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Autore: Heavensent    07/09/2014    3 recensioni
Fan fiction liberamente ispirata alla fiaba “La sirenetta” di Hans Christian Andersen, ma nella versione del film della Disney del 1989.
Destiel -AU: Castiel è un angelo ma Dean e Sam non sono dei cacciatori.
Dal testo:
Essere un angelo è un lavoro infinito, eterno, uguale, perenne. Una felicità statica e che non cambia mai. Agli umani invidiava anche il dolore e la loro capacità di superarlo. Avrebbe preferito soffrire per metà della propria vita piuttosto che avere una felicità eterna fatta di regole, fatta di niente.
Genere: Generale, Romantico, Sovrannaturale | Stato: completa
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: Castiel, Dean Winchester, Sam Winchester, Un po' tutti
Note: AU, OOC | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Nessuna stagione
Capitoli:
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So che è una premessa lunga, ma è molto importante, leggete tutto!!
Ciao a tutti! Forse qualcuno mi conosce per "Like a phantom rider" e "Come il sole che sorge", che è ancora in fase di pubblicazione :3
Sono Heavensent e pubblico questa fan fiction che sarà una long abbastanza breve (tre, quattro capitoli al massimo) che in teoria ho già quasi finito, ma sono ferma da circa un mesetto nella scrittura (mi manca praticamente solo la conclusione) e siccome non mi decido a finirla ho pensato che magari iniziando a pubblicarla avrei avuto lo stimolo per farlo.

Dovete sapere che io sono una vecchietta nata negli anni '90 e questo significa che sono cresciuta a pane e Disney. So A MEMORIA quasi tutti i classici Disney e qualche tempo fa ho rivisto "La Sirenetta", uno dei miei preferiti. Mentre vedevo il film ho avuto un'illuminazione. Ariel era palesemente Castiel e Ursula...bè un altro personaggio, che non vi sto qui a dire altrimenti è spoiler!

Per chi non avesse visto "La Sirenetta" (in tal caso vi invito caldamente a farlo, è uno dei film migliori della Disney, a mio parere) vi consiglio di leggere la trama su Wikipedia a proposito del film, vi consiglio vivamente di leggerla, anche se la fan fiction si può leggere anche autonomamente.
La gerarchia degli angeli l’ho completamente inventata ai fini della trama, ispirandomi un po’ a come è rappresentato il paradiso in Supernatural, il resto inventandolo di sana pianta (esempio: dubito che esista un “angelo traghettatore” in Paradiso). Inoltre la forma degli angeli è un po’ indefinita, così come è stata descritta in alcune puntate.



Sopratutto nella prima parte l'ho impostata come una fiaba, quindi alcuni toni sono volutamente semplici e quasi come se fossero rivolti a un bambino.
Il raiting è giallo anche se non ci sarà nessuna scena oltre il verde perchè so che l'argomento omosessualità è (forse putroppo) ancora un tasto dolente per molti, e quindi per non prendermi nessuna responsabilità e non traumatizzare nessuno preferisco mettere raiting giallo.

I personaggi di Supernatural non mi appartengono, come non mi appartiene l'idea della fiaba "La sirenetta" di Hans Christian Andersen o la sua versione cinematografica della Disney del 1989.

Buona lettura e ditemi che ne pensate! A presto.

Capitolo 1- Il paradiso non mi basta più.

C’era una volta Castiel, un angelo del Signore.
Castiel era un angelo felice.
Dal momento dell’inizio della sua esistenza non aveva mai sentito il desiderio di avere qualcosa di più, perché il paradiso è il luogo della felicità.
Gli piaceva accompagnare le anime degli umani che arrivavano ai loro paradisi personali, ed erano i più diversi e disparati. Questo era il suo compito. Accoglieva le anime e le smistava nei loro paradisi. Per qualcuno era una bella casa in cui vivere per l’eternità con la famiglia. Per qualcuno era l’amore della sua vita, stretto in un abbraccio eterno. Ma c’erano anche i più superficiali, circondati di beni materiali che in realtà in paradiso non sussistevano davvero, erano solo la felicità di quell’anima, resa consistete per la sua gioia eterna.
Ma Castiel era diverso da tutti gli altri. Era un angelo curioso, forse a causa del suo compito. Aveva cominciato a studiare gli umani con vivo interesse, li trovava affascinanti, pur vedendo solo la loro versione di anime. Spesso i suoi fratelli lo canzonavano, per questo. Balthazar non faceva altro che ricordargli che :-Gli umani sono piccoli, insignificanti. Dio li ha creati pensando di creare qualcosa di migliore. Hanno deluso tutti le sue aspettative…forse Lucifero non aveva tutti i torti, a protestare.
-Balthazar! –lo aveva rimproverato lui, con la paura che fece vibrare tutta la sua essenza-non essere blasfemo. Lo sai che di lui non si parla.
Non gli interessava se i suoi fratelli e sorelle reputavano gli umani cosucce insignificanti. Per lui erano belli, interessanti, pieni di storie da raccontare. Ne aveva sentito tantissime nel suo ruolo da accompagnatore celeste. E forse Dio vide la sua curiosità, il suo buon operato con le anime, e decise di premiarlo. Un giorno, che ricadeva circa quasi 2000 anni dopo la resurrezione di Cristo, fu convocato da Joshua. Per lui fu un grande onore. Joshua era l’angelo più vicino a Dio, l’unico con cui Dio parlasse ancora. Era come essere convocati dal Padre stesso, ciò che si poteva avere più vicino a quel privilegio.
-Castiel, caro Castiel..-Joshua aprì le sue grandi ali color argento nell’accoglierlo, ma l’espressione del suo viso principale[1] non era felice. Castiel vi lesse una sorta di accondiscendenza, di pietà per lui, e se ne preoccupò.
-Castiel, Dio è profondamente adirato. E’ vero che sei sceso più volte sulla terra, per vedere gli umani da vicino?
Le piume delle ali bianche di Castiel tremarono leggermente per la paura, per essere stato scoperto. Era vero, spesso, sotto la forma di quella che gli umani inspiegabilmente potevano classificare come una meteora, una stella cadente che arrivava sulla terra sottoforma di luce bianca, era sceso sulla terra. Inizialmente lo fece per fare un favore alle anime che portava ai paradisi: volevano sapere come stavano i loro cari, se i loro figli stavano bene, se le mogli e i mariti piangevano per loro.
Osservava i visi e le lacrime, poi tornava in paradiso per raccontare tutto alle anime sofferenti, che a volte erano tristi per la sofferenza dei loro cari e altre, mosse da un senso di egoismo, erano quasi felici del fatto che qualcuno soffrisse per loro. Pensò che non ci fosse niente di male, che anche quello faceva parte del suo compito. Ma forse aveva cominciato a esagerare: scendeva sulla terra molto più spesso di quanto avrebbe dovuto. Aveva imparato ad aguzzare l’udito della sua terza testa, quella più alta, e riusciva a percepire parte delle preghiere rivolte al Padre. Non tutte, solo quelle che ai “piani alti” sembravano più insignificanti, e andava lui. Spesso non poteva esaudirle, lui non era un angelo adibito a questo, il suo compito non aveva a che fare con i vivi ma con i morti. Ma gli umani sulla terra erano così interessanti! Le vite ancora da vivere, tutto che poteva cambiare in un istante grazie a un gesto, a una parola, a un incontro. E poi, quante cose facevano, provavano e possedevano! Castiel recepiva quelle piccole preghiere e vegliava sull’umano che pregava. Spesso si faceva piccolo piccolo per posarsi su una spalla, o sul cuscino del letto ai piedi del quale una bambina pregava sotto indicazione dei genitori. Gli piaceva ascoltare e scrutare le preghiere di tutti. Per tutto il pianeta, dall’America, all’India, all’Europa. Conosceva tutte le lingue che dopo il crollo della torre di Babele si erano diffuse nell’umanità. Conosceva ogni inclinazione di voce, ogni sfumatura di linguaggio, e non gli sfuggiva nulla. Spesso si sentiva impotente davanti a tutto questo. Non poteva fare nulla, se non appollaiarsi lì nelle vicinanze dell’anima dell’umano e fargli sentire il proprio calore. A volte sembrava di essere recepito,leggendo una smorfia di sollievo sul viso. Altre volte era completamente inutile.
Joshua senza ricevere risposta da Castiel capì che era la verità, e lo rimproverò duramente:-Non dovrai più farlo Castiel. Gli umani non ci conoscono nella nostra vera natura, e potresti spaventarli. Ci sono gli angeli custodi a fare il loro compito, tu se un angelo traghettatore. Il tuo compito è stare qui. Promettimi che lo farai.
Castiel si inchinò dinanzi a Joshua in segno di rispetto verso Dio, e si allontanò. Sentiva una grande sofferenza, insolita lì nel paradiso, seppur esistente. Per giorni vagò per i vari paradisi, ma quegli umani non lo stimolavano più.
Non erano..vivi. Le loro vite erano terminate lì e una volta continuate c’era la staticità, non c’era più nulla da dire. E Castiel non era mai sazio, voleva saperne di più! E poi amava la loro forma, così semplice. Lui a volte si sentiva troppo grande, troppo immenso, composto per la maggior parte di luce, ali, e Grazia. Gli umani erano così semplici invece, camminavano, correvano, e se volevano volare avevano creato i mezzi appositi. Li ammirava tanto e non capiva perché Balthazar gli dicesse sempre di lasciarli perdere. Passò molto tempo da quando Joshua lo aveva convocato, non sapeva dire quanto. In paradiso il tempo non c’era, c’era solo la serenità. L’unico metro di paragone era la mancanza. La mancanza di fare quelle visite sulla Terra. E allora disobbedì, aveva assolutamente bisogno di farne un’altra, aveva bisogno di curiosare fra gli umani.
Divenne una lucente stella cadente, e scese sulla superficie, sperando che nessuno dei suoi fratelli lo vedesse. Cercò di captare qualche preghiera, mentre aveva scelto l’America come pista di atterraggio.

-Io non sono uno che prega spesso..anzi, non prego mai. Ma qui non si tratta di me..si tratta di Sammy.
Il ragazzo strinse le mani in una morsa quasi dolorosa fra loro, intrecciando le dita. Le nocche delle sue mani rovinate divennero bianche, strinse gli occhi fino a sentire che gli facevano male. I gomiti erano poggiati fra le coperte ai piedi del letto in cui suo fratello giaceva privo di sensi, il monitor accanto a lui segnava il battito del cuore regolare e il respiro nella norma, ma nessun nuovo miglioramento da giorni.
-Non posso perderlo, non ancora. Ha solo 26 anni..ascoltami almeno per stavolta e poi ti lascerò in pace per sempre.-mormorava a denti stretti il ragazzo, senza il coraggio di aprire gli occhi.

Castiel si gustò l’aria fresca della notte. Amava la notte sulla terra. In paradiso c’era troppa luce, a volte. Era bello un cambio di prospettiva.
“si tratta di Sammy..guarisci Sammy”..
Quel nome gli rimbombava nella testa, mentre volava sui tetti delle case. Qualcuno stava pregando più intensamente, per un certo Sammy. Non era una preghiera per sé, e questo attirò Castiel con una forza inaudita. Amore fraterno, potè giudicare dall’intensità.
Guidato dalle parole supplicanti, le sue ali invisibili all’occhio umano lo fecero calare attraverso le mura di un ospedale. E lo vide. Il viso era nascosto dalle mani giunte, e continuava la sua preghiera che era più una supplica. Un altro ragazzo giaceva sul letto, immobile, solo il regolare respiro faceva alzare il suo petto ampio.
Recepì subito che fra loro c’era un legame famigliare, che il ragazzo nel letto aveva subito una ferita al fianco che gli aveva fatto perdere molto sangue. E il ragazzo più grande pregava Dio di far guarire suo fratello.
Castiel sentì di nuovo quel senso di sofferenza invaderlo, le ali gli si abbassarono leggermente, con meno fierezza, provando pietà per quella situazione. Volò rimpicciolendosi ancora di più, fino al letto del ragazzo privo di sensi, poggiandosi sul suo petto. Lo scrutò, la sua essenza vitale c’era, non era irrecuperabile. Era solo molto debole e molto a fondo. Castiel si concentrò, ed espanse la sua energia sul corpo del ragazzo. Che improvvisamente aprì gli occhi, mormorando una parola e respirando con affanno:-Dean..
Castiel spaventato volò via allontanandosi. Aveva guarito una persona, ci era riuscito! Una volta aveva chiesto a Uriel come si facesse. Lui era un angelo custode, e gli aveva spiegato tutto, ma così, solo per curiosità. Mai Castiel avrebbe creduto di riuscirci.
Il ragazzo che pregava si alzò agitato, posando una mano sulla guancia del fratello.
-Sammy! Oh non ci credo…grazie Dio, grazie-lo sentì mormorare.
Castiel era indispettito, sicuramente suo Padre non l’aveva nemmeno sentito, eppure Dean, ne aveva recepito il nome, ringraziava Lui!
Arrivarono dei medici, che passando indifferenti sull’invisibilità di Castiel fecero sbatacchiare le sue ali in maniera scomposta. Guardò i due fratelli per un ultimo istante per poi spiccare nuovamente il volo verso l’alto. Aveva guarito un umano, aveva fatto una cosa buona! Aveva esaudito una preghiera. Solitamente era compito dei Santi, dei Patroni, a volte anche gli Arcangeli si prodigavano nell’ascoltarle. Ma lui era un semplice angelo traghettatore! La sua Grazia brillava di una felicità fuori dal normale mentre tornava in paradiso. E già gli mancava la Terra. Continuò a disobbedire. Certo, portava le anime ai loro paradisi, ma poi quando poteva tornava sulla terra. Solo che aveva cambiato rotta, non cercò più le preghiere più forti che raggiungevano il suo udito, no. Tornava da quei due fratelli.
Inizialmente fece solo una visita per constatare come andasse la guarigione di Sam, così si chiamava. E vide che stava bene, ma non ancora benissimo.
Tornò una terza volta, e poi una quarta.
Dean e Sam non avevano i genitori, vivevano da soli. Castiel un giorno in paradiso li aveva cercati. E vivevano insieme in una casa grande e spaziosa, con davanti un grande giardino. E il loro paradiso era vivere eternamente con un piccolo Sam di appena sei mesi e Dean di quattro anni. Li osservò da lontano, attraverso le finestre. Erano felici.
Lo stesso non si poteva dire per i veri Sam e Dean che lui aveva imparato abitualmente ad andare trovare.
Vivevano in una piccola casa del quartiere più isolato di Lawrence, in Kansas. Facevano piccoli lavori, Sam conservava i soldi per studiare. Ed erano fondamentalmente soli al mondo, non avevano che l’un l’altro.
Castiel passava delle bellissime e lunghe serate a osservarli.
Il suo momento preferito era la notte, poteva volare indisturbato mentre loro dormivano, a volte riusciva a poggiare un arto sulle loro tempie per placare gli incubi. Sognavano spesso i genitori, e un incendio che risaliva a quando erano piccoli. Ma le loro menti erano troppo complesse per scavare più a fondo e Castiel doveva sempre conservare le energie, per poter tornare in paradiso.
Una sera gli mancavano particolarmente, e decise di volare da loro presto, verso l’ora di cena. Ma Dean, stranamente, non c’era.
Dean era il suo preferito. Sentiva che lui aveva più bisogno di aiuto di Sam. Sì, Sam era stato male, ma ora era guarito anche grazie al suo intervento, ma Dean..Dean non stava male fisicamente. I suoi mali si trovavano nella testa, nel cuore, nel profondo. I suoi incubi erano più dolorosi, i suoi pensieri più fitti e preoccupati. Avendo perso i genitori da piccoli si era sovraccaricato i compiti non solo di fratello, ma di padre e madre per Sam.
Castiel lo paragonava un guerriero, gli ricordava l’Arcangelo Michele. Il volto fiero, l’aspetto forte di chi combatte per ciò in cui crede. Dean parlava sempre del padre con una fedeltà cieca, senza mai dimenticare i suoi insegnamenti e le sue parole. Per Castiel quel ragazzo era colmo di qualunque virtù, anche senza esserne consapevole.
Percepì che Sam era preoccupato dall’orario inconsueto di rientro di Dean. Non tornava e non rispondeva al telefono, quello strano aggeggio che permetteva loro di comunicare a distanza. Erano proprio capaci di imitarli in tutto, questi umani. Non si sarebbe stupito se avessero imparato ad usare le ali anche loro.
Castiel drizzò le orecchie, captando una preghiera. Per la prima volta era la seconda di una stessa persona. Dean.
“aiuto..aiuto per favore”
Spiccò il volo, e non dovette allontanarsi molto per trovare Dean. In un vialetto vicino casa era stato attaccato da tre uomini, forse per derubarlo.
Castiel sentiva sempre più rimbombante la voce del ragazzo che implorava aiuto. Agì d’istinto.
Si piazzò davanti a Dean, emanando la Grazia in maniera spaventosa davanti ai tre uomini che, spaventati e lanciando imprecazioni di ogni tipo, scapparono correndo.
Dean barcollò, stava per cadere a terra. Castiel non aveva le braccia come gli umani, ma solo vari arti adeguati ai tre tipi di teste che possedeva, di forma animale. Il viso centrale era di una forma quasi umana, con occhi simili a quelli umani. E gli angeli ce li avevano tutti azzurri, di un azzurro ghiaccio non presente nella sfera dei colori della terra. Non si sarebbe potuto trovare quell’azzurro in nessuna porzione di cielo o del mare, in nessun fiore o piuma di colibrì.
Mentre Castiel afferrava dolcemente il corpo di Dean con le ali per posarlo a terra, lui aprì leggermente gli occhi pesti e ricoperti dal sangue, a causa di una ferita sul sopracciglio. E vide quella luce immensa, e due occhi azzurri che gli fecero perdere il fiato. Castiel non si rese conto di essere stato notato, ma percepì l’arrivo di Sam. Velocemente spiegò le ali e volò via, diventando nuovamente invisibile all’occhio umano.
-Dean!! Oddio Dean, che è successo?
Castiel si era nascosto dietro una casa, svolazzando in modo instabile per le energie appena perse.
Dean si alzò a sedere aiutato dal fratello, che gli tastava le ferite sul viso.
-Te l’ho detto che questo non è un quartiere sicuro per tornare da lavoro a piedi, come devo fartelo capire?-lo sgridò Sam, prendendogli un braccio e mettendolo attorno alle proprie spalle, per aiutarlo a camminare.
-Mi ha salvato un angelo..-mormorò il maggiore mentre si lasciava pigramente trascinare dal fratello che nonostante fosse più piccolo di lui di quattro anni lo superava decisamente in altezza.
-Che? Che dici Dean..-rispose Sam senza ascoltarlo veramente, affaticato per il peso del fratello. Aveva una caviglia storta e questo lo rendeva molto più pesante.
-Ho visto un angelo Sam, le ali, e una luce, e degli occhi azzurri..
Sam rise di gusto, senza dare peso alle parole del fratello:-Ti hanno preso per bene a pugni la testa eh? E’ meglio se andiamo al pronto soccorso..
Castiel, spaventato, volò in paradiso in tutta fretta, timoroso di aver fatto qualche guaio.
Non ne fece parola con nessuno e si relegò al suo compito. Non poteva rischiare che Dean lo vedesse di nuovo.
La sua felicità in paradiso non era in più completa. Gli mancavano quei ragazzi, ma più di tutto avrebbe voluto sapere come stava Dean. Sapeva che gli umani erano capaci di curarsi, ma avrebbe preferito farlo lui. Ormai aveva una dipendenza da quei ragazzi, erano una piccola famiglia che aveva bisogno di aiuto e conforto. Balthazar aveva visto il suo disagio. Anche lui era un angelo dai compiti minori, a cui non era permesso interagire con gli umani, e non l’aveva mai fatto ma non perché amasse rispettare le regole; semplicemente gli umani non gli erano mai interessati veramente. E anche se non amava dimostrarlo, provava un affetto incondizionato per i suoi fratelli. E forse non poteva fare altrimenti. Fatto sta che quando vide Castiel così abbattuto e poco gioioso, quasi scoraggiato e non più incuriosito da tutte le anime che arrivavano in paradiso, capì che qualcosa non andava.
-Cosa ti rende triste, Castiel?
Il fratello aveva le ali meno bianche e la Grazia più opaca, si notava benissimo. Ma in paradiso c’era tanto da fare e poco tempo per accorgersene. Per questo rimase sorpreso dalla domanda di Baltazhar.
-Se te lo dicessi non saresti d’accordo con me. Come sempre.
-Puoi sempre mettermi alla prova…-disse mentre le piume delle sue ali si facevano più dritte e una delle sue teste era pronta all’ascolto.
Castiel arreso decise di dirglielo. Gli disse quanto fosse dipendente da quei due umani, ma per errore si era mostrato al maggiore, mentre credeva fosse svenuto, e così la paura gli aveva impedito di tornare da loro e soprattutto prendersi cura di Dean.
-Vorrei vedere quanto sono speciali questi due umani. Su, andiamo!-lo incitò mentre già cominciava a rimpiccolirsi per scendere sulla terra.
-No Balthazar, no! E’ pericoloso!-lo seguì titubante Castiel, ma non poi così deciso da impedirgli del tutto di andare a far visita ai Winchester.
Baltazhar ormai era deciso. Erano già fuori dal paradiso:-Staremo attenti stavolta.

Erano entrati nella casa senza farsi notare, invisibili e poggiati al bancone della cucina.
-Allora, qual è dei due?
Castiel gli indicò Dean con un cenno. Era seduto sul divano, la gamba ingessata, e mangiava delle patatine in modo famelico. Sam riordinava la stanza e ogni tanto Dean gli chiedeva qualcosa: una birra, dei fazzoletti, altro cibo, un cuscino in più per la gamba.
Balthazar sbuffò guardando incredulo:-Umani..sono così rozzi, e poco eleganti. Sporchi, imperfetti e complicati. Mortali. Una cosa destinata a morire non è una cosa buona.
-Non parlare così di loro, Balthazar! Sono stati creati da nostro Padre e se l’ha fatto ci deve essere un motivo…questi due ragazzi sono pieni di qualità positive, sono cresciuti da soli, e si vogliono molto bene. Dean poi è forte, spiritoso, un genitore per Sam..
-Si direbbe proprio che questo umano ti abbia folgorato, Castiel!
-E’ un umano esemplare, Balthazar…-rispose lui, risoluto- è la dimostrazione che Dio ha creato qualcosa di buono.
Certo, l’affermazione di Castiel faceva a pugni con l’attuale immagine di Dean: le sue labbra erano impiastricciate dall’olio delle patatine fritte, aveva una posa scomposta per via della gamba ingessata e un aspetto trasandato di chi non esce di casa da giorni. Ma Castiel non riusciva a vedere niente di negativo in lui.
-Ti piacerebbe parlargli?-gli chiese improvvisamente il fratello, e le ali di Castiel tremarono leggermente, tradendo il suo disagio a quella domanda.
-Sarebbe impossibile. Credo potrò farlo solo fra tanti anni, direttamente in paradiso.
-E che gusto ci sarebbe? C’è un modo, Castiel. Forse posso aiutarti..è un po’ pericoloso ma ormai hai già infranto tante regole, no?
Castiel non rispose. Guardava Dean. Avrebbe tanto voluto essere umano anche solo per un giorno. Per sedersi accanto a lui e semplicemente parlargli..
-Di cosa si tratta?-gli chiese, con titubanza.
Balthazar afferrò uno dei suoi arti e lo trascinò via da lì. Volavano verso il paradiso, e gli disse:-Dobbiamo andare a trovare l’arcangelo Gabriele.

Castiel non aveva mai visto uno degli arcangeli dal vivo. La loro Grazia era talmente potente da poter essere avvertita fino ai piani più bassi del paradiso, ma non c’era motivo perché incontrassero un umile angelo traghettatore come lui. Balthazar oltrepassò i confini che portavano al livello superiore, e a un grande cancello facevano guardia due angeli al loro stesso livello.
-Chiediamo udienza all’arcangelo Gabriele- disse Balthazar, con tutta la serietà possibile.
I due angeli si guardarono, impedendo poi l’ingresso. Ma si udì una voce dietro di loro, una voce più potente. La sua Grazia era talmente luminosa che Castiel avvertì una sensazione del tutto nuova impossessarsi di lui, non sapendo come definirla. Una sorta di calore. I cancelli si aprirono in un istante e un angelo molto più grande di loro, provvisto di ali d’oro tra cui si incastonavano piccole fiamme scoppiettanti, si avvicinò.
-Lasciateli, lasciateli pure entrare. Piccoli e teneri angeli traghettatori! Balthazar, è bello vederti.
L’arcangelo fece loro un cenno e gli altri lo seguirono. Lui si accomodò sul proprio trono, dorato come le sue ali.
-Non crediate che la mia sia pietà per voi. No, sono solo annoiato e molto curioso. Cosa volete?
Castiel era a dir poco intimorito. Le ali dell’arcangelo erano immense, più di quelle di Joshua, più grandi di quelle che avesse mai visto. Non osò immaginare come potessero essere quelle di Dio…sempre che le avesse.
-Gabriele, io e mio fratello vorremmo scendere sulla terra per…un motivo nobile.
La Grazia di Castiel si immobilizzò. Cosa voleva fare Balthazar, rendere pubblica la loro disubbidienza? Sarebbe stato pericoloso, non osava immaginare quale punizione avrebbero potuto subire per una cosa del genere.
Gabriel scosse le ali con interesse, i suoi occhi centrali azzurri si assottigliarono:-E quale sarebbe questo motivo nobile?
-Come sai noi siamo angeli traghettatori, e troppe anime arrivano qui sconfortate senza aver potuto dire le ultime parole ai loro cari..noi vogliamo dare quel conforto, e mischiarci agli umani. Anche se per poco.
Gabriele sogghignò, ingrandendosi ancora di più, se possibile:-Credete che se questo fosse possibile non sarebbe stato già fatto? La sofferenza fa parte della vita degli umani, e non possiamo fare niente noi, se non alleviare le loro pene se e quando arrivano qui. Non potete farmi una richiesta del genere…l’unico modo per esaudirla sarebbe un patto con il maligno, cosa che ovviamente non potete fare.
Balthazar annuì comprensivo, cercando poi di continuare a parlare:-Ma se noi..
-Basta!!-ringhiò l’arcangelo, facendo alzare le fiamme fra le sue piume dorate.
Castiel tremava, facendo affievolire la sua Grazia davanti a quella rabbia:-Ce ne andiamo subito…-ebbe il coraggio di dire, trascinando via Balthazar.
-Ma cosa fai..-lo sgridò il fratello, liberandosi dalla sua presa-ancora poco e avrei potuto convincerlo.
-Ti ringrazio fratello, ma non voglio infrangere ulteriormente le regole..
-Castiel, ho capito che per te è importante. E c’è un altro modo per poter parlare con lui…lo sapevo già, ma Gabriele mi ha dato conferma.
-Il maligno..-mormorò Castiel, arreso e poco convinto.
-Il maligno.- ripeté per lui Balthazar.- Devi arrivare alla porta dell’inferno e chiedere di Crowley.
Castiel si guardò intorno spaventato, sperando che altri fratelli non sentissero quel dialogo.
-Balthazar non puoi parlare di queste cose!
-Smettila di far finta di rispettare le regole di questo posto. Lo so che ti stanno strette, stanno strette a tutti. Se potessi però scegliere di passare il resto dell’esistenza con gli umani, con Dean, invece che qui..cosa sceglieresti?
Castiel se lo chiedeva da tempo. Aveva realizzato da poco che non gli interessava stare solo con gli umani, ma anche essere uno di loro. Essere un angelo è un lavoro infinito, eterno, uguale, perenne. Una felicità statica e che non cambia mai. Agli umani invidiava anche il dolore e la loro capacità di superarlo. Avrebbe preferito soffrire per metà della propria vita piuttosto che avere una felicità eterna fatta di regole, fatta di niente.
-Come sai tutte queste cose? Sulla porta dell’inferno…
-Anna. L’angelo Anna, te lo ricordi?
-Ah, sì. Uno degli angeli alle ali rosse..
-Ha fatto la stessa cosa. Ha fatto un patto con Crowley e ha ottenuto ciò che desiderava, stare con un umano, diventare umana. Hanno cercato di insabbiare la cosa, ma non ci sono riusciti del tutto e io son venuto a saperlo. E’ l’unico modo.
-Ma se sapevi che era l’unico modo, perché siamo andati a scatenare l’ira di Gabriele?
Balthazar ebbe un fremito nella voce, che poteva definirsi di scherno:-Volevo semplicemente conferma. Sapevo non l’avrebbe mai fatto. E ora vai, corri dal tuo umano. Ricordati..chiedi di Crowley.
Castiel avvolse le ali attorno a quelle del fratello, in un estremo gesto d’affetto. E poi volò verso l’inferno.

Non era stato semplice. Era riuscito ad arrivare incolume fino al paradiso terrestre, cominciando poi a scendere i gradoni del purgatorio. E il purgatorio oltre alle anime che lentamente stavano per arrivare in paradiso conteneva quanto di più mostruoso Dio avesse, erroneamente o no, creato. Perse qualche piuma, dovette distruggere alcuni mostri con l’emanazione della propria Grazia, indebolendosi. Ma alla fine arrivò alla porta dell’inferno. Titubante atterrò vicino ad essa, potendo finalmente rilassare le ali stanche. Su di essa facevano guarda due demoni, che lo guardavano con curiosità famelica. I demoni erano molto diversi dagli angeli. Essendo uomini crudeli che erano finiti all’inferno da quando il peccato originale era stato generato, avevano una forma molto simile a quella degli uomini: uomini segnati a fuoco dai propri peccati.
Uno di essi aveva una profonda ferita che gli segnava tutto il viso, come un taglio profondo fino all’interno della testa, il corpo longilineo e ricoperto di squame. L’altro era decisamente più basso, il corpo tozzo e bruciato, il viso più definito ma con un naso molto grande simile a un becco.
-Un angelo nel regno della perdizione? In cosa possiamo servirti?-disse quello più alto con una voce gracchiante, con una nota di sarcasmo che l’angelo non percepì, perché non esisteva nella sua natura.
-Sto cercando Crowley..-mormorò quest’ultimo. Le urla strazianti provenienti dalla porta dell’inferno ferivano la sua Grazia. Troppo dolore.
I due demoni si guardarono, spaventati. Il demone che gli aveva rivolto la domanda senza dirgli altro entrò nella porta, seguito subito dopo dall’altro.
Castiel aspettò per molto tempo, svolazzando su quel suolo che era ancora parte del purgatorio.
-Mi scuso per l’attesa..-sentì una voce che lo fece rabbrividire, e si voltò verso la porta. Crowley era molto alto, non quanto lui ma abbastanza grande da far rabbrividire chiunque. Il viso nero era incorniciato da due corna che si ripiegavano su se stesse, formando una cornice ai lati della sua testa. Le unghie delle mani erano lunghe e scure. Si muoveva con un’eleganza che intimoriva, e dal busto in giù il suo corpo era ricoperto di fiamme vive.
-Posso sapere con chi ho il piacere di parlare?-chiese il demone, mentre Castiel lo guardava dalla testa ai piedi, un misto di curiosità e terrore.
-C..Castiel..-mormorò l’angelo in un soffio.
-Castiel..ti inviterei entrare caro, ma so perfettamente che la tua Grazia subirebbe un colpo entrando all’inferno. Poi a quanto vedo dal colore delle tue semplici ali bianche, non sei un arcangelo o un qualche altro importate messaggero. Deduco che tu sia qui..per altri motivi.-sottolineò con particolare curiosità le ultime parole, facendo scorrere le sue lunghe unghie sulla superficie di una delle corna ripiegate su se stesse.
L’angelo sospirò impaurito:-Sì, sono qui per un patto.
-Sentiamo..
-Vorrei..diventare umano. E..e conquistare un uomo.
-Conquistare un uomo! Affascinante, molto affascinante! Non sei il primo uccellaccio spelacchiato che mi chiede questo, sai?
Il demone dei patti camminava avanti e indietro, mostrando un mostruoso sorriso dai denti affilatissimi, facendo scoppiettare le fiamme che gli ricoprivano metà del corpo.
Castiel non rispose, tremante, e lui continuò:-Posso farlo Castiel, ma tutti i patti hanno varie condizioni. Prima di tutto però sono curioso di sapere chi è il giovane in questione..
-D..Dean Wincester. Di Lowrence, Kansas.
-Dean Winchester...-mormorò il demone fra sè, agitando le lunghe dita nell’aria facendo un cerchio immaginario. Si materializzò una sorta di specchio, in cui si vedeva Dean, aiutato da Sam a alzarsi in piedi. Aveva tolto il gesso alla gamba.
Vedere Dean diede a Castiel una pace che per un momento gli fece dimenticare il dolore della anime che urlavano dell’inferno.
-Il capellone o lo zoppo?-chiese con disprezzo Crowley, e Castiel con la punta di un’ala indicò Dean.
-Bè, un bel bocconcino, non c’è che dire..-mormorò il demone, annuendo- bene, ci sono delle condizioni.-schioccò le dita e l’immagine di Dean e Sam sparì.
-Io ti trasformerò in umano, e tu avrai tre giorni per farlo innamorare di te, per farti baciare. Allo scadere del terzo giorno, se ci sarai riuscito potrai rimanere per tutta la vita con Dean, resterai umano e vivrete per sempre felici e contenti. Se lui dovesse ignorarti, allora saresti…uno dei miei piccoli animaletti. Riavresti tutto, le tue ali, la tua forma..solo all’inferno. Tra le fiamme, e senza grazia..un angelo caduto insomma. O quel che ne rimarrebbe. -terminò con un sogghigno.
-Cosa intendi?
-Bè, io ho la mia scorta personale di anime…patti non mantenuti o persi, contratti terminati…e cosettine simili.
-In ogni caso quindi…non posso più tornare in paradiso. E’ una scelta difficile…
-Oh piccolo angelo, la vita è piena di scelte difficili…non te l’hanno detto?[2]-gli chiese Crowley con fare canzonatorio- voglio solo una cosa in cambio…la tua Grazia.
-La mia…ma, senza la grazia come farò a sopravvivere?-chiese Castiel, improvvisamente spaventato.
-Come sarebbe…come umano, è ovvio!! Dovrai fare tutto ciò che fanno gli umani!
-E poi a te cosa serve la mia Grazia?
-Non è affar tuo a cosa serva la Grazia di un angelo a un demone…-dal nulla comparve una piccola fiaschetta:-allora, abbiamo un patto?
Sospeso in aria comparve un contratto in una lunga pergamena che sembrava fatta di fuoco. Castiel tremò, chiuse gli occhi e con la punta dell’ala firmò il documento, che scomparve in una fiammata.
Crowley sorrise soddisfatto:-Tre giorni Castiel…tre giorni.
Castiel si sentì improvvisamente debole. La sua essenza cominciò a indebolirsi, cominciando ad acquisire qualcosa di fisico. Si rimpicciolì, le due teste laterali sparirono, svanì il peso delle ali. Sentiva di perdere la coscienza, mentre una luce bianca lo abbandonava per riversarsi nella boccetta che Crowley teneva in mano. La sua Grazia lentamente lo lasciava, e Castiel osservandosi vide formarsi mani, piedi, gambe, si materializzarono dei vestiti. E poi il buio.

[1] Qualche volta è stato nelle puntate di Supernatural che gli angeli hanno più di una testa, nella loro forma reale. Ho immaginato che ce ne fosse una “predominante” e altre secondarie.
[2] La battuta è la stessa di Ursula in “La sirenetta”

  
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