Storie originali > Romantico
Ricorda la storia  |      
Autore: Alaire94    01/09/2014    4 recensioni
E' bastato un caffè nel suo appartamento, qualche ora tra le sue lenzuola perché lui rimanesse impresso nella mia memoria.
Ora sono passati due anni da quei momenti, pensavo di aver dimenticato e invece...
Genere: Malinconico, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Contesto generale/vago
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A

Un altro caffè

 

 

 

Sono passati due anni. Due lunghi anni. Ho fatto tante cose in tutto questo tempo: sono stata in vacanza, ho ballato nel club più grande d’Europa, ho imparato una nuova lingua, ho conosciuto nuova gente, ho amato. Pensavo di averti dimenticato, ma poi bastava un piccolo particolare, un oggetto, una parola e tutto ritornava. Quei ricordi, immagini potenti, dolorose come pugnalate in pieno petto, non se ne sono mai andati. Rimanevano lì, in un angolino della mia mente, aspettavano solo il momento opportuno per colpire. Pensavo che un giorno si sarebbero scoloriti, come fotografie lasciate per anni sul fondo impolverato di una scatoletta in soffitta, ma invece erano sempre vivide più che mai.

C’eri tu, la prima volta che ti ho visto, in quel pomeriggio di fine in inverno. Cadeva una pioggerella leggera, giusto per bagnare l’asfalto e tu stavi lì, davanti al cinema, con una sigaretta tra le dita, stretto nel tuo giubbotto nero. Sembravi estremamente fuori posto, un animale esotico abituato al caldo, catapultato in un luogo freddo e umido. Poi mi è bastato avvicinarmi un po’ di più, guardarti negli occhi, stringerti la mano per capire che ti saresti adattato ovunque, con quella tua aurea di sicurezza. Mi hai offerto un caffè, mi hai parlato del più e del meno con quel tuo accento del sud. Devo ammetterlo, quella prima volta non avevo avuto una buona impressione: avevo capito che persona eri, una di quelle che non ha paura di stare da sola né di fare del male.

Avrei dovuto lasciarti perdere da subito, ma senza nemmeno sapere perché mi sono ritrovata nel tuo appartamento, a bere un altro caffè e di nuovo a parlare. E quando ti sei stancato di parlare, ti sei avvicinato, mi hai guardato negli occhi e io ho guardato nei tuoi; piccoli, dolci come verdeggianti pendii e selvaggi come una savana.

- E tu cosa mi dici? – , hai sussurrato. Io non ho avuto la forza di rispondere, mi sentivo vuota e tremante come una foglia in balia del vento. Ma in fondo non importa, perché non hai avuto bisogno di parole: hai infilato le dita tra i miei capelli e mi hai baciata. Un bacio che mi ha portata alla dannazione, che mi ha incatenata.

Da quel momento non ho più potuto scappare. Poco tempo dopo sono finita nel tuo letto, nella tua stanza semibuia. Ogni sospiro era un passo verso la tua anima e allo stesso tempo verso l’oscurità.

Eppure, per quanto tu possa negarlo, lo so che per te è stato lo stesso: mi guardavi in modo diverso mentre mi stringevi tra le braccia, mentre lasciavi che penetrassi nella tua scorza di sicurezza, per trovare qualcosa di fragile. E ogni secondo penetravo sempre più in profondità, pur sapendo quanto sarebbe stato difficile poi tornare indietro. Ma allora non mi importava. Vivevo quei momenti per quello che erano, ne godevo fino all’ultima goccia.

Poi è arrivato quel giorno. Eri lì, di fianco a me, mi abbracciavi. Avevamo appena fatto l’amore e le lenzuola ancora calde ti coprivano le gambe. Stavi fumando, pensieroso, espellevi le volute di fumo come se con esse se ne andassero anche le tue preoccupazioni. – Domani parto -, hai detto, - e non so se tornerò.

Io ho continuato a guardarti, mi sentivo la mente completamente svuotata come se un vento gelido avesse spazzato via ogni pensiero, lasciando solo un’inquieta calma e un’asettica desolazione.

Mi piacerebbe poter dire di aver avuto tante cose da dire e di non avere avuto il coraggio di dirne nessuna, ma la verità è che non avevo bisogno di dire nulla. Ti ho solo abbracciato, ti ho baciato di nuovo, sentendo il gelo del vuoto infilarsi sempre più a fondo dentro di me. Sapevo che il calore della tua pelle avrebbe potuto fermarlo soltanto per poco ancora.

Poco dopo ci siamo ritrovati nel parcheggio umido e grigio di triste cemento. C’era silenzio, lo stesso silenzio e la stessa desolazione che c’era in me.

- Non mi piacciono i lunghi addii -, hai affermato, dopo qualche secondo in cui ci siamo limitati a guardarci negli occhi.

- Neanche a me, meglio qualcosa di veloce - e a dirlo sentii d'improvviso la sensazione che fosse una bugia. Volevo che il tempo si dilatasse, volevo restare lì all'infinito, anche solo a guardarti negli occhi, a sentirti cantare quelle tue canzoncine d'altri tempi.

Prima che potessi accorgermene mi avevi già stampato un bacio sulle labbra, mi avevi sussurrato un semplice “ciao” e ti stavi allontanando.

Il mio braccio è stato più veloce di qualsiasi pensiero; ti ho afferrato per un polso prima che la ragione potesse impedirmi di prolungare la tortura. – No - , ho detto solamente. Un nodo mi serrava la gola.

- Ti prego, non fare così - , i tuoi occhi luccicavano, mi imploravano, - è peggio.

Ho continuato a stringerti il polso, a sostenere il tuo sguardo così sicuro. Allora ti sei avvicinato di nuovo, mi hai preso il viso tra le mani. - L'ultimo - , hai detto prima di baciarmi. Un bacio che aveva quel sapore amaro che hanno gli addii.

Poi ti sei staccato. Ho cercato di strapparti un ultimo contatto; le nostre dita che si sfiorano. Te ne sei andato davvero. Ho guardato la tua sagoma allontanarsi sempre di più dallo specchietto retrovisore dell’auto, finché non sei sparito dietro l’angolo e in me avevo quella consapevolezza che non ti avrei visto mai più. Quando sono arrivata a casa c'era un tuo messaggio nella segreteria telefonica: "chi ti dice che non ci rivedremo ancora? Magari tornerò e ci prenderemo un altro caffè". Sembrava mi avessi letto nel pensiero.

Ma io non ti ho telefonato e nemmeno ti ho creduto; il vuoto mi aveva mangiata completamente. Avevo anche la certezza che era meglio così: forse per un po' avrei sofferto, ma poi in poco tempo il tuo ricordo sarebbe sfumato, saresti rimasto niente altro che una delle tante stelle del firmamento della mia memoria.

Invece non è stato così.

Qualche tempo dopo ho incontrato lui. Bello, dolce, con quell'aria da angioletto; soltanto le ali gli mancavano.

L’ho incontrato la prima volta in una sera di primavera come le altre. Ero uscita con le amiche per un po’ di compagnia e sane chiacchiere. Quando sono tornata al parcheggio, lui era lì, davanti al parchimetro, spaesato mentre rovistava nel portamonete. - Qualche problema? - , gli ho chiesto gentilmente.

Mi ha sorriso, dispiaciuto. - Per caso puoi cambiarmi questa banconota? La macchinetta non dà resto.

I suoi occhi erano così brillanti, così imploranti d’aiuto. Era dolce e allo stesso tempo intrigante; avevo come la sensazione che nascondesse qualcosa di più sotto quell'aria da angioletto e io volevo scoprirlo.

- Purtroppo non ho così tanta moneta - , gli ho risposto, ma un momento dopo, prima che potesse impedirmelo, avevo già inserito l'importo nella macchinetta.

Ha spalancato gli occhi dalla sorpresa. - Grazie, ma non c'era bisogno... -, ha ringraziato e subito dopo mi ha rivolto un sorriso enigmatico, ma anche gentile; pareva sicuro di sé, ma nemmeno troppo. – Ora ti devo un caffè… Ti va?

Caffè. Ho avuto quella sensazione, come di dejà-vu; l'ultimo caffè che avevo bevuto con te e che poi ci aveva fatti arrivare in quel letto e poi nel parcheggio umido a dirci addio. Avevo quasi l'intenzione di rifiutare, ho avuto paura. Infine ho guardato nei suoi occhi, ricchi di aspettativa, gentili, parevano assicurarmi che non mi avrebbe fatto del male. Ho pensato che non avevo niente da perdere.

- Ora no, ma domani mi andrà - , ho risposto alla fine, con un sorriso.

Il giorno dopo ci siamo incontrati, abbiamo bevuto il caffè e abbiamo parlato fino a seccarci la gola. Poi ci siamo incontrati ancora e ancora, nel parco vicino a casa. E su quella panchina, quella vicino alla fontana, mi ha baciata. E' stato così naturale, spontaneo come un fiore che sbuca dalla terra e che sboccia in primavera.

Con lui avevo quella sensazione ogni volta che lo vedevo, come di conoscerlo da sempre, come se ci fossimo rincontrati dopo tanto tempo. Con lui ogni giorno era, ed è ancora adesso, una sorpresa, un'avventura da vivere insieme. Non sappiamo mai cosa ci riserverà il domani e così, ogni minuto insieme è una scoperta da vivere col sorriso sulle labbra, sapendo che l’uno senza l’altra è qualcosa di incompleto ed insensato.

Eppure, devo ammetterlo, ogni tanto spunti ancora nella mia mente, ricompari da quell'angolo remoto in cui ti avevo rinchiuso. Il tuo ricordo mi lancia addosso un mare di "se" e di "ma". L'ho negato molte volte a me stessa, ma questa è la verità: tu sei il mio rimpianto.

 

Ora eccoti, di fronte a me, dopo così tanto tempo. La tua aurea di incostante bellezza mi incatena come la prima volta. I ricordi si ripresentano, uno sull’altro, sono lame che cercano il punto giusto per trafiggermi. Sei appoggiato contro lo stipite della porta d’ingresso, i tuoi occhi verdi e selvaggi mi fissano, ma la tua consueta sicurezza per la prima volta sembra vacillare. - Sono tornato per te - , mi dici. La tua voce è quasi un sussurro, con un che di lamentoso; forse perché mi stai parlando con il cuore in mano. – Ho sbagliato ad andare via, non dovevo farlo... è stato un imperdonabile errore.

Mi guardi; probabilmente ti aspetti che dica qualcosa, ma rimango una statua di pietra. Quella desolazione che avevi lasciato in me e che con fatica avevo combattuto, si è ripresentata insieme a te.

- Ti prego… - . Mi prendi il viso tra le mani, ti avvicini e sento il tuo respiro sulla mia pelle, come se volessi ricominciare da quando mi hai lasciata in quel parcheggio. - Sono qui per restare, fammi entrare… prendiamoci un altro caffè come ti avevo promesso.

Chiudo gli occhi. Ho immaginato tante volte questo momento, prima di andare a dormire, appena sveglia. Immaginavo di avere di nuovo le tue labbra sulle le mie, quel tuo calore, di risentire il tuo accento del sud, le canzoni che mi cantavi a bassa voce mentre mi abbracciavi, dopo aver fatto l'amore.

Forse devo farti entrare, prendere l'agognato caffè. Dovrei baciarti qui, sulla soglia, buttarti le braccia al collo, come ho desiderato per tanto tempo. Ma non lo faccio.

- Mi dispiace, non prenderò il caffè con te.

Ti allontani, vedo che sei ferito, forse per la stessa arma con cui hai colpito me, due anni fa.

Non mi chiedi perché, non mi implori più. Sei troppo orgoglioso, ora vuoi solo fingere che non ti importasse davvero. In realtà vedo nei tuoi che non riesci a capire, che sei deluso. – Ciao - , mi saluti solamente prima di voltarti. Ti guardo sparire giù per le scale del mio palazzo e questa volta so che è per sempre, che è davvero l’ultima.

Poco dopo sono a casa sua, del ragazzo dolce che ho incontrato un anno fa davanti a un parchimetro. Mi fa sedere al tavolo della cucina, mi sorride e mi chiede: - lo vuoi un caffè?

- Oh, certo - , gli rispondo senza esitare.

E mentre è lì, voltato verso il lavello che prepara il caffè, lo abbraccio. Tengo chiusi gli occhi, accarezzo il suo petto e nella mia mente vedo gli stessi ricordi che ho visto prima, quando tu eri su quella soglia, a pochi centimetri dal mio viso. Vedo delle serate al chiaro di luna sulla spiaggia, con lo sciabordio delle onde e lui che mi prende in braccio e corre sulla spiaggia infinita. Sento le nostre risa rompere il silenzio della notte. Vedo anche lui sopra di me, nei suoi sospiri d'amore; si abbandona completamente e io sono in armonia con lui, in pace col mondo.

- Ti amo - , gli dico a bassa voce.

Lui si gira, mi stringe e mi bacia. – Anche io ti amo - .

Lo guardo in quegli occhi pieni d’amore e ne sono sicura: forse non puoi capire, ma ho fatto una scelta. Certe volte prendiamo strade diverse da quelle che ci saremmo aspettati, ma così è la vita. E’ fatta di scelte e io ho scelto lui: tu mi hai lasciato desolazione e lui l’ha riempita. Forse lo rimpiangerò, o forse no. Quello che importa è che sono felice e anche se non posso sapere come sarà il futuro, né cambiare il passato, l'unica cosa che posso fare è vivere quello che mi dà il presente.  

   
 
Leggi le 4 recensioni
Ricorda la storia  |       |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Torna indietro / Vai alla categoria: Storie originali > Romantico / Vai alla pagina dell'autore: Alaire94