Capitolo
I – Guerrieri, principesse e profezie
«Il tempo non risparmia
nessuno, mio caro Giumaho, e non risparmierà nemmeno
la principessa. Verrà il giorno in cui le forze del male riusciranno a trovarla
e pretenderanno da lei il grande potere delle sette sfere del drago. Tu non
sarai forte abbastanza per proteggerla, né il Supremo di questo pianeta potrà
in alcun modo impedire la venuta dei malvagi. Il destino sarà beffardo con la
principessa: lei, designata dalle divinità come unica custode delle sfere, sarà
costretta sottostare a esseri spietati e fuori controllo, dediti unicamente al
soddisfacimento dei propri megalomani bisogni.»
«Ma come posso,
onnisciente Baba, cambiare il destino di mia figlia?
Nessun padre potrebbe accettare una simile sorte senza nemmeno tentare di
ribaltarla. Sono il grande stregone di Furipan e Chichi ha ereditato la corona di sovrana del regno dalla
sua defunta madre; molti dei sudditi di mia moglie sono guerrieri valorosi, pronti
a sacrificare la loro vita pur di proteggere l’incolumità della principessa. Io
stesso posso vantare delle ottime capacità combattive: chi mai sono questi
esseri malvagi che nemmeno noi potremmo sperare di battere? Da dove vengono? E
se avessimo l’opportunità di preparaci per tempo, non riusciremmo comunque a
scongiurare la sorte di mia figlia?»
«Il futuro di Chichi è drammaticamente avvolto da una coltre di nebbia
attraverso la quale i miei poteri non possono penetrare. Vedo i malvagi
incombere sul suo regno; vedo il sangue scorrere lentamente lungo le terre di Furipan e contaminare il vostro fiume; ma non posso vedere
cosa ne sarà esattamente di vostra figlia. Perderà, usurpata dai malvagi, il
controllo delle sfere del drago, ma che lei sopravviva o meno alla venuta di
quegli esseri non posso in alcun modo saperlo. Tuttavia, riesco distintamente a
scorgere accanto a lei la figura di un giovane forte e valoroso. Non so chi
sia, né da dove venga, né se sarà davvero in grado di proteggerla. Cerca quel giovane
e spera che possa davvero fare qualcosa. Ma sta’ attento a non confondere il
designato con un malintenzionato: il destino di tua figlia potrebbe essere
nelle sue mani.»
«Baba,
ti prego, dimmi almeno come saprò che i malvagi staranno per arrivare.»
«La perla di Chichi, quella che porta legata al polso, si tingerà di
rosso tre giorni prima della venuta delle forze del male. Ricorda bene tutto
ciò che ti ho detto perché mi vedrai di nuovo qui soltanto quando il bene sarà
tornato a regnare tra le terre della principessa e il grande Kaioshin avrà sigillato i confini tra il Paradiso e il
regno degli Inferi.»
***
«No,
accidenti, così non ci siamo proprio! Yamcha, togli
di mezzo tutti quegli inutili attrezzi e sistemali nel ripostiglio. Ah, vorrei
tanto sapere cosa dovrebbe farsene mio padre di tutta questa ferraglia!»
«Insomma,
principessa, che fastidio le danno questi pesi? E poi, noi guerrieri stanotte
vorremmo continuare ad allenarci.»
«Ma
non dire assurdità!»
Chichi
era su di giri; dopo quasi vent’anni di attesa, era forse giunto il momento per
lei di conoscere il giovane combattente che la strega Baba
aveva indicato come suo protettore. Di cose, in quel lasso di tempo, ne erano
accadute parecchie: suo padre si era risposato, i suoi sudditi si erano allenati
per poter affrontare i nemici venturi, lei stessa si era data da fare per
diventare un’ottima regnante.
Chichi
non era mai rimasta con le mani in mano: tenace e spregiudicata, coraggiosa e
impulsiva, la splendida principessa di Furipan aveva
viaggiato in lungo e in largo alla personale ricerca del guerriero perfetto. Si
era imbattuta in mutanti, robot, delinquenti, giovani più o meno palestrati.
Aveva affrontato gelo e siccità, uragani e tempeste di sabbia; aveva sottoposto
il suo fisico a notevoli prove, risultando, alla fine, sempre vincitrice.
Ma
trovare il suo guerriero si era
rivelata un’impresa più difficile del previsto.
La
giovane principessa non aveva mai davvero creduto alle favole, anche se una
piccola parte di lei, sommessamente nascosta nel profondo del suo cuore, aveva
sempre sperato che ci fosse un minimo di verità in tutte le leggende narratele.
Quando suo padre le aveva consigliato di andare a cercare il suo vecchio
maestro di arti marziali, Chichi disperava davvero
che quell’uomo potesse essere quello apparso nelle visioni di Baba. A quanto ne sapeva la ragazza, Muten
doveva essere molto anziano; eppure, l’idea di conoscere personalmente il
celeberrimo genio delle tartarughe
l’aveva spinta, appena diciassettenne, a volare con la sua nuvola d’oro verso
la Kame Hause.
Da
allora erano passati quasi tre anni.
Sebbene
Chichi ricordasse con parecchia nostalgia le intense
giornate trascorse a rincorre gli allievi di Muten sulla bianca spiaggia dove
dimorava l’anziano maestro, la principessa sapeva benissimo che avrebbe dovuto
mettere una pietra sopra a quel recente passato.
Il
destino della sovrana di Furipan si era ormai
compiuto e da poche ore la perla che portava legata a un bracciale si era tinta
di rosso. Aveva poco meno di tre giorni per trovare l’eroe che avrebbe potuto
proteggerla, ma, per quanto quel torneo di arti marziali fosse stato
organizzato appositamente per quello scopo, nulla le garantiva che ci sarebbe
riuscita.
«Chichi, tesoro, non dovresti disturbare i guerrieri! Domani
li attende una dura giornata e hanno bisogno di riposo!»
«La
penso così anch’io, padre; ma, vedi, Yamcha sostiene
che lui e gli altri vorrebbero passare la notte a sollevare pesi!»
La
pungente risposta della principessa aveva messo non poco in imbarazzo il
giovane Yamcha.
Da
ormai tre giorni, lui, il suo maestro e un altro allievo di Muten
avevano raggiunto il regno di Furipan intenzionati
più che mai a vincere il torneo.
Yamcha,
in effetti, era un ottimo combattente e pochi dubitavano sul fatto che sarebbe
stato lui a vincere. Con un passato da ladruncolo alle spalle e forte di un
fortuito incontro con Muten avvenuto circa dieci anni
prima, il ragazzo aveva avuto modo di affinare le proprie doti combattive
prendendo lezioni dal grande Muten. A dire il vero,
quest’ultimo non era stato il solo ad addestrare il giovane: una volta giunta
alle orecchie del Supremo la notizia della profezia di Baba,
egli stesso aveva voluto conoscere i guerrieri più promettenti che si fossero
presentati al cospetto di Muten.
Yamcha
aveva seguito col Supremo un addestramento durato un anno, poi aveva fatto
ritorno alla Kame Hause, e lì
aveva scoperto che la principessa di Furipan era
andata a cercare il suo maestro.
Ma
la sua vita, nel frattempo, si era sempre più divisa tra la piccola dimora del genio e le grandi città: una volta
carpiti tutti i segreti di Muten, il ragazzo aveva
iniziato a diradare sempre di più gli allenamenti col genio, convinto che mettendo il naso fuori dalla dimora del maestro
avrebbe avuto l’occasione di imparare di più.
In
parte aveva avuto ragione; in parte forse no.
Nulla,
comunque, lo avrebbe mai distolto dal grande obiettivo che si era prefissato
fin da quando il suo maestro gli aveva raccontato la storia della principessa
di Furipan: sarebbe stato lui a proteggerla dai malvagi.
Yamcha
recuperò un minimo di compostezza dopo il divampante rossore che aveva
ricoperto le sue gote. Doveva ammetterlo: avere a che fare con Chichi non era mai stato semplice, e più quella ragazzina
cresceva e più diventava linguacciuta e insolente. A volte, aveva persino
l’impressione che nemmeno suo padre, il grande stregone del toro, riuscisse a domarla fino in fondo.
«Non
si preoccupi, Giumaho, io e sua figlia stavamo solo
avendo un piccolo scambio di opinioni.»
«Be’,
ragazzo, se credi che ti farà bene un allenamento notturno, non c’è
assolutamente alcun problema.»
«Sì,
ecco, magari… magari è meglio che io lasci perdere.
In fondo, non saranno i pesi che solleverò questa notte a cambiare la mia
situazione. Forse è meglio che mi ritiri; raggiungerò la mia fidanzata visto
che sono due giorni che non ci vediamo.»
***
Una
sigaretta accesa già da un paio di minuti, lo schermo di un computer ormai in stand-by e una finestrella dalla quale
osservare il via vai di guerrieri che ancora gironzolavano tra le vie di Furipan; Bulma, quella sera, non
aveva né voglia di lavorare, né tantomeno di dormire.
Tutta
quella storia della principessa da salvare le sembrava ridicola e infondata,
tanto più che a metterla in circolazione era stata una vecchia megera ai più
sconosciuta.
Da
brava donna di scienza qual era, Bulma aveva sempre
cercato di trovare una spiegazione logica a tutto, compresa la presunta e
prossima venuta dei cosiddetti malvagi,
di cui nessuno, tra l’altro, conosceva l’identità. Di fatto, se non fosse stata
certa che dietro tutta la storia della profezia ci fosse stato davvero qualcosa
di reale, di sicuro non avrebbe mai appoggiato il suo fidanzato in quella
ridicola impresa.
Ridicola,
certo; perché non poteva dirsi altrimenti una cosa organizzata su due piedi con
lo scopo di trovare il guerriero perfetto.
Chi mai avrebbe potuto garantire a Chichi e a suo
padre che a quel torneo si sarebbero presentati tutti i più validi combattenti del pianeta?
D’altra
parte, a lei della gara in sé importava ben poco.
Nonostante
lo scetticismo iniziale circa la faccenda della profezia e delle sfere del drago, Bulma
aveva dovuto almeno in parte ricredersi. Suo padre, infatti, era riuscito a
dimostrare l’esistenza di quei misteriosi oggetti brevettando un radar che poi
lei stessa avrebbe perfezionato. Tuttavia, non capiva come fosse possibile che
una sensitiva tanto accorta non avesse saputo dare indicazioni più precise
circa l’identità dei malvagi e del guerriero
protettore.
Anche
se Bulma si era rassegnata ormai da un paio di anni
al fatto che il mondo fosse regolato da logiche non sempre comprensibili per la
mente umana, la giovane scienziata era comunque convinta che a mettere in
pericolo Chichi e il regno di Furipan
non sarebbero stati dei demoni, come invece la maggior parte della gente
sosteneva. Bulma capiva ben poco di cose
sovrannaturali e per di più il suo unico incontro col Supremo si era concluso
con uno svenimento; ma ciò non significava affatto che avrebbe accettato
incondizionatamente tutte le dicerie che circolavano intorno alla faccenda
dell’invasione di Furipan.
Tra
l’altro, il caso aveva voluto che proprio quella stessa mattina, il giorno
prima dell’inizio del torneo, la perla di Chichi
cambiasse colore e si tingesse di un intenso rosso vermiglio.
Certo,
questo avvenimento aveva sconvolto Bulma non poco, ma
ciò non era stato sufficiente perché la scienziata finisse col credere proprio
a tutto.
I
malvagi, in fondo, ancora non erano
arrivati.
Yamcha
entrò nella stanza facendo parecchio rumore.
Bulma
ormai lo conosceva bene: il suo ragazzo doveva essere di pessimo umore.
«Che
c’è? Hai deciso di sfondare la porta della stanza? Guarda che io non ho
intenzione di pagare all’albergo i tuoi danni!»
Yamcha
sbuffò, poi si buttò di peso sul letto, portandosi un braccio dietro la nuca e
grattandosi con la mano libera la pancia.
«Per
favore, non ti ci mettere anche tu!»
Bulma
evitò di rispondere e tornò a guardare fuori dalla finestra. Ormai, della sua
sigaretta era rimasto ben poco, ma del fumo ancora si alzava dal mozzicone
gettato con noncuranza nel posacenere.
Di
tutti i guerrieri che vedeva passeggiare per le strette vie di Furipan, ne conosceva giusto un paio. Uno era Muten, il maestro del suo ragazzo, l’uomo considerato da
molti il più abile esperto di arti marziali di tutti i tempi. Da come le aveva
riferito Yamcha, persino Giumaho,
da giovane, si era fatto allenare dal cosiddetto genio.
L’altro
era Crilin, il compagno di squadra di Yamcha.
Bulma,
in realtà, lo aveva visto solo un paio di volte, e solo quando il giovane aveva
accompagnato il suo ragazzo alla Capsule Corporation. Di lui la scienziata non
era riuscita a farsi alcuna idea. Le sembrava una persona estremamente timida e
posata, ma la verità era che con lei Crilin non aveva
mai spiaccicato parola. Sembrava quasi che l’imponenza della sua dimora lo
mettesse estremamente a disagio.
In
un istante di divagazione, la ragazza si chiese perché Yamcha
non fosse fuori con i suoi compagni.
Si
voltò verso di lui, trovandolo sul letto sdraiato a pancia in giù e con la
testa rivolta verso la porta della stanza.
«Non
dirmi che ti sei già addormentato!»
«E
come potrei, con la luce ancora accesa?»
Bulma
si zittì per qualche secondo, contemplando il ragazzo che giaceva su quel
letto. No, decisamente, quel comportamento infantile non si addiceva affatto a
una persona dal fisico tanto prestante.
«Vuoi
spiegarmi che hai? Non dirmi che hai discusso di nuovo con quella ragazzina!»
«Che
ti devo dire? Ha un caratteraccio. Avrei voluto rimanere ancora un po’ sul ring
ad allenarmi, ma alla principessa non
sembrava opportuno.»
«Quante
storie, Yamcha. Tanto, sei o non sei già certo di
vincere?»
Il
ragazzo, finalmente si sollevò dal letto e prese a guardare Bulma
dritto negli occhi.
«Certo
che lo sono! Ma avevo comunque bisogno di rilassare un po’ i nervi. E comunque,
questa faccenda del torneo è ridicola. Davvero Giumaho
crede nella possibilità che ci sia qualcuno più forte di me su questo pianeta?»
Bulma
non rispose e tornò a guardare fuori dalla finestra.
Per
la verità, lei qualche dubbio ce l’aveva. Non aveva mai osato dire nulla al suo
ragazzo per non ferirlo, ma se lo stregone
del Toro, pur avendo personalmente conosciuto Yamcha,
aveva deciso comunque di indire il torneo, voleva dire che evidentemente non
era affatto convinto che fosse lui il più forte.
E,
d’altra parte, Yamcha non aveva mai avuto alcuna
prova del fatto di aver superato il suo maestro.
Anche
Crilin e Muten avrebbero
partecipato al torneo e, con loro, un altro centinaio di guerrieri pronti a
dimostrare il proprio valore.
Magari
Yamcha avrebbe vinto davvero, ma di sicuro avrebbe
dovuto darsi parecchio da fare.
«Di’
un po’, è vero che la perla della principessa si è tinta di rosso?» chiese la
scienziata, tentando, per quanto possibile, di non continuare la noiosa
conversazione precedente.
«Sì,
l’ho vista coi miei occhi. Fra tre giorni, a quante pare, arriveranno i malvagi.»
«Molto
interessante. Sono proprio curiosa di guardarli in faccia, sempre ammesso che
esistano veramente.»
«Non
so come tu possa dubitarne ancora, accidenti! Hai visto coi tuoi occhi le sfere
del drago e ti ho appena detto che parte della profezia si è già avverata.
Capisco che sei una scienziata, però dovresti provare, almeno in questo caso, a
mettere da parte la tua razionalità e ad accettare il fatto che non tutto può
essere soggetto alle leggi della fisica.»
«Non
ho detto di non crederci, Yamcha; però ammetterai
anche tu che ci sono molte falle in questa profezia! Se davvero Baba ha visto l’arrivo
dei malvagi, perché non ha rivelato anche che faccia abbiano? E, comunque, se
proprio vuoi saperlo, io mi sto dando da fare molto più di te per svelare
questo mistero. Le mie preziosissime leggi della fisica forse stanno per darmi
qualche risposta.»
Yamcha
spalancò gli occhi e buttò lo sguardo verso lo schermo del computer in stand-by. Certo, da Bulma
doveva aspettarselo! Lei non era una che rimaneva con le mani in mano, né
avrebbe mai accettato di dar credito a una presunta profezia senza fare degli
studi per verificarne l’attendibilità. Ma cosa avesse potuto scoprire
quell’imprevedibile scienziata era per lui un mistero e, d’altra parte, nemmeno
gli importava più di tanto venirne a capo.
Quante
volte aveva cercato di seguire – inutilmente – i calcoli di Bulma?
Ormai aveva perso il conto.
Il
guerriero tornò a sdraiarsi sul letto, ormai desideroso solo di farsi una bella
dormita.
L’indomani
avrebbe vinto quel maledetto torneo e sarebbe diventato il protettore della principessa di Furipan.
CONTINUA
Angolo dell’autrice
Ebbene,
sì, ho deciso di postare la mia ennesima fanfiction
su Dragon Ball.
In
realtà questo primo capitolo non dice ancora praticamente nulla su come si
svolgeranno le vicende future, però ho voluto darvi un assaggio di alcuni
protagonisti. Come al solito – chi mi segue ormai lo sa bene – ho voluto
alternare parti dialogate a parti descrittive/introspettive. Adoro immergermi
nella mente dei miei personaggi, per cui ho “seminato” qua e là qualche
divagazione. Spero che tutto ciò sia utile per comprendere la psicologia dei
personaggi, i quali vorrei non sembrassero né piatti, né monocromi.
Lo
so, Yamcha in questo primo capitolo appare immaturo,
esaltato e piuttosto antipatico, ma vi assicuro che non intendo stereotiparlo!
Un po’ di pazienza e riuscirò a concentrarmi anche sulla sua personalità non
proprio ancora adulta.
Per
quanto riguarda i nomi, ho cercato di mantenermi fedele a quelli del manga;
tuttavia ho preferito utilizzare Supremo al
posto di Dio e di affiancare a Muten l’appellativo genio delle tartarughe – volutamente scritto con lettere minuscole
per indicare che non è del nome proprio del personaggio – e a Giumaho quello di
stregone del toro. Per quanto
riguarda Furipan,
si tratta del nome originale del Monte
Padella, luogo in cui, secondo il manga, sorge la dimora di Giumaho.
Se dovessero venirmi in mente altre annotazioni “tecniche”, le inserirò nelle note del prossimo capitolo che, ci tengo a precisarlo, è già scritto!
Il banner è stato realizzato dalla bravissima e gentilissima Nede, che ha voluto farmi questo graditissimo regalo.
Ringrazio
chiunque abbia letto e apprezzato questo primo capitolo,
baci
a tutti :*******
9dolina0