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Autore: purplebowties    04/09/2014    6 recensioni
La prospettiva di poter riposare la testa poggiandola su Blair era così invitante che sentì un’ultima fiammata di energia scaldargli le guance.
Genere: Sentimentale, Slice of life | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Blair Waldorf, Chuck Bass | Coppie: Blair Waldorf/Chuck Bass
Note: Traduzione | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Nel futuro
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Autore: purplebowties
Titolo: Puzzle
Rating: Verde
Timing: FutureFic
Personaggi: Chuck Bass, Blair Waldorf
Nominati o minori: Henry Bass, Serena Van Der Woodsen, Nate Archibald, Jack Bass, Georgina Sparks, Dan Humphrey
Paring: ChuckBlair (accenni a NateSerena e DanSerena)
Introduzione: La prospettiva di poter riposare la testa poggiandola su Blair era così invitante che sentì un’ultima fiammata di energia scaldargli le guance. 



 

Puzzle:
 

 “Time after time I tell myself that
I'm so lucky to be loving you.
So lucky to be the one you run to see
in the evening, when the day is through.

Frank Sinatra, Time After Time

 

Le lancette del suo Rolex avevano appena raggiunto le dieci quando mise finalmente un piede nell'ampio salotto. Chuck tirò un sospiro di sollievo mentre si concedeva di sciogliere il nodo della cravatta che lo opprimeva e di liberarsi della giacca. Era un venerdì sera, l’epilogo di un’infinita, stressante settimana di lavoro. Si sentiva completamente esausto. Solitamente riusciva ad arrivare a casa in tempo per cenare con la sua famiglia, ma le ultime cinque giornate erano state un assoluto incubo in ufficio ed ora il suo corpo sembrava voler protestare contro la fastidiosa routine che lo aveva accompagnato di recente; un'insieme di relativa mancanza di sonno e pasti saltati. 

Probabilmente Henry stava già dormendo da un po’. Il pensiero lo fece sentire colpevole, nonostante avesse tra le mani un piccolo pacco incartato. Un regalo era abbastanza per porre rimedio ai suoi recenti momenti di assenza?

Chuck sospirò nuovamente, poggiando la mano sul muro e tastando la carta da parati alla cieca, alla ricerca dell’interruttore. Dovette passare qualche secondo prima che si rendesse conto che la luce era già stata accesa. Si strofinò gli occhi, alzò lo sguardo ed, infine, individuò Blair, che se ne stava seduta sul divano con le gambe accavallate e la sua camicia da notte di pizzo nero già indosso. Sorrise debolmente a quell’immagine, lasciò cadere il pacco regalo su una poltrona e mosse qualche passo verso sua moglie.

“Eccolo qui, il mio affascinante marito,” lo accolse Blair, sistemando un cuscino di velluto tra la pancia e le gambe. Vi batté sopra la mano, come ad invitarlo ad accoccolarsi al suo fianco.

La prospettiva di poter riposare la testa poggiandola su Blair era così invitante che sentì un’ultima fiammata di energia scaldargli le guance. “Sono tutt’altro che affascinante, Blair. Ho portato gli stessi vestiti tutto il giorno e la testa mi sta uccidendo. Sto per morire, non vedi?” si lamentò, pronunciando la domanda retoricaa con un tono talmente drammatico che la fece ridere.

Chuck si lasciò cadere sul divano, sdraiandosi, e Blair cominciò ad accarezzargli i capelli, delicata come se stesse toccando un fiore dai petali di carta velina. Lui chiuse gli occhi, beandosi di quella coinvolgente sensazione di calore umano e lasciando che lei si prendesse cura di lui, con un ghigno compiaciuto a curvagli le labbra.

“Sei un re del melodramma, Chuck Bass," disse Blair. Prese il mento di Chuck tra il pollice e l'indice, lo sollevò leggeremente e si chinò in avanti per dargli un bacio. "E, comunque, non sta a te decretare quanto tu sia affascinante, sta a me," affermò sorridendogli divertita. "Rilassati," proseguì, "bevi qualcosa."

Chuck abbassò lo sguardo sul tavolino di fronte al divano. Sopra erano stati posati un calice da Martini ed un bicchiere proveniente dal suo set di cristalli preferito, con una striscia in oro che correva lungo il bordo e le sue iniziali incise sul metallo - un regalo di Natale da parte di suo zio, se ricordava correttamente. Entrambi erano già stati riempiti.

“Ti piace tanto viziarmi, vero?” le chiese scherzoso, mettendosi a sedere prima di afferrare il suo liquore.

“Non essere così egocentrico, Bass," replicò Blair. "Ho semplicemente pensato che bere un drink con la tua fantastica moglie fosse il modo migliore per liberarsi dello stress."

“Chi di noi due è egocentrico adesso? E, comunque, pensavo che ti piacesse allentare la tensione in modi più…creativi.” Chuck lasciò cadere gli occhi sulle gambe di Blair, solo in parte coperte dalla vestaglia, con un sorriso promiscuo.

Lei gli diede uno schiaffetto sulla spalla, giocosa. Lentamente, fece scivolare le mani fino al collo di Chuck: lo liberò definitivamente dalla cravatta e poi procedette con delicatezza fino a slacciare i primi bottoni della sua camicia rosa. “Non sei troppo stanco per flirtare, vedo.”

“Mai." Le fece l’occhiolino e Blair sorrise con una certa luce maliziosa negli occhi che gli fece dimenticare per un momento la giornata infernale che aveva passato.

Sul tavolo, notò Chuck mentre gustava le prime note amare del suo scotch invecchiato, c’era anche un vassoio d’argento pieno di piccoli macarons. Alla vista del cibo il suo stomaco brontolò in protesta. Blair, che stava ancora mescolando il Martini, lo guardò sospettosa.

“Non avrai saltato nuovamente la cena, vero Chuck?” gli chiese, con un tono di voce a metà tra l’irritazione e la preoccupazione.

Chuck abbassò gli occhi, chiedendosi da quando fosse diventato incapace di mentire. Sarebbe dovuto essere il migliore tra i bugiardi, un maestro del complotto - e lo era con chiunque altro, disse orgogliosamente a se stesso - ma, quando si trattava di Blair, non riusciva neanche a nascondere il fatto che non aveva mangiato nulla dalla colazione. Lei era nata con un dizionario per tradurre tutti i suoi silenzi ed i suoi comportamenti incorporato, quindi mentire non era chiaramente sul menù del loro matrimonio. Era qualcosa di cui, a dire il vero, era assolutamente felice, da momento che quella particolare magia funzionava in modo perfetto anche a parti inverse.   

Alzò nuovamente lo sguardo su Blair, che ora aveva poggiato di nuovo il suo Martini sul tavolo ed aveva incrociato le braccia. 
“Non c’è stato tempo per la cena,” ammise, sapendo che lei era sul punto di fargli una ramanzina. 

Lo stava scrutando con la stessa espressione con cui era solita guardare Henry, quando loro figlio si rifiutava di ascoltarla – cosa che succedeva spesso, dal momento che il bambino era indipendente come sua madre e testardo almeno quanto lui (e terribilmente viziato, anche se entrambi non erano pronti ad ammetterlo a voce alta).

Chuck pensò quindi che usare la tecnica che Henry aveva ideato fosse un’ottima idea. Assunse dunque la sua migliore espressione stanca e triste, guardandola con occhi compassionevoli (senza esagerare, altrimenti si sarebbe arrabbiata di più) ed aspettò che Blair lo rimproverasse. Avrebbe poi detto: “Per piacere, non gridarmi contro, mi fa male la testa, ricordi?” ed avrebbe posato gli indici sulle tempie, muovendoli lentamente in cerchio, con aria dolorante. Lei si sarebbe rimessa a sedere e avrebbe a quel punto rinunciato a sgridarlo. Non poteva fare altrimenti, Chuck lo sapeva: Blair aveva un vistoso debole per la sua versione più bisognosa.

Per un attimo parve che lei ci fosse cascata, ma poi qualcosa catturò la sua attenzione. Lo sguardo le cadde sulla poltrona, dove il pacco regalo stava placidamente aspettando di venire scartato. Chuck seguì la scena con gli occhi e, quando si rese finalmente conto di cosa l’aveva distratta, gemette. Ora era davvero fregato. 

“Oh,” Blair si alzò, raggiunse la poltrona, prese in mano il pacchetto e lo esaminò. “Ma c’è stato tempo per andare a comprare questo, giusto?” gli domandò, retorica.

“Blair…” provò a spiegarsi lui, ma lei lo fermò, alzando il palmo della mano.

“Un altro farfallino, suppongo."

Chuck non rispose subito; si limitòad irrigidire la mascella e a prendere un altro sorso di liquore.

Blair sospirò, accomodandosi di nuovo vicino a lui. Lui percepì immediatamente come lei stesse lottando con se stessa per non mostrare quanto in realtà si sentisse comprensiva. A Blair non piaceva non essere capace di essere autoritaria, ma quando parlavano di Henry non c’era modo per nessuno dei due di riuscire ad essere veramente severi (il che, considerando i loro caratteri ed il modo in cui entrambi adorassero le dimostrazioni di potere, era quantomeno ironico). Così, rendendosi conto del fatto che lei non fosse realmente infastidita, Chuck rilassò le spalle sullo schienale del divano.

“Si è innamorato di quello che indossavo ieri, cosa avrei dovuto fare, Blair?” argomentò tuttavia, ancora combattuto.

Blair rise piano, posando un braccio sulle spalle di Chuck. Cominciò a massaggiargli il collo, dimostrando con un gesto amorevole di non essere più seccata da quella discussione. “Mangiare un pasto decente invece di correre a compragli un ennesimo regalo, forse?” gli rispose, tagliente ed ironica come lui adorava vederla.

“Ho tutto il diritto di comprare a mio figlio quanti regali desidero, non ho di certo bisogno del tuo permesso,” ribatté comunque Chuck. La farse sarebbe suonata molto più incisiva, pensò, se non si fosse già arreso al tocco di Blair sui suoi muscoli tesi.

Lei rise di nuovo, questa volta più sonoramente. “Vuoi sapere qual è il vero problema?” gli chiese Blair, tamburellando con un dito sul petto di Chuck.

“Cosa importa? Me lo dirai comunque."

“Il nocciolo della questione è che hai paura di deluderlo. Sei arrivato con un regalo diverso ogni sera questa settimana, solo perché ti senti in colpa per avere un momento difficile al lavoro e non riuscire a tornare a casa in tempo per dargli la buona notte.”

Era completamente fregato, Chuck pensò di nuovo. Preferì non aggiungere nulla alle parole di Blair (era più dignitoso, si disse); si limitò a svuotare il bicchiere con un ultimo lungo sorso e poi si sdraiò, posando nuovamente la testa sul cuscino ospitato dalle gambe di Blair.  

“E’ tuo figlio, Chuck. Ed è il mio," affermò Blair con tono indulgente. "Credimi, conosce alla perfezione ogni trucco per farti sentire in colpa. Ma non devi preoccuparti, Henry è un bambino felice e non potrebbe essere più fiero di te. Continua a ripetere che Il Grande Chuck Bass è il suo papà, fa impazzire Dorota ogni singolo giorno perché vuole vestirsi esattamente come te e dice a tutti che un giorno dominerà il mondo.”

Chuck rise, più rilassato. “Potrei avergli detto che è il suo destino l’ultima volta che l’ho portato in ufficio con me,” ammise. Sebbene non potesse vederla bene da sdraiato, Chuck immaginò che Blair stesse scuotendo la testa, falsamente contrariata.

“Ma certo che l’hai fatto, non avevo dubbi che fossi stato tu.” 

Rimasero in silenzio per un po’ e Chuck si concesse di chiudere gli occhi, mentre Blair continuava a fargli scorrere le dita tra i capelli. 

“Devo andare in Francia all’inizio del prossimo mese," disse qualche minuto dopo. "Ci sono dei problemi con uno degli hotel a Monaco ed il personale è incredibilmente incompetente. Dovrò licenziare metà dello staff amministrativo, così forse, e sottolineo forse, l’altra metà capirà come fare il suo lavoro.” 

“Oh, per favore, Bass. Non provare a dirmi che terrorizzare gli impiegati non ti diverte. Scommetto che non farai nemmeno sapere che stai arrivando.”

Blair aveva un tono soddisfatto. Chuck ghignò, perché sapeva quanto parlare di qualunque cosa riguardante il potere la eccitasse. Era davvero un peccato che fosse troppo stanco per fare nulla se non restarsene sdraiato e lasciare che lei gli scompigliasse i capelli, oppure la conversazione avrebbe sicuramente portato a dell’ottimo sesso.

“Ovviamente non lo farò, se li avvisassi sarebbero preparati. Non so quanti giorni dovrò trattenermi, però,” rispose, rivelando quale fosse il vero problema.

Amava il suo lavoro ed era anche, per unanime opinione, incredibilmente bravo – perché fingersi modesti? – , ma l’idea di stare lontano dalla sua famiglia non gli piaceva. Non ora che Henry stava crescendo, almeno, e poteva chiedergli quando sarebbe tornato o digli “Mi manchi” su Skype. Il pensiero che Henry potesse sentire la sua mancanza era duro da accettare, per una serie di ragioni alle quali preferiva non pensare.

“Chuck, non torturarti. Non c’è nulla di male, è uno dei lati negativi dell’occupare una posizione di comando. Io riesco a mala pena a venire a casa prima e durante le settimane della moda, ma tu ed Henry siete sempre qui ad aspettarmi quando è tutto finito, vero?”

Lei aveva ragione - certo, lei aveva sempre ragione, specialmente quando si trattava di lui - , pensò Chuck.

Non rispose, comunque, quindi Blair colse l’occasione per cambiare argomento, probabilmente nel tentativo di farlo finalmente distendere. “In ogni caso,” cominciò allegramente, “quando tu non ci sei Henry ha il suo onnipresente zio a tenerlo occupato. Nate è passato a salutare prima di cena.”

Chuck incarnò le sopracciglia, confuso. “Davvero?”

“In realtà ho pensato che fosse un po’ strano. Non che Nate fosse qui chiaramente, è sempre qui. Ma non mi ha chiesto di te, nemmeno una volta.”

Chuck sospirò, scuotendo la testa sul cuscino. “Beh, è arrabbiato con me,” ammise.

Blair lo guardò con curiosità. “Nate? Arrabbiato? Ed arrabbiato con te?” gli chiese. La serie di domande suonò come un climax sorpreso. “Che evento eccezionale. Posso chiederti perché?”

Lui riflettè per un attimo. La risposta era così divertente e francamente ridicola che non sapeva neanche come dirlo a Blair. Chuck aveva già capito tutto quello che c’era da capire riguardo a Nathaniel (non che fosse così difficile, il suo migliore amico era trasparente almeno quanto i suoi occhi blu), ma si chiese se fosse giusto rendere Blair partecipe. Poi pensò nuovamente che nascondere le cose a sua moglie era una battaglia persa, quindi sospirò di nuovo e cominciò a spiegare: “Ufficialmente è arrabbiato perché ho invitato Jack all’annuale Lost Weekend. E’ tutto organizzato per la prossima settimana e ho pensato che fosse da maleducati non invitarlo, considerando che con la quantità di lavoro che abbiamo probabilmente rimarremo all’Empire, ma apparentemente Nate ha deciso di essere te per un giorno e ha cominciato a blaterare circa come dovrebbe essere una tradizione solo nostra e su come le tradizioni dovrebbero essere rispettate.

A quel punto Blair non riuscì più a trattenersi dal ridere. Il suono della sua risata fece sorridere Chuck, che si chiese quanti uomini potessero parlare onestamente e liberamente con le proprie mogli di migliori amici dai comportamenti strani o di serate tra maschi. Dal momento che la risposta era nessuno, almeno nella lunga lista delle persone che conosceva, Chuck si sentì la persona più fortunata al mondo

“Ha davvero detto così? Ti sei trovato un fidanzato geloso, Bass. Dovrei sentirmi minacciata?”

Chuck sogghignò. “Porterò lui ed Henry fuori a cena domain sera. Una riunione per soli uomini dovrebbe sistemare il problema superficiale, ma sono preoccupato per lui, a dire il vero.”

“Perchè? Pensi ancora che non riesca a gestire la pressione della campagna elettorale? In pratica la sto organizzando io per lui, Chuck. E tu gli sei di supporto al massimo delle tue possibilità, dandogli sempre opinioni valide sui discorsi e facendo in modo che le intromissioni di suo nonno non lo confondano.”

Blair, da maniaca del controllo qual’era, era incredibilmente contenta e soddisfatta del fatto che Nathaniel si fosse candidato per la carica di sindaco. Lo chiamava ogni giorno per essere sicura che lui stesse seguendo tutti i suoi consigli e non mancava mai di ricordargli che avrebbe dovuto trovarsi una fidanzata perchè “La gente vota per le first ladies, Nate. Lo sanno tutti”. Non che lui la ascoltasse circa quel particolare argomento. Nathaniel era troppo romantico e decisamente troppo onesto per frequentare qualcuno solo per racimolare più voti, sia Chuck che Blair ne erano consapevoli. La differenza era che Chuck aveva rinunciato ed accettato (seppur considerandolo ingenuo) il cuore puro del suo migliore amico, mentre Blair premeva ancora sulla questione con tutta la sua determinazione.

“Non credo che la politica o il vecchio Van Der Bilt abbiano qualcosa a che fare con il problema di Nathaniel, Blair,” cominciò, cercando il modo più semplice per spiegare la conclusione a cui era giunto. “E’ geloso di Jack perché ha cominciato ad avere paura che le persone possano allontanarsi da lui. Scommetto che, in qualche modo, è convinto che io voglia rimpiazzarlo.”

“Come fa anche solo a pensare una cosa del genere?” chiese Blair, questa volta più seria. “Ha persino una copia delle chiavi di casa nostra!”

“Non credo che riguardi me o te, in realtà. Questi ultimi sei mesi sono stati duri per lui. Sta cercando di comportarsi come se fosse felice per Serena ed Humphrey, ma lei non lo chiama da prima del matrimonio. Non è nemmeno mai passata per prendere un caffè insieme. E’ come se lo avesse cancellato dalla sua vita e sai quanto Nathaniel tenga all’amicizia di Serena. Si sente abbandonato.”

“La sua amicizia, umh?” commentò lei sarcastica, alzando le sopracciglia.

“Stavo cercando di essere sottile, Blair” le rispose lui, ridendo piano. “E comunque non credo che nemmeno lui stesso abbia capito quanto poco tutto questo abbia a che fare con l’amicizia. Stiamo parlando di Nathaniel, è un’anima tormentata."

Inaspettatamente,  Blair lo baciò di nuovo, questa volta più profondamente. Poi, quando le loro bocche si separarono, gli regalò un sorriso brillante. “Sei un grande uomo, Chuck Bass, che si prende cura delle persone che ama.”

“Evidentemente no,” rispose lui, scherzoso. “Mi sono dimenticato di chiederti della tua giornata.”

Per un attimo si sentì realmente in difetto: si era lamentato dei suoi problema senza prima controllare che lei stesse bene. Blair, in ogni caso, non lasciò che quella sensazione durasse a lungo. Gli posò un dito sulle labbra e scosse la testa.

“Non fa nulla, Chuck. Hai mal di testa, sei scusato per questa sera – solo per questa sera. In ogni caso, è stata una giornata tranquilla all’atelier. Almeno finché Serena non si è presentata per parlarmi di come il matrimonio sia un così complicato puzzle da risolvere – mi chiedo in quale rivista di para-psicologia abbia trovato quest’espressione.”

Un puzzle complicato da risolvere? Humphrey le sta dando problemi?” chiese Chuck, insastidito al pensiero di Dan Humphrey.

Nessuno di loro due era contento che avesse sposato Serena, ma entrambi le volevano bene e sapevano – tristemente ed incredibilmente, aggiunse mentalmente – che lei lo amava molto. Nonostante ciò Chuck faceva ancora fatica ad accettarlo e lottava con l’idea che quell’eterno arrampicatore sociale facesse parte della sua famiglia (non che lui o Blair lo considerassero come tale, ma Humphrey aveva sposato Serena e questo lo rendeva – almeno legalmente – un loro parente) e se lui avesse nuovamente ferito Serena in qualunque modo, Chuck avrebbe sicuramente fatto in modo che Dan Humphrey fosse esiliato da Manhattan per il resto della sua miserabile vita. La consapevolezza che farlo era in suo potere lo fece sentire rigenerato. Ghignò e quel piccolo gesto di soddisfazione fu notato immediatamente da Blair.

“Calma, Bass. Non cominciare a fare il fratello iperprotettivo. Stiamo parlando di Humphrey e di Serena, è chiaro che abbiano dei problemi. A quanto pare hanno litigato perché lei è uscita a bere qualcosa con Georgina un paio di sere fa e non ha chiesto il suo parere a riguardo, per citare Serena,” spiegò Blair.

“Come se avesse dovuto farlo. E’ un matrimonio, non una prigione. Humphrey è un penoso idiota. Non pensi che sia quantomeno irrispettoso pretendere che tua moglie ti chieda il permesso per fare qualcosa?”

Alle orecchie di Chuck suonava tutto così incredibilmente assurdo, se paragonava quella follia al rapporto che lui aveva con sua moglie. Non riusciva neanche ad immaginare di dire a Blair cosa potesse e non potesse fare. Blair era una creatura eccezionale, una donna indipendente che non gli avrebbe mai permesso di trattarla in quel modo - non che lui volesse - e, d’altro canto, lei stessa non si sarebbe mai permessa di imporgli delle regole.  

“Humphrey non riesce a capire che lei è sempre stata più di quanto lui vuole che lei sia. Non è il drink il problema, è il fatto che Serena si renda conto di aver bisogno di qualcosa di più. Può anche accontentarsi di passare le serate a guardarlo leggere e cucinare la pasta, ma alla fine avrà sempre bisogno di altro. E’ Serena, non puoi tarparle le ali.” 

Stufo di parlare di Dan Humphrey, Chuck intrappolò la mano di Blair nella sua e la baciò. Era un gesto che amava fare: la mano di Blair era minuscola a confronto con la sua, ma in qualche modo i loro corpi sembravano sempre coincidere alla perfezione. Tutto d’un tratto si sentì completamente consapevole della rarità di quello che avevano costruito; una relazione solida dove entrambi potevano essere loro stessi, senza alcun bisogno di doversi scusare per i propri difetti.

“Non vorrei mai che tu fossi diversa da quello che sei, Blair,” le disse, sentendo il desiderio di rassicurala.

Blair gli sorrise e poi gli diede un bacio delicato sulla fronte. “Perchè noi abbiamo qualcosa di unico. Nessuno potrà mai essere noi, Chuck. Noi siamo troppo.”

Chuck sorrise a sua volta, chiudendo gli occhi. Lei aveva perfettamente ragione, pensò per l’ennesima volta. Quello fu l’ultimo pensiero che formulò chiaramente, prima di arrendersi al sonno con la testa ancora sulle gambe di Blair e le dita di lei che danzavano tra i suoi capelli.

 



Erano le cinque del mattino quando Blair si svegliò, percependo un vuoto a fianco a sé, sul lato del materasso di Chuck. Dopo averlo lasciato dormire sul divano per circa un’ora, Blair lo aveva convinto ad andare a letto ed era esattamente dove lui avrebbe dovuto trovarsi in quel momento. Si alzò, si mise la vestaglia e controllò nel bagno, ma non c’era alcuna traccia di Chuck lì.

“Chuck?” lo chiamò dunque, uscendo dalla stanza e cercando di non alzare troppo a voce per non svegliare Henry.

Poi, finalmente, lo vide. Se ne stava di fronte alla porta aperta della stanza del bambino, appoggiato allo stipite, con lo sguardo rivolto verso l’interno.

Blair lo raggiunse in silenzio e gli toccò gentilmente una spalla, attenta a non spaventarlo.

“Sapevo che ti saresti svegliata,” disse Chuck calmo, non appena percepì il tocco di Blair. “Non riesci a dormire senza di me.”

“Sono le cinque di mattina e riesci ancora ad essere una spina nel fianco, Bass. Mi meravigli,” gli rispose lei in un sussurro, divertita.

Blair era a quel punto completamente sveglia, senza possibilità alcuna di riaddormentarsi, ma Chuck avrebbe avuto bisogno di dormire di più, pensò preoccupata. Gli avrebbe già detto di tornare a letto, se non avesse notato il modo in cui Chuck stava osservando Hnery, che dormiva pacificamente.

C’era una certa tristezza negli occhi di Chuck, una malcelata malinconia che Blair desiderò che lui non fosse costretto a provare. Era chiaro per Blair come la conversazione che avevano avuto qualche ora prima riguardo ad Henry non lo avesse pienamente convinto.

Non c’era nulla che lei potesse fare se non aspettare che lui dicesse qualcosa; non aveva senso forzarlo a parlare quando non se la sentiva. Blair aveva imparato, con il tempo e con una pazienza frutto dell’amore che provava, che doveva lasciare che lui elaborasse le cose con i suoi ritmi. Chuck era fatto così. Blair non aveva dubbi circa quanto suo marito si fidasse di lei: sapeva che, alla fine, lui l’avrebbe sempre cercata, che sarebbe sempre stata lei il suo supporto, la sua roccia. Quella ferma convinzione le donò la voglia di restare esattamente dove si trovava.

“Credi che sappia quanto lo amo?” le chiese Chuck dopo un pò, senza staccare gli occhi da Henry. “Non voglio che lui pensi di essere secondo a qualunque altra cosa nella mia vita, Blair, perché è lui la cosa più importante.”

Si fermò e, non appena Chuck abbassò lo sguardo, Blair sentì un brivido correrle lungo la schiena, perché aveva un’idea ben definita di quali pensieri occupassero la mente di Chuck in quel preciso istante.

Ricordi dell’infanzia più triste e solitaria, di un bambino in giacca e cravatta che aspettava per ore un padre che non sarebbe mai arrivato, chiedendosi se fosse colpa sua, se ci fosse qualcosa di sbagliato in lui, cosa avesse fatto per meritare una tale mancanza di affetto ed attenzione. E Blair sapeva che quello era solo il prologo di una storia fatta solo di dolore, il cui epilogo era il peggiore che si potesse immaginare; qualcosa che lei non poteva cancellare, qualcosa che Chuck avrebbe dovuto portare con se per sempre.

Blair era consapevole del fatto che la più profonda paura di Chuck era il pensiero che Hnery potesse mai sentirsi solo o abbandonato, anche per un minuto. Quell’idea, così minacciosa per lui, non mancava mai di renderlo insicuro nella relazione con suo figlio. Chuck continuava a preoccuparsi di fallire come padre e di non essere abbastanza. E, nonostante Blair cercasse con tutta se stessa di fagli capire quanto importante lui fosse per Henry, quanto amato e sicuro il piccolo si sentisse quando hera con lui, a volte Chuck non riusciva a superare quell’angoscia.  

Era una fragilità che Chuck teneva ben nascosta E che raramente mostrava a qualcuno che non fosse lei; una piccola crepa sulla facciata della sua personalità di uomo realizzato e potente, qualcosa che era probabilmente agli di occhi di Blair il particolare che di lui amava di più: una sensibilità delicata che lei era l’unica a conoscere in profondità.

“La più importante,” ribadì Chuck, con più sicurezza.

Blair stava per dire qualcosa, ma poi accadde la più semplice e la più meravigliosa delle cose. 

Henry, probabilmente svegliato dal suono delle voci dei suoi genitori che parlavano sul ciglio della porta, si sedette sul letto, si strofinò gli occhi e li guardò incuriosito. Poi scivolò fuori dalle coperte, camminò verso di loro tutto barcollante, prese Chuck per mano e lo trascinò verso il letto. “Papà, andiamo a dormire,” disse con la voce minuscola ed assonnata. “Domani è Sabato, non devi  andare al lavoro di Sabato.”

Chuck, che non avrebbe mai potuto rifiutare quell’offerta, si voltò per guardare Blair.

“Credo che tu abbia ottenuto la tua risposta,” gli disse lei.

Blair sapeva di non poter cambiare Chuck o il suo passato, ne il modo in cui quest’ultimo riuscisse sempre a farlo sentire insicuro nel presente. Tuttavia, le sembrò di in quel momento, forse non era più compito suo. Chuck aveva qualcun altro a ricordargli cosa avesse raggiunto nella vita e, a dispetto dei suoi quattro anni e mezzo, Henry era in grado di fare quel lavoro perfettamente.

Più tardi, mentre osservava i suoi due uomini dormire stretti in un abbraccio, Blair non potè fare a meno di ripensare alla frase di Serena. Doveva darle ragione, il matrimonio era un puzzle complicato: il suo era grande, difficile, i pezzi erano molti ed incredibilmente piccoli, ma, in qualche modo, si legavano perfettamente l’uno all’altro. Si sentì grata, mentre una sensazione di calore ed appartenenza prendeva possesso del suo petto. Allora sorrise, pronta per una nuova giornata. 



Note: 

[1]
La fanfiction presume che Jack e Georgina facciano parte tanto della vita di Chuck e Blair, quanto di Serena. Erano al suo matrimonio, dopo tutto. Non vedo perché Serena non possa aver (ri)costruito un buon rapporto con Georgina.

[2] Riguardo agli accenni Serenate, è solo il modo in cui io vedo le cose. Non posseggo nessuna verità assoluta. Stessa cosa vale per i problemi tra Dan e Serena, si tratta solo del mio punto di vista. Spero che non abbia infastidito nessuno.

[3] La fanfiction è stata originariamente scritta (da me) in inglese. Questa è solo una traduzione, quindi mi scuso se l’italiano può risultare un po’ macchinoso. Qui, se volete, potete trovare la versione originale. 

 

   
 
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