Serie TV > Glee
Ricorda la storia  |       
Autore: its_CrissColfer    06/09/2014    2 recensioni
Le cose sono andate un po' diversamente dopo il non-matrimonio di Emma e Will a San Valentino: Kurt non è più tornato a Lima per il Glee Club o per qualsiasi altra cosa che riguardasse la sua vecchia città natale, e Blaine non è più andato a New York a cercare di farsi perdonare da Kurt. Intanto, sono passati sei anni, ed entrambi sono andati avanti con le loro vite. O almeno, ci hanno provato. Kurt continua a cercare, nei suoi amanti, qualcuno che assomigli al ragazzo di cui è stato sempre innamorato, e Blaine è intrappolato in una relazione che non vuole più. Sei anni dopo, due persone completamente diverse si rincontrano per puro destino. E solo il destino può sapere come andranno a finire le cose.
“Oh, there you are. I've been looking for you forever.”
Genere: Fluff, Romantico, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: Blaine Anderson, Kurt Hummel | Coppie: Blaine/Kurt
Note: Missing Moments, What if? | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
   >>
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A

And there's nothing left here to remind me,
just the memory of your face.

 

Kurt si svegliò con un gran mal di testa quella mattina. Quando i raggi del primo sole lo colpirono in pieno viso fu inevitabile per lui aprire gli occhi. Si passò distrattamente la mano destra sul viso e voltò la testa verso la fonte di luce, maledicendo chiunque avesse lasciato aperte le tende la scorsa notte. Doveva ammettere che la sera prima aveva forse esagerato in quel localino insieme a Rachel, e guardandosi un po' intorno si rese conto praticamente subito che non si trovava nel suo loft. Roteò gli occhi prima di guardare alla sua destra. Si chiese immediatamente chi cazzo fosse quel ragazzo con i capelli ricci che dormiva ancora profondamente sul cuscino vicino al suo. Avrebbe voluto non aver bevuto così tanto, così magari si sarebbe ricordato almeno se fosse stata una buona scopata oppure no. Se ne fosse valsa la pena.

Improvvisamente schifato scostò le coperte e si alzò il più lentamente possibile, sperando di non svegliare Mark-Jack-o come diavolo si chiamava, così da non doversi sorbire domande come Mi lasci il tuo numero? Possiamo rivederci? O cose simili. Recuperò velocemente i suoi vestiti che erano stati fatti volare in qualsiasi angolo della stanza, e, aprendo diverse porte, trovò finalmente il bagno. Ci si chiuse a chiave, e posò i vestiti sopra il mobiletto lì vicino. Guardò il proprio corpo nudo allo specchio per diversi minuti. Com'era finito in quella situazione? A fare sesso con persone che nemmeno conosceva e scappare subito la mattina dopo? Aveva smesso di amare? Era diventato una specie di puttana?

Il solo pensiero gli fece portare le mani alla bocca, e dopo pochi secondi, tutto l'alcol che aveva ingerito la sera prima fu rigettato nel lavandino di porcellana di quel bagno enorme. Prima di riprendersi completamente passarono diversi minuti, e alla fine di quello sfogo da parte del suo stomaco, si ritrovò accucciato sul pavimento a piangere.

Sapeva che niente sarebbe cambiato, finchè lui non si fosse dato da fare a cercare di cambiare la sua vita.

 

Dopo una doccia veloce per togliersi di dosso l'odore schifoso di sesso, e una faccia disgustata per essersi dovuto rimettere gli stessi boxer della sera prima, uscì dal bagno. Sbuffò rumorosamente quando, dopo aver guardato nella stanza da letto, si rese conto che il ragazzo non si trovava più lì. Prima ancora che potesse dileguarsi alla svelta, due mani gli intrappolarono la vita, fermandosi sulle sue parti intime, mentre un erezione crescente gli premeva sul sedere.

“Buongiorno.” disse quella voce mielosa direttamente nel suo orecchio.

“Giorno.” rispose seccamente Kurt, portando le mani sopra quelle dell'altro ragazzo, e levandole, usando una forza anche a lui sconosciuta. Sorrise compiaciuto, mentre rientrava nella stanza e recuperava le proprie scarpe. Si sedette sul bordo del letto e se le infilò il più velocemente possibile, senza mai incontrare lo sguardo dell'altro ragazzo, che continuava a fissarlo confuso.

“C'è qualcosa che non va?” chiese allora quest'ultimo. Si sedette sul bordo del letto accanto a Kurt, ma questo si rialzò immediatamente, recuperando dal comodino lì vicino il proprio telefono. “Non ti è piaciuto ieri sera?”

“Ah, non ne ho idea, visto che nemmeno me lo ricordo.” rispose tranquillamente il ragazzo, alzando le spalle, e infilando l'iPhone nella tasca anteriore dei jeans. Mise gli occhiali da sole sopra la testa e si rigirò verso di lui. “E comunque adesso me ne vado.” disse poi, indicando distrattamente la porta della stanza. Inciampò leggermente nel paio di boxer neri che si trovavano nel suo cammino mentre il più velocemente possibile se ne andava da quell'appartamento dove sentiva già troppo un odore che gli dava la nausea. “Ci si vede, Carl.” disse infine, richiudendosi la porta dell'appartamento alle spalle, e scendendo velocemente i gradini. Evitò di ridere quando sentì la voce del ragazzo urlare Mi chiamo Matt, ed uscì dal portone del palazzo, infilandosi gli occhiali da sole che teneva sopra la testa. Si guardò intorno, e infine si infilò nel caos di New York.

Beh, nonostante fossero già a metà Dicembre, doveva ammettere che faceva veramente caldo quel giorno. Incrociò le braccia al petto, mentre mentalmente riassumeva quello che avrebbe dovuto fare quella Domenica. E per fortuna che era Domenica, almeno non avrebbe dovuto lavorare. Rise internamente, mentre apriva il portone del proprio palazzo, pronto a sorbirsi da lì a poco la ramanzina giornaliera della propria migliore amica.
 

*
 

“Non ho intenzione di dirti niente, Kurt.” disse una ragazzina piuttosto minuta, quando quest'ultimo aprì la porta ed entrò in un punta di piedi. Sobbalzò quando sentì la voce della ragazza, portandosi una mano all'altezza del cuore e subito si voltò verso la fonte di rumore, trovandosi faccia a faccia con due ragazze piuttosto imbronciate. Erano sedute sul divano con le gambe accavallate e le braccia incrociate sotto il seno. Se Kurt non le conoscesse avrebbe detto che erano sorelle. Cercò di dire qualcosa come un semplice Buongiorno anche a voi, coinquiline impiccione, ma la sua migliore amica fu più veloce. “Ma questa cosa non mi va bene.” finì lei, continuando a fissarlo torva. Il ragazzo roteò gli occhi, e invece di dirigersi verso di loro come voleva fare, svoltò a sinistra, entrando in cucina, e cominciando a rovistare tra gli scaffali. Aveva fame sin da quando si era svegliato, e quello che Rachel gli stava dicendo sembrava una specie di deja-vu. E quel deja-vu l'aveva vissuto fin troppo spesso. “Il fatto è che..”

“Vedi, Rachel,” cominciò Kurt distrattamente, interrompendola. Ne aveva abbastanza delle ramanzine fatte da lei. Neanche fosse sua madre. Nel frattempo stava cercando inutilmente i suoi cereali nello scaffale dove erano sempre rimasti. “La mia vita sessuale, o amorosa, come preferisci te, semplicemente non sono affari tuoi.” disse, alzando le spalle, e girandosi verso di lei, con un sorrisetto sul viso. “E poi, dovreste essere contente,” continuò poi, ammiccando ad entrambe. Anche l'ispanica si era alzata dal divanetto dove erano seduto e li aveva raggiunti. “Almeno io non me li porto a casa.”

“Cosa vorresti dire?” chiese lei, assottigliando gli occhi. Era in piedi esattamente dall'altra parte del tavolino, mentre il ragazzo armeggiava con una bottiglia di latte. Kurt distolse lo sguardo dal liquido bianco, secondo lui scaduto, e la fissò per qualche istante, prima di riaprire bocca. Sapeva sin dall'inizio che quella conversazione non avrebbe portato a niente di buono.

“Chi è che si è messa in casa Brody, senza neanche avvertire l'altro coinquilino? Tu. Chi invece Ethan? Tu. E vogliamo parlare di Matthew? Justin? Jonathan? O –“

“Ok,” lo interruppe Rachel, alzando di qualche decibel la voce, solo per sentirlo smettere di parlare. “Va bene. Hai ragione.” acconsentì poi, mettendo entrambe le mani avanti, con un sorrisetto sul viso. Si presero entrambi un minuto di silenzio. Kurt sapeva che l'amica avrebbe aggiunto qualcosa, così semplicemente aspettò. Mentre quest'ultima pensava alle parole esatte da usare senza far incazzare il proprio coinquilino. Cosa che non sarebbe stata facile. “Io le ho amate – o almeno ho creduto di amarle – quelle persone, Kurt.” disse poi, in tono affettuoso, avvicinandosi a lui, lentamente come se si trovasse una bomba esattamente ai piedi del ragazzo. Il giovane assottigliò gli occhi, sospettoso. Oddio, no. “Tu – io, non lo so, sembra quasi che tu abbia smesso di.. di.. sperare.” aggiunse lei, voltandosi verso Santana, la quale non aveva ancora aperto bocca. Quest'ultima annuì impercettibilmente, e Rachel si voltò nuovamente verso di lui, sorridendo tristemente. Certo, quelle due avevano già programmato tutta la chiacchieratina. “Di sperare di riuscir a trovare la persona giusta.”

“Praticamente,” cominciò il ragazzo, fissando le ragazze alternativamente. Il suo tono aveva assunto un tono offeso. “Mi state dando molto gentilmente della puttana.” La sua vocina interiore proprio in quel momento gli sussurrò un non molto carino hanno ragione. Si, in effetti aveva poco da sembrare offeso. Sapeva perfettamente che da sei anni non faceva altro che cambiare ragazzo praticamente ogni sera. Probabilmente si era fatto tutta New York dalla parte maschile. Quasi sicuramente la gente per strada lo additava come Oh, quello è Hummel, quello che da via il culo come se fosse niente.

Kurt incrociò le braccia al petto, e scosse la testa lentamente, cercando di ricacciare le lacrime che stavano affiorando ai suoi occhi. Ripensò all'ultima frase di Rachel. “Sembra che tu abbia smesso di sperare.” Non era assolutamente così. O forse si? “Io l'avevo trovata la persona giusta.” sussurrò poi con voce rotta, senza guardare nessuna delle due ragazze. Le parole gli erano uscite ancora prima che lui potesse fermarle. Quest'ultime si scambiarono un occhiata, prima di tornare a guardare il ragazzo davanti a loro, entrambe senza parole. Era la prima volta, dopo sei anni, che parlava o comunque che faceva riferimenti a.. lui. I primi tempi quando qualcuno provava a parlarne, soprattutto Santana per stuzzicarlo, Kurt semplicemente cambiava argomento o non rispondeva, fingendosi completamente disinteressato. Ed era quasi strano sentirlo parlare di quello.

Ci furono dei lunghi secondi imbarazzati tra le due ragazze, mentre entrambe cercavano qualcosa con cui ribattere. Beh, sembrava semplicemente impossibile. Alla fine, Santana, la quale era rimasta in silenzio, si fece avanti. “Kurt, sono passati sei anni.” dichiarò l'ovvio. L'ispanica era cambiata radicalmente in quegli anni. Era diventata leggermente più affettuosa nei confronti di chiunque, anche se non era probabilmente ancora pronta ad ammetterlo. Lei e Brittany si erano rimesse insieme dopo un anno circa di separazione, e Kurt le invidiava da morire. Adesso stavano programmando di sposarsi il prima possibile. Il ragazzo si asciugò una lacrima che era sfuggita dai suoi occhi, e mise su un sorriso finto. Alla fine annuì.

“Vado a fare un giro.” disse infine, sorpassandole entrambe e recuperando la propria giacca. Scosse la mano che Rachel gli aveva appoggiato su un polso cercando di trattenerlo, e continuò a sorridere. Il miglior sorriso che in un momento del genere potesse indossare. “Sto bene.” dichiarò, cercando di tranquillizzarla, mentre usciva il più velocemente possibile da quel loft che gli stava in quel momento fin troppo stretto.

La verità è che il cuore rischiava di scoppiargli da tanto che aveva deciso di battere, e l'unica cosa che desiderava veramente fare, era rinchiudersi in una stanza isolata e piangere fino a che ne avrebbe avuto la forza. Ma quella era la sua vita, che gli piacesse o no. Quello era quello che gli era successo, che gli piacesse o no. E che gli piacesse o no, era davvero arrivato il momento di andare avanti, lasciandosi il passato alle spalle.

 

*

 

Stava tamburellando il piede sul pavimento di legno da diversi minuti ormai. E controllava l'ora ogni due secondi. Non era possibile. Un'altra volta. Era ancora una volta in ritardo. E anche in grave ritardo, quella volta. Accavallò le gambe un ennesima volta, passandosi nervosamente le mani tra i capelli. Un ennesima volta.

Fece vagare lo sguardo tra le persone in sala, e un'espressione disgustata gli si formò sul viso. Coppiette felici. Coppiette felici ovunque. Anche lui sarebbe potuto essere felice, invece di così profondamente incazzato com'era. Prese il menù che si trovava a poca distanza da lui e cominciò a leggere e rileggere, fino a che ormai non lo imparò praticamente a memoria. In realtà sperava solamente di potersi dare una calmata. Solo che lo sapeva: appena vide quel viso entrare dalla porta principale del ristorante, una profonda voglia di alzarsi, spaccargli la faccia e andarsene, lo pervase. Cercò di ricomporsi, mentre il ragazzo con l'espressione mortificata che ormai non lo convinceva più da almeno un paio di anni, si avvicinava a lui. Mise su la sua migliore espressione offesa-incazzata-nonmitoccare, senza smettere di tenere gli occhi incollati al menù. In effetti, parlando di drama queen, era forse rimasto il migliore sul mercato. Sorrise compiaciuto internamente della sua espressione. Ahh, che soddisfazione vedere quell'espressione preoccupata. Paura, eh?

“Amore,” cominciò il ragazzo, sedendosi davanti a lui, e tentando un sorriso incerto che l'altro non ricambiò minimamente. Anzi, non lo stava neanche guardando. “Amore, mi dispiace.” disse, passandosi le mani tra i capelli. “Ho avuto un -”

“Quarantasei, e dico quarantasei, minuti di ritardo, Alex.” lo interruppe l'altro, posando il menù nel modo più elegante che conoscesse. Adesso esisteva anche un modo elegante per appoggiare un menù? Vabbè, stava solo cercando di contenersi. Lo avrebbe volentieri rincorso per tutto il ristorante, minacciandolo con il menù, e ricordandogli che quella era.. “La settima volta che arrivi in ritardo ad un appuntamento. Stai per caso, cercando di battere un qualche record?” chiese infine, con una punta non proprio leggera di sarcasmo. Sentì il ragazzo sospirare. Ti sta bene. Sentiti pure in colpa quanto vuoi.

“Blaine, amore, ti prego.” lo supplicò lui. “Ho avuto un contrattempo con il produttore. Cerca di capire.”

Il moro distolse lo sguardo da quegli occhi che in quel momento gli facevano venir voglia di vomitare, e accavallò nuovamente le gambe, tamburellando distrattamente le dita della mano destra sul tavolino. Alex seguì quel suo gesto, e cominciò seriamente a preoccuparsi. “E' la scusa che usi ogni singola volta.” sibilò a denti stretti infine, tenendo gli occhi chiusi. “In ogni caso,” continuò poi, sospirando e cercando di darsi una regolata, una volta per tutte. “Non – non mi va di litigare.”

Non era esattamente così. Il fatto che lo avrebbe rincorso per tutto il ristorante, era vero. Ma la verità era che Blaine non poteva permettersi di perdere Alex. Sarebbe rimasto solo ed indifeso se ciò fosse successo. E la domanda che più continuava a tormentarlo era sempre la stessa. Lo amava ancora, o era semplicemente un bisogno di non sentirsi abbandonato?

Quando riaprì gli occhi, rimase pietrificato. Il suo ragazzo aveva sorriso e aveva cominciato a parlare e parlare, senza mai distogliere lo sguardo dal menù che aveva preso dal tavolino. Era sempre così, se Blaine rispondeva “Non mi va di litigare.” o “Lasciamo perdere.”, allora il ragazzo ricominciava a respirare e cominciava a parlare come se niente fosse. Aveva conosciuto Alex cinque anni prima, quando lui era in un periodo piuttosto nero. Alex lo aveva riportato a galla, salvandolo – letteralmente. Ma Blaine sapeva perfettamente per quale motivo, un anno dopo aveva deciso di mettersi insieme a lui, e trasferirsi a New York. Era giovane, ed era innamorato, ovviamente. Ma i suoi occhi, pur non essendo della stessa identica tonalità, erano simili a quelli di..

“..ed è per questo che vorrei che tu venissi, amore.”

Blaine sembrò risvegliarsi a quella frase. La verità è che non era rimasto molto sveglio per tutto il monologo di Alex. Anzi, non aveva afferrato una singola parola, troppo distratto dai propri pensieri. “Scusa, dicevi?”

“Il ricevimento di stasera. Che poi non è proprio un ricevimento, ma una specie di festa.” gli ricordò il ragazzo biondo davanti a lui, sorridendo teneramente. Sapeva che Blaine aveva molti pensieri riguardanti il lavoro, quindi non se la prese per niente. “Verrai, giusto?”

“Oh si, sicuro.” rispose Blaine, fingendosi entusiasta. Dopo un sorriso tenero da parte di Alex, ed uno improvvisato e veramente poco convincente del moro, diedero le loro ordinazioni al cameriere che si era appena avvicinato.

Sapeva che tipo di “ricevimento” gli sarebbe aspettato. Gli amici di Alex – che ormai erano diventati anche i suoi – erano piuttosto simpatici, ma dio, quelle serate erano una più noiosa dell'altra. Con un calice di champagne in mano, tutti vestiti in giacca e cravatta, a parlare in un modo che neanche le più alte classi sociali del ottocento. Ovviamente il tutto, restando tutta la sera con un sorriso finto stampato in volto. Ecco, sarebbe stata una serata di merda, ne era sicuro.

 

*

 

“Mi dispiace, Rach.”

Quelle parole arrivarono sussurrate alle orecchie della giovane ragazza, la quale saltò letteralmente sulla propria sedia, ed incontrò velocemente lo sguardo del proprio migliore amico, dallo specchio che aveva davanti. “Per cosa, amore?” chiese lei, confusa, aggrottando la fronte, e continuando a idratarsi la pelle.

Kurt, che stava fermo sullo stipite della porta, sospirò, prima di entrare nella piccola stanza. Si guardò intorno, prima di sedersi su un piccolo divanetto proprio dietro le spalle di Rachel, continuando a guardarla attraverso lo specchio.

“Oggi dovevamo festeggiare per il tuo finalmente arrivato debutto, e invece,” alzò le braccia e sospirò. “Mi sono comportato da diva, come al solito, stando fuori tutto il giorno e non rispondendo nemmeno alle tue chiamate.” riabbassò le braccia, evitando il sorrisetto divertito sulle labbra della migliore amica. Doveva ammettere che neanche lui potè evitare quello che si formò sul suo di viso. “Solo.. mi dispiace.”

“Ehi, non fa niente ok?” disse lei, alzandosi dalla sedia e andandosi ad inginocchiare davanti a Kurt. “Va bene così, ci rifaremo dopo lo spettacolo.” prese le mani di Kurt tra le sue, e sorrise. Il ragazzo la imitò. “Adesso.. vogliamo parlare di quello che hai detto -”

“No, Rachel.” rispose l'amico, scuotendo la testa categoricamente. “Non so per quale motivo ho detto una cosa del genere. Forse.. beh, forse..”

“Forse lui ti manca?”

“Forse.” acconsentì lui, sorridendo. “Ma è acqua passata. Sono passati sei anni, e non è giusto che io continui a pensarci o.. o a starci male.”

“Ma sembra che sia inevitabile, o sbaglio?” chiese Rachel, inclinando leggermente la testa. Un sorriso tenero si fece strada sul suo viso. Kurt distolse velocemente lo sguardo, per evitare che le lacrime uscissero dai suoi occhi per l'ennesima volta, quel giorno. “Voglio dire, sembra che tu non possa far altro che pensarci.”

“E tu che ne sai?” chiese Kurt, un po' sulla difensiva, tornando a guardarla. Quella si che era bella.

“Oh, andiamo. Ricordi quella mattina quando mi svegliai e tu ti trovavi con questo ragazzo sul divano a guardare la tv? O quando ti incontrai a Central Park con un altro ragazzo, il quale non mi ricordo neanche come si chiamava? E non so.. è una mia impressione, o assomigliano tutti inevitabilmente a -”

Kurt la zittì, premendole una mano sulla bocca. Scosse la testa. Era tanto tempo che non sentiva quel nome, e si stava abituando. Quando tolse la mano, la ragazza annuì comprensiva. Non ebbero il tempo di dire altro. Quando il regista entrò nel camerino annunciando che mancavano solo venti minuti, Rachel si sbrigò a rialzarsi e a finire di prepararsi, lasciando Kurt perso nei suoi pensieri.

Tutto sarebbe potuto andare diversamente se solo fosse tornato a Lima quando lui glielo aveva chiesto, per le regionali del suo ultimo anno. Perchè aveva semplicemente deciso di andare avanti, e cercare di voltare pagina? Ma la cosa che più lo faceva stare male era ripensare a quando aveva finalmente realizzato che non poteva, semplicemente non poteva, andare avanti senza di lui, ma era troppo.. codardo? per prendere un aereo e tornare a prendersi ciò che era suo. Che era sempre stato suo. E che sempre sarebbe stato suo. Su quello ne era sicuro. Perchè per quanto, quasi sicuramente non lo avrebbe più rivisto, sapeva che un pezzo di lui era sempre e comunque suo. Sapeva che in quei momenti che avevano passato insieme, si era preso un pezzo dell'anima dell'unico ragazzo che abbia mai amato. Il problema era che, quest'ultimo, si era preso ogni singolo pezzo dell'anima di Kurt.

La malinconia e la tristezza lo pervasero un ennesima volta quel giorno.

 

*

 

L'essere il ragazzo dello stilista aveva sicuramente i suoi vantaggi. Ecco cosa pensava Blaine mentre si sedeva con un sorriso sincero nei posti riservati del teatro. Broadway, ecco una cosa che aveva sempre amato. E se c'era una cosa che amava ancora di più erano i debutti a Broadway. Nuove voci, nuove facce. Purtroppo non aveva avuto tempo di informarsi sulla ragazza che avrebbe vestito i panni di Fanny Brice, ma aveva il presentimento che sarebbe stata formidabile. Si voltò verso Alex, che in quel momento stava discutendo dei dettagli più o meno futili, con quello che, a sesto senso, sembrava il produttore. In un moto di rabbia, gli avrebbe chiesto se era veramente lui il responsabile di tutti i suoi ritardi, ma.. no, era troppo contento quella sera. In realtà aveva detto al suo ragazzo che sarebbe stato presente solo all'after party, ma per fortuna era riuscito a liberarsi prima a lavoro, e grazie al pass datogli da Alex, era riuscito a raggiungerlo, proprio mentre chiudevano le tende, segno che il primo atto si era appena concluso.

Il ragazzo si girò verso Blaine, proprio mentre gli applausi si conclusero. Vedere il sorriso sincero, e lo sguardo curioso del proprio ragazzo, che si era appena affacciato dal loggione, per vedere le persone dall'alto, lo fecero sorridere felice. L'entusiasmo adorabile di Blaine era una delle cose che lo avevano fatto innamorare di più. Quest'ultimo si girò proprio in quel momento, forse sentendosi osservato, ed Alex ne approfittò per stampargli un bacio a fior di labbra, che fece arrossire il moro, il quale non se l'aspettava.

“Sono felice che tu sia qui.” gli sussurrò ad un orecchio, quando furono seduti compostamente. Blaine sorrise leggermente, accoccolandosi contro la sua spalla – per quanto quelle poltroncine lo permettessero. “Ti amo.”

Quella fu come una mazzata al cuore. Alex non era una persona particolarmente propensa al dire cose come “ti amo”, “sei importante”, o “sei la cosa più bella della mia vita”. Era semplicemente un tipo di persona che preferiva i gesti alle parole. E Blaine gliene era estremamente grato, perchè ogni volta che si ritrovava a dover rispondere a cose del genere, si sentiva stranamente in colpa. Non sapeva spiegarsi il perchè. In fondo, Alex era una delle persone più importanti della sua vita. Ma non la più importante, come forse sarebbe dovuto essere. Merdamerdamerda.

Si schiarì la gola, come a prendere quel minimo di tempo che forse lo avrebbe fatto ragionare meglio. Alla fine mise su un sorriso e alzò lo sguardo sul ragazzo accanto a lui. “Anche io ti amo.”

Prima di poter seriamente capire se fosse una bugia o no, il palco venne riaperto, e le luci del teatro vennero riabbassate. Cosa di cui Blaine fu grato, così Alex non avrebbe letto la confusione nei suoi occhi. Quello era un suo difetto, il poter essere come un libro aperto per le persone. No, era una cazzata. Quasi nessuno riusciva a leggergli dentro, tranne chi veramente lo conosceva. Il fatto è che Alex non ci aveva mai neanche provato. Solo Kurt ci riusciva ogni singola volta.

Kurt.

Blaine spalancò gli occhi, senza fissare niente di particolare. Non si concentrò sulle parole dello spettacolo, né sulla musica che uscì dagli strumenti subito dopo. Aveva un solo unico pensiero in quel momento. Kurt. Erano – metaforicamente parlando – anni che Blaine non pensava a lui. Anni che non lo nominava nelle sue conversazioni o nei suoi pensieri. Neanche Alex sapeva della sua storia con Kurt. In effetti, nemmeno lui sapeva delle precedenti storie del suo ragazzo.

Chissà che fine avesse fatto Kurt. Forse si era trasferito nuovamente. Forse adesso abitava in Europa, o dall'altra parte dell'America. Forse era finito a fare un lavoro importante. Forse era single. O forse, e quasi probabilmente, era sposato e felice. Quell'ultimo pensiero fu come una doccia gelata per il moro. Un improvviso senso di vomito lo pervase. Si alzò in piedi, sentendosi soffocare, sotto lo sguardo confuso del proprio ragazzo, e dopo avergli sussurrato un velocissimo “Scusami”, si affrettò a scendere velocemente le scalette che lo avrebbero portato a respirare l'aria pungente dell'inverno di New York. Mentre tirava fuori il telefono dalla tasca posteriore che aveva appena iniziato a vibrare, si scontrò con una persona. Dio, che giornataccia. Si scusò velocemente senza neanche guardarla in faccia. Sicuramente avrebbe pensato che era un gran maleducato, ma poco gli importava. Portò il telefono all'orecchio, rispondendo alla chiamata della sua segretaria.

 

 

Che testa di cazzo.

Kurt si girò con un espressione decisamente da come-osi. La verità è che non se la sarebbe assolutamente presa se quel tizio si fosse almeno scusato come si deve. Ma no, l'aveva semplicemente travolto, e poi come se fosse una cosa normalissima, si era allontanato rispondendo a quel cazzo di telefono. Fanculo. Ma possibile che New York fosse un posto pieno di così tanti maleducati?

Dopo essersi rigirato con un espressione da io-vado-avanti-anche-senza-le-tue-scuse, e dopo che la “rabbia” del momento fu evaporata, una lampadina si accese esattamente sopra la sua testa. Inclinò leggermente la testa, e aggrottò le sopracciglia. Si girò nuovamente verso l'uscita, dove il tizio che l'aveva quasi ucciso – potrei fargli causa – stava attraversando in quel momento la strada, dandogli le spalle, e continuando a parlare al telefono.

Non era possibile. Insomma, anche solo l'idea, lo faceva scoppiare a ridere. Per un momento ovviamente, aveva avuto la grande idea di inseguirlo – pedinarlo – e vedere se le sue supposizioni fossero vere. Ma dio, sarebbe stata la cosa più assurda che avrebbe mai potuto fare. Eppure, quella voce..

“Kurt?”

La voce di Santana lo riportò alla vita reale, facendolo sobbalzare. “Torna dentro, il secondo atto è appena iniziato.”

Kurt si voltò velocemente verso di lei, e poi nuovamente verso la strada, dove la sagoma dell'uomo che aveva visto poco prima era sparita. Annuì impercettibilmente. “Si, arrivo.”

 

*

 

“Ma dove sei?” chiese quella – tanto odiata, in quel momento – voce, dall'altra parte del telefono. Blaine sospirò nuovamente quel giorno, e uscì dal fioraio con un grande bouquet di rose rosa. Roteò gli occhi, e, con il telefono tra la spalla e il viso, riuscì a sistemare un paio di rose che sporgevano troppo.

“Scusami, sono dovuto uscire.” rispose sinceramente, avviandosi non sapeva bene dove neanche lui. “Mi sono sentito poco bene, e avevo bisogno di fare una passeggiata.”

Dio, se era vero. Non se lo seppe spiegare il perchè, ma pensare che Kurt, il suo Kurt, poteva benissimo essere sposato o convivente, o chissà cosa, lo aveva fatto sentire una merda. Non aveva nessun diritto di sperare, egoisticamente, che Kurt fosse ancora single. In fondo, lui non lo era. E le cose con Alex stavano diventando pure serie. E poi, comunque, neanche in una prossima vita si sarebbero potuti rincontrare, di questo ne era praticamente certo.

“Adesso come stai?” La voce preoccupata di Alex gli trafisse il cuore. Dio, si sentiva così in colpa. Perchè non riusciva ad amarlo come lui amava Blaine? Merda.

“Bene.” mentì. “Sto bene. A proposito,” disse poi, cercando in tutti i modi di cambiare discorso. “Sono passato dal fiorista a prendere delle rose alla ragazza. Mi dispiace essermi perso lo spettacolo.” disse infine, più riferendosi a lui, che alla ragazza che debuttava quella sera. Poco gli importava, se doveva essere sincero. Ma vabbè, Alex la conosceva bene ed erano diventati praticamente amici, e le aveva promesso di farle conoscere Blaine. E lei sembrava stranamente molto impaziente di conoscerlo. Blaine non poteva dire lo stesso. Ripeto, poco gli importava.

“Oh, è un pensiero molto gentile, amore.” rispose il suo ragazzo. Il moro praticamente sentiva il sorriso del suo ragazzo. Cosa che gli fece improvvisare un sorrisetto anche a lui. “Allora, ci vediamo al locale. Siamo già in parecchi qua.”

“Si, arrivo.” tagliò corto il moro, per poi riattaccare velocemente. Eccola la serata di merda che si aspettava. Stava arrivando. Blaine la sentiva.. la sentiva così vicina. Dio, era proprio melodrammatico, sua madre gliel'aveva detto così tante volte. Aveva decisamente ragione.

 

*

 

“Amore, finalmente!” esclamò Alex, quando vide il proprio ragazzo entrare con questo esagerato bouquet di rose. Quasi ci spariva dietro. Sorrise divertito, prima di stampargli un bacio sulla guancia. Blaine si guardò un po' attorno, sospirando impercettibilmente, mentre Alex lo conduceva davanti ad una persona veramente alta, ugh. Lo faceva sentire ancora più gnomo di quello che si sentiva di solito. “Questo, Blaine, è il produttore, Mr. Nicholas Powell. Signor Powell, il mio compagno, Blaine Anderson.”

I due si strinsero la mano e si sorrisero cordialmente. Mr. Powell forse fin troppo cordialmente, il che fece tirare indietro la mano a Blaine forse un po' troppo prima del previsto. Nessuno parve accorsene, per fortuna. Di certo non voleva passare come Blaine Anderson, il maleducato ragazzo di Alexander Torres. L'uomo cominciò a chiacchierare animatamente con entrambi, ma Blaine ne approfittò solo per continuare a guardarsi intorno. Il locale era stato sgomberato dei soliti tavolini, e si trovava solo un enorme tavolo sulla parete in fondo, con sopra degli stuzzichini. Uh, che parola. Ha sempre odiato la parola stuzzichini. Sa di altà nobiltà. Le persone intorno a loro erano vestite da sera e con il solito clichè del cazzo di calice di champagne in mano. Sorrise divertito, evitando di mettersi ad urlare a tutte quelle donne quanto se la tirassero con quelle manine che fanno finta di nascondere una risata ancora più finta delle unghie. E poi gli chiedono perchè è gay.

Il suo sguardo finì nuovamente sulle rose che teneva in mano. In effetti, si sentiva estremamente idiota con quel bouquet in mezzo ad una sala. Spiccava, su quello non c'erano dubbi.

“Ahh, Signor Anderson.” alla pronuncia del suo cognome, Blaine sembrò risvegliarsi. “Quanto invidio il vostro lavoro. Quanti anni avete detto di avere?”

“Non credo di averlo detto, Signor Powell,” disse con una punta di sarcasmo, che subito gli fu tolta dalla gomitata non proprio delicata del suo ragazzo. “Comunque ventiquattro.” disse poi, cercando allora di ricomporsi. L'occhiata di disapprovazione che gli aveva inviato Alex, lo aveva fatto preoccupare. Solitamente Alex amava il suo sarcasmo. Sarei in grado di metter su un espressione offesa anche in questo momento. Poco gli importava di apparire infantile. Forse lo era rimasto davvero.

“Avete già completato gli studi?” chiese, l'uomo, dopo aver ridacchiato leggermente. Pft, lui apprezza il mio sarcasmo.

“Beh, si, ho completato gli studi l'anno scorso alla NYU. E dopo pochi mesi, sono stato assunto al Lenox Hill, cosa di cui ancora non mi capacito, veramente.” ammise con una risatina nervosa, che fece sorridere Powell e il proprio ragazzo. “Adoro il mio lavoro.”

“Esattamente in cosa sei specializzato?” chiese lui, sinceramente curioso. Poi, sembrò illuminarsi e riaprì bocca prima che Blaine potesse rispondere. “Oh, possiamo darci del tu, giusto?”

“Certamente.” rispose con un sorrisetto Blaine, per poi essere interrotto da un cameriere che gli offrì un calice di champagne. Eccolo. “Grazie.” disse, riferendosi al cameriere. Ecco, adesso aveva entrambe le mani occupate. “Beh,” continuò, guardando il produttore. “Specializzato in pediatria. Amo i bambini.” diede poi come spiegazione alla faccia sorpresa di Nicholas. Quest'ultimo annuì, e prima che riaprisse bocca, Blaine ne approfittò per chiedere al proprio ragazzo dove si trovasse la protagonista dello show. Sinceramente quelle rose cominciavano a rompergli le palle.

“Oh, dovrebbe arrivare tra poco.”

 

*

 

“I vestiti, Rachel. Cazzo, erano decisamente perfetti.” disse Kurt, girandosi verso la propria amica, che continuava ad avere gli occhi rossi dal pianto e un sorriso commosso sul viso. Ridacchiò del tono entusiasta del proprio migliore amico, e si asciugò l'ennesima lacrima, grazie al fazzoletto che Santana le aveva appena dato.

“Ti farò conoscere lo stilista, allora.” disse lei, continuando a ridacchiare. Era stata sopraffatta dall'adrenalina del debutto, e adesso non riusciva a smettere di ridere, poi di piangere, poi nuovamente di ridere. “E' molto carino.” dichiarò poi.

“Dio, uno che crea arte in quel modo, può solo essere il mio tipo.” scherzò il ragazzo, ridacchiando insieme a lei. La verità era che appena finito lo spettacolo era scoppiato in lacrime, ma per evitare di far piangere ancora di più la propria migliore amica, le aveva evitate per tutto il tempo che erano insieme. Era così fiero di lei. Così fiero e così contento.

“Purtroppo è già impegnato.” disse poi lei, innocentemente, alzando le spalle in segno di scuse. Kurt ridacchiò, e schioccò le dita come a dire che peccato.

La limousine si fermò in quel momento davanti ad un locale dove erano già appostate molte macchine, così i tre amici si sbrigarono ad uscire. Kurt posò un braccio dietro le spalle di Rachel, e la strinse a sé in modo affettuoso. Le posò un bacio sulla tempia ed entrarono nel locale.

La prima cosa di cui si accorse era che le centinaia di persone presenti nel locale subito si avvicinarono e si complimentarono con la sua amica, intrappolandolo lì. Dio, no, fatemela respirare.

 

 

“Tienimi queste,” disse Blaine al proprio ragazzo, porgendogli le rose. “Devo uscire un attimo per fare una telefonata.”

Alex annuì distrattamente, prendendo le rose, e continuando a parlottare con il produttore. Dio, di qui ad un secondo si fidanzeranno. Roteò gli occhi, ed uscì dal locale che si era anche fin troppo riempito in quegli ultimi venti minuti. Ma quanta gente era stata invitata?

Uscito fuori finalmente respirò. Non gli andavano giù quelle serate. Erano le più insopportabili alle quali Blaine avesse l'onore di partecipare. Sapeva che non sarebbe mai cambiato niente, e che, che gli piacesse o no, doveva farsele andare bene. Perchè ce ne sarebbero state molte altre. Oh, ne era sicuro.

Senza perdere ulteriore tempo compose il numero che ormai conosceva a memoria, e si portò l'iPhone all'orecchio. In quel preciso momento una limousine si avvicinò, fermandosi davanti al locale. Blaine si allontanò velocemente, nascondendosi dietro un muro non troppo distante.

“Buonasera, Lenox Hill Hospital. Avete chiamato lo studio del Dr. Anderson. Dovete prenotare un appuntamento?”

“Buonasera, Carly.” rispose divertito il moro. Quanto odiava tutte quelle formalità. “Sono Blaine.”

“Oh, Signor Anderson, per fortuna avete richiamato.” rispose lei, rilasciando un sospiro di sollievo. “La madre di Elliot ha chiamato proprio dieci minuti fa, dicendo che doveva urgentemente parlare con lei. Le ho fissato un appuntamento per domani alle dieci, le sta bene?”

“Ovviamente.” rispose Blaine, per poi ridacchiare divertito. “Quella donna è molto protettiva nei confronti di suo figlio.” diede come spiegazione alla sua risatina. “Le basta una linea di febbre per portare il figlio da me.”

“Credo sinceramente che si sia presa una bella cotta.”

Blaine tirò indietro la testa e rise di gusto. Amava Carly. Era una ragazza di appena vent'anni, che aveva assunto più per fiducia che per altro. Aveva da poco finito il liceo, ma dimostrava molte doti, e Blaine l'aveva voluta assumere per i primi sei mesi, meritandosi le frecciatine dei suoi colleghi. Si, in effetti, non era stata una grande scelta. Ma dopo quei sei mesi, le aveva rinnovato il contratto, molto soddisfatto. Era stata un ottima segretaria, e, ovviamente, lo era tutt'ora.

La amava per il semplice fatto che non era una di quelle tutte serie. Era capace di fare il suo lavoro, ma di essere simpatica il maggior numero di volte. Tranne quando era nel suo periodo. Dio mio, non le potevi dire niente che ti fulminava sul posto. Blaine era abbastanza intimorito in quei cinque giorni al mese.

“Può darsi.” disse infine il moro, sorridendo. “Senti, ti lascio, Carly. Devo rientrare qua dentro. Mi aspetta una serataccia. Augurami buona fortuna.”

“Buona fortuna, Signor Anderson.”

Gli serviva proprio.

*

 

Venne strattonato per un polso. Chi diavolo osa.. Oh, Rachel. Rachel con un sorriso malizioso, a dirla tutta. Cosa che lo aveva sempre intimorito in una maniera assurda. Assottigliò gli occhi, cercando di leggere sul viso dell'amica la risposta a quel sorriso malizioso.

“Devo presentarti lo stilista, o no?” chiese lei. Oddio, ma fa sul serio?

Bisogni ossessivi compulsivi di Rachel: cercare in tutti i modi di creare una vita sentimentale a Kurt. E il bello, è che l'aveva detto lei stessa: quell'uomo era fidanzato. Quindi, che senso aveva, alla fine?

Niente. Non ebbe tempo di chiederglielo, che un viso maschile con due occhi grandi e azzurri come il cielo gli venne spiaccicato sotto il naso. Stava sorridendo divertito. Mh, però, che bel sorriso che aveva. Dio, Kurt, fidanzato.

“Queste sono per te, Rachel.” disse il ragazzo, porgendo alla sua amica un mazzo di rose rosa. Le vide spalancare la bocca, sorpresa. Entrano le mosche, Berry. “Da parte del mio ragazzo. Dovrebbe.. oh, è uscito cinque minuti fa per telefonare. Sono sicuro che sarà qui tra pochissimo.” continuò poi, con un sorrisetto di scuse. “Quindi, tu sei Kurt.” disse poi, rivolgendosi a lui, e porgendogli la propria mano. “Alexander. Ma chiamami Alex.” Kurt sorrise, annuendo. “Rachel mi ha parlato molto di te.”

Oh certo, Rachel gli aveva parlato molto di lui. Ovviamente. Si girò con uno sguardo gelido verso la propria migliore amica, che semplicemente alzò le spalle sorridendo. La professione di Rachel non dovrebbe essere l'attrice a Broadway, ma la sfasciacoppie. Dio, ma che ci faceva lì a parlare con un ragazzo fidanzato?

“A Rachel piace parlare molto. Troppo, direi.” disse con una leggera punta di sarcasmo. Il ragazzo sorrise divertito, mentre Rachel mise su la sua migliore espressione offesa. E in più, pestò il piede destro del ragazzo, cosa che lo fece urlare. Tutti si girarono verso di lui. La figura di merda era appena arrivata. Beeeene.

Mise su un sorrisetto imbarazzato e cercò in tutti i modi di nascondersi dietro Rachel. Cosa impossibile, vista la leggerissima differenza di altezza. Alex, non aveva smesso di fissarli un solo secondo, continuando a sorridere.

Kurt sentì la porta del locale aprirsi, e in quel preciso momento, proprio in quello, sentì un ondata di gelo che lo pervase dalla testa ai piedi. Cosa del tutto plausibile visto che si trovavano a poco più di una settimana da Natale. Ma quello non era un freddo da temperatura, era più uno di quei brividi da orgasmo. Ok, questa poteva risparmiarsela.

Alzò lo sguardo su Alex, decidendo di non sembrare fin troppo maleducato da non rivolgergli neanche più la parola, ma ciò che vide, lo fece congelare sul posto. Altro che brivido da orgasmo.

Il tempo si era fermato in quel momento, ne era sicuro. Tutte le persone in quel locale, si erano appena pietrificate sul posto, chi mentre rideva, chi mentre chiacchierava e così via, e l'orologio si era appena rotto, restando fermo sulle dieci e trentasette e cinquantadue secondi.

Spalancò occhi e bocca, voltandosi immediatamente verso la propria migliore amica, che aveva la stessa sua espressione stampata in volto, le rose che le scivolavano dalle mani. Bene, almeno era sicuro di non aver ancora le allucinazioni da poco alcool. Eh?

Non era possibile. Era assolutamente inverosimile. Quella persona che stava sussurrando una cosa nell'orecchio dello stilista non poteva assolutamente, in nessun modo, neanche in un'altra vita essere..

“B-Blaine?”

Il diretto interessato interruppe il suo discorso sussurrato, e si girò sorpreso verso chiunque lo avesse appena chiamato. L'espressione che si formò sul suo viso fu impagabile. E Kurt si rese conto di una cosa.

Non aveva le allucinazioni.



Note: Sono pervasa da un immenso piacere, mentre pubblico questa nuova mini-long. Per prima cosa, voglio chiedere immensamente scusa a chiunque stesse seguendo Can you keep a secret?, perchè so di non averla più aggiornata. Il fatto, ragazzi, è che – essendo completamente sincera – ho attraversato un periodaccio in tutti i sensi, e ho avuto una specie di così detto blocco dello scrittore e durante il periodo nero – dio, come sono melodrammatica – ho avuto questa illuminazione, e mi sono messa immediatamente a scrivere. Ad essere ancora più sincera, le parole mi sono uscite da sole. Ogni singola parola è stata un piacere scriverla, dico sul serio. 
Ah, ci tengo anche a dirvi che questa storia è già finita, quindi non dovete aver paura che io possa abbandonarla. In tutto sono 7 capitoli, e aggiornerò una volta a settimana.
All'inizio avevo persino pensato ad una Daddy!Blaine, ma poi mi sono resa conto che sarebbe stato più difficile sviluppare la storia, quindi ho lasciato perdere.
Mi dispiace molto essere diventata una di quelle che comincia una storia e non la completa. Sono veramente molto dispiaciuta. Soprattutto per il fatto che mi ero ripromessa più di una volta che non sarebbe successo. Ci tengo a dirvi, che qualsiasi futura storia pubblicherò, non l'abbandonerò. E questa è una promessa, dico sul serio. 
Ok, penso di avervi trattenuti abbastanza. Grazie a chiunque leggerà questa storia. Vi ringrazio già in partenza, ma ovviamente lo farò ad ogni singolo capitolo. 
Grazie anche a chi recensisce. Siete voi quelli che mi fanno veramente trovare un motivo per andare avanti. 

Grazie ancora una volta.

 

  
Leggi le 2 recensioni
Ricorda la storia  |        |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Capitoli:
   >>
Torna indietro / Vai alla categoria: Serie TV > Glee / Vai alla pagina dell'autore: its_CrissColfer