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Autore: candidalametta    24/09/2008    1 recensioni
“hey tu, scendi dal mio albero!”, il caschetto biondo del bambino si girò e per un attimo i suoi occhi blu mi fissarono oltre la lunga frangia prima di tornare a dare da mangiare ai pesci. “ti ho detto scendi! Quello è il mio posto”, solo un’ostinata nuca chiara ascoltò il mio urlo semi isterico che è cambiato poco con gli anni. Attimi di silenzio e poi il rumore che ho sempre odiato più di tutti, “shhhhh”, con un dito sulle labbra, senza neanche guardarmi quel piccolo sbruffone alto meno di me mi imponeva il silenzio
Genere: Generale, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Jared Leto, Nuovo personaggio
Note: What if? | Avvertimenti: nessuno
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Non credevo ci riuscissi davvero.
Devo dire che è stata una battaglia con te stesso. Con il ruolo che interpreti senza forse rendertene conto quando scendi da quel palco.
Tra la tua parte logica e il tuo istinto che spingeva le tue gambe alla fuga.
Invece sei rimasto.
Anzi hai fatto di più.
Hai compiuto quello che era il primo passo di un viaggio strano.
Senza sapere quanto lontano ti avrei portato.

L’aereo decolla velocemente, strattonato come un aquilone da un bambino inesperto che vuole farlo volare. Poi si stabilizza in un’altezza omogenea e trovo che sia una sensazione magnifica, volare intendo.
Con te al mio fianco è ovvio.
Quando ti svegli, disturbato dall’odore del pranzo di bordo mi ricordi con la bocca impastata che non sei più abituato a viaggiare in economica. Sorrido e ti aggiusto una ciocca di capelli.
So che avresti voluto viaggiare in prima classe, o magari con uno degli elicotteri che la casa discografica ti avrebbe volentieri messo a disposizione. .
Ma oggi si gioca con le mie regole, e tu in questo momento non sei che un ragazzo che mi accompagna a trovare il mio adorato papà, non la rock star che fa sognare le sue fan con la sua voce roca in pausa per una settimana.
Quando finalmente atterriamo la torre Eiffel sparisce dietro i grandi palazzi della capitale ed io mi appoggio tranquilla alla spalliera della poltrona stringendoti la mano. Non mi sono mai sentita così serena nonostante gli scossoni dell’aereo che atterra.
Recuperiamo le valige e ci fermiamo ad aspettare l’arrivo del pullman che ci porterà in una zona tranquilla della città dove vive mio padre da quattro anni ormai. Impacciati, con le valige troppo grandi tra i piedi accendi con urgenza la prima sigaretta dopo quattro ore e la respiri con l’ansia del dipendente di nicotina perdendoti tra le spirali di fumo .
Poggio la testa sulla tua spalla, dove arrivo nonostante la mia discreta altezza, pieghi il capo verso di me sfiorandomi i capelli con la guancia. “cosa c’è Jared?”, sospiri pesantemente, “cosa gli hai detto Giulia?” chiede per l’ennesima volta con un tono preoccupato, ”che non sarei atterrata da sola”, mi guarda, “tutto qui?”, “si, tutto qui”. Sorrido e mi alzo sulla punta dei piedi per baciarti, come ho fatto ancora poche volte, come ho rischiato di non fare più appena poche ore fa.
.
.
.
Io e Jared ci conosciamo da una vita, anche se le nostre frequentazioni sono state sporadiche negli anni dell’infanzia e ancora di più da quando il suo talento è di pubblico dominio.
Dal cognome “Leto” molte fan hanno intuito delle sue origini italiane ma nessuno mai pensato che sulla riva di uno dei rami del lago di Como in una piccola villetta immersa nella campagna quelle che erano le rugose origine della famiglia Leto aspettavano con impaziente il loro piccolo nipotino per le vacanze di natale.
Quel bambino biondo adorava tornare anche solo per poche settimane alla libertà assoluta che solo la campagna incontaminata può regalare ad un moccioso. La cosa che gli piaceva più di tutte era arrampicarsi sul mio albero preferito, un vecchio salice che sporgeva sul lago, e fare finta di pescare.
La bambina capricciosa che ero, sua vicina di casa per quel breve tempo, non poteva permettere ad uno straniero che non parlava neanche bene l’italiano di prendersi il suo posto preferito.
“hey tu, scendi dal mio albero!”, il caschetto biondo del bambino si girò e per un attimo i suoi occhi blu mi fissarono oltre la lunga frangia prima di tornare a dare da mangiare ai pesci. “ti ho detto scendi! Quello è il mio posto”, solo un’ostinata nuca chiara ascoltò il mio urlo semi isterico che è cambiato poco con gli anni. Attimi di silenzio e poi il rumore che ho sempre odiato più di tutti, “shhhhh”, con un dito sulle labbra, senza neanche guardarmi quel piccolo sbruffone alto meno di me mi imponeva il silenzio.
Non sono mai stata una tipa calma, anzi. I miei gesti a volte totalmente inconsulti mi hanno portato molti guai. Afferrai una mela troppo matura caduta ai miei piedi e la lanciai con un ottima mira contro quella testa chiara.
Come prevedere la sequenza di incredibili eventi che accadde dopo?
Mi toccò correre a perdifiato nell’acqua melmosa del lago a riprendere il gracile ragazzino che con un colpo ben assestato di un molle frutto era riuscito a cadere dal ramo e finire dritto nella pozza sottostante. Lo trascinai a riva senza il minimo aiuta da parte sua, probabilmente era ancora più sorpreso di me dall’essere stato abbattuto da una stupida mela.
“devi essere veramente un pappa molla se per farti cadere basta così poco” ansimai accanto a lui, entrambi ricoperti di melma, i suo corti capelli biondi ricoperti della sostanza verde e marrone non avevano più il riflesso fulgido dell’oro e mi parve di vederlo per la prima volta. Anche i suoi occhi erano diversi adesso, per nulla spaventati o sorpresi mi fissavano invece come se si aspettassero qualcosa.
Ed infatti qualcosa accadde.
Una manata del fango fresco della riva finì sul mio naso ricoprendomi completamente.
Gli lanciai quello che secondo me era il mio sguardo di sfida più temibile e continuammo la guerra per quel posto sul ramo del salice per tutto il pomeriggio. Solo quando le ombre cominciarono ad allungarsi e sentimmo il gregge del vicino avvicinarsi smettemmo. Eravamo solo due pupazzi di fango, uno con gli occhi azzurri, uno con gli occhi verdi. Sorridemmo, prima timidamente, poi scoppiando in quella che a me sembro la risata più lunga della mia già breve vita.
Ci avvicinammo ridendo e cominciandoci a togliere quella robaccia che ci copriva da capo a piedi, appena riuscimmo a distinguere le forme dei nostri visi ci fermammo a guardarci confusi. Mi porse la mano come probabilmente gli avevano insegnato i suoi genitori, “Jared”, sorrisi stringendogli la mano, molto scivolosa, “Giulia”.
Cominciò così, per quel posto assolutamente unico in tutta la baia e che ognuno voleva per se la nostra involontaria amicizia.
Continuammo a vederci quando era possibile, durante le vacanze prima e nei suoi personalissimi viaggi con gli amici poi. Crescemmo insieme nonostante lo stacco di mesi, a volte anni che ci tenevano lontani. Con lunghe lettere o brevi cartoline commentavamo le nostre vite separate, in quei continenti così lontani. Solo per lui imparai l’inglese, per non essere di intralcio quando mi chiamava al telefono in compagnia di altre persone e lui grazie a me rimase con quell’italiano fresco di uno scolaretto, anche se non senza imperfezioni.

Crescemmo.

Io scelsi quello che speravo diventasse il mio mestiere, lo psichiatra.
Lui inseguì il suo sogno, diventare una star, il cinema fu il suo primo grande obbiettivo raggiunto, ma poi nel segreto del nostro albero, una notte, mi confesso di voler cantare.
“Jared, come puoi avere il mio consiglio se non ti ho mai sentito veramente gorgheggiare? Il massimo che ho avuto dalla tua voce è stato buon compleanno!”. Mi sorrise e tirò fuori da una custodia nera una chitarra acustica un po’ vecchiotta che sapevo essere stata di suo padre,>.

Ho provato ad essere qualcun altro
Ma niente sembrava cambiare
Ora lo so, è questo ciò che sono veramente dentro
Ho finalmente trovato me stesso! Combattendo per un’opportunità ora so,
E’ questo ciò che sono veramente

Rimasi colpita. Il tono della sua voce il più delle volte allegro e alto era diventato basso e roco. Accentuava le parole con quello che sembrava il suo dolore.
Usciva davvero dal mio Jared quel tono triste o c’era qualcun altro sotto quel viso che conoscevo bene? Un altro uomo era nascosto ed io lo avevo visto quando imbracciando la sua chitarra mi aveva mostrato il suo sogno.
Frugai nella sacca mille usi che mi porto dietro da anni e cercai qualcosa di sottile sul fondo. “chiudi gli occhi” chiesi dolcemente e lui sembrò addormentarsi appoggiato al tronco chiaro dell’albero delle battaglie. Con mano delicata tracciai una linea spessa e scura sotto i suoi occhi, poi mi guardai intorno e pensai che me lo avrebbe perdonato.
Con gli occhi chiusi cercò la mia mano “cos’è questo odore?”, “niente” bisbigliai io continuando a coprire le ciocche più esterne dei suoi capelli con il fango scuro del bordo del lago. “apri gli occhi Jared, ecco il cantante che diventerai” il suo sguardo blu si rifletté nel piccolo specchio che tenevo sospeso davanti al suo viso. Gli occhi sottolineati dalla matita nera spiccavano luminosi con un aria drammatica e i capelli ormai scuri incorniciavano il volto chiaro.
Era lui, il cantante che era sempre stato, nascosto in tutti questi anni e ormai uscito allo scoperto.
Jared si guardò con occhio critico per alcuni secondi e poi si sorrise nel riflesso. Guardò anche me che rividi per la seconda volta quel viso uguale eppure diverso, come quella volta ricoperti di fango, come la sua testa adesso ripensandoci. Come io stessa un attimo seguente, quando si rese conto di cosa avessi messo sui suoi capelli chiari.
Tornò a casa sua cercando quella strada che lo avrebbe portato in alto.
Io ripresi i miei studi, le materie per la specialistica, il tirocinio nel carcere, tutto ordinario.
Eppure mi mancava.
Forse più di quanto mi fosse mancato in tutti gli anni lontani.
Ormai abitavo da sola in un appartamento della cittadina, esattamente a metà strada tra la facoltà e il luogo del tirocinio.
Nella mia vita le persone non mancavano; amici, famiglia e anche, non lo nego, qualcuno con cui passare le mie serate o andare a prendere un caffè. Eppure i momenti migliori della giornata erano quelli in cui Jared tra un impegno e l’altro mi mandava uno dei suoi buffi messaggi sul cellulare. Quando possibile lunghe telefonate intercontientali, avevamo molto da dirci e supplivamo la mancanza con le nostre discussioni che quando eravamo insieme duravano fino all’alba.
Ogni tanto mi chiamava con il video telefono che la casa discografica aveva messo a disposizione nella loro limousine. Per me era divertentissimo vederlo con gli amici di sempre e duo fratello, con cui non avevo legato particolarmente, allegri per qualche serata organizzata o elettrici per un promo da fare in qualche locale.
La scena tipica era vederli tutti ammassati su un sedile per salutarmi anche loro, come Jared tutti quanti avevano cominciato a portare una linea di matita sotto gli occhi.
Ma nessuno poteva essere come lui.
A tutti mancava quell’aria tragica e romantica che Jared aveva di natura, quella che lo faceva essere un tutt’uno con le sue canzoni. Mi aveva inviato il demo un paio di settimane prima dell’uscita del singolo e ne ero entusiasta. Ma una cosa era sentire il mio amico cantare con una band nel cd arrivato per posta, un'altra, ben più assurda era alzare gli occhi in un qualsiasi bar del centro e vederlo sullo schermo con il suo sguardo deciso cantare attorniato dai membri del gruppo.
Zittii il ragazzo che mi aveva inviato per un caffè e mi avvicinai stupefatta allo schermo piatto del locale.

Vidi Jared, il mio Jared, eppure qualcuno di fondamentalmente estraneo ,cosi come era realmente con me, con quei capelli chiari e lunghi che avevano previsto nell’ultima sceneggiatura.
Aspettai qualche secondo davanti al vj che annunciava la band che grazie al suo primo singolo aveva già il futuro spianato nel mondo della musica. “anche la precedente carriera del cantante Jared Leto, contribuirà sicuramente nell’ascesa di quello che sarà sicuramente una fulminea carriera”.
Presi la mia borsa senza curarmi del ragazzo che ancora stupefatto mi guardava senza capire e tornai di corsa a casa. In macchina continuavo a inveire, come sempre il mondo non aveva capito, si aspettavano veramente che Jared promuovesse il suo album grazie alle conoscenze che aveva acquisito nel campo del cinema? Ma non era già tutto palesemente chiaro? Jared lottava con la sua stessa immagine che fin ora aveva mostrato al mondo e che ora doveva sfidare quella del cantante appena arrivato nella pubblica piazza, pronto per lo scontro
  
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