domenica, se per caso si sentisse poco bene.
“Papà anche i supereroi di tanto in tanto si riposano. Dovresti essere contento che per una volta non sono fuori da qualche parte a mettermi nei guai”
“Certo che lo sono figliolo, noto solo come ciò sia una rarità” puntualizzò l’uomo posando la pistola e sorridendo al riflesso del piccolo specchio posto sopra la mensola, e considerando l’eventualità di poter passare un po’ di tempo con suo figlio riprese “Allora che ne dici di una serata davanti alla TV solo io e te?”
“Ok, ma ci andremo piano con il cibo spazzatura. C’è qualcosa di figo in TV da guardare?” urlò Stiles allungandosi per recuperare il cellulare e dare un’occhiata alla programmazione.
Un canale offriva una dopo l’altra le prime due parti de Lo Hobbit, ma Stiles era sicuro che il genitore lo avrebbe tartassato con mille domande sull’eventualità che esistessero davvero i draghi considerando ciò a cui aveva assistito nell’ultimo periodo, quindi il fantasy era da escludere.
Alla fine – birra analcolica e cola alla mano, con l’aggiunta di una pizza il più possibile leggera – i due Stilinski si godettero una serata davanti a un vecchio western seguito da un giallo dalla trama eccessivamente scontata.
I pensieri, che avevano occupato la mente del giovane fino al pomeriggio e che avevano quasi sempre qualcosa a che fare con un certo lupo, tornarono prepotenti una volta messosi a letto e, rigirandosi tra le lenzuola, alla fine si addormentò con l’amaro in bocca per non esser venuto a capo di tutto ciò che gironzolava frenetico e nebuloso nella sua testa.
 
La scuola imprigionò Stiles e Scott giorno dopo giorno e quando un nuovo venerdì giunse, i due ragazzi si lasciarono le lezioni alle spalle respirando sollevati a pieni polmoni. Mentre attraversavano il parcheggio chiacchierando di tutto un po’, l’alpha venne distratto da un sms e subito dopo, adducendo un turno extra alla clinica, sparì, non prima di avergli ricordato il loro appuntamento per quella sera.
Si erano infatti ripromessi di assaporare quella parentesi di calma piatta che Beacon Hills stava loro offrendo, celebrandola con una maratona di videogames a casa McCall, anche se Stiles supponeva fosse una banale scusa per metterlo alle strette e farlo parlare, perché, stranamente, per tutta la settimana Scott non si era minimamente interessato alla sua uscita con Derek.
Tornato a casa, Stiles si prese tutto il tempo di questo mondo per fare le cose con la dovuta calma, mise in apparente ordine la cucina, si costrinse ad occuparsi dei panni sporchi e poi, proprio nell’attimo in cui si stava dirigendo verso la sua scatola dei giochi da console, il trillo del telefono lo fece deviare verso la scrivania.
“Ciao amico”
“Scott, ehi, come mai mi chiami? Ci vediamo tra poco” cercò di mascherare la preoccupazione per quell’improvvisata.
“Stai tranquillo, Deaton mi ha chiesto di portare una cosa a Derek. Non chiedere, non so cosa sia. Quindi ti va di passarmi a prendere al loft? Così mi risparmi una corsetta”
“E la moto?” domandò Stiles armeggiando con il coperchio della scatola dopo aver incastrato il telefono tra orecchio e spalla.
“Sono venuto a scuola a piedi oggi perché non mi aspettavo il turno extra. Pensavo di approfittare di un tuo passaggio direttamente dopo la scuola”
“Ok, allora passo a prenderti dal sourwolf tra circa un’ora”
“Perfetto, a dopo” disse in fretta e furia Scott prima di chiudere la conversazione.
I piani di Stiles non subirono grandi mutamenti. Buttò in uno zainetto i giochi preferiti e il suo joystick fortunato e poi si concesse una lunga e meritata doccia.
Ancora nudo e con solo un asciugamano in vita, il liceale tentò di domare i suoi capelli che più lunghi del normale non volevano saperne di prendere una forma decente o almeno di sparare, in modo modaiolo e molto figo, da tutte le parti. Chissà perché gli veniva sempre fuori un qualcosa che stava nel mezzo tra le due alternative.
Maglietta, pantaloni e scarpe comode d’ordinanza e Stiles era pronto per uscire.
Guidò con calma godendosi la strada e tamburellando le dita sul volante a ogni semaforo rosso che incontrava, fino a quando non si rese conto di ciò che stava per accadere.
Avrebbe rivisto Derek.
Avrebbe rivisto Derek per la prima volta dopo quella sera.
Si riscosse da tale unico e ingombrante pensiero solo al frastuono di numerosi clacson che, per nulla garbatamente, lo stavano invogliando a darsi una mossa, dato che la luce verde era accesa già da parecchi secondi.
Dando gas, la Jeep liberò la strada e il suo guidatore tentò in tutti i modi di riprendere il controllo dei propri pensieri. Di certo non poteva arrivare dai due lupi con il fiatone, il cuore impazzito e le guance in fiamme, perché era poco ma sicuro che fossero rosse e bollenti.
Rallentò fino a fermarsi lungo il marciapiede a circa un centinaio di metri dal loft, sperando che muovere qualche passo e respirare aria fresca avrebbero potuto aiutarlo.
Giunto davanti all’ingresso di quel lugubre palazzo, Stiles si fece forza ed entrò optando per le scale ed evitando il montacarichi, avrebbe sempre potuto mascherare l’agitazione con l’affanno per i piani percorsi.
Il grosso e pesante battente di metallo era appena scostato e di ciò il figlio dello sceriffo di stupì, ma supponendo fosse forse dovuto all’arrivo di Scott e quindi sicuro di trovare già l’amico, senza tergiversare ulteriormente, spalancò la porta immobilizzandosi però immediatamente con ancora le dita strette attorno al maniglione.
Derek non era solo.
Nel bel mezzo del loft, il mannaro era apparentemente schiacciato contro il grosso tavolo dal corpo di una ragazza, una ragazza che Stiles non ricordava di aver mai visto.
 
Da circa un paio d’ore quella donna, quella Braeden, gironzolava per il suo loft senza un apparente motivo e Derek aveva maledetto mentalmente lo zio quando, circa un’ora prima, se ne era andato alla chetichella.
Da quello che ricordava, lei altro non era che la mercenaria che aveva a suo tempo salvato Isaac dal branco di Deucalion, ciò che non sapeva e che la tizia gli aveva appena spiegato era che si trovava in zona ed era passata a vedere come stava il beta.
Nulla di male in questo, il problema era che non se ne voleva andare. Non che Derek fosse stato accogliente e gentile, anzi l’aveva trattata a monosillabi e ringhi come avrebbe fatto con chiunque, ma niente, quella non si scrostava.
Se avesse potuto scegliere di agire come meglio credeva, l’avrebbe messa alla porta da tempo in modo brusco, ma era pur sempre una cacciatrice e, per quanto ne sapeva, priva di morale visto e considerato il suo vendersi al miglior offerente, quindi aveva dovuto forzatamente optare per la linea di comportamento decisa dal suo alpha.
Essere carini e coccolosi e sperare che Dio la mandasse buona.
Per questo motivo ora si trovava scomodamente incastrato tra Braeden e il tavolo, con la sua voce nelle orecchie, voce che gli aveva impedito di sentire i passi di qualcuno in avvicinamento.
Per questo motivo spalancò comicamente gli occhi – mentre le sopracciglia saettavano verso l’alto – quando nel vano della porta apparve la sagoma inconfondibile del suo ragazzino.
 
Le dita di Stiles erano strette intorno al metallo, incapaci di mollare la presa e gli occhi non riuscivano a staccarsi dal quadretto assurdo che si mostrava loro.
Ci vollero alcuni attimi affinché il mondo riprendesse a girare e, quasi in contemporanea, il figlio dello sceriffo fece ciò che meglio gli riusciva, diede aria ai polmoni mentre Derek spingeva con forza a lato – e lontano il più possibile da sé – la ragazza.
“Oh, per la miseria! Scusa Derek. Non volevo interrompere, dannazione, avrei dovuto suonare o avvisare in qualche modo prima di entrare”
“Non hai interrotto niente” rispose di getto compiendo qualche passo verso la porta e quindi verso Stiles, con la consapevolezza, che lentamente nasceva al centro del suo petto e cioè di essere appena stato sorpreso dal ragazzo che gli piaceva con, spalmata addosso, una emerita sconosciuta.
Stiles grattandosi la nuca, cercò di non squadrare da capo a piedi la donna che, rimasta sullo sfondo, messaggiava tranquilla, supponendo che aspettasse semplicemente che lui  andasse via per poter nuovamente mettere le mani addosso al lupo.
“Scott mi ha detto di passare a prenderlo qui perché doveva portarti una cosa, ma evidentemente non c’è. Quindi sai che faccio? Vi lascio da soli e me ne torno di sotto ad aspettarlo”
“Puoi restare qui. Non serve che tu vada via” cercò di risultare convincente il padrone di casa.
“Chi è lei?” chiese sottovoce, grazie anche al fatto che Derek si era fatto ancora più vicino.
“È una mercenaria, quella che aveva salvato Isaac. Si chiama Braeden” spiegò in parole spicce il maggiore.
“Certo che trovartene una normale è proprio l’ultimo dei tuoi pensieri” borbottò Stiles dondolando sul posto, indeciso sul da farsi.
“Lei non è” iniziò a ribattere Derek, venendo però brutalmente interrotto dallo squillo del cellulare di Stiles che, senza indugio, rispose.
“Scott dove diavolo sei?”
“Scusa, alla fine, nuovo cambio di programma, sono già a casa mia. Ti aspetto qui” il licantropo udì la risposta dell’alpha provenire dall’apparecchio.
“Ok, arrivo” e, chiusa la telefonata, il figlio dello sceriffo tornò a prestare attenzione al ragazzo davanti a sé “Beh, immagino tu abbia sentito, quindi mi levo dalle palle. Ciao” e storcendo in modo frustrato la bocca, girò sui tacchi e si diresse verso il montacarichi.
Il licantropo, consapevole di camminare sul fantomatico filo di lana, non perse tempo e gli corse dietro, acchiappandolo appena prima che mettesse un piede nella cabina.
“Lei non è quello che pensi”
“Amico, puoi fare quello che vuoi” e poi sorridendo e scuotendo lentamente il capo riprese “sperò solo che tu non ti faccia male di nuovo” e abbassando la saracinesca, alzò la mano in segno di saluto, prima di scomparire verso il basso.
 
Derek ringhio di rabbia e frustrazione e, tornando sui propri passi, decise che avrebbe sbattuto fuori di casa quella donna anche a calci nel sedere se fosse stata la sua unica possibilità di liberarsene. Stranamente, non fu necessario. Infatti, appena rimesso piede nel loft, ciò che vide lo lasciò stranito. Braeden si stava infilando il giubbino con la chiara intenzione di andarsene.
“Beh, è stato bello conoscerti. Saluta Isaac se e quando lo vedrai. Stammi bene” e, senza neppure attendere una risposta o una reazione, in modo disinvolto lasciò l’appartamento.
Derek si guardò intorno incapace di comprendere fino in fondo cosa diavolo fosse accaduto, avendo il tutto un connotato surreale, ma non appena tutti quei pensieri si focalizzarono sull’arrivo di Stiles, un sospiro lento e triste lasciò le sue labbra.
Non poteva certo dar torto a quanto la mente del ragazzo aveva pensato. Derek era sempre stato pessimo nello scegliere a chi accompagnarsi – con l’unica eccezione di Paige, lei era stato un delicato fiore che il lupo, incurante di tutto, aveva tentato di stringere a sé, finendo solo con il distruggerlo – ma per tutti gli avvenimenti a seguire, certo le sue decisioni erano state pessime.
Consapevole di aver perso una notevole quantità di punti agli occhi di Stiles, il licantropo decise che avrebbe rimediato e, lasciandosi cadere sul logoro divano, si concentrò per trovare una soluzione.
 
E così, mentre un lupo si accoccolava triste sul sofà, un ragazzino sfrecciava verso la casa del suo migliore amico e quest’ultimo sistemava la camera per la serata giochi e schifezze, Braeden fermava la motocicletta sul ciglio della strada, avendo avvertito il cellulare vibrargli contro un fianco.
“Allora?” si sentì domandare dalla voce tagliente ed esigente di Lydia.
“Missione compiuta e stranamente Scott non ha mandato all’aria tutto come avevi ipotizzato dato che ha avuto un tempismo a dir poco perfetto” rispose la mercenaria.
“Racconta”
“Dovrò chiedere scusa a Derek prima o poi, dato che gli ho rotto le palle per quasi metà pomeriggio, ma poi tutto si è incastrato in modo perfetto. Nell’istante esatto in cui quel ragazzino è arrivato, io ero esattamente addosso al padrone di casa”
“Non mi pare che questi fossero gli accordi. Guardare e non toccare” la riprese la rossa.
“Non toccare? Con il corpo che quel mannaro si ritrova? Comunque fidati che è stato molto utile. Derek era mortificato, dispiaciuto, spaventato e Stiles non sapeva cosa dire, dove guardare, ma si vedeva che la cosa gli desse un po’ fastidio”
“E poi?”
“E poi niente. Mentre erano distratti l’uno dall’altro ho mandato un sms a Scott che ha immediatamente chiamato l’amico cosicché questo ha dovuto andarsene lasciandoci nuovamente soli. Chissà cosa avrà pensato stessimo per fare?”
“Bene. Tutto secondo i piani, spero solo che Stiles non ci faccia penare troppo. Grazie ancora, Braeden. Il bonifico è appena stato inviato, potrai avere conferma a breve”
“È un piacere fare affari con voi, ragazzi” e chiusa la conversazione, la moto ripartì, lasciandosi la città alle spalle.
 
Stiles era arrivato a casa McCall con un inaspettato – o così aveva osservato a voce alta Scott – broncio.
Avevano chiacchierato del più e del meno, sgranocchiando patatine e pop corn, prima di collegare la console e occuparsi della scelta del primo videogioco in cui sfidarsi.
Il figlio dello sceriffo era distratto, così dannatamente distratto che Scott era indeciso se tentare di raggiungere il suo miglior risultato contro l’amico di infanzia o bloccare tutto e chiedergli spiegazioni. Alla fine optò per la prima scelta, continuando ad essere il migliore sullo schermo.
“Ma ti rendi conto?” sbottò quasi urlando Stiles senza avvertire e facendo quasi saltare sul posto Scott.
“Di che parli?”
“Di niente. Non parlo di niente, assolutamente niente”
“Non farmi ripetere la domanda dieci volte prima di vuotare il sacco. Forza, parla”
“Lui mi ha fatto credere delle cose e poi invece ne fa tutt'altre e” iniziò a farfugliare l’umano.
“Non capisco” disse Scott e, per la prima volta questa non era la verità, avendo validi elementi per supporre parlasse di quanto accaduto nel pomeriggio.
“Tu mi hai detto che avevi notato delle cose e anche io avevo notato delle cose. Poi tutti voi avete iniziato a complottare e io ho detto sì e poi la serata non è stata male. Non è stata niente male a volerla dire tutta! E io ero quasi tentato di chiedergli di ripeterla e”
“Stiles respira. Stai parlando a vanvera. Beh, peggio del solito” lo fermò Scott posando le mani sulle sue spalle e costringendolo a guardarlo in viso.
“Era con una donna oggi” ammise il figlio dello sceriffo abbassando il capo.
“Chi?”
“Come chi? Derek! Oggi sono andato da lui convinto che avrei trovato lì’ te, invece era con una bella ragazza che gli era praticamente spalmata addosso” confessò infine sentendo le guance scaldarsi in un baleno.
“Forse non voleva e”
“Scott, lui è un lupo. Pensi che se avesse voluto non se la sarebbe tolta di dosso? E poi ha fatto credere a tutti che fosse interessato a me. Sai cosa era? Solo l’ennesima presa per il culo”
“Anche ammettendo che tu abbia ragione, cosa te ne importa? Anzi dovresti esserne sollevato, no?”
“Non so perché me ne importa, ok? Forse sarà il mio amor proprio, il mio orgoglio ferito o” e lì la voce gli venne meno “No, non può essere” bisbigliò.
“Cosa non può essere?” lo spinse a continuare Scott convinto di essere vicino alla totale caduta dell’amico.
“Forse il fatto che io gli piacessi iniziava a piacermi”
“Ti piaceva il fatto di piacergli? Beh, vuol dire tutto e niente, forse ti faceva solo stare bene l’idea che qualcuno si interessasse a te in quel senso” continuò l’alpha spingendolo lentamente verso il baratro.
“Ma per chi mi hai preso? Non sono così cinico e crudele”
“Quindi?”
“Quindi, forse”
“Dillo forza” lo spronò Scott.
“Forse un po’ mi piace”
“Chi ti piace un po’?” lo pungolò il padrone di casa.
“Lui” tergiversò Stiles fissando il pavimento e giocherellando con i lacci delle scarpe.
“Lui chi?”
“Derek. Ok? Forse mi piace un po’ Derek Hale” quasi urlò il castano allargando le braccia mentre accettava la voragine sotto i suoi piedi ed elegantemente cadeva nel vuoto “Ma tanto è inutile, lui ha quella adesso”
“Quella chi?”
“Briden, Breden”
“Braeden? Ah, è quella che ha”
“Sì, lo so, ha liberato Isaac dagli alpha e che per qualche oscura, almeno per noi, ragione questo pomeriggio si stava strusciando su Derek nel bel mezzo del suo salotto, sempre si possa definire salotto quella stanza spoglia”
“Lei è abbastanza decisa e priva di scrupoli, forse lo ha messo alle strette”
“Poteri lupeschi? Ricordi?” lo contraddisse Stiles.
“Ok, ma forse non aveva intenzione di fargli male o di offenderla. È abbastanza lunatica come ragazza”
“Quindi, secondo te, Derek stava valutando l’eventualità di farsi scopare per educazione?” rise nervoso il figlio dello sceriffo, guardando l’amico con sguardo scettico e al tempo stesso divertito dall’assurdità dei ragionamenti di questo.
“Certo che no. Forse dentro di sé sperava che si sarebbe resa conto che era una cosa a senso unico e lo avrebbe lasciato stare”
“Comunque è tutta colpa tua” arrivò a dire alla fine il castano puntandogli contro un dito mentre in sottofondo la musichetta del videogioco iniziava a diventare fastidiosa.
“Colpa mia?”
“Sì, se tu non avessi cambiato idea ogni cinque minuti, io non sarei andato al loft e non avrei visto nulla”
“Ma non avresti aperto il tuo cuoricino all’amore” disse con aria esageratamente sognante Scott, prima di ricevere una cuscinata in pieno viso “Scherzi a parte, cosa intendi fare adesso?” chiese curioso Scott.
“Cosa vuoi che faccia? Niente”
“E se invece cercassi di prendertelo? O di farti prendere a seconda di”
“Scott, ti prego, niente allusioni sessuali. Né io né tantomeno tu siamo pronti per cose del genere”
I due amici ripresero a giocare, quasi come se niente fosse e, con rammarico, Scott vide scemare notevolmente il numero delle sue vittorie, segno inequivocabile che l’attenzione dell’amico verso lo schermo fosse tornata normale.
 
In un attimo di pausa, mentre Scott cambiava il gioco nella console, Stiles se ne andò alla ricerca di un paio di bibite fresche e in quell’attimo l’alpha acchiappò il cellulare richiamando dalla rubrica il numero di Lydia
“Ehi, è tutto andato secondo il nostro piano”
“Il mio piano. Vorrai dire” obiettò lei dall’altra parte del telefono.
“Sai che mi spaventi? O meglio mi spaventano le idee che tu e Peter avete quando vi lascio da soli. Devo ricordarmi di a non farlo troppo spesso”
“Questa, vorrei ricordarti, è tutta opera mia, dato che sono giorni che quel lupo si è dato alla macchia. Non so cosa diavolo abbia da fare tutti i pomeriggi in giro per il bosco con Chris. Dicono che stanno liberando alcune aree da alcune vecchie trappole, ma non me la raccontano giusta. Indagherò”
“Ok, ok. Comunque, Stiles ha trovato Braeden – a proposito devo ricordarmi di ringraziare anche lei – a casa di Derek, anzi, spalmata su Derek. Parole di Stiles!”
“Non mi interessa cosa ha visto, ma come ha reagito. Racconta” lo interruppe la rossa.
“È stato distratto da quando è arrivato e poi quando ha vuotato il sacco, alla fine, ha ammesso che forse un po’ gli piace il nostro ragazzone. Ora che si fa?”
“Aspettiamo”
“Cosa?” balbettò Scott, iniziando a parlare sottovoce dato che Stiles stava già salendo le scale.
“Tranquillo e non affaticare troppo il tuo cervellino. Ritengo molto probabile che ora la mossa spetti a Derek. Deve essersi accorto delle reazioni di Stiles davanti alla scenetta che abbiamo messo su a loro insaputa, quindi ora è molto probabile che cercherà di chiarirsi”
“Ok, devo andare, ciao” e la conversazione si chiuse, appena prima che il figlio dello sceriffo entrasse nuovamente nella camera.
 
Pochi minuti dopo aver ripreso a giocare, sordi brontolii iniziarono a levarsi dagli stomaci dei due ragazzi e quindi il padrone di casa, interruppe la partita a metà, dato che si vedeva all’orizzonte l’ennesima sua sconfitta “Amico sto morendo di fame. Ordiniamo una pizza? Anzi, no. Che ne dici se faccio una corsetta fino a quel ristorante messicano che purtroppo non fa consegne a domicilio?”
“Perfetto. Allora ordina per me lo stesso che prenderai tu” lo informò Stiles e mentre l’amico si infilava una maglietta pulita e le scarpe, riprese “Allora io ti aspetto qui”
 
Stiles se ne stava comodamente seduto sul pavimento, con la schiena poggiata al bordo del letto e la testa reclinata sul materasso, rimuginando sulla conversazione avuta con l’amico, fino a quando il sottile vibrare del proprio telefono non lo distrasse.
 
Dove sei?
 
Che fai? Mi controlli?
 
Non sei a casa tua
 
Perché sei andato a casa mia? Comunque è vero non sono lì
 
DOVE SEI?
 
Ehi! Non alzare la voce con me… e comunque, anche se non sarebbero fatti tuoi, mi sento magnanimo: sono da Scott
 
Posso venire?
 
Scott è uscito, è andato a prendere qualcosa per cena, ma sarà qui tra poco, penso che non sia una buona idea
 
Troppo tardi
 
Stiles non aveva ancora terminato di leggere quelle due ultime parole, che un’ombra ormai dannatamente familiare si stagliò nel vano della finestra e, con un ultimo piccolo balzo, Derek fu nel bel mezzo della camera di Scott.
“Che cosa ci fai qui?” mormorò il figlio dello sceriffo, per nulla preparato a rivedere il lupo “Pensavo avessi da fare” continuò maledicendosi per aver alluso così chiaramente ad attività nelle quali pensava Derek si fosse intrattenuto – e si stesse ancora intrattenendo – in quelle ore.
“È piombata in casa mia senza un motivo. Neppure mi ricordavo chi fosse all’inizio” mosse un passo in avanti il moro, avvicinandosi a Stiles che intanto, rimessosi in piedi, vagabondava in giro per la stanza, incapace di rimanere fermo.
“Non ti devi certo giustificare. Non con me”
“Sì, invece. Ti avevo chiaramente fatto intendere delle cose e non vorrei che tu pensassi che stessi giovando o che io sia uno, uno di quelli”
“Che tradisce?”
“Qualcosa del genere” ammise Derek  guadagnando ancora qualche centimetro.
“Ehi, restiamo calmi. E soprattutto ricordati che tu non mi devi niente, sia ben chiaro” specificò Stiles mettendo le mani avanti e gesticolando vistosamente.
“Però siamo stati bene l’altra sera” mutò in parte argomento il maggiore.
“Sì, è vero, ma”
“E mi hai baciato” aumentò il carico il licantropo.
“Baciato, suvvia. Ti ho augurato la buonanotte” tentò di ridimensionare la situazione.
“Dai così la buonanotte a Scott?” lo mise alle strette Derek.
“Cosa? No, certo che no”
“Allora perché lo hai fatto con me?” chiese ancora il mannaro.
“Non lo so” sussurrò Stiles, facendosi piccolo piccolo nell’attimo in cui la sua fuga venne ostacolata dal ripiano della scrivania.
“Avevi detto che ti dovevo ancora una cena. Ti andrebbe di riscuotere il tuo credito?” tentò un’altra via il maggiore, avvicinandosi ancora e osservando come l’imbarazzo e l’agitazione si stessero facendo strada sul volto del liceale.
“Ma Scott starà tornando e” tergiversò il Stiles.
“Non adesso. Che ne dici di domani?”
“Domani? Ok, ma a una condizione: non diremo niente a nessuno. Non voglio ritrovarmeli di nuovo tra i piedi” disse sicuro il figlio dello sceriffo storcendo la bocca in un modo che Derek avrebbe definito in mille modi, ma che al momento riusciva a descrivere solo come semplicemente adorabile.
“Davvero non vuoi nessun testimone? E se ti abbandonassi nel bosco dopo averti tramortito?” scherzò il mannaro avvicinandosi ancora, notando con piacere che quello strato di paura che avvolgeva Stiles inspiegabilmente si stava assottigliando.
“Non mi faresti mai del male. Ora lo so”
“Lo sai?” chiese il moro, curioso di tale affermazione.
“Sì. Ti piace spaventarmi terrorizzarmi addirittura, ma non mi faresti mai del male. Beh, penso che non me lo avresti fatto neanche prima”
“Prima di cosa?”
“Beh, prima. Prima di, di questa cosa” borbottò Stiles muovendo una mano avanti e indietro nello spazio che li separava indicando così loro due.
“Ne sei proprio sicuro?” scherzò il licantropo, divenendo però improvvisamente serio e volgendo il capo per poi continuare “Scott è arrivato. È meglio che io vada”
“Guarda che puoi restare se vuoi” offrì il liceale.
“Meglio di no.  Se ti va però, potrei passare a prenderti domani verso le sette”
“Va bene”
Dopo un cenno del capo e un saluto frettoloso, Derek superò il davanzale e sparì oltre la finestra pochi attimi prima che comparisse Scott dal corridoio.
“Allora sono stato un fulmine. Ho preso tutto quello che ci piace” ma guardandosi in giro e mettendosi ad annusare vistosamente, cambiò argomento “Perché c’è odore di Derek? Aspetta, riformulo, perché Derek è stato qui?”
Considerando l’inutilità di una piccola e sana bugia, Stiles ammise che il beta fosse passato solo per tentare di spiegargli che ciò che aveva visto nel pomeriggio non era ciò che lui pensava che fosse.
“E tu gli credi?” volle sapere il padrone di casa, mentre con ordine disponeva sul pavimento in mezzo a loro i contenitori del take away.
“Sì, credo di sì. Anche se non ho poteri lupeschi, penso fosse sincero e poi non so”
“Non sai cosa?” lo punzecchiò ancora l’alfa.
“Forse voglio crederci” rispose l’altro agguantando il primo tacos.
“Perché?” disse Scott imitandolo e staccando un boccone degno di nota.
“Forse lo voglio, tutto qui. Forse voglio quel dannato sourwolf” sorrise Stiles alzando le spalle e dedicandosi subito dopo alla sua cena, perdendosi così lo sguardo gongolante e soddisfatto dell’amico.
Missione compiuta, o quasi pensò il moro.
   
 
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