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Autore: Marti Lestrange    05/09/2014    9 recensioni
[Penny Dreadful]
[Penny Dreadful]{Penny Dreadful | Ethan/Vanessa | oneshot | POST STAGIONE UNO}
Dal testo:
{Il corpo è adagiato sul letto in ordine, il copriletto in pizzo bianco immacolato di nuovo al suo posto, i cuscini sprimacciati e gonfi. Le mani lunghe e delicate sono incrociate sul petto immobile, i capelli sciolti lungo le spalle esili. Indossa un vestito nero, con inserti in pizzo, e la pelle diafana e perlacea risalta come un fuoco nelle tenebre.
È morta - Ethan lo sa. È morta, eppure è pur sempre bellissima.}
Genere: Angst, Romantico, Sovrannaturale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het
Note: What if? | Avvertimenti: nessuno
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Questa shot nasce dal forte desiderio di "sfogare" la mia ispirazione dopo aver finito la stagione uno. Cioè, ho guardato gli otto episodi in otto giorni, uno al giorno, e l'ho fatto per il semplice motivo che se no sarebbero finiti subito, e quindi ho allungato il brodo. In ogni caso, sono finiti troppo in fretta. E la fine di PD mi ha lasciato un vuoto così grande che a) mi sono buttata a capofitto su youtube a cercare video strazianti con canzoni altrettanto strazianti b) mi sono data al fangirling disperato sugli attori del cast e c) ho deciso di scriverci sopra. Ed ecco qui il prodotto della mia mente malata. Ethan e Vanessa costituiscono la mia OTP della serie, nonostante mi ritrovi molto spesso a shippare anche Vanessa/Dorian, eh. Free shipping, babies. Adoro ogni singolo personaggio e, se potessi, scriverei di loro fino a stordirmi. Come avrete capito, i protagonisti di questa shot sono proprio i nostri Mr Chandler e Miss Ives, con la speciale collaborazione del Dottor F, di Sembene e Sir Malcolm. Altre note al fondo della fic. 

 

 

Un grazie particolare alla mia Ciurma, che come sempre mi appoggia nelle mie quotidiane follie,
e ad
Alice, prima lettrice e "correttrice" di fiducia. E un grazie a chiunque legga, ovviamente.

 


 

If you love me 

won't you let me know? 

 

 

“I see god come in my garden but I don't know what he said 
For my heart it wasn't open 
Not open.

 

 

La stanza è silenziosa. È immersa in una penombra innaturale, squarciata da alcuni vaghi raggi di un ultimo sole stanco. Nell'aria aleggia un odore di morte e fiori recisi e una candela brucia accanto alla finestra. 

Il corpo è adagiato sul letto in ordine, il copriletto in pizzo bianco immacolato di nuovo al suo posto, i cuscini sprimacciati e gonfi. Le mani lunghe e delicate sono incrociate sul petto immobile, i capelli sciolti lungo le spalle esili. Indossa un vestito nero, con inserti in pizzo, e la pelle diafana e perlacea risalta come un fuoco nelle tenebre. 

È morta - Ethan lo sa. È morta, eppure è pur sempre bellissima. 

 

Gli occhi - quegli occhi bellissimi e azzurri, profondi come il mare - sono chiusi per sempre, serrati saldamente dietro le palpebre immobili. Le labbra rosee sono piegate in un impercettibile sorriso, come se, prima di morire, qualcuno le avesse raccontato una storia buffa. 

Ethan le si avvicina e non può fare a meno di fissare quelle mani, le stesse mani che si muovevano agili, distribuendo le carte, le stesse mani che, in quel preciso istante, vorrebbe tanto stringere tra le sue. Allunga un dito. La pelle è fredda e rigida, una delle inevitabili conseguenze della morte. 

 

In quel momento, una porta si apre con violenza. Ethan si volta. Il dottor Frankenstein entra a passo sicuro nella stanza e le assi del pavimento scricchiolano infastidite. 

«Cosa…» inizia Ethan.

«Sono venuto a prendere il corpo.»

«Il corpo? Non capisco…»

«Sono venuto a prendere il corpo, Mr Chandler. È tempo.»

Ethan scuote la testa. «Non prenderà proprio niente, Dottore. E poi, chi l'ha autorizzata? Sir Malcolm lo sa?»

Victor afferra saldamente Ethan per una spalla, strattonandolo con violenza. Da quando Victor si comporta così? 

Continua a strattonarlo, ma Ethan non ha la forza necessaria per girarsi e affrontarlo. Non ne ha nemmeno voglia, non dopo tutto quello che è successo. È solo stanco. E vuole dormire. Dormire, sì, di un sonno lungo e ristoratore. Senza sogni. 

 

Ethan si sveglia di soprassalto. Gli arriva alle orecchie la voce pacata di Victor che, con dei piccoli colpi sulla spalla, cerca di destarlo. 

Fa caldo, in quella piccola stanza da letto sudicia e umida. Ethan sente le lenzuola appiccicate alla schiena nuda e una mosca ronza indisturbata accanto al vetro di una finestra ricoperto di polvere.

Gli occhi di Victor sono sbarrati e l'amico sospira quando lo vede finalmente sveglio. Ethan respira ansimando, il cuore che gli batte furioso nella cassa toracica. Si passa una mano nei capelli scompigliati, chiudendo gli occhi e cercando di calmarsi. 

È stato tutto un sogno.

 

«Credo che abbia appena avuto un incubo, Chandler», dice Victor sedendosi sul bordo del letto, il tono pratico del medico che prende il sopravvento. «Era anche piuttosto sconvolto. Si può sapere cosa ha sognato, di grazia?»

Ethan gli rivolge un'occhiata profonda. 

«È stato solo un sogno. Niente di importante.» 

Non vuole che Victor finisca per psicanalizzarlo. E non vuole che rida di lui.

«Cosa ci fa lei qui, a proposito?» gli chiede. «È da giorni che non la vediamo. È sparito, da quando Brona…» Victor non termina la frase. 

Abbassa gli occhi sulle sue mani, si torce le dita con nervosismo. Ethan si chiede quale ne sia il motivo: è solo imbarazzo per aver quasi sollevato l'argomento della morte di Brona o c'è dell'altro? Finisce di farsi domande quando si ricorda il carattere difficile e schivo del dottor Frankenstein. Con lui, la razionalità finisce dove inizia il genio. 

Ethan si alza e si dirige alla finestra. È un giorno piovoso, a Londra. L'acqua si addensa in spessi rigagnoli sul davanzale sbeccato all'esterno, invadendone le fitte crepe. Il cielo è grigio, e appare ancora più grigio dietro i vetri sporchi. L'uomo scruta il profilo del porto, gli alberi delle navi ormeggiate che svettano sopra le nuvole. 

 

«Miss Ives ha chiesto di lei.»

La voce di Victor lo riporta alla realtà. Si volta. Scruta la seria espressione dell'amico, i suoi occhi profondi, le occhiaie evidenti, la bocca dal profilo stanco. Ancora una volta, si chiede che cosa lo tormenti tanto. Che cosa lo tenga sveglio in quelle notti tempestose. 

«Come sta?» chiede solo.

Victor alza le spalle. «Meglio. Starebbe ancora meglio se solo lei andasse a trovarla. Lo sa.»

«Non credo che le importi di me in modo particolare», replica e ci mette quasi della rabbia, in quelle poche parole. E prova un sottile piacere, nel pronunciarle; nel vedere l'espressione dell'altro, quasi ferita.  «Non credo che le importi di nessuno, a questo mondo.»

Victor si alza in piedi, toglie alcune pieghe dai pantaloni scuri, si sistema il panciotto. Si passa una mano nei capelli biondicci. Sospira.

«L’universo femminile ha per me gli stessi misteri che caratterizzano la vita e la morte e il desiderio e gli infiniti tormenti della mente umana, e questo fa di me il peggior consigliere, Mr Chandler», inizia Victor. «L’unica cosa che so è che a volte ragioni più inesplicabili si celano sotto apparenze oscure.» 

Così dicendo, dopo un mezzo inchino e un accenno di sorriso, l'uomo si incammina verso la porta. 

«Stia bene, Ethan Chandler», conclude, la mano sulla maniglia. 

«Hei, Dottore», esclama l'altro prima che l'amico si richiuda la porta alle spalle. Victor alza gli occhi su di lui. «Grazie.»

Un altro accenno di sorriso e Victor Frankenstein sparisce nel mondo fuori la porta, quel mondo che è all'improvviso diventato ostile e pericoloso, pieno di misteri. 

Ethan stringe ancora le mani a pugno lungo i fianchi. Distende le dita intorpidite e sente un impercettibile dolore attanagliargli i palmi. Solleva le mani. I segni delle unghie sono come marchi sulla sua pelle. Hanno scavato in profondità. Chiude gli occhi.

 

 

 

 

Le sue mani le accarezzano il viso. Seguono la linea marcata degli zigomi e quella sinuosa delle guance. Le dita indugiano sulle labbra morbide e un lieve respiro le sfiora. Scivolano sul collo diafano, da cigno, per poi indugiare sull'attaccatura dell'abito accollato, dubbiose. La guarda negli occhi, accesi di bruciante desiderio. 

 

Le labbra di lei catturano le sue, febbrili. Sente la lingua farsi strada con prepotenza e in quel momento non c'è nessun tormento che la trattenga dal ricambiare quel bacio furioso e disperato. Una mano corre a sciogliere il nodo che le trattiene i capelli dietro la nuca e questi le ricadono sulle spalle, un fiume nero e profumato che sa di mistero e morte. 

 

Velocemente si spogliano di ogni resistenza, così come si spogliano di ogni strato di tessuto che si frapponga tra le loro epidermidi, sensibili l'una all'altra come elettricità statica. Le mani di lei gli accarezzano il petto, lo sondano con insistenza, mentre, ad occhi chiusi, si abbandona completamente, arrendendosi a qualsiasi dubbio, cancellando qualsiasi esitazione. 

 

Ethan la solleva, nuda e bellissima sotto le sue mani, e l'adagia delicatamente sul letto. I capelli le coprono i seni e i suoi occhi scuri sono bellissimi e tempestosi. Pericolosi. Ethan è tutto ciò che c'è, ormai. Le mani di Vanessa sinuosamente gli scivolano sul petto, sempre più giù, e l'uomo non riesce a trattenere un lamento di piacere, che diventa rapidamente un gemito sommesso. Vanessa cerca le sue labbra mentre lui, con forza, le inchioda i polsi in alto, sopra la testa, immobilizzandola. Le si schiaccia addosso e, quando entra dentro di lei con violenza, Vanessa non può fare a meno di gridare e gridare e gridare, mentre la stanza intorno a loro perde ogni contorno e non c'è nient'altro che conti, oltre lui. Sono una cosa sola, ormai. I corpi perdono i loro contorni e Ethan è così profondamente radicato in lei che Vanessa si sorprende di aver vissuto tutti quegli anni così vuota - senza di lui dentro di lei - lontano dalla sua pelle e dal riparo del suo corpo ardente. 

 

Quella notte, fanno l'amore innumerevoli volte e ogni volta è un po' come quando sei vicino alla morte, talmente vicino che vedi il tuo corpo lontano da te, e quasi ti libri al di sopra di esso, puoi vederlo ma sai che è lontano, unità ormai distaccata dall'anima, carne esposta all'incuria del tempo. Ogni volta, è anche un po' come rinascere. Come quando torni a respirare dopo una lunga nuotata o una corsa a perdifiato; come il sole che il mattino nasce ad est; come l'odore dell'erba notturna e i giochi da bambina, con Mina, nel giardino a mezzanotte, rincorrendo le lucciole.

 

Vanessa si sveglia di soprassalto. Le arriva alle orecchie la voce pacata di Sir Malcolm che, con dei piccoli colpi sulla spalla, cerca di destarla. 

Fa freddo, in quell'ampia stanza da letto solitaria e silenziosa - vuota. Vanessa sente le lenzuola gelide sulla sua pelle e una mosca ronza indisturbata accanto al vetro di una finestra parzialmente coperta da frivole tendine di pizzo bianco.

Gli occhi di Malcolm sono sbarrati e l'amico sospira quando la vede finalmente sveglia. Vanessa respira ansimando, il cuore che le batte furioso nella cassa toracica. Si passa una mano nei capelli lunghi e scompigliati, chiudendo gli occhi e cercando di calmarsi. 

È stato tutto un sogno.

 

Alza gli occhi su Sir Malcolm, come se lo riconoscesse solo in quel momento. Vorrebbe gridargli di andarsene, di lasciarla in pace, che va tutto bene, che tutti dovrebbero smetterla di preoccuparsi per lei. Invece annuisce solo quando lui le chiede se sta bene. Sta bene, sì. Forse.

 

«Gridavi, Vanessa», le dice l'uomo, il volto teso e preoccupato di chi ha visto troppo, di chi ha guardato in viso il diavolo e sta attento ad ogni fiamma dietro la quale si possa celare un demone. «Gridavi e non riuscivo a svegliarti.» 

Vanessa deglutisce a fatica. «Sto bene, adesso. Grazie.»

Malcolm annuisce. «Ti aspettiamo di sotto per la colazione. Dirò a Sembene di farti preparare un posto.»

«D’accordo», risponde solo lei, annuendo a sua volta. Sente la gola chiusa e secca e un rantolo ringhiante minaccia seriamente di risalirle dallo stomaco. Lo reprime, ben conscia che rischierebbe di spaventare Sir Malcolm per niente. In fondo, tutto ciò che aveva immaginato non era realmente accaduto. È inutile affannarsi a rincorrere un sogno. 

 

 

 

 

Pochi passi lo separano dalla porta in mogano. Lucida e imponente, attende. Chissà se anche lei attende, dietro di essa. Magari in quello stesso momento è seduta nel salottino, legge un libro o un saggio, concentrata, oppure è in biblioteca, china sulle carte, gli occhi chiusi, le dita tremanti. 

 

Pochi passi li separano e Ethan ha paura di quello che proverà vedendola. Guardandola. Ha paura di non poter fare affidamento sul suo sangue freddo, perché tutto ciò che sente è irrazionale, e lui odia l'irrazionale. Odia ciò che lo allontana da se stesso. Allora dovresti odiarla, gli sussurra una voce. Lui la scaccia via. 

 

Pochi passi ed è davanti alla porta. Questa si apre ancora prima che Ethan alzi una mano. Sembene piega leggermente la testa, facendolo entrare nell'ampia anticamera d'ingresso. La scala si sviluppa di fronte a lui, immersa nel silenzio e nella pallida luce ascendente del mattino. E lei è lì. È in cima alla scala, una mano sul corrimano, un piede sporto verso l'abisso. Si ferma e inchioda i suoi occhi su di lui. Le sopracciglia sono aggrottate, come sempre quando non comprende qualcosa. I capelli sono raccolti dietro la nuca in un nodo approssimativo e frettoloso. Il vestito blu scuro è leggermente spiegazzato sul fondo e all'altezza della vita sottile. La mano destra stringe fortemente il legno sotto di essa, quasi piegandolo. L'altra si aggrappa alla stoffa dell'abito. 

 

La porta si richiude dietro Ethan e il tonfo prodotto da Sembene riscuote la scena. Vanessa si rilassa, tutta la tensione svanisce e le sue belle labbra si tendono in un sorriso. Uno di quei sorrisi tipici di miss Ives, enigmatici, misteriosi, che nascondono un mondo, cose che lei sembra sapere e che tu ancora ignori e che forse non saprai mai. Che nessuno saprà mai.  Ethan sorride a sua volta. Lei è viva. È lì, di fronte a lui, carne e anima. È lì ed è bellissima. 

 

«Mr Chandler», lo saluta scendendo le scale e fermandoglisi di fronte. Alza gli occhi su di lui. Brillano. «A cosa dobbiamo questa visita inaspettata?»

«Dovevo solo accertarmi di una cosa», risponde lui. 

Vanessa per una volta sembra non sapere. Ignora. Ed è bello vedere il dubbio sul suo viso sottile. Gli occhi saettano sul suo volto, curiosi. Sorride ancora. 

«Spero che abbiate sciolto i vostri dubbi.»

«Ora sì.» 

 

 

 

 

Vanessa fa in fretta. Di sotto la stanno aspettando e, più si affanna dietro le cose materiali, più queste le permettono di non pensare. Non pensare a Ethan. Al sogno. A Ethan. Alle sue mani. Dappertutto. 

Sospira e indossa il vestito blu che aveva lasciato poggiato sulla sedia accanto alla finestra, nonostante sia spiegazzato. Acconcia i capelli velocemente e senza troppa cura. Non le importa. Vuole solo raggiungere la sala da pranzo per bere un tè. Forse il t riuscirà a calmarla. 

 

Esce dalla sua stanza e si affretta lungo il corridoio pallido. Si stira qualche piega sull'abito, un piede teso sulla scala. Sente il rumore di una porta che si apre. Alza lo sguardo e lui è lì. Ethan. Sembra occupare tutto l'immenso ingresso con la sua presenza e la guarda, pietrificato, quasi come avesse visto un fantasma. O un ricordo. 

 

Vanessa si aggrappa febbrilmente al corrimano in legno, quasi a piegarlo sotto le sue dita sottili. La mano sinistra trova la stoffa leggera del vestito e stringe, stringe, stringe, ed è nuovamente in quel letto, a stringere le lenzuola gemendo di piacere, e Ethan è ancora con lei, la stringe, la fa sua, ancora e ancora. E ancora.  

 

La porta si richiude e l'incantesimo si spezza. Vanessa rilassa le membra e gli sorride. Lui è proprio come lo ricordava. Proprio come le era apparso nel sogno. Selvaggio, forte, sicuro. Misterioso, magnetico, bellissimo. Sorridergli le fa bene. Sente i muscoli del viso rilassarsi, tendersi in modo piacevole, e gli occhi cominciano ad appannarsi, ma di una nebbia sconosciuta, una coltre che le fa battere il cuore - e non sa perché. Quando anche lui le sorride, Vanessa sente il suo corpo scattare e sta scendendo le scale, per andargli incontro. 

 

«Mr Chandler», lo saluta fermandoglisi di fronte. Alza gli occhi su di lui. Li vede brillare, quegli occhi così scuri e caldi che sarebbe bello potercisi perdere. E, pensandoci, ci si era persa davvero - nei suoi sogni, poco prima di sentirlo in lei. «A cosa dobbiamo questa visita inaspettata?»

«Dovevo solo accertarmi di una cosa», risponde lui. 

Vanessa non capisce. Lui è così serio, e all'improvviso è così bello, quando si illumina e le sorride e quando sottili rughe d'espressione gli si disegnano intorno alle labbra, tese in una linea sottile. 

«Spero che abbiate sciolto i vostri dubbi», dice lei, il dubbio che le assale il cuore. Non comprende. Ancora una volta, non comprende quel mistero vivente che è per lei Ethan Chandler. 

«Ora sì.» 

 

 


 

N.d.A.

  • Il titolo è tratto dalla splendida "Violet Hill" dei Coldplay. La citazione invece arriva da "Cemeteries of London", sempre dei Coldplay. Due meraviglie. 
  • La collocazione temporale è successiva all'esorcismo praticato da Ethan su Vanessa, e alla fine della stagione uno, quando Vanessa lo ringrazia e si svela il mistero di Mina. Quindi può essere considerato benissimo un post stagione uno.
  • Ho volutamente utilizzato la forma del "lei" nei dialoghi perché, nonostante in inglese non esista - e quindi non notiamo nessuna differenza nella serie tv - in italiano mi è sembrato corretto inserirla.
  • "Sono venuto a prendere il corpo", una delle battute di Victor nel sogno di Ethan, è un chiaro riferimento ad un altro corpo, a quello di Brona, che il dottore ha prelevato per essere utilizzato nel suo esperimento, cioè dare vita ad una Creatura di sesso femminile. Ovviamente, Ethan non sa nulla, ma mi è comunque piaciuto gettare alcune basi oniriche.
  • I segni sui palmi di Ethan sono ovviamente i segni delle unghie che si è procurato a causa della sua natura di lupo.
  • Il mini paragrafo dedicato al risveglio di Vanessa ricalca volutamente quello del risveglio di Ethan, nella prima parte della shot. Così come i paragrafi finali, nei quali descrivo il loro incontro sotto entrambi i punti di vista.
  • Ho scelto un rating arancione per via delle scene tra Ethan e Vanessa nel sogno di quest'ultima. Non so bene se l'arancione sia appropriato, io ho preferito metterlo per sicurezza. 
  • Le tematiche che ho scelto di affrontare nella shot sono secondo me due tematiche importanti nella serie tv: l'amore e la morte. E credo che si intreccino parecchio strettamente, nel caso di Penny Dreadful. Ethan sogna Vanessa morta e Vanessa sogna di fare l'amore con Ethan ed entrambi, tramite questi sogni, forse capiscono qualcosa in più sui loro reciproci sentimenti. O almeno è quello che ho tentato di rendere con questa shot. 

 

 

Concludo ringraziando chiunque sia arrivato fin qui, sia perché la shot è parecchio angst e forse pesantuccia - anche se spero di no - sia perché mi sono dilungata parecchio con le note burocratiche e noiose, ma ci tenevo a specificare alcune cose, visto che si tratta di un genere particolare in un fandom particolare. E poi, ammettiamolo: ci tenevo anche a fare bella figura con il mio esordio. 

A presto - spero.

Marti

   
 
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