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Autore: VioletTheInventor    05/09/2014    0 recensioni
"Kyoko si era alzata e stava spostando qualche ciuffo blu dalla fronte di Sayaka. Con un piccolo scatto assicurò la spilla gialla".
Salve a tutti! E la prima FF che scrivo, e ho deciso di rifarmi all'episodio nove della serie animata. Ho notato che già in molti avete trattato di questa parte, che personalmente trovo bellissima, perciò ho cercato di dare una mia interpretazione a quello che poteva succedere dopo "l'esplosione" di Oktavia von Seckendorff. Spero che per chi ama KyouSaya sia una lettura quantomeno piacevole. Grazie ancora a tutti!
Ps: il titolo è ispirato a una frase tratta da "Una Serie di Sfortunati Eventi" di Lemony Snicket.
Genere: Fluff, Malinconico | Stato: completa
Tipo di coppia: Shoujo-ai | Personaggi: Kyoko Sakura, Sayaka Miki | Coppie: Kyoko/Sayaka
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Potrà mai il nero tingersi di rosso? Potrò mai penetrare in una barriera fatta di vetri rotti e catrame nero, materia degli incubi? Questo si chiedeva Kyoko Sakura mentre scompariva con un sorriso sincero e melanconico sul viso squarciato da tagli, tagli rossi.

Sentì qualcosa sopra l'ombelico recidersi, come un filo tagliato troppo presto, e poi nero. Un blackout, un coma che durò poco meno di qualche centomillesimo di secondo, il tempo che impiegò l'universo a nascere, e un forte colpo alla testa la costrinse ad aprire gli occhi.

Bianco. Una luce accecante circondava ogni cosa, non esisteva un piano o il cielo, c'era solo una distesa immacolata, ma più neutra di una camera bianca, impalpabile. Il colpo che aveva sentito era probabilmente dovuto al fatto che il suo cervello aveva ricominciato funzionare, o forse no, dato che non riusciva a capire dove fosse e soprattutto, in quale galassia. Si diede un colpetto secco alla nuca, così, per vedere se era ancora piena, poi si alzò e mosse qualche passo in una direzione non definita. Mise le mani a cono intorno alla bocca, poi urlò il nome di colei per cui era finita in quel luogo senza tempo: “Sayaka!”. Una fitta di dolore le attraversò il petto, per poi espandersi a tutto il tronco. Gli occhi si riempirono di sferiche e calde lacrime, così, senza che nessuno glielo avesse chiesto. Rimasero attaccate alle ciglia, come appese a fili delicati e leggeri. Le stava trattenendo, per nulla al mondo si sarebbe messa a piangere là: dopo tutto, non era quello che voleva? Lei aveva scelto di morire, non aveva niente da perdere a parte un'esistenza mirata alla caccia alle streghe; poi era per Sayaka... Mentre si teneva forte lo stomaco con entrambe le mani, una di quelle perle opalescenti le rotolò lungo la guancia, segnandovi una scia umida. Gemendo per la disperazione e il risentimento, per quella debolezza che non doveva permettersi, cominciò a pensare che era stato tutto inutile, che quello doveva essere una specie di limbo senza uscita e che aveva perso per sempre l'unica amica che avesse mai avuto. Già, bell'amica ad andarsene così, senza nemmeno salutare... La seconda lacrima le rigò la guancia rimasta, rischiando di distruggere anche il poco rosso che le era rimasto, riducendola a un'ombra sbiadita della Kyoko Sakura che era stata.

Stava per gettarsi a terra, battere i pugni su quel qualcosa che non aveva un nome e abbandonarsi all'apatia, quando un singhiozzo lontano dieci passi e un balzo la risvegliò. Si raddrizzò di scatto, lavandosi in un attimo del dolore e la rabbia, e allungò il collo verso la fonte del suono: una piccola macchiolina azzurra emergeva dalla superficie – a quanto pareva sferica – di quel posto. Senza dubitare nemmeno per un istante si lanciò verso quel colore così brillante e così triste, pensò, raggiungendolo in poco meno di cinque lunghe falcate. Col fiato corto per l'agitazione e un nodo inspiegabile allo stomaco allungò una mano verso la spalla tremante di Sayaka.

“Non credevo saresti venuta”

Accovacciandosi dietro quella figura esile Kyoko sentì i nervi sciogliersi, la rabbia placarsi e una nuova gioia rischiarare di luce pulita e accecante i loro profili.

“Stupida” sporgendosi in avanti e cadendo sulle ginocchia, cinse il petto della compagna con calore, estendendo quella luce anche nel volto umido di Sayaka. “Che credevi di fare, eh? E dopo tutto, pensavi anche che me ne sarei stata a guardare mentre una stupida come te radeva al suolo un fast-food... Hai molto da imparare, Sayaka”. Un leggero formicolio le oltrepassò la schiena, quando Sayaka le prese le mani tra le sue, sottili e fresche come l'acqua un ruscello, si girò verso di lei e sorrise: “Non sarebbe stato da te” poi, incupendosi all'improvviso, aggiunse: “Mi dispiace”. La stretta di Sayaka si fece più forte, quasi disperata, come a volerle comunicare il suo dolore, renderla partecipe di qualcosa che era troppo pesante per lei. Kyoko le sorrise dolcemente, prese le spalle dell'amica tra le sue mani calde e sicure e la trasse al petto: “Non è da te una risposta del genere” la canzonò con delicatezza. Sentì qualcosa di umido caderle sul petto, ma non disse nulla. Si tirò su, accompagnando il corpo fragile di Sayaka, che non pareva pronta a muovere un solo passo. Ma lei l'avrebbe sorretta, le avrebbe dato un pochino della sua forza, un po' di più, anche tutta se fosse stato necessario e l'avrebbe guidata in un posto migliore. “Forza, o se continui così dovrai offrirmi una cena super-size, non sono abituata a tutto questo sforzo fisico, sai?”. Uno sbuffo sarcastico le riscaldò la spalla sinistra, quella su cui stava poggiata Sayaka. La compagna alzò il viso e mostrò due enormi occhi blu, lucidi e ridenti, puntati in quelli vermigli di Kyoko. Entrambe sentirono uno strano sfarfallio all'altezza dello stomaco, tutte e due sorrisero vicendevolmente e alla fine si presero per mano, in modo impacciato, come due bambine alle prese con un un lego che non è il oro, che fa fatica ad incastrarsi solo perché si cerca di infilare in modo sbagliato i pezzi, ma che è sempre stato giusto così, che ha bisogno solo di una mano esperta e di un po' di pazienza. Kyoko si avvicinò al viso dell'altra, naso contro naso: “Non farlo mai più, va bene? Non lasciarmi indietro, ovunque tu vada, qualunque scemenza tu faccia, avvertimi, così almeno saprò dove andare” poi, con il legame saldo delle loro mani intrecciate si staccò un pochino e le soffiò: “Stupida”. Sayaka rimase interdetta dalle parole della rossa, assorbì l'essenza di quel messaggio e, liberandosi dalle ultime lacrime sospese agli angoli degli occhi strizzandoli in un sorriso sincero, le fece la linguaccia, con fare infantile. Non avrebbe mai voluto che si sacrificasse per lei, che morisse perché lei, Sayaka, non era stata abbastanza forte. Ma Kyoko era comparsa al suo fianco, pronta a sorreggerla e starle accanto; non l'aveva abbandonata, l'aveva raggiunta in quel luogo inospitale solo per starle vicino; a lei, l'ultima persona gentile, la più testarda e quella che non aveva mostrato il minimo interesse per la controparte. Non riusciva a spiegarsi il motivo di quel gesto, e ancor meno riusciva a comprendere il calore che le irradiava il centro dello stomaco quando la mano dell'altra stringeva la sua.

“Secondo te dove siamo?” Kyoko voltò lo sguardo in ogni direzione, magari c'era un banco di taiyaki lì intorno... “Facciamo così”. Sayaka estrasse un piccolo fermaglio giallo canarino dalla tasca; probabilmente ce l'aveva addosso quando si era trasformata in...

Poggiò a terra l'oggetto e riportò lo sguardo su Kyoko, che osservava con aria perplessa i suoi movimenti: “Ora cerchiamo di trovare un'uscita. Se ci perdiamo, c'è sempre questo piccolo segnale” vedendo un leggero scetticismo negli occhi dell'altra, sbottò:“Perchè, tu hai un'idea migliore?” “A dire la verità no. E' che mi dispiace che tu debba lasciarla qua. Potrei sempre togliermi questa assurda vestaglia da vecchia che...” Avvampando, Sayaka bloccò le mani dell'altra prima che si sfilasse la tunica leggera. “Non dire scemenze! E poi è bianca, come facciamo a riconoscerla da lontano?”. Non le andava molto l'idea, ma alla fine Kyoko non trovò nulla da ribattere. Prese saldamente la mano di Sayaka e cominciò ad avanzare con fare spedito. Non sembrava esserci nient'altro a parte loro. Stavano camminando a caso da circa un minuto quando Kyoko vide qualcosa di piccolo e chiaro davanti a sé. Lasciò la mano di Sayaka solo per precipitarsi il più in fretta possibile verso quel piccolo dettaglio. Accovacciandosi sulle ginocchia raccolse la spilla. Sayaka la raggiunse: “Cos'era quell...” Kyoko si era alzata e stava spostando qualche ciuffo blu dalla fronte di Sayaka. Con un piccolo scatto assicurò la spilla gialla. “Tu cosa credi che voglia dire? Non mi pare aver fatto deviazioni. E' come se...” “Avessimo girato in tondo” concluse l'altra. “Credo sia una specie di circolo chiuso” “Beh, piccolo il mondo” esordì Kyoko con una punta di preoccupazione in quello che doveva essere un tono ironico. E ora? Come avrebbero fatto a uscire da un luogo che era concluso, i cui confini erano già stati esplorati. Anche Sayaka pareva riflettere sullo stesso problema. Kyoko non riusciva a vederla così tesa, preoccupata, nemmeno quando lei stessa non sapeva darsi una risposta. Non avrebbe permesso che soffrisse mai più, finché sarebbe stata al suo fianco avrebbe fatto di tutto per renderla felice. Già, tipo massacrare di botte quel Kyosuke; o spazzolarsi quattro hamburger con doppio bacon e formaggio, una porzione grande di patatine e due gelati alla fragola con tutte le palline disponibili, per poi condividere il pranzo con Sayaka. Si avvicinò a Sayaka e la pungolò dolcemente sulla guancia: “Hey, se fosse necessario mi metterei a scavare in questa roba schifosa fino a trovare una porta” l'altra le spostò il dito che teneva ancora sul suo viso, solo per accostarsi di più a lei e abbracciarla: “Lascia almeno che ti dia una mano, allora”. Kyoko era pronta a graffiare e picchiare il suolo immateriale, quando una cascata di singhiozzi le investì la spalla. Non poteva crederci, che aveva detto ora? 

“Sayaka, ma che...?”

“Non dovevi venire qui! Adesso che facciamo? Almeno tu potevi essere salva, e invece...”

“Hey, ma sei proprio scema, tu, credo abbia stabilito un record intergalattico ormai. E che avrei fatto?” Le sistemò meglio la spilla, che era scesa di qualche centimetro: “Preferisco stare con te qui che in qualunque altro luogo da sola” le posò le mani sulla spalle, desiderando poterle trasmettere quello che provava in mille altri modi: “E non farmelo ripetere” scosse la testa accompagnando le parole. Sayaka si asciugò una piccola goccia anomala con l'indice; non aveva mai pianto così tanto e davanti a qualcuno. Si vergognava: che razza di paladina della giustizia era se non faceva altro che frignare? E poi, c'era Kyoko.

“Insieme?”

Kyoko sorrise come faceva quando erano ancora vive; sorrise come solo davanti a Sayaka si concedeva. “Ma sei proprio stupida, tu. Quando saremo fuori di qui dovrò darti qualcosa da mangiare, così ti lavora meglio il cervello” Nemmeno in un momento simile riusciva a restare su un piano di serietà che non riguardasse il cibo. Sayaka le avrebbe urlato contro offesa, se Kyoko non si fosse avvicinata silenziosamente a lei, accostando il suo viso a quello di Sayaka; mentre le loro guance si sfioravano le sussurrò all'orecchio: “Insieme”.

Poteva essere un mare di lacrime, un incendio rovente o un intrico di rovi. L'ostacolo da superare poteva anche essere insormontabile. Per un persona sola. Ma in due, con le mani congiunte e le anime collegate, che non erano mai scomparse davvero e se le portavano dietro come delle buone amiche, potevano fare qualsiasi cosa.

Insieme. 

   
 
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