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Autore: Ainely    30/08/2014    1 recensioni
2022. Il punto di non ritorno è stato superato e la Terra è sull'orlo di un imminente collasso e c'è solo una possibilità per l'umanità: riuscire ad essere selezionati per il progetto "La Culla", un'isola artificiale nel mezzo del Pacifico dove una cerchia ristretta di scienziati dà la possibilità di creare un secondo Eden per non far estinguere l'uomo. Tuttavia strani segreti si celano dietro a questo progetto tanto ambizioso ed altruista che vedrà coinvolte tre persone trecento anni dopo per smascherare i reali intenti del Concilio dei Sette a sua volta in lotta con un "esperimento" sfuggito al loro controllo assetato di vendetta.
Genere: Azione, Mistero, Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Slash
Note: nessuna | Avvertimenti: Incompiuta
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Capitolo 4

Mille volte amore







La giornata era soleggiata e tutto il marasma della Cerimonia del Giuramento era andato man mano a disperdersi riprendendo ogni cosa col proprio ritmo senza alcun disordine.

Nahuel, a sua volta, era tornato sui propri passi avviandosi verso il verdeggiante e rigoglioso giardino del Palazzo della Luce, toccava a lui -insieme ad altri maestri- prendersi cura delle piante e dei fiori nel palazzo della Madre e da sempre lui adorava occuparsi di quelle delicate creature dai mille colori, dalle intense fragranze, non a caso era diventato maestro nelle arti della cura della flora. E come ogni volta che varcava la soglia per i giardini si sentì invadere il petto da una strana sensazione, come se qualcosa di leggero ed al contempo pesante albergasse dentro di sé. A volte si diceva che le piante gli davano modo di parlare troppo spesso con se stesso e che alla fine ne era felice ma non completamente soddisfatto, in altre occasioni preferiva evitare di pensare a qualsiasi cosa potesse dargli irritazione o noia.

Negli ultimi sei anni il suo carattere aveva assunto una sfumatura più scura, più grave ma come poteva essere biasimato?

Con un sospiro si mise accovacciato davanti alle piccole piantine che aveva innestato qualche giorno prima e ne osservò la crescita, parevano essere sane sebbene il terreno non era ricco di sali come si sarebbe aspettato. Allungò una mano sfiorando un piccolo e fragile bocciolo di un iris e sospirò per poi cominciare il proprio lavoro, guardare quel fiore gli portava irrimediabilmente alla memoria troppi ricordi.

Gli iris erano i fiori preferiti della Madre ma erano anche delicati e profumati come Arleen.

 

Molte volte risultava difficile non poter pensare al passato, troppo spesso si finiva col tuffarcisi anima e corpo cominciando a respirare vecchi sussurri e vecchi sospiri per potersi sentire ancora parte di quello che ormai è andato perduto.

Alla Culla funzionavano così quelle cose, quei ricordi e quei dolori venivano come cancellati per anni in modo da lasciare che la mente si distraesse e non generasse troppo dolore in chi subiva una perdita, era un metodo crudele o drastico ma era sempre stato così, i sette anni del silenzio venivano sempre rispettati ma non sempre, Nahuel si concedeva di tanto in tanto un pensiero per la sua sposa mentre restava solo nella discreta e soave compagnia dei fiori che doveva accudire. Solamente gli iris conoscevano i segreti dei suoi ricordi e solamente loro erano i testimoni ed i complici dei suoi momenti di riflessione.

Le mani grandi e forti sfiorarono il delicato petalo viola-blu dell’iris come se fosse stata la morbida guancia di Arleen e lentamente scivolò lungo lo stelo fino a giungere nella terra umida e fresca dove vi affondò le dita come se solamente in quel gesto vi fosse un unico grande significato.

Abbassò lo sguardo dorato verso il terriccio e sentì tra le dita la fitta ed intricata rete di radici della pianta e sorrise mentre lasciava che le palpebre scendessero fino a fargli vedere solamente col proprio tatto e poté finalmente sentirsi in pace.

 

Una voce lo stava chiamando. Una voce insitente ed un po’ acuta continuava a ripetere il suo nome e non poté fare a meno di riaprire gli occhi per guardarsi attorno.

Il sole era già quasi all’orizzonte e presto si sarebbe fatta sera e lui era rimasto per chissà quanto tempo immerso nei propri pensieri, nelle proprie fantasie. Sospirò e si mise in piedi battendosi entrambe le mani sulle cosce per togliersi quanta più terra umida, era da sempre stato un giovane preciso e meticoloso e non voleva assolutamente imbrattare le bellissime vesti di Arleen.

Ed eccola infatti, giovane e graziosa, un po’ infastidita per quel ritardo ma pronta a perdonarlo in cambio di un sorriso, di un bacio, di una carezza sul viso.

Nahuel si avvicinò alla ragazza quasi di corsa mentre continuava chiederle perdono per essersi lasciato completamente assorbire dal lavoro perdendo completamente di vista il passare del tempo.

 

“Per questa volta ti perdono, ma solo perchè desideravo così ardentemente di vederti.”, gli disse con tono gentile la giovane mentre intrecciava le dita sottili alle sue, grandi ed un poco callose, e con passo tranquillo lo condusse al di là delle porte del palazzo per potersi tuffare nella folla del Cerchio dei Blu. “Sai, il mio maestro dice che presto potrei diventare un nuovo membro del Cerchio Giallo. Finalmente il mio impegno sta mostrando i suoi frutti, tu invece sei stato così fortunato ad essere avanzato così velocemente…” Arleen alzò il volto per poter guardare il giovane in volto e notò che le stava sorridendo con aria affabile e completamente devota, lo stesso Nahuel non s’era mai reso conto di avere quell’espressione quando la sentiva parlare.

 

“Questo perchè sono nato prima di te, altrimenti saresti senz’altro più avanti di chiunque altro io conosca. Sei sempre molto attenta e precisa nei tuoi lavori e mi parrebbe quasi impossibile che la Madre non possa riconoscere la tua straordinaria bravura nel trattare le pietre ed i metalli preziosi per adornare la nostra Dea.”

Le rispose lui mentre continuavano a passeggiare lungo uno dei ponti sospesi sulle profondità dell’oceano per poter così raggiungere l’isola-anello successivo. Camminarono a lungo restando per un po’ in silenzio e Nahuel continuò ad osservare la delicata figura della sua amata, ne studiò il profilo, la morbidezza dei suoi capelli, la sericità delle labbra appena socchiuse e la forma del suo corpo che ai suoi occhi pareva il sinuoso stelo di un bellissimo fiore.

Si sentiva così felice, poteva davvero essere così palpabile tutta quella contentezza? Poteva davvero dire di aver trovato tutto ciò che desiderava? Poteva ritenersi così egoista da poterlo gridare al mondo?

Negli occhi dorati del giovane brillava semplicemente un amore sincero, un fuoco che avrebbe arso in lui fino alla fine del suo tempo e che non si sarebbe mai affievolito alle intemperie o all’età, si rese quasi conto all’improvviso che viveva semplicemente per respirare quella felicità e per poterla restituire a chi aveva preso il posto accanto a lui.

 

Si soffermò trattenendo dolcemente la giovane e con un lento e gentile gesto del braccio la fece avvicinare contro il proprio petto ed abbassò lo sguardo per incrociare quello azzurro di lei. Qunto potevano essere giovani? Quanto potevano sembrare ancora bambini con quegl’occhi così colmi di fiducia e di tenerezza?

 

“Che cosa succede, Nahuel? Sei così strano…” sussurrò Arleen nel vederlo con quell’espressione assente e assopita in chissà quale pensiero ma non ebbe alcuna risposta se non una lieve scrollata di spalle prima di ricevere un candido bacio.

Nahuel non aveva perso tempo per far capire a chiunque ciò che per lui era semplice felicità, avrebbe vissuto ogni respiro della sua vita solamente per dimostrarlo.

Non appena le loro labbra si separarono, lei lo guardò con aria interdetta ma piacevolmente sorpresa, osservò il suo volto e gli accarezzò i capelli tagliati piuttosto corti e spettinati per poi posare l’indice sul suo zigomo dal taglio sottile e sporgente tipico delle antiche popolazioni del continente americano e restò in attesa, lui era semplicemente se stesso: libero e gentile, trasparente come la più pura dell’acqua attraverso cui filtrava ogni colore brillando della stessa luce dell’arcobaleno, Nahuel era aperto, gentile e disponibile.

 

“Ti amo”, le sussurrò lui come se fosse un segreto e non una dichiarazione ed entrambi sorrisero custodendo nei loro cuori i loro segreti e nulla sarebbe riuscito a dividerli.




 

Stava correndo a perdi fiato, aveva il cuore che batteva nel petto con una ferocia mai sentita prima ed a stento riusciva a respirare mentre attraversava tutta l’isola senza badare a chi lo circondava, se spintonava o meno non avrebbe fatto alcuna differenza nella sua testa né tanto meno sarebbe servito a fargli rallentare il passo.

Poco più di dieci minuti prima era stato raggiunto da un giovane accolito della sua arte che gli aveva comunicato un messaggio da parte di Arthur, suo cognato, il quale lo sollecitava a recarsi nel Quartiere dei Sussurri perchè Arleen si trovava lì.

Trovarsi nel Quartiere dei Sussurri non era mai una buona notizia, quello era il luogo degli addii e non poteva immaginare che sarebbe successo, non a lui, non a lei.

No.

Sentiva l’aria sferzargli il viso mentre cercava di trarre ogni frammento di forza e di energia dal proprio corpo per poter raggiungere la sua preziosa Arleen prima di dover restare in silenzio.

Era da diverso tempo che la donna stava male, erano almeno sei mesi che non riusciva più a dedicarsi alle sue attività giornaliere ed al suo lavoro, che amava così tanto.

Raggiunse alla fine il Quartiere dei Sussurri e si precipitò verso Arthur, il fratello gemello della sua sposa che lo accolse con aria ancor più angosciata e spaventata, ma ora erano insieme e come fratelli si strinsero con forza la mano vicendevolmente mentre varcavano la soglia per accedere alla stanza tranquilla e dolcemente illuminata dal sole del tardo pomeriggio in cui Arleen riposava o almeno era ciò che sembrava.

Il giardiniere si rese dolorosamente conto di come la donna sembrasse logorata e stanca ma non mancò di sorriderle non appena vide che lo stava fissando, Arthur rimase comunque accanto a lui come se avesse paura di quel che stava accadendo sentendosi completamente impotente ed incapace di prestare il proprio aiuto.

Per quanto La Culla fosse il paradiso dell’umanità non si era ancora riusciti a sconfiggere il dolore e la malattia perchè era quello che dava la consapevolezza di essere umani, la morte era un passaggio naturale della propria esistenza e come tale andava accettato e rispettato lasciando che fosse la Madre, l’essenza stessa del pianeta, ad accoglierne lo spirito per sempre, per amarlo in eterno.

Solo così si poteva accettare una tale tragedia, solo così si poteva sperare che non si era mai soli e che l’amore era sempre la cosa più pura e sacra. Nahuel provava a ripetersi queste cose anche quando sentì il tocco lieve ed incerto della donna che cercava di attirare la sua attenzione, prontamente le si avvicinò posandole un tenero e casto bacio sulla fronte ma rimase come irrigidito nel sentire le sue parole, un flebile sussurro, una preghiera disperata così difficile da udire che ne rimase sconcertato da quell’urlo silenzioso.

Arleen gli stava chiedendo di non essere triste e di pensare ad Arthur, che presto sarebbe stata una delle tante luci che proteggevano la loro isola e avrebbe continuato ad amarlo per sempre, fino a quando non fosse stato il suo momento per raggiungerla.

La mano di lei scivolò lentamente per poi ricadere sul proprio petto, la malattia aveva raggiunto il suo apice e alla fine se l’era portata via, nel mare di luce che proteggeva la Culla dell’Esterno.

Arthur parve non riuscire a comprendere quel che gli stava accadendo attorno, semplicemente si portò le mani al viso scuotendo energicamente il capo, si sentiva come se non potesse più vedere metà della propria immagine riflessa ed immediatamente lanciò uno sguardo all’uomo indiano che rimase immobile, le labbra posate sulla fronte di lei, così fragile…




 

Lentamente sbatté le palpebre nel sentire che la terra che teneva tra le mani gli era scivolata via, proprio come quella mano.

Abbassando lentamente lo sguardo gli parve di non riconoscere in un primo momento il luogo in cui si trovava ma poi tornò lentamente ad essere padrone di sè, i piccoli boccioli di iris erano sempre immobili ad osservarlo e a profumare per lui l’aria con intensi ricordi, quante cose erano cambiate da allora, quante volte aveva pensato a lei, quante volte aveva immaginato di voltarsi e di sentire la sua voce rimproverarlo per essersi dimenticato di tornare prima a casa per poterla amare ed amare ancora.

Lentamente si rimise in piedi e sollevò piano lo sguardo lungo la linea suadente e dorata della torre più alta del Palazzo della Luce, era ormai il tramonto e la calda luce dorata del sole conferiva alle migliaia e migliaia di decorazioni in oro ed in cristallo infinite sfumature capaci di rapire l’occhio di chiunque l’osservasse e sì, pareva proprio che nei preziosi cristalli danzassero milioni di riflessi, milioni di anime che sussurravano amore nel loro splendido brillare.

 

__________



 

La stanza era illuminata solamente dalle poche candele accese e posizionate casualmente, la loro luce tremolava ad ogni minimo spostamento d’aria e proiettava strane ed inquietanti ombre lungo le pareti buie.

Nell’aria cominciò a diffondersi il fragrante e pungente profumo di un incenso ed il filo di fumo cominciò a vorticare fino a riempire l’intero spazio impregnando ogni cosa col suo aroma.

 

“E così sembra essersi mosso il cagnolino?”

 

Mormorò una voce maschile dal tono basso e malizioso, forse anche un po’ crudele e sadico, e subito dopo si sentì uno strano rumore, come di cuoio in tensione, come se fosse stato tirato con forza un vecchio laccio a cui era appeso un po’ di peso.

Altro fumo, nella stanza parve vedersi accendere e subito dopo morire una piccola fiamma che era servita per bruciare un nuovo bastoncino e, proprio in quel momento di breve chiarore, si poté intravvedere la sagoma di un uomo completamente nudo e con diversi lacci di cuoio che lo tenevano intrappolato in una morsa tale da rendergli impossibile quasi ogni movimento.

I suoi piedi non toccavano terra e aveva entrambe le ginocchia legate strettamente alle proprie cosce in modo da tenergli le gambe divaricate, il petto era altrettanto legato da diversi nodi fatti con corde nere mentre i polsi, entrambi uniti da un laccio sopra la testa, erano agganciati ad un anello che pendava dal soffitto. Il suo volto era arrossito e dalla bocca -debitamente tappata da una sensuale sfera dorata a forma di groviglio di serpi- colava un rivolo di saliva che gli correva lungo il mento, fino al collo ed al petto.

Si agitò un poco o forse stava semplicemente sospirando e nel far ciò un altro rivolo di saliva gli colò cadendo a gocce sul pavimento, qualche attimo dopo una seconda figura parve emergere dall’oscurità e dal fumo della stanza, si trattava di un altro uomo, riccamente abbigliato con sete color verde smeraldo dal taglio assolutamente inusuale tra le persone comuni della Culla e per una frazione di secondo la tremula luce di una candela illuminò il suo viso mettendo a nudo i tratti fortemente asiatici e freddi, simili a quelli di un rettile.

 

La sua voce risuonò nuovamente come se fosse stata la coda a sonagli di un serpente e la sua mano corse lungo il petto del prigioniero fino a raggiungere la sua virilità dolorosamente gonfia e rigida, desiderosa di altre attenzioni.

 

“Vedi di non deludermi… o potrei seriamente arrabbiarmi. Ho in mente molte cose e abbiamo poco tempo per attuarle, Jean. Sono stato chiaro?”

 

L’asiatico diede un forte pizzicotto all’estremità della sua asta e contemporaneamente liberò la bocca del suo schiavo per poterne sentire il gudurioso lamento e, boccheggiando, quest’ultimo rispose.

“Non vi deluderò, padrone.”








Continua...





Come nei capitoli precedenti non può mancare l'appuntamento con lo studio dei personaggi e per questo capitolo vi mostreremo Aalim, "il cagnolino della Madre".
Un sincero ringraziamento a Zilypon per il disegno!

   
   
 
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