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Autore: Holyheadharpies    01/09/2014    1 recensioni
Il tempo dietro le sbarre è finalmente giunto al termine: Effy Stonem è di nuovo libera.
Ma è davvero così?
"Lo odiava per essere tornato, trascinandosi dietro un passato invalicabile, per averle messo davanti il fatto che la Effy quindicenne non era così diversa da quella che era ora, mentre lui era riuscito evidentemente ad andare avanti. Effy lo guardò negli occhi, l'azzurro della pupilla non brillava più d'eccitazione come dieci anni prima. Continuò a guardarlo finché lui la prese per mano in una stretta forte e dolorosa, quasi temesse lei lo potesse respingere, le mani più grandi di come le ricordava.
-Andiamo a casa, Eff-"
Genere: Fluff, Romantico, Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Anthony Stonem, Elizabeth Stonem, James Cook, Michelle Richardson
Note: Missing Moments, What if? | Avvertimenti: nessuno
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Cinque anni. Le era sembrata un'eternità, ed invece il tempo da scontare in prigione era già esaurito. Il panorama londinese le sfrecciava davanti agli occhi veloce, in un alternarsi di luci e colori indistinti, frammenti di ricordi di una vita passata volutamente dimenticata che tornavano a galla come deja-vu. Il taxi la lasciò davanti a quella che era stata la sua casa. Fu sciocco chiedere di farsi lasciare lì, l'appartamento non era più il suo, ma era stato il suo primo, nonché unico pensiero. Pagò e lo scorbutico tassista la lasciò in quel quartiere lussuoso in cui una volta poteva permettersi di pagare l'affitto, nella penombra di una sera fredda di ottobre, con solo una valigia in mano.  Si strinse nel giubbotto guardando in su: era lì,  al quarto piano, quello con la vista sull'intera città, che avevano abitato lei ed Naomi.
Naomi era stata la sua migliore amica, e le aveva voluto bene. Avrebbe voluto poter girare la chiave nella serratura e trovarsi davanti una bionda festante con tanto di ottime notizie sulla sua carriera da cabarettista ed una bottiglia di champagne del supermercato nella mano. Non si chiese dove sarebbe andata, sembrava non le importasse. Non aveva informato nessuno del suo rilascio, e non si aspettava che qualcuno, seppur Tony od Emily avesse fatto il conto alla rovescia e la stesse aspettando a braccia aperte.
Le piaceva quasi la solitudine. 
-Ciao principessa- 
Effy si voltò violentemente, incapace di nascondere qualunque emozione sul volto. Era lì, davanti a lei, il labbro spaccato, le mani nelle tasche dei pantaloni strappati. Non l'aveva neanche sentito avvicinarsi. 
James Cook. 
Avrebbe voluto che se ne andasse. Lui ed il suo sorriso sghembo, lui che quando la guardava le faceva tornare in mente i giorni trascorsi nel capanno di Freddie a ridere ed ubriacarsi tutti insieme. Continuò a fissarlo immobile.
Lui estrasse dalla tasca del giubbotto logorato un accendino ed un pacchetto di sigarette intatto. Gliene porse una. Effy l'accettò prima ancora di pensare, le mani che fremevano dall'astinenza della prigione mentre ne accendeva un'estremità. James stava giocando bene le sue carte, ed Effy per un attimo riuscì a scorgere ancora il ragazzino impulsivo e sconsiderato che aveva conosciuto tanti anni fa, con il quale era scappata. Lo osservò aspirare forte, poi staccare la sigaretta dalle labbra prendendola con l'indice ed il pollice, mentre una piccola nuvola di fumo gli usciva dal naso e si disperdeva nell'aria. 

"Siamo io e te Eff, siamo sempre stati solo noi due" Le mani sul volante, l'espressione euforica ma anche spaventata. Lei, il volto appoggiato al finestrino, il pesante trucco nero colato sotto gli occhi, aveva accettato di scappare agli occhi delusi di Freddie, silente come lo era adesso. Non se ne sarebbe mai andata via con Cook se non fosse stato per il disgusto che aveva scorto negli occhi di Freddie dopo aver visto Katy in ospedale ed aver saputo che era stata tutta colpa sua. C'era sempre Freddie in ogni suo gesto. 

"Freddie, io non.." Ma lui non l'aveva fatta finire, l'aveva baciata per la prima volta in quel lago, mentre ansanti si avvinghiavano uno all'altra, cercando di restare e galla e di non separarsi. Effy avrebbe saputo dire com'era essere felici per davvero. 

E poi all'improvviso Freddie non c'era più, assassinato da una mazza da baseball, e Cook aveva fatto l'immaginabile. L'aveva vendicato, aveva ucciso l'uomo che gli aveva portato via il suo migliore amico e l'unico ragazzo che Effy aveva mai amato. 

Tornò alla realtà, abbassando gli occhi lucidi, le mani tremanti quando riportò la sigaretta alle labbra. Lo odiava per essere tornato, trascinandosi dietro un passato invacalicabile, per averle messo davanti il fatto che la Effy quindicenne non era così diversa da quella che era ora, mentre lui era riuscito evidentemente ad andare avanti. 
Il mozzicone di sigaretta di Cook cadde poco distante dai suoi piedi, rotolando poi sulla strada e spegnendosi lentamente. Effy lo guardò negli occhi, l'azzurro della pupilla non brillava più d'eccitazione come dieci anni prima; si chiese dove fosse andato e cos'altro gli fosse accaduto e l'odio scemò. 
Continuò a guardarlo finché lui la prese per mano in una stretta forte e dolorosa, quasi temesse lei lo potesse respingere, le mani più grandi di come le ricordava. 
-Andiamo a casa, Eff-
                              
                               *
Davanti a lei c'era una schiera di edifici tutti uguali, alti e stretti, ma eleganti. Cook tirò fuori una chiave dorata e la inserì nella serratura di una porta rossa un po' scolorita. Un tuono risuonò nel cielo già coperto di nuvole nere, ed Effy trasalì. Se non fosse stato per lui sarebbe stata ancora lì fuori, ad aspettare l'imminente aquazzone. Lui la vide tremare ma non disse nulla. Sospinse la porta ed entrarono in quella che era una casa piccola ma ordinata, così in contrasto con Cook. Da dietro le tende di finestre, divani e mobili spuntarono persone familiari che corsero ad abbracciarla, lasciandola senza fiato. Erano tutti lì: Tony, i suoi genitori, Cassie, Emily, JJ, Katy, Pandora.Non potè non sorridere anche lei, ricevendo abbracci calorosi e pacche di bentornata. Voltandosi brevemente per salutare Cassie, notò che Cook si era allontanato da lei per versarsi del whisky in un bicchiere di cristallo, con un sorriso cordiale sul volto. Era stato lui ad organizzare tutto. Accanto a lui c'era Pandora che rideva come una bambina, accarezzandosi le trecce bionde e lisciandosi un abito azzurro che la rendeva più matura. Effy si ritrasse come schiaffeggiata quando un'altra ondata di ricordi la invase. C'erano state volte, dopo il pigiama party per il compleanno di Pandora, che lei e Cook avevano cominciato a vedersi; Effy ricordava nitida la rabbia nell'averli visti insieme, lui che le parlava di cose sconce, lei che rideva di cuore mettendo in mostra i denti grandi e bianchi. 
Improvvisamente lo odiò di nuovo, più forte, sentendo il suo corpo chiudersi a riccio davanti agli altri, la gola farsi secca. Tutte le persone in quella casa la trascinavano indietro, in una realtà fatta di dolore fisico e mentale, la riportavano inconsciamente indietro, a Freddie. Era troppo, tutto insieme, anche se non l'avrebbe mai detto a voce alta, imponendosi di essere matura e di andare oltre. Come Cook. 
Forse però lui non l'aveva fatto per ferirla, ma per liberarla dal peso del passato, per darle l'occasione di superarlo. Forse. Ed il fine giustificava i mezzi, Effy lo sapeva. Cook ora parlava con JJ, dandogli affettuose pacche sulla spalla, come se dieci anni non fossero mai passati, come se fossero ad una qualunque festa, insieme.
-Resterai qui, allora?- le stava chiedendo invece Tony, gli occhi divertiti. 
-Si- rispose lei calma come lo era sempre stata agli occhi degli altri. Si, non perché non avesse altro posto dove andare, non perché fosse sola. Per la prima volta nella sua vita, disse sì a James Cook.
                               *
Di nuovo soli, la notte da poco calata, Cook era salito al piano superiore, quello che lei ancora non aveva esplorato, appena gli altri se n'erano andati. Si sporse per guardare la scala buia ma non lo vide.
-Cook?- chiamò
-Sono qui- le arrivò una voce stanca. -Vieni- 
Effy si strinse le braccia al petto e lo raggiunse su per le scale scricchiolanti, intravedendo una camera piccola illuminata solo dalla luce di un caminetto e da quella lunare proveniente da una finestra senza tende. Ai piedi del camino c'era un divano, ma per il resto la camera era priva di mobiliario e di decorazioni. 
-Di là c'è una camera identica, certo, senza camino, ma il letto è sicuramente più comodo di questo vecchio divano- le disse guardandosi intorno. Effy annuì.
-Di chi è questa casa?-
-È la vecchia casa dei miei. Io non ero ancora nato, ma quando mio padre è morto, l'ho ereditata-
Effy lo guardò.
-Non sapevo che fosse morto- Cook le rivolse un ghigno.
-Ed io non sapevo che avessi evitato per un soffio il carcere federale-
Rimasero a fissare il fuoco scoppiettante per un po', senza avere niente da dire, ascoltando il vento che si ingrangeva sui vetri della finestra. Paradossalmente stavano bene insieme, anche se entrambi restavano all'erta, diffidenti l'uno della mossa dell'altra. 
-Hai mangiato?- le chiese. 
-Non ho fame, davvero- 
-Già neanche io- Cook sospirò. -Beh, buonanotte allora- la guardò e le sorrise freddamente perché, Effy l'aveva capito, sapeva che l'avrebbe rifiutato ancora, perché fra loro ci sarebbe sempre stata la presenza ingombrante, seppur non tangibile, di Freddie, di un possibile confronto in cui lui perdeva dal principio. 
-Buonanotte-  gli disse Effy cauta, lasciandolo solo e dirigendosi nella camera confortevole che lui le aveva lasciato, quella con un grande letto, ed una scrivania per appoggiare la sua valigia. Chiuse la porta e si infilò un pigiama logoro grigio, che le stava un po' troppo grande e la faceva sembrare ancora più magra. Guardò fuori intravedendo il familiare profilo londinese, pensando alla prigione, dove, quando guardava oltre le sbarre, intravedeva solo un lungo corridoio bianco ed informale. La faceva stare male, essere in debito con Cook, ed ancora di più non essere indifferente alla sua gentilezza. 
Gentile lo era sempre stato, ma in modo più duro, rabbioso, solo per dimostrarle che lui poteva renderla felice come, o più, di Freddie.
Effy tremò. Non aveva pensato così tanto a lui da quando aveva ricontrato Cook, e le sembrava impossibile riuscire a guardarlo e pensare a lui soltanto, alle sue parole, e non al passato. Non sapeva se sarebbe rimasta con Cook, in quella casa polverosa, o se sarebbe mai riuscita a dimenticare Freddie e ricordare invece che c'erano soltanto loro due adesso ma gli era grata. 
L'aveva cercata, ancora una volta, non si arrendeva mai. Gli era costato tanto cercarla, si capiva dalla sua freddezza; e poi c'era di più nel suo sguardo, una consapevolezza derivata da una qualche esperienza. Quale, lui non glielo avrebbe detto facilmente, e alla fine i loro dialoghi non erano mai stati facili. 
Effy aprì la porta e si diresse nella camera di Cook, dove lui giaceva sdraiato sul divano, il volto colorato dalle fiamme vivaci del fuoco, il giubbotto a terra. Aprì gli occhi di scatto e la guardò, serio come lei non era abituata a vederlo. 
-Non riesci ad aspettare domani mattina, per andartene?- le chiese duro alzandosi a sedere. Lei non si fece intimorire dalle sue parole e gli sorrise.

"..il sorriso di Effy, sai, come a volerti dire: tu non mi conosci e non mi conoscerai mai.."

-Andiamo a dormire, Cook- gli disse semplicemente. Si avvicinò, guardandolo negli occhi azzurri, ancora arrabbiati.
Si sdraiarono sul divano stretto, coperti solo da una coperta blu con le toppe, stando scomodi e sentendo freddo, almeno finché Effy non si rannicchiò sul suo petto e allacciò le gambe alle sue. Cook, che si era irrigidito a quel contatto così intimo, così diverso dal sesso sfrenato che avevano sperimentato, ci mise qualche minuto a rilassarsi, permettendosi infine di abbracciarla forte.
  
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