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Autore: shane_love_q    22/09/2008    7 recensioni
Prima storia relativa alla triologia di Argus Apocraphex. Jared ha perso se stesso, Shannon non può che guardarlo impotente mentre lentamente si avvicina la fine dell'inizio...
Genere: Drammatico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: Jared Leto, Shannon Leto
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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deus ex

Deus ex Machina.

 

Anche se scritta dopo, questa fanfiction non è altro che il prequel di Argus Apocraphex, spero di far regalo gradito a tutte le Rose che amano il nostro batterista dai bicipiti grossi e tatuati, la pancetta e pochi capelli sulla ormai lucida testolina…avete capito di chi si tratta? ^_^

 

 

Questa sera glielo leggo negli occhi… sta soffrendo, soffre in un ostinato silenzio distribuendo falsi sorrisi non solo alla gente, là fuori, ma anche a noi, è questo che mi ha fatto più paura. Non ha mai finto con noi, forse non lo sta nemmeno facendo di proposito ma è mio fratello e l’ho visto recitare milioni di volte.
Sta spacciando un immagine completamente sfalsata, è come vedere un essere intrappolato in una guaina che scalpita e scalcia… no… forse l’immagine che più si avvicina a Jared in questo momento è quella dell’insetto invischiato nella ragnatela, mentre guarda gli occhi sfaccettati del ragno.
Roteo fra le dita una bacchetta posando i piedi sul tavolino ingombro di lattine, alcune rotolano via… maledetto Tomo, se crede che sparecchi io questo casino allora vuol dire che non mi conosce, piuttosto lascio che la spazzatura si accumuli fino a soffocarmi.
”E’ una stanza o è un porcile?” Jared raccoglie la latta ammaccata di birra da sotto la poltroncina su cui troneggia una catasta di abiti sporchi e la mette in bilico sopra il cestino dei rifiuti ormai simile a una montagna.
”Non è colpa mia, Tomo è disordinato…” brontolo iniziando a battere a ritmo sui barattoli con le bacchette, tempo tre secondi e senza dire una sola parola Jared me le strappa dalle mani infilandole nella tasca dei pantaloni.
”Va a cercare qualche sacco della spazzatura… non lo sopporto più tutto questo caos.”
Lo osservo di sottecchi, è pallido, più del solito, sta iniziando di nuovo a sembrare uno spaventapasseri con problemi dell’alimentazione… quando va in crisi la prima cosa che noto sono le mani, diventano ossute, come quelle di un vecchio, la pelle sugli zigomi è tirata. Sembra un uomo fottutamente malato. Mi sorprende a fissarlo, fa una smorfia e allarga le braccia. “Che c’è?”
”Notavo che hai un aspetto particolarmente di merda, oggi.”

“Grazie ora posso anche rilassarmi, mi mancava qualcuno che mi dicesse quanto faccio schifo oggi.” Scuote la testa, arraffa una sporta e inizia a riempirla… non me la dà a bere. Di solito quando è infastidito si incazza, grida, reagisce. Soprattutto non sistema il disordine altrui.
”Lascia perdere, faccio io. Perché non vai a dormire? O a mangiare qualcosa, prima che ti debba raccattare dal pavimento.”
”Figurati…”
”Come se non fosse mai successo!” sospiro, arrendendomi al fatto che mi tocca sistemare sul serio, Tomo me la paga cara. “…c’è qualche problema Jared?”
Mi metto di fronte a lui… ma non mi guarda in faccia, sorride in tralice e si gira, leccandosi le labbra, fa scattare gli occhi su tutto a parte me. “Che problemi dovrebbero esserci?”

“Mi sembri… depresso.” Stanco, svuotato, fragile. L’altra sera durante il concerto per un attimo ho visto la sua espressione mutare, trasformasi in un orrenda maschera afflitta, angosciata, come se un solo passo in più gli costasse uno sforzo tremendo. E’ stato un secondo, forse due… e poi è sparita. Mi ha spaventato tanto che per un attimo ho perso il ritmo.

 “Andrà tutto ok.”
Lo dice a voce troppo bassa… non ci credo io, non ci crede nemmeno lui. Mentre lo guardo uscire, le spalle appena incurvate, sento un brivido gelido scendermi nella schiena.

 

 

Tre giorni, ed è successo di tutto.
Una sera eravamo tutti quanti al pub più rinomato di Londra a bere e scherzare, Tomo si era perfino fatto fotografare mentre fingeva di leccarmi il collo, Jared aveva improvvisato una teatrale e quanto meno esilarante scenata di gelosia annaffiandolo con un bicchiere d’acqua e un tentativo di soffocamento… due ore dopo quando io e Tomo avevamo varcato la porta della sua stanza d’albergo l’avevamo trovata completamente sotto sopra, un cassettone ribaltato, uno specchio in frantumi, coperte lacere, i cassetti dei mobili lanciati qua e là, vestiti ovunque e lui raggomitolato fra l’armadio e il frigo bar, con due occhi enormi, tremante, catatonico. L’unica spiegazione che aveva saputo darci, dopo un intervento tempestivo di un medico e una somministrazione da cavallo di tranquillante era stata: “Ero arrabbiato. Non so perché…”
Ieri notte lo stesso… mi ero svegliato all’improvviso, dalla stanza di Jared venivano rumori e schianti, fortunatamente gli avevamo proibito di chiudersi dentro. Aveva già devastato metà camera, il contenuto delle valige completamente rovinato. In tutta questa storia, sorpresa delle sorprese era stato Tim a mantenere un certo sangue freddo.
Era riuscito a tranquillizzarlo, tenendolo abbracciato, parlando sottovoce per quasi mezz’ora, lentamente Jared si era rilassato… ci aveva guardato con aria interrogativa prima di chiedere chi aveva messo in disordine la sua camera. Stavolta non ricordava di essere stato lui…
Infilo le mani in tasca prima di voltarmi a fissare l’enorme parcheggio che si sparge ai piedi del

Menzies Strathmore Luton, la voce non si è sparsa quindi nessuno per il momento ha sollevato remore… due camere distrutte in tre giorni sono un bel record anche se si sta parlando di una rock star. La somma che Jared ha sborsato per mettere a tacere la faccenda e pagare tutti i danni  deve essere stata parecchio d’aiuto, suppongo.

Non capisco perché stia succedendo tutto questo… è un momento di fama e di gloria per i 30 seconds to Mars, è una salita verso le stelle, il mondo ci sta spalancando le gambe e noi siamo fottuti.
Sono relativamente preoccupato per la carriera… quello che non mi fa chiudere occhio è il terrore di perdere mio fratello. La nostra è una famiglia sbilenca di quelle che nessuno invidia, ma noi due non  siamo mai stati sbilenchi, mai. Noi siamo due fratelli di quelli con la F maiuscola, non siamo mai stati separati a lungo, nemmeno da adulti.

Non mi sento il fratello antagonista di Jared, come molti invece pensano, ammiro mio fratello e so cosa ha pagato per essere quello che è adesso. Gli ho visto devastare il suo corpo e la sua mente, l’ho visto diventare obeso, l’ho visto diventare calvo, anoressico, gay, l’ho visto morire, l’ho visto fare sesso… non mi manca nulla, io non farei mai quello che lui ha avuto il coraggio di fare.

“Non devi starmi a vegliare tutta la notte… oggi mi sento ok.”

Jared mi si mette di fianco… sarà anche ok ma io sono in maglietta a mezza manica e lui indossa un golfino a maniche lunghe che gli sta di almeno un paio di taglie troppo grande. Qualche mese fa invece se non mi ricordo male, era giusto. “Lo so… ma che vuoi farci, sono il fratello maggiore, mi sento responsabile.” Gli batto una spalla, e lui sorride.
”Sei più grande di cinque minuti e fai il fratello vecchio e responsabile?”
”Ho anche meno capelli… questo fa di me un saggio da ascoltare con rispetto.”
”I saggi da ascoltare non fanno delle X sulle tette delle ragazze che vogliono portarsi a letto, possibilmente due o tre alla volta contemporaneamente.” Il suo tono non è di rimprovero ma nemmeno troppo accondiscendente… ah fuck, sarà capitato due o tre volte una cosa del genere e lui se l’è legata al dito.

“Sono un uomo di carne e di sangue, molto caldo e pieno di affetto da dare e da ricevere.”

“Sì, lo so.” Jared mi allunga un foglio che deve aver staccato dal suo quaderno per gli appunti, scritto a penna, è la sua grafia senza dubbio, ma sembra stranamente tremolante e sfuocata. “Magari può tornarci utile, nel prossimo album.”

E’ una canzone, una di quelle che non capirò mai a fondo probabilmente, la rileggo un paio di volte, finché non mi rendo conto che quello che stringo in mano sembra una dannata lettera di addio, tanto che mi si gelano le mani e iniziano a fischiarmi le orecchie. Parla di resa, di sconfitta, parla di fantasmi, parla di come sia annegare nella propria testa.
Chiudo gli occhi… sembra fatto apposta… inizio a capire quello che Jared scrive solo quando invece NON vorrei capirlo.
”… sei misterioso come al solito. Mi dirai mai cosa volevi dire?”
”A me sembra che tu l’abbia capito molto bene.” Lo sento scivolare via, dentro la stanza. Stasera non sembra voler fare il matto, stasera sembra uno che i numeri non li ha mai dati in tutta la sua vita.
”Ehi Jared…che significa Deus ex machina?” chiedo voltandomi appena… Jared non accende nemmeno la luce, si side sul letto e inizia ad armeggiare con il suo Blackbarry.
”Soluzione.”



L’intervista per Weekly Riff è una specie di tortura mirata soprattutto a infastidire Jared che rimane  intontito e annichilito dalla valanga di domande e di auto risposte a cui Howard Stern lo sottopone con crescente disappunto quando lui non reagisce. Rimane seduto a gambe strettamente incrociate e mani aggrappate ai bordi del divano come per paura di piombare in avanti sul variopinto pavimento sotto le sue scarpe.
Tomo tenta diverse volte di catturare l’attenzione su di se fallendo miseramente e io nemmeno ci provo. Il tizio alla fine deduce che non è giornata e finalmente ci lascia suonare una fiacca ‘The Kill’ che lascia le poche Echelon presenti piuttosto interdette a guardarsi l’un l’altra con occhi colmi di una crescente preoccupazione.
Qualcosa alla fine è trapelato nella rete… si mormora che Jared sia malato, che sia in una di quelle sue fasi acute di crisi, il suo aspetto e la sua debolezza oggi le confermano sotto tutti gli aspetti. Dannazione e ancora dannazione.
”Mi dispiace sono parecchio stanco in questo periodo, non mi sono sentito bene.” Jared si china su una Echelon dai capelli lunghissimi che gli tende una rosa e un pacchettino infiocchettato che lui si infila nella tasca del giubbotto di pelle con un sorriso.
”Riprenditi presto.”
Le nostre compostissime Echelon  non ci deludono mai, con i loro modi cortesi e pacati. Si animano e si scatenano soltanto quando lui dà loro il permesso, quasi si trattasse sul serio di un Dio.
Forse lo è diventato.
Sorrido scribacchiando qualche autografo ed elargendo vigorosi abbracci e baci almeno finché quello stronzo di Howard non ci richiama per i saluti. E’ tempo che altri ospiti si seggano su quelle poltroncine pacchiane e scomode a farsi trapanare la palle dalle sue assurdità… meglio per noi, peggio per loro. Certe volte è veramente difficile ingoiare tutta la merda che devi ingoiare… se Jared è stressato posso capirlo, essere il frontman in questo caso significa ingoiare più merda di tutti noi della band messi assieme, è normale che gli stia sullo stomaco.
Mi sto elargendo più giustificazioni di quanto servono… sono stati di certo casi isolati che non si ripeteranno, ne sono certo. Abbiamo affrontato momenti molto peggiori di questo, ne siamo usciti tutti quanti vincenti, talvolta ammaccati, ma sempre uniti e a testa alta.
”Tutto a posto fratello?” assesto una poderosa manata sulla spalla di Jared che sorride in tralice prima di annuire.
”Certe volte il silenzio è la migliore risposta. Non avevo voglia di discutere.” Sospira scostandosi una ciocca di capelli dalla faccia. “Ho cantato veramente da schifo.”
”Il fatto che anche il tuo aspetto faccia schifo ti giustifica alla grande.” Rispondo mezzo sicuro che non se la prenderà a male se continuo ad insistere sul suo  aspetto fisico ben al di sotto del suo normale fascino.

“Almeno non devo allargare di un altro buco la cintura.” Risponde con una punta di irritazione del tutto costruita battendomi il ventre appena appena prominente.
”Qualche birra in meno e tutto tornerà piatto e muscoloso. Comunque questa pancetta fa impazzire le donne, è bello avere carne a cui attaccarsi mentre…” sogghigno passandomi la lingua in modo osceno sulle labbra girandomi verso Tomo che in tutta risposta fa una smorfia e alza il dito medio.
Inizio a sospettare che il suo modo scortese di reagire ai miei gesti sexy è colpa del fatto che non ne è del tutto immune. “Hai voglia di succhiare qualcosa di grosso Tomislav?”
”Va a farti fottere Shannon!” grida lui senza voltarsi, provocandomi una risatina.
”Voi due finirete per scoparvi.” Dice Jared alzando gli occhi cielo e scuotendo la testa con aria stanca.
”Non diciamo stronzate. Piuttosto… credi sia meglio tornare subito indietro oppure si va a bere da qualche parte? Ci divertiamo… conosciamo qualche ragazza volenterosa e magari anche tu…”
Dalla sua smorfia capisco che non è aria. “Voglio buttarmi in un letto.”
Stavolta non faccio l’immane errore di lasciarlo da solo, rinunciamo alla bevuta e ci facciamo accompagnare direttamente sul nostro macchinone fino davanti all’Hotel. Ci sono un paio di giornalisti che come al solito tentano di intrufolarsi, sbattendo i microfoni sotto il viso esasperato di Jared che si difende alzando le mani, con aria contrita senza rispondere ad una sola domanda.

Solita storia… non li degno di uno sguardo, ma tanto loro sono concentrati maggiormente su di lui, rimangono delusi e sconfitti quando riesce a sfuggirgli seguito dal resto di noi.
”Che rottura! Non potrebbero impegnarsi a tenerli un po’ più lontani questi avvoltoi? Non puoi fare un passo che ti sono addosso…”
Mi si smorzano le parole in gola quando vedo Jared precipitarsi in ascensore e schiacciare convulsamente i tasti per far chiudere le porte. Spicco la corsa ma quando sono lì l’unica cosa che sento è il ronzio dell’ascensore che sale.
”Che succede?” Tomo mi lancia un occhiata intimorita e allarmata, ci siamo, un'altra volta, ho idea. Non devo dire nulla, mi segue mentre a due due salgo i grandini fino al terzo piano e mi getto nel corridoio. La porta della stanza di Jared non è nemmeno chiusa, soltanto accostata. Qualcosa mi spinge  a inspirare profondamente prima di entrare.
Sul pavimento ha gettato soltanto la giacca di pelle, la camera è buia e illuminata dalla lama di luce proveniente dalla porta del bagno.
”Chiamo Tim.” Dice mestamente Tomo prima di scomparire giù per il corridoio. Non sopporta certe cose, lo impressionano troppo, il fatto che in questi momenti lui sia impotente non gli dà colpa ma… non voglio essere da solo.
”Jared? Tutto ok vero?” dico con voce rauca, il cuore mi martella in gola veloce… di questo passo mi verrà in infarto prima dei cinquanta anni e non sono ancora arrivato alla soglia delle 1000 donne. Ci devo arrivare.
La sua voce è debole, così sottile e piena di paura che per un attimo non lo riconosco. “Non sono io.”
Accendo la luce, tutto questo buio mi fa sentire braccato, mi avvicino alla porta e la spingo con i polpastrelli rimanendo con gambe rigide come il legno davanti al rettangolo della soglia del bagno. Jared è di fronte alla specchio, gli occhi sbarrati, le guance livide… sembra un fottutissimo Zombie di uno di quei vecchi film di Romero, che da ragazzini ce la facevano fare sotto dalla paura. “Non sono io.”
Gira la testa in un movimento lento, l’azzurro dei suoi occhi è violento e impossibile in contrasto con il grigio della sua faccia che sembra quasi scarnificata. La luce bianca e crudele peggiora di certo la sua figura… è la luce. Per forza. Solo i morti e i fantasmi appaiono così.
”…vieni a sederti, ti faccio portare qualcosa da…”
”Non sono io.”
Mi rendo conto di quello che sta per fare soltanto quando è troppo infinitamente tardi. I suoi pugni chiusi si abbattono sul vetro dello specchio, una, due volte, innaffiandolo di una pioggia d’argento che si trasforma subito in una pioggia di sangue quando la carne delle sue mani e delle sue dita si squarcia con lo specchio.
Il rumore è come un esplosione nella mia testa, vedo rosso… non so come faccio a non impazzire in questo preciso istante.
Mi butto in avanti e gli afferro i polsi… il sangue gocciola giù per le dita di continuo senza fermarsi, il pavimento bianco rapidamente si colora, bianco rosso e argento. “Che cosa…hai fatto? Jared.”
Quando alza gli occhi su di me sorride, dolcemente, in modo quasi spensierato. “Era un fottuto bugiardo… ma non ero io, l’ho mandato via!” dice allegramente.
Il suo sangue caldo inizia a colare anche sulle mie mani… “Come…non, che stai dicendo?”
”Lo specchio si è rotto.” La sua voce diventa improvvisamente triste, sospira. “Porta sfortuna.”
Le successive tre ore al pronto soccorso sono le più lunghe della mia vita. Sono combattuto, quello NON è stato un incidente, ma non posso di certo dire ai medici che l’ha fatto apposta. Nei loro occhi vedo aleggiare il dubbio, Jared però dimostra  completa lucidità, in lui non c’è nemmeno il ricordo di quegli occhi morti che mi ha mostrato solo qualche ora prima…ho perfino il dubbio di aver visto quello che ho visto se non fosse per le mani avvolte nelle bende candide.
”Sono solo tagli superficiali. Guariranno in pochi giorni.”
Il medico mi lancia un ultima attenta occhiata. Il fatto che Jared sia accidentalmente –caduto- su uno specchio appeso al muro non è una gran scusa, lo so, ma non ero pronto a dovermi inventare una bugia per una cosa del genere.
”Niente da dichiarare?”
”Ho già detto tutto.” Rispondo prendendo le nostre giacche dalle sedie e aiutando Jared ad indossare la propria.
Il viaggio di rientro all’Hotel è silenzioso… sento lo stomaco stretto in un gelido senso di impotenza, è come guardare una candela mentre si spegne. “… niente più seghe per un po’!” dico tanto per alleggerire un pochino l’atmosfera. Jared sorride e poi ridacchia addirittura.
”Già… questa sarà difficile da spiegare… userò i guanti.”

“Perché… dicevi di non essere tu?” azzardo a chiedere in un sussurro sbirciando il suo viso mentre osservo il traffico fuori dal finestrino scuro.
Jared rimane in silenzio. Con un dito disegna sul vetro appannato dal suo respiro un uomo stilizzato, poi con una mano lo cancella bruscamente. “Era solo un pensiero detto a voce alta.”

Sono in piedi nella stanza vuota. E’ da un ora che sono qui. Jared se n’è andato, sapevo che lo avrebbe fatto ma non me lo aspettavo in questo modo, senza avvisare nessuno, senza parlarne nemmeno a me.
Non ha portato con se nemmeno il Blackbarry, è stato quello a convincermi che era successo. Il telefono è posato accuratamente al centro del letto, la luce rossa lampeggia, devono essergli arrivati chissà quanti messaggi, che purtroppo non riceveranno la consueta veloce risposta.
L’unica cose che ho trovato è la canzone, completa, gli accordi della melodia  scritti in ordine su un altro foglio di carta strappato, l’unica cosa che manca in effetti è il suo quaderno.
Jared se n’è andato.
Tomo entra nella stanza di slancio e si blocca a fissare il letto vuoto. “Dov’è Jared?”
Una lacrima mi scivola sulla guancia, seguita da un'altra.
”Jared è andato a cercare quello che ha perso e… non lo rivedremo finché non lo avrà trovato.”

Prendo il Blackbarry e lo spengo.
  
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