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Autore: Leana    31/08/2014    1 recensioni
Amelia è una bambina come tante altre. A sette anni, per uno strano scherzo del destino, incontra un uomo che che afferma di poter viaggiare nel tempo in una strana cabina blu. Amelia è affascinata dal quel Dottore stropicciato, come inizia a chiamarlo lei, ma quando lui deve allontanarsi per cinque minuti, lei rimane ad aspettarlo per anni, perché il Dottore non tornerà tanto presto.
Quattro psichiatri e dodici anni dopo, Amelia stava rinunciando a credere nel Dottore stropicciato. Valeva davvero la pena credere in qualcuno che le aveva fatto una promessa che non aveva mantenuto? Se ora si trovava chiusa nel reparto di psichiatria dell'ospedale di Leadworth, era solo colpa sua.
[what if? sulla 5x01; ElevenxAmy, accenni AmyxRory; angst; 1/2]
Genere: Angst, Romantico, Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Amy Pond, Doctor - 11, Rory Williams
Note: What if? | Avvertimenti: nessuno
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Note iniziali: per prima cosa, vi avverto che è la mia prima volta in questa sezione e che non leggo molte fanfic in italiano, quindi se ce ne fosse una simile alla mia è una cosa del tutto casuale. Parlando della storia è una what if? sulla 5x01, ispirata in parte dalla canzone Slow Life dei Grizzly Bear che potete ascoltare qua: http://www.youtube.com/watch?v=D6o3Ja4P3Wk . Era nata come un'unica OS, ma poi mi sono lasciata prendere ed è diventata troppo lunga per i miei gusti, quindi l'ho divisa in due parti in pieno stile Moffat xD. Vi avviso, c'è un po' di angst, ma senza dove sarebbe il divertimento? Per tutto il resto, vi rimando alle note in fondo. Buona lettura!


 
Slow Life
- PRIMA PARTE -
 
Even though you're the only one I see
It's the last catastrophe
Place your bets on chance and apathy

[Slow Life - Grizzly Bear]


 

Amelia amava i fiori.

Quando era bambina aveva piantato nell'aiuola davanti a casa sua delle camelie. Sua zia le aveva spiegato che erano dei fiori delicati, che andavano curati con estrema attenzione. Lei ci aveva dedicato tanto tempo, e quando erano spuntati i primi germogli era rimasta a guardarli per ore.

Dove si trovava adesso, non c'erano fiori.

Tutto quello che la circondava sembrava tinto solo di grigio o bianco: le pareti, i mobili, persino le sue lenzuola. Nemmeno l'ombra di un colore.

All'inizio era stata proprio quell'atmosfera spenta a rendere tale anche Amelia.

Nessun pensiero felice aveva vita lunga lì dentro, questo l'aveva imparato presto. Qualsiasi sua speranza e certezza sul futuro erano state spazzate via nel momento in cui la porta di quel posto si era chiusa alle sue spalle.

Più tempo passava nella sua nuova stanza, e più si chiudeva in sé stessa, smettendo di parlare se non per qualche rara eccezione.

Era stata sua zia a decidere di mandarla lì. Improvvisamente, un giorno Amelia si era messa a parlare di un 'Dottore stropicciato', di una crepa nel muro della sua stanza e di un 'prigioniero zero', e nonostante tutti i tentativi fatti per spiegarle che si trattava solo di una fantasia, lei aveva continuato a parlarne come se fosse tutto reale.

Sosteneva che un giorno il Dottore stropicciato sarebbe venuto a prenderla, e che insieme avrebbero viaggiato nella sua macchina del tempo.

Erano i pensieri espressi ad alta voce di una bambina di sette anni, ma quando quella bambina era cresciuta, nonostante non ne parlasse mai per prima, era chiaro che continuasse a credere in tutta quella storia. Sua zia, quindi, aveva deciso di optare per una soluzione diversa.

Quattro psichiatri e dodici anni dopo, Amelia stava rinunciando a credere nel Dottore stropicciato. Valeva davvero la pena credere in qualcuno che le aveva fatto una promessa che non aveva mantenuto? Se ora si trovava chiusa nel reparto di psichiatria dell'ospedale di Leadworth, era solo colpa sua. Queste erano le uniche cosa che continuava a ripetersi.

Ripensando ora al suo ultimo giorno a casa, Amy si pentiva di non aver passato più tempo a guardare le sue camelie. C'erano centinaia di cose che le mancavano della vita fuori dall'ospedale, ma i fiori erano tra quelle per cui sentiva più nostalgia.

Amelia non aveva mai voluto sentire quale era la sua diagnosi. Probabilmente i medici avevano deciso che era pazza, e che non sarebbe mai più potuta uscire. O forse pensavano che fosse nata con qualche problema, e che sarebbe potuta diventare pericolosa per le altre persone.

Qualunque fosse il motivo, l'esistenza di Amelia era ormai racchiusa tra quattro mura e così sarebbe stato per molto tempo ancora.

Ma dentro di sé, nella parte più inconscia della sua mente, Amelia continuava ad aspettare.


 

                                                                                                                        * * * * * *


 

"Indovina cosa ti ho portato oggi"

Amelia alzò gli occhi dal suo quaderno, e li posò sull'infermiere alla porta della sua stanza.

Rory Williams lavorava in un altro reparto dell'ospedale, ma avendo accesso a qualsiasi zona e la andava a trovare tutti i giorni. Era il loro piccolo segreto da quando lui l'aveva vista per la prima durante l'ennesima visita medica. Come con qualsiasi altra persona, Amy era restìa a scambiare qualche parola con lui, ma aveva capito presto che Rory voleva solo essere suo amico, e non esaminarla come se fosse un fenomeno da baraccone.

Perché, in fondo, dopo essere sempre stata considerata una tipa stramba, Amy aveva iniziato a sentirsi così. E se avesse iniziato a parlare con l'unico amico che aveva, probabilmente le sarebbe sfuggito qualcosa che gli avrebbe fatto realizzare di star perdendo tempo con una pazza, ed Amy non poteva rischiare.

Avvicinandosi a lei, Rory infilò la mano nella tasca della sua divisa e tirò fuori un pacchetto che faceva rumore ad ogni minimo spostamento.

"Le tue caramelle preferite" continuò lui sapendo che non sarebbe arrivata nessuna risposa da Amy.

Rory non si presentava mai a mani vuote, le portava ogni volta qualcosa di diverso. Con il passare del tempo, aveva imparato a osservarla meglio per capire cosa le piacesse, e i suoi regali erano diventati sempre più graditi.

Amelia accettò il pacchetto con un piccolo sorriso, prendendo subito una caramella e offrendone a Rory con un gesto della mano.

"No, grazie" declinò lui con tono gentile. "Allora, posso vedere cosa stai disegnando questa volta?"

Sopraffatta dalla noia, Amelia aveva dovuto trovare un passatempo, e disegnare si era rivelato il migliore. Non voleva nemmeno ripensare a cos'era successo l'ultima volta che aveva preso un libro in mano...

Il soggetto dei suoi disegni cambiava ogni volta, e spesso li riteneva troppo personali per condividerli con qualcuno, persino con Rory. Quel giorno, però, stava disegnando le sue camelie, e sapendo che per Rory si trattava solo di fiori qualsiasi, non trovò nulla in contrario a mostrarglielo.

"Sono davvero bellissimi" commentò l'infermiere come ogni volta che vedeva un suo disegno.

In realtà, Amy non si riteneva una brava artista, e nonostante le sue capacità fossero lentamente migliorate con l'esercizio, probabilmente un bambino di dieci anni sarebbe riuscita ad eguagliarla.

Rory era sempre troppo gentile con lei.

Amelia sospirò, ma l'infermiere la sentì lo stesso.

"Si, lo dico ogni volta, ma lo penso davvero" le disse lui come se le avesse letto nel pensiero.

Nello stesso momento, una sirena iniziò a suonare all'interno dell'edificio. Non era mai capitato che succedesse, ma aveva l'aria di portare guai.

Amelia guardò preoccupata l'infermiere, chiedendogli silenziosamente cosa stesse succedendo.

"Stai tranquilla, probabilmente non è niente. Vedo a controllare, e poi torno subito, okay?" le disse piano per tranquillizzarla.

Amelia annuì stringendo per un attimo la sua mano prima di lasciarlo andare. Quel suono le stava facendo scoppiare la testa, e voleva solo che finisse il prima possibile.

Rory uscì svelto dalla camera lasciando la porta aperta dietro di sé, ed Amy si portò le mani alle orecchie nella vana speranza di non riuscire più a sentire quel rumore.

Si trascinò lentamente fino al suo letto dove si sedette con le ginocchia strette al petto.

Non finirà mai, si continuava a ripetere. Non finirà.

"Che cosa non finirà?" domandò una voce.

Amelia riaprì gli occhi che non si era nemmeno resa conto di aver chiuso, e vide un uomo ai piedi del letto. Un uomo che conosceva fin troppo bene.

"Amy, dobbiamo andare" disse Rory rientrando di corsa nella stanza e trovandosi anch'egli davanti allo sconosciuto. "Tu chi sei?" domandò a bruciapelo non avendo tempo per le buone maniere.

"Sono il Dottore"

Amelia gridò.


 

                                                                                                                    * * * * *


 

Sentiva delle voci, ma non riusciva a distinguere nettamente cosa stessero dicendo, e in realtà nemmeno voleva saperlo. Avvertiva quella brutta sensazione che si ha quando si fa un incubo, e aveva l'impressione che fosse proprio così.

Un incubo.

Era stato tutto un orribile, spaventoso, e stupido incubo.

Lui non poteva essere lì, non dopo quello che aveva passato per toglierselo dalla testa. Fino a quel momento era stato tutto frutto della sua immaginazione, gliel'avevano ripetuto tante volte. Se qualcuno avesse scoperto che lo aveva visto di nuovo, si sarebbe davvero stabilita in pianta stabile in quell'ospedale, e probabilmente le avrebbero dato nuove medicine.

Lei odiava prendere quelle medicine, era come se le spegnessero ogni sentimento, lasciandola vuota.

"Quando si risveglierà?"

"Non dovrebbe volerci molto, anche se lo shock deve essere stato forte"

La seconda voce era quella di Rory, e purtroppo riconobbe anche la prima.

Amy aprì gli occhi, sedendosi di scatto.

"Ehi, vacci piano" le disse la voce gentile di Rory vicino al suo orecchio. "Così rischi di svenire di nuovo"

Amy sentiva un'altra presenza accanto a sé, ma aveva troppa paura a voltarsi. Non voleva vederlo, non voleva avere la conferma di essere veramente pazza.

Ignorando quello che le aveva detto Rory, d'istinto scese dal letto e strisciò lentamente fino ad un angolo della stanza dove rimase con la testa rivolta verso il muro. Si accorse delle lacrime che scorrevano lungo le sue guance solo quando si portò nuovamente le mani intorno alla testa, come aveva fatto poco prima per non sentire l'allarme.

Senza nessun preavviso, sentì una mano appoggiarsi delicatamente sulla sua schiena, ma di nuovo non si voltò.

"Va tutto bene" le disse la voce che pensava non avrebbe mai più sentito. "Non devi avere paura"

"No" mormorò Amelia per la prima volta dopo tanto tempo in silenzio.

"Cosa?" chiese Rory che la sentiva parlare per la prima volta. "Cos'ha detto?"

"No, no, no" continuò a ripetere sottovoce Amelia, questa volta arrivando alle orecchie dell'infermiere.

"Mi scusi, ma credo che starle così addosso non la aiuterà"

"Mentre le tue chiacchiere si? Dimmi, tu chi saresti per dire a un Signore del Tempo cosa fare?" domandò il Dottore non spostandosi di un millimetro da dove si trovava.

"Io.. ehm, s-sono..." iniziò a balbettare Rory trovandosi improvvisamente in soggezione. "Sono un infermiere" mormorò rendendosi conto subito dopo dell'idiozia che aveva detto.

Se quell'uomo era davvero un dottore come gli aveva detto, sapeva meglio di lui cosa fare. Voleva chiedergli perché avesse la camicia completamente rovinata, e come si chiamasse, ma non riusciva a trovare la voce per farlo.

"Invece di stare lì a guardarmi, barrica la porta. Sta arrivando"

"Chi sta arrivando?" domandò Rory confuso.

"Un muta forma che non avrà nessun problema a ucciderti, ma probabilmente ci penseranno prima gli Atraxi" continuò il Dottore iniziando a perdere la pazienza.

"I cosa?" domandò Rory continuando a non capire.

"Per Gallifrey, devi essere l'unico essere umano su questo pianeta a non aver sentito il loro messaggio! Smettila di fare domande idiote, e fai come ti ho detto!"

Rory, suo malgrado, chiuse a doppia mandata la porta e spostò davanti ad essa la scrivania, l'unica cosa che era in grado di spingere.

"Non credo basterà" mormorò il Dottore osservando il lavoro fatto dall'infermiere.

"I-io non credo di -"

"Si, lo so" lo interruppe il Dottore sapendo già cosa voleva dire l'umano.

Si alzò, e sotto lo sguardo attonito di Rory, prese il suo cacciavite sonico dalla tasca dei pantaloni e lo puntò sulla serratura della porta.

La punta si illuminò per non più di cinque secondi, e il suono che sprigionò fece agitare ancora di più Amelia nel suo angolo.

Rory preferì non fare domande a riguardo.

"Ora è sigillata. Solo qualcuno con un altro cacciavite sonico può aprirla" disse il Dottore soddisfatto.

"Amy, va tutto bene" mormorò Rory che nel frattempo si era avvicinato a lei.

"Quel rumore..." sussurrò impercettibilmente lei senza rendersi conto di parlare ad alta voce.

"Cosa le avete fatto? Perché Amelia è in questo posto?" domandò il Dottore avvicinandosi a sua volta.

Pensando di essersi allontanato solo per cinque minuti, quando era arrivato di nuovo a casa di Amelia, il Dottore era corso subito nella stanza della bambina, trovandola però immacolata e molto diversa da come la ricordava. Cosa diavolo era successo in quei cinque minuti? si era chiesto.

Poi un dubbio lo aveva assalito.

Era tornato al TARDIS e controllato solo l'anno in cui era atterrato.

2008.

Era il 2008, non il 1996. Aveva detto ad Amelia che sarebbe tornato cinque minuti dopo, e invece aveva sbagliato di dodici anni.

I motori del TARDIS erano instabili, aveva quasi rischiato che prendesse fuoco, quindi avrebbe dovuto immaginarsi che una cosa del genere potesse succedere.

Sperava solo che Amelia, la sua piccola Amelia, si ricordasse ancora di lui dopo tutto quel tempo. Le aveva promesso che sarebbe tornato, e avrebbe mantenuto quella promessa.

Aveva così deciso di fare la prima cosa che gli era venuta in mente: chiedere ai vicini di casa.

Ad aprirgli la porta era stata una donna anziana che lo aveva osservato per lungo tempo prima di decidere se fosse o meno un poco di buono. Solo allora il Dottore si era ricordato di indossare ancora la camicia azzurra rovinata e di avere un aspetto trasandato.

Ma in quel momento la sua priorità era un'altra.

Dopo i saluti di rito, giusto per non dare l'idea di essere anche maleducato, aveva chiesto di Amelia, affermando di essere un suo vecchio amico. La signora aveva cambiato espressione, e gli aveva spiegato con un 'oh, caro' e 'quella dolce ragazza', che Amelia si trovava in ospedale.

Il Dottore non aveva ascoltato altro, ed era corso via lungo la strada che portava al centro della città, fino all'ospedale.

"Lei... beh..." iniziò Rory inciampando di nuovo sulle sue stesse parole.

"Lei cosa? Voglio sapere cos'ha. Ora"

"Amy soffre di depressione, psicosi e mutismo selettivo" rispose Rory vergognandosi.

Non aveva mai chiesto direttamente ad Amy il motivo per cui era lì, ma un giorno la curiosità era prevalsa su tutto e aveva letto di nascosto la sua cartella clinica.

Il Dottore sgranò gli occhi, passandosi più volte le mani nei capelli lasciandoli poi senza una forma.

"Come è possibile che l'Amelia che conosco io si sia potuta ridurre così?" domandò ad alta voce tra sé e sé.

"E' da quando ha sette anni che sostiene di conoscere un uomo che un giorno verrà a prenderla, e qualcosa su una macchina del tempo" rispose Rory pensando che la domanda fosse rivolta a lui. "Io l'ho conosciuta da poco, quindi non so poi molto a riguardo"

"Da quanto tempo è qua?" chiese il Dottore iniziando a fare avanti e indietro lungo la stanza.

Lanciò un'occhiata ad Amelia, che non si era ancora mossa dalla posizione in cui si era messa poco prima, scuotendo la testa. Quello che stava sentendo non era reale. Impossibile.

"Due anni" mormorò Rory sapendo bene di non dover conoscere quell'informazione.

"Due anni?!" esclamò il Dottore. "Vi siete bevuti il cervello? Chi è stato a mandarla qua? Chi è che la ridotta in questo stato?!"

"Sei stato tu"

A rispondere era stata Amelia.

Sia Rory che il Dottore si voltarono verso di lei. Era ancora seduta sulle ginocchia, ma aveva voltato la testa nella loro direzione e non si copriva più il volto con le mani.

Aveva ascoltato in silenzio il loro discorso, e lentamente aveva realizzato che se Rory stava parlando con il Dottore, significava che lo vedeva anche lui, che era veramente lì.

"E' colpa tua" continuò lei con tono accusatorio.

"Amelia, Amelia" disse il Dottore inginocchiandosi a sua volta accanto a lei. "Nemmeno ti immagini quanto mi d-"

"Avevi detto che saresti tornato!" gli urlò. "Avevi detto cinque minuti"

"Perdonami" fu l'unica cosa che riuscì a dire il Dottore. "Perdonami"

"Volevo venire con te" continuò Amy piangendo apertamente.

"Amelia, ascoltami" disse il Dottore prendendole il viso tra le sue mani. Aspettò che lei si calmasse un po', e che alzasse lo sguardo su di lui prima di continuare.

"Non è dipeso da me. Mi dispiace che tutto questo sia successo, soprattutto a te, ma ti prometto che non resterai qua dentro ancora per molto"

Una serie di tonfi seguiti da una sorta di ringhio interruppero il Dottore.

"C-cosa diavolo era? Un animale?" chiese spaventato Rory.

"Il prigioniero zero, ecco chi" rispose il Dottore con aria scocciata. "Mi ha seguito dalla casa di Amelia fino a qua"

"Hanno fatto evacuare l'ospedale per questo, vero? Se non sanno che siamo ancora dentro non dovremmo chiamare la polizia?" domandò ingenuamente l'infermiere.

"I Judoon ci metterebbero una vita ad arrivare, e poi direbbero che non è di loro competenza. No, dovremmo fare da soli come al solito" rispose il Dottore sbrigativo.

"I cos-" stava per chiedere Rory non avendo capito fino in fondo cosa gli avesse detto.

"Ah!" lo interruppe il Dottore. "Basta con le domande stupide. Prima devo capire perché gli Atraxi sembrano così convinti di poter incenerire un pianeta di livello cinque"

Rory continuò a osservarlo per diverso tempo, fino a quando il suo cervello non gli diede la risposta a tutte le sue domande.

"Mi scusi signore, ma non credo che lei sia autorizzato a uscire dalla sua stanza" gli disse con il suo tono più convincente.

Era palese che quell'uomo avesse approfittato del caos di poco prima per tentare di uscire da quel reparto. Per non parlare dei vestiti strappati...

Il Dottore si voltò, guardandolo confuso. "Mi sembrava di averti chiesto di non dire cose stupide"

"Adesso mi ascolti" continuò l'infermiere. "Se non si calma, dovrò farle un'iniezione. Non so cosa ci faccia qua, ma adesso aprirò la porta e la riporterò nella sua stanza"

"Umani, pensano di sapere sempre tutto" sospirò il Dottore. "Ascolta, ho chiuso quella porta con il mio cacciavite sonico, e se c-" si interruppe all'improvviso.

"E se cosa?" domandò Rory.

Il Dottore rimase con la bocca aperta, con le parole che voleva dire sulla punta della lingua. Un altro pensiero lo aveva distratto.

"Ma certo, il mio cacciavite sonico!" esclamò all'improvviso. "Non è tecnologia terrestre, quindi gli Atraxi ci troveranno subito!"

Senza attendere una risposta, il Dottore aprì la finestra e dopo aver puntato il cacciavite sonico verso l'alto, lo attivò.

"Si allontani dalla finestra" lo richiamò Rory iniziando a preoccuparsi.

Stava per lanciargli un ulteriore monito, quando avvertì qualcosa stringergli il braccio. Amelia si era alzata in piedi, e lentamente lo aveva raggiunto.

"No" sussurrò con ancora gli occhi gonfi di lacrime.

"Stai tranquilla, non ti succederà niente" le disse lisciandole i lunghi capelli rossi. Si pentì subito di essersi lasciato andare ad un gesto simile, ma lei non sembrava curarsene.

"Lui è il Dottore"

"Non è un dottore, ma solo un pazzo"

"Sai, su questo hai proprio ragione" disse il diretto interessato sporgendosi ancora di più dalla finestra per guardare in alto. "Bene, sono arrivati" aggiunse soddisfatto.

Tornò alla porta, e spostò la scrivania. Appoggiò l'orecchio sulla superficie fredda, e dopo essere rimasto in ascolto per qualche secondo, puntò nuovamente il cacciavite sonico sulla serratura e la aprì.

Stava per correre fuori dalla stanza, ma si bloccò sulla soglia.

"Credo sia meglio se voi aspettiate qua. Faccio in un attimo" disse prima di sparire lungo il corridoio.

Amelia rimase immobile solo per pochi secondi, prima che l'istinto le dicesse cosa fare. Aveva sofferto e le avevano dato della pazza per dodici anni per quell'uomo, ma ora sapeva per certo che non si era inventata niente. Aveva avuto ragione sin dall'inizio.

E non l'avrebbe più perso di vista un attimo.


 


 


 


 


 


Mary's corner:

Come avrete capito, Amelia ha continuato ad aspettare il Dottore dopo il loro primo incontro quando aveva sette anni, e questo l'ha portata a finire ricoverata nel reparto di psichiatria. Ovviamente, come già sappiamo, la diagnosi che le è stata fatta è completamente sbagliata, ma ho fatto una ricerca per farla sembrare il più credibile possibile.

Spero che sia chiaro il fatto che inizialmente Rory crede che il Dottore sia veramente un dottore, e poi un paziente del reparto di psichiatria (poor Rory, come lo tratto male çç).

Mentre scrivevo mi sono concentrata soprattutto sul rendere IC il Dottore, ma spero di aver fatto un buon lavoro anche con gli altri personaggi (anche se Amelia è un caso a parte). Se ci dovessero essere degli errori (e ci saranno visto che il mio pc non me li segna) non fatevi problemi a farmeli notare.

La seconda parte dovrebbe arrivare nei prossimi giorni, mi manca giusto la conclusione.

Nel frattempo fatemi sapere cosa ne pensate, e il primo esperimento quindi accetto qualsiasi opinione e/o critica costruttiva!

– Mary

 

   
 
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