31/08/2014
0 recensioni-Svegliati o farai di nuovo tardi!-
La mamma sta urlando.
Non è un buon segno.
Scendo le scale con i capelli raccolti in una coda spettinata, mentre cerco disperatamente di infilarmi una maglietta. La colazione non è delle migliori, ma non posso rischiare di arrivare a lavoro in ritardo. Saluto la mamma, prendo frettolosamente le chiavi della moto ed esco. Dopo una decina di minuti arrivo, stranamente in orario, al supermercato in cui lavoro come cassiera. Non è esattamente la mia più grande aspirazione, ma non posso far dipendere la mia vita interamente dai miei; sto già pensando ad un appartamento, ma fino a quando non troverò un coinquilino con cui dividere le spese, è meglio limitarmi ad aiutare finanziariamente mamma e papà.
A mezzogiorno stacco e sulla strada del ritorno compro un panino, in modo da non dovermi cucinare qualcosa arrivata a casa. Accendo il telefonino: 3 messaggi, tutti da ragazzi del Buco. Come ho già detto, non voglio rimanere un'impiegata per il resto della mia vita, e a questo ci sto lavorando assieme al Buco, una band (anzi, più una famiglia) formata da ragazzi talentuosi e insoddisfatti della loro vita, proprio come me. Io lì suono la batteria assieme a Michael -chiamato Mike- e Daniel -chiamato Dan-. Sento il telefono squillare: è papà. -Come va, tesoro? A pomeriggio cosa hai intenzione di fare?-. Ebbene sì, anche a 19 anni mio padre continua a chiamarmi almeno due volte al giorno, anche solo per assicurarmi che stia bene. Devo ammettere che la cosa non mi dà poi così tanto fastidio. -Va tutto bene papà, grazie mille. Comunque a pomeriggio andrò al Buco: voglio cercare di investire nel mio futuro- (Parlare a papà del mio futuro è il metodo che uso da quando avevo 13 anni per fargli fare quello che voglio, e a quanto pare funziona ancora) -Ah okay. Ci vediamo stasera allora. Ti voglio bene.- -Ti voglio bene anch'io. A stasera-.
Arrivo al quartier generale del Buco (la cantina di uno dei bassisti, Ben) e stranamente non c'è molta gente - essendo una quindicina di ragazzi, trovarsi in cinque è molto strano -: siamo solo io, Ben *basso*, Anne *chitarra acustica*, Ed *un'altra chitarra acustica* e Will *chitarra elettrica*. Nonostante i nostri strumenti principali, sappiamo tutti suonare quasi tutto, quindi essere in pochi non sarà un problema. A detta di Will, hanno tutti una forma contagiosa di influenza intestinale. Poverini.
Entriamo in "sala prove" e suonare in cinque è un'altra cosa rispetto alle giornate in cui ci siamo tutti. In questo preciso momento i padroni della stanza sono l'ordine, la tranquillità e la musica. Niente litigate. Niente urla. Mi rifiuto addirittura di suonare la batteria per paura di disturbare la quiete: mi limiterò a delle percussioni più semplici e adatte all'atmosfera. Dopo un'oretta di prove, Ed ci richiama attorno al tavolo per farci sentire l'inizio di un nuovo pezzo scritto da lui. Si chiama 'The A Team'. -È solo un arrangiamento della prima strofa e del ritornello, quindi non aspettatevi grandi composizioni.-
È probabilmente la canzone migliore di tutti i tempi.
La mamma sta urlando.
Non è un buon segno.
Scendo le scale con i capelli raccolti in una coda spettinata, mentre cerco disperatamente di infilarmi una maglietta. La colazione non è delle migliori, ma non posso rischiare di arrivare a lavoro in ritardo. Saluto la mamma, prendo frettolosamente le chiavi della moto ed esco. Dopo una decina di minuti arrivo, stranamente in orario, al supermercato in cui lavoro come cassiera. Non è esattamente la mia più grande aspirazione, ma non posso far dipendere la mia vita interamente dai miei; sto già pensando ad un appartamento, ma fino a quando non troverò un coinquilino con cui dividere le spese, è meglio limitarmi ad aiutare finanziariamente mamma e papà.
A mezzogiorno stacco e sulla strada del ritorno compro un panino, in modo da non dovermi cucinare qualcosa arrivata a casa. Accendo il telefonino: 3 messaggi, tutti da ragazzi del Buco. Come ho già detto, non voglio rimanere un'impiegata per il resto della mia vita, e a questo ci sto lavorando assieme al Buco, una band (anzi, più una famiglia) formata da ragazzi talentuosi e insoddisfatti della loro vita, proprio come me. Io lì suono la batteria assieme a Michael -chiamato Mike- e Daniel -chiamato Dan-. Sento il telefono squillare: è papà. -Come va, tesoro? A pomeriggio cosa hai intenzione di fare?-. Ebbene sì, anche a 19 anni mio padre continua a chiamarmi almeno due volte al giorno, anche solo per assicurarmi che stia bene. Devo ammettere che la cosa non mi dà poi così tanto fastidio. -Va tutto bene papà, grazie mille. Comunque a pomeriggio andrò al Buco: voglio cercare di investire nel mio futuro- (Parlare a papà del mio futuro è il metodo che uso da quando avevo 13 anni per fargli fare quello che voglio, e a quanto pare funziona ancora) -Ah okay. Ci vediamo stasera allora. Ti voglio bene.- -Ti voglio bene anch'io. A stasera-.
Arrivo al quartier generale del Buco (la cantina di uno dei bassisti, Ben) e stranamente non c'è molta gente - essendo una quindicina di ragazzi, trovarsi in cinque è molto strano -: siamo solo io, Ben *basso*, Anne *chitarra acustica*, Ed *un'altra chitarra acustica* e Will *chitarra elettrica*. Nonostante i nostri strumenti principali, sappiamo tutti suonare quasi tutto, quindi essere in pochi non sarà un problema. A detta di Will, hanno tutti una forma contagiosa di influenza intestinale. Poverini.
Entriamo in "sala prove" e suonare in cinque è un'altra cosa rispetto alle giornate in cui ci siamo tutti. In questo preciso momento i padroni della stanza sono l'ordine, la tranquillità e la musica. Niente litigate. Niente urla. Mi rifiuto addirittura di suonare la batteria per paura di disturbare la quiete: mi limiterò a delle percussioni più semplici e adatte all'atmosfera. Dopo un'oretta di prove, Ed ci richiama attorno al tavolo per farci sentire l'inizio di un nuovo pezzo scritto da lui. Si chiama 'The A Team'. -È solo un arrangiamento della prima strofa e del ritornello, quindi non aspettatevi grandi composizioni.-
È probabilmente la canzone migliore di tutti i tempi.