NdA:
Hola! :D Buona sera a tutti voi, ecco come promesso il secondo e ultimo
aggiornamento che va a concludere questa mini raccolta. E ho voluto
necessariamente aggiornare oggi perché partirò
dopo domani e starò via un mese,
e probabilmente quando tornerò avrò pochissimo
tempo per fare qualsiasi cosa e
volevo assolutamente darvi anche qualcosa su Roy :3
Giuro
che ho sofferto insieme a lui mentre scrivevo T_T e ho cercato per
quanto
possibile di rimanere IC ma perdonatemi se qualcosa non vi
tornerà.
La
canzone da cui ho preso le due strofe è Face your demons
degli After Forever ed
è bellissima, vi consiglio di ascoltarla mentre leggete,
perché secondo me era
perfetta. Adoro scrivere ascoltando musica, su di me ha un effetto
benefica e
mi aiuta a trovare l’ispirazione. Per quanto riguarda questa
ff in particolare
ho avuto il lampo di genio ieri notte, alle 3 circa e mi sono messa ad
appuntare tutto in fretta e furia per non dimenticare nulla. Ed ora vi
lascio e
vi auguro buona lettura. Ringrazio izzie_sadaharu
che ha recensito e inserito nelle preferite e seguite e narclinghe
che pure
ha recensito. J
A
presto, recensite e ditemi che ne pensate.
Windancer
Disclaimer:
I personaggi non mi appartengono, la storia non è scritta a
scopo di lucro ma
solo per passione :3
Shadows of the Heart
Two: Roy Mustang
So did you
know that all your memories
Color all
you'll ever be in a dark and misty cloud that I am floating on
I'm still the
voice that speaks inside your head
The demon
under your bed
I
am the one
who haunts your soul with devlish lust for fright
“Corri! Dannazione!”
Imprecò fra i denti mentre gli spari lo assordavano e
coprivano la voce flebile
del bambino che gli stava ancora di fronte, sorreggeva qualcun altro
con
l’unico braccio che la prima esplosione gli aveva portato via
cogliendolo alla sprovvista,
la sorellina forse? Sembrava morta, non si muoveva più, ma
lui non la lasciava
andare.
Ancora provò ad
urlare nel
frastuono della battaglia, forse non aveva sentito.
“Ehi!
Scappa ragazzino! Va via
da qui!” gridò con forza, ma quello continuava a
cullare la ragazza fra le
braccia credendo probabilmente che fosse solo addormentata, insensibile
al
calore che si spandeva intorno a lui. Era diventato insopportabile
persino per lui
che aveva originato quel tumulto.
Roy si sorprese
nel constatare
che nonostante tutto continuava a restare lì, ignorando
l’ordine di passare
subito a nuovi obiettivi da eliminare.
“Nessuna
pietà. La compassione
può costarvi la morte, chiaro?” Parole dure che
non aveva inteso subito, non
era mai stato un tipo compassionevole nel vero senso del termine, ma
d’altro
canto prima non conosceva la guerra, non aveva mai visto tanta
desolazione, e
forse cominciava a capire cosa intendessero i suoi superiori.
Si era sentito
forte, fresco di
promozione, inviato subito in prima fila in un conflitto importante,
lì avrebbe
mostrato a tutti le sue capacità, avrebbe guadagnato il
rispetto dei suoi compagni
e realizzato il suo sogno: aiutare gli abitanti del suo paese e
renderlo un
posto migliore.
Pensò
a questo quando si
avvicinò scortato da pochi uomini all’abitazione
designata come luogo X della prima
missione assegnatali quel giorno.
Pensò
a questo quando schioccò
le dita per la prima volta e vide subito le fiamme avviluppare
l’edificio.
Pensò
a questo quando sentì le
urla.
“Ma
che succede? Queste sono le
urla di una donna!”
Era tutto
così confuso, cosa
diavolo stava accadendo lì? Era stato mandato là
a uccidere soldati nemici
acquartierati in luoghi vicini alle loro basi, vero? Vero?!
Balbettava, la
testa gli
girava. Sentì le ginocchia farsi molli, un pensiero si
faceva largo nella mente
e lui tentò invano di ricacciarlo indietro.
Faceva male.
Non
riuscì a muoversi. Non si
curava dei soldati che lo strattonavano.
“Venga
via maggiore! E’
pericoloso restare qui”
“Da
questa parte!”
“Ah!
Al diavolo! Lasciamolo
qui, se ha fortuna lo rivedremo ma io non rischio la pelle per uno
stupido
idiota”
Ed erano spariti
il più in
fretta possibile.
Ma Roy non
poteva andare via.
Doveva sapere. Aveva paura. Il caldo gli dava alla testa.
Respirava
affannosamente mentre
il fumo gli costringeva i polmoni in una morsa serrata.
Le esplosioni
intanto
continuavano.
Una raffica di
vento lo fece
rinsavire.
Dove si trovava?
Ah sì, iniziò
a ricordare.
Mosse allora un
piede in
avanti, verso la casa semidistrutta. Il sudore gli colava sulla fronte
ma non
ci faceva caso, di fronte a sé alte lingue di fiamma si
levavano alte nel cielo
dando vita ad un’impenetrabile prigione di morte. Senza
sapere bene come si
ritrovò alla porta, non sentiva quasi più il
caldo. Allungò la mano Girò il
pomello e spinse, quella cadde in avanti con un tonfo misto al crepitio
del
legno che bruciava.
All’interno
il fumo soffocante
s’infilava ovunque.
Non riusciva a
distinguere
altro che i contorni sbiaditi degli oggetti.
Avanzò
fra i resti di un grande
tavolo e sedie carbonizzate.
Lo vide. Se ne
stava raggomitolato
in un angolo, i capelli bianchissimi mezzo bruciati, la pelle del viso
scottata, ma quegli occhi, non aveva mai pensato di poter vedere tanto
dolore
ma quando si specchio negli occhi cremisi del piccolo Ishvalan senti
qualcosa
incrinarsi nel petto.
Non
sopportava quello sguardo su di sé, eppure
non aveva visto odio o rancore, erano gli occhi fiduciosi di un bambino
e Roy
sentiva che sarebbe presto crollato.
Non parlava ma
una domanda riecheggiava
muta: “Perché? Perché ci
uccidi?”
Non sopportava
quello sguardo
su di sé, eppure non aveva visto odio o rancore, erano gli
occhi fiduciosi di
un bambino e Roy sentiva che sarebbe presto crollato.
Ma era ancora
vivo, forse
poteva ancora salvarlo! Non era abbastanza per riscattare le sue colpe
ma ci
avrebbe provato. Era tutto quello che poteva fare.
Si
rialzò in piedi con fatica e
si fece largo fra i detriti.
All’improvviso
una fitta
lancinante alla spalla lo frenò, doveva essere stata una
scheggia ma non si
fermò.
Arrivò
davanti al piccolo che
se ne stava ancora fermo.
“Ehi
tu! Vieni via da lì, sei
ancora in tempo!” quello però continuava a
stringere al petto un corpicino
ormai freddo, i lunghi capelli sembravano una soffice coperta, forse la
sorellina?
Alla fine dopo
inutili
tentativi il bambino alzò il capo lentamente e lo
guardò, disse solo:
“Non
c’è più tempo!”
Poi una grande
vampata coprì
tutto e fu costretto ad allontanarsi.
“No!
Aspetta!”
Era troppo tardi.
Corse il
velocemente possibile
verso l’uscita, pregando che la creatura cui aveva dato vita
non si rivoltasse
contro il suo creatore.
Il fuoco
l’aveva sempre affascinato,
da poco tempo aveva provato l’ebbrezza di manovrarlo,
sentirlo scorrere fra le
dita, era energia pura, non era sangue a scorrergli nelle vene, ma
fuoco
scoppiettante, inebriante, potente.
Si piegava al
suo volere con
uno sciocco di dita. Era facile. Lo elettrizzava la vista delle
eleganti volute
cremisi che svettavano in altro per poi avvolgersi fra loro in una
danza
terribile e maestosa.
Era una magia
terrificante
eppure lo attraeva come poche cose.
Era lui stesso,
il suo spirito,
una fiamma che divampa e inghiotte tutto.
Quando
oltrepassò nuovamente l’
ingresso dell’abitacolo, ormai poco più che una
manciata di assi di legno, le
fiamme lambirono il suo corpo senza ferirlo e intanto lui le sfiorava,
le
accarezzava con lo sguardo e pure ne temeva la forza incontrollabile,
non si
può domare il fuoco per sempre, solo imparare a controllarne
la potenza e la
direzione, il maestro glielo ripeteva sempre.
Si
soffermò ancora sul cerchio
alchemico inciso sui guanti candidi, simbolo di potere e sua condanna
personale.
Cosa
aveva creduto di fare? Pensava davvero
che…
Era stato un
folle, un pazzo a
pensare di poter cambiare il suo mondo da solo servendosi i
quell’alchimia che
aveva solo portato la morte.
Pianse, per quel
bambino, per
la sua sorellina, per tutti coloro che aveva ucciso prima loro
abbandonando i
loro corpi allo sfacelo.
Odiò
immensamente sé stesso e fantasticò
di essere lì a bruciare al loro posto mille e mille volte.
Ma cosa valeva
la sua misera
vita in confronto alle centinaia che aveva estirpato?
Si costrinse a
guardare ancora
mentre tutto moriva divorato dalle fiamme perché
quell’immagine non lo
lasciasse mai.
Qualcuno doveva
portare con sé
quel ricordo, a nessuno sarebbe stato concesso il lusso di dimenticare.
Non era giusto.
Ma la guerra non
lo è mai e
impietosa spazza via tutto, sempre.
Indietreggiò
coprendosi naso e
bocca con una mano, l’odore dei corpi bruciati gli dava la
nausea.
Si
fermò un ultimo istante a
guardare l’edificio che si accartocciava su se stesso.
Aveva appena
varcato le soglie
dell’inferno e non era sicuro vi fosse via d’uscita.
Non avrebbe mai
scordato quegli
occhi rossi come il fuoco che lo penetravano, mentre ogni cosa intorno
a loro
si disfaceva in una miriade di scintille scarlatte.
Infine il vento
portò con sé le
ceneri della sua colpa.
“Perdonatemi,
perdonatemi!”
Disse fra i singhiozzi, e urlò quasi, nella speranza di
allontanare da sé il
peso di quelle vite ormai spezzate e acquietare il senso di colpa che
gli toglieva
la ragione.
Ma che
diritto ho io di chiedere perdono?
Che
cosa sono se non un maledetto assassino?
E rise,
di una risata isterica violenta e incontrollabile.
Le
fiamme cominciavano a affievolirsi, piano piano.
Lacrime
di sangue gli rigarono il volto.
Non
c’è pace per i
peccatori.
Si
voltò indietro e
corse.
Non
dimenticherò.
Lo giuro.
Bleeding from
a wound that you cannot see
And you're
seeing things that can never be
God is not
made up and he wants revenge
You just fear
it all
Fear
You just
fear, you can only fear
Face your
demons
(After
Forever- Face Your Demons)