21 beakers in the Lab.

 
 


Leo Fitz è alle prese con una provetta che non vuol saperne di collaborare.
Continua a mescolare i liquidi contenuti al suo interno, riuscendo solo ad ottenere una poltiglia che non ha niente, niente di rassicurante.
«Coulson ha detto di occuparci dei sieri rivenuti in Cambogia.» esordisce Jemma, entrando con passo trionfale in laboratorio, che altro non è che il laboratorio.
«Ho sezionato i componenti, ma ho appena litigato con questa provetta.»
Jemma sorride, inclinando il capo, − come una sorella intenta a correggere un fratello troppo scapestrato − avvicinandosi al tavolo asettico.
Leo la osserva armeggiare con la minuscola ampollina di vetro, annuendo tra sé, soddisfatta. «Prova adesso.»
Fitz la inserisce nella centrifuga, osservandone gli effluvi disperdersi nell’ambiente e qualche istante dopo, le sorride riconoscente dall’altra parte del laboratorio.
 
«Quante ne abbiamo a disposizione?»
«Aspetta, ci sono quasi. 21.»
Jemma avanza la sua espressione più scettica, stranita e confusa.
«Solo 21 provette? Ero sicura di averne almeno il doppio, Fitz.»
L’aria dei giardini è afosa, per niente adatta ad una mattinata di ispezioni su piante di provenienza aliena. «Questa è la zona che più ha risentito della presenza aliena dopo New York.» dice emozionata, quell’assurda felicità provata davanti all’ignoto dagli scienziati.
Fitz scuote il capo sorridendo, mentre fanno ritorno al Bus.
Coulson è lì ad attenderli, − l’espressione di chi è soddisfatto dei propri figli −.
«Confido che abbiate raccolto abbastanza materiale per divertirvi durante il viaggio,» una pausa colma d’attesa − «da qui all’altra parte del mondo.»
Fitz e Simmons sorridono, soddisfatti, e Coulson non può fare a meno di notare quanto possano divertirsi all’interno di quel laboratorio.
 
Jemma guarda il marmo come se non lo vedesse, trattenendo lacrime che non lascerà uscire. La lapide riporta i nomi dei suoi genitori, morti tre giorni prima in un incidente aereo, nel bel mezzo dell’Atlantico.
Stavano tornando a casa, avrebbero passato il Ringraziamento insieme.
Fitz è al suo fianco, e all’improvviso, Jemma gli stringe una mano.
Lui la osserva, sa che non ha bisogno di parole, − sa che è forte, la sua Jemma −.
«Torniamo, Jemma.» mormora, cingendole la vita, e lei poggia il capo sulla sua spalla, lasciandosi trascinare verso la non lontana pista d’atterraggio.
«Ci rimangono le nostre provette, Fitz. E la tua scimmietta.» A quel ricordo, Fitz sorride.
Sono l’uno di fronte all’altra, come all’inizio, − l’inizio di loro, della loro amicizia, di tutto −.
Sul maglioncino nero, Jemma nota qualcosa, poco sopra la spalla di Fitz. «Guarda.» sussurra, cogliendo delicatamente il piccolo insetto dalle ali blu. «Morpho menelaus.»
Lui sorride. «Apertura alare di 15 centimetri.»
Sanno entrambi che è troppo tardi per voltarsi, tornare indietro.
Possono solo andare avanti, «Verso l’infinito ed oltre.» mormora Jemma, sorridendo appena.
Fitz ricambia il gesto, «Non ci credo. Era anche il tuo cartone animato preferito?»







Note dell'autrice.
Non contengo più i miei feelings, pardon. Dire che mi sono totalmente innamorata di queste due scimmiette è un eufemismo, quindi la smetto all'istante. Ho il cuore a pezzi, come tutti, credo, per il finale della prima stagione che ha causato troppi attacchi di feels nei confronti di questi cosini, aw.
Che dire, spero possa piacere, e ringrazio chileggerà, invitandolo verso il font delle recensioni, ehehe. ♥
Alla prossima, tornerò,
fireslight.