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Autore: Heyale    07/09/2014    2 recensioni
E' proprio quando Frannie pesca il nome di Michael dal grande cilindro per scoprire di chi sarà il Babbo Natale che le loro storie si incrociano.
Michael ha una sorella, Zoe, malata di cancro da sette mesi. Lui da sette mesi deve fare il figlio, il fratello e il padre.
Frannie non è una ragazza espansiva, crede di non essere fatta per avere troppe amicizie, ma quella di Michael le farà vedere ogni cosa con occhi diversi.
Ma quando tutto sembra andare per il meglio, il cancro porta via Zoe, lasciando Michael nell'oblio.
---
"Forse tornerò in Inghilterra. In fondo, ero qui solo per le cure di Zoe."
"E quando sarebbe la partenza?"
"Natale." mormorò lui. "Ma c'è un problema, chiamiamolo così."
"Sarebbe?" 
"Tu."
---
"Tu sei l'unica macchia gialla che vedo in quei muri." disse infine Michael.
"Sarò sempre quella macchia gialla." rispose Frannie, posando la testa sulla spalla del ragazzo.
Genere: Drammatico, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Michael Clifford, Nuovo personaggio, Un po' tutti
Note: Cross-over | Avvertimenti: Tematiche delicate
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BabboNataleSegreto
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LIKE YELLOW IN AN HOSPITAL WALL

"You're the only yellow stain that I see in these white walls."
"I'll always be that yellow stain."




A tutte le persone che hanno combattuto fino alla fine.
Anche a te nonno, sei stato un guerriero.
Ti penso.


Era una mattina di novembre quando la signora Bottom, la professoressa del corso di arte, annunciò ai ragazzi che avrebbero dovuto partecipare alla vecchia tradizione del Babbo Natale segreto. Era da anni che, ogni anno, decine di studenti si trovavano a dover andare alla ricerca del nome a loro assegnato, a volte senza mai trovare la persona desiderata, e limitandosi a lasciare il pacco regalo sotto l'albero in atrio.
Successe così a Frannie Jenkins quando, una volta aperto il biglietto pescato dall'enorme cilindro, si ritrovò a leggere un nome che non aveva mai sentito prima.

Michael Clifford

Non aveva la minima idea di chi potesse essere questo fantomatico Michael, sapeva solamente che gli doveva un biglietto e un regalo.
Era il quarto anno al Christian Norwest College di Frannie, e il secondo che non conosceva la persona a lei assegnata. Peccato che anche le sue amiche erano nella stessa situazione, e non poteva fare scambio con nessuna.
Due giorni dopo stava chiacchierando con Luke, un suo compagno di classe, quando finalmente scoprì qualcosa.
"Michael Clifford, hai detto?" le chiese il biondino scrutandola negli occhi grigiastri.
"Esatto." ribadì lei, rileggendo il nome scritto sul biglietto.
"Non ne sono sicuro, ma dicono che sia qui da pochi giorni. Ha la nostra età, ma è in terza."
La mora si guardò attorno, annoiata: "Sai dirmi i suoi orari?"
Se Frannie sapeva una cosa, era che Luke sapeva tutto di tutti. Era un impiccione coi fiocchi, ma per lo meno poteva contare su di lui.
"Posso averli entro la prossima ora."
La mora sorrise, spettinando i capelli del suo amico.
"Così ti voglio, Hemmings."
Il biondo sparì, e al cambio dell'ora successiva porse alla ragazza una tabella disegnata in fretta.
"Se vuoi conoscere il tuo uomo, basta che aspetti fuori dall'aula di musica alla prossima ora, dato che per andare in aula di tecnica deve passarci davanti."
"Non so nemmeno com'è fatto."
Luke ghignò, porgendo una foto alla ragazza. Lei lo guardò accigliata, osservando poi la foto. Non pensava di trovarsi davanti un mezzo punk dai capelli colorati.
Scosse la testa, portandosi una mano alla fronte. Come due anni prima avrebbe dovuto far finta di voler conoscere, per qualche assurdo motivo, la persona a lei assegnata per capire quale regalo sarebbe stato più adatto.
Frannie non era una ragazza troppo espansiva, non le piaceva conoscere ragazzi su ragazzi che da lì a una settimana non sarebbe più nemmeno riuscita a distinguere. Lei aveva il suo piccolo cerchio di amici, e così le andava bene.

La mora si chiuse nel cappotto, e cercò di uscire più velocemente possibile per intercettare Michael all'uscita da scuola. Si appostò accanto al muro, sfregandosi ogni tanto le mani. Rimase lì quasi venti minuti, guardando ogni singolo studente, ma non aveva visto nessuno dai capelli lilla. Quando stava per andarsene però udì dei passi, e dopo essersi girata, notò il ragazzo uscire dalla scuola con un sacco pieno in mano.
Prese un respiro e gli andò incontro.
"Ciao." disse, sorridendogli.
Il ragazzo si guardò attorno, cercando di capire a chi si potesse riferire la mora davanti a lui. Ma non c'era nessuno.
"Ciao." ricambiò lui, cercando di risultare cordiale.
"Sono Frannie, tu sei...Michael?"
"Ci conosciamo?" domandò lui, proseguendo verso il cancello.
"No, ma sono qui per questo. Mi piacerebbe conoscerti."
Guardò il ragazzo negli occhi, notando quanto vuote fossero le iridi verdi, contornate dai ciuffi lilla che scendevano aggraziati sulla fronte pallida.
"Perché proprio me?" Michael face un sorrisetto. "Non ti perdi nulla, fidati."
"Non mi interessa." insistette lei. "Ti va se andiamo a mangiare qualcosa, che so...domani?"
"Domani non posso." borbottò lui. "Mi spiace."
"Domani sera?" ritentò lei, cercando di non perdere la pazienza. Non le andava di fare nuove conoscenze, e soprattutto non le andava di conoscere un ragazzo che poi non avrebbe più considerato.
"Te lo ripeto, domani non posso." sbuffò lui, accelerando il passo.
La ragazza si passò una mano tra i ciuffi castani raccolti nella coda, ripetendosi di farlo per lo spirito natalizio.
"Allora stasera." improvvisò. Avrebbe disdetto l'uscita con Ashton e sarebbe uscita con Michael. In fondo si trattava solo di una sera, per fortuna.
Il ragazzo si girò verso di lei, stringendo meglio la mano pallida sul sacco che portava: "Perché insisti tanto?"
"Voglio fare amicizia." mentì lei, sforzandosi di sorridere.
Michael sbuffò sonoramente, sfregandosi la mano libera sul collo.
"Stasera va bene." disse infine, inumidendosi piano le labbra screpolate con la lingua.
"Bene." sorrise lei, avvicinandosi a lui. "Dove abiti?"
"Ti vengo a prendere io." replicò prontamente il ragazzo, sfilando una penna dalla tasca posteriore dei jeans e scrivendo sul braccio della mora il suo numero. "Oggi dimmi dove abiti, vengo per le otto."
Frannie annuì, poco convinta, vedendo poi Michael allontanarsi velocemente. Si sbrigò a tornare a casa, e una volta essersi fatta una doccia calda disse ad Ashton che non sarebbe potuta uscire e gli spiegò il motivo, dato che era uno dei suoi amici più stretti, e inviò a Michael il suo indirizzo. Aveva già progettato di uscirci un paio di volte, e una volta capiti i suoi gusti gli avrebbe preso il regalo e la storia si sarebbe fermata lì.
Frannie si guardava allo specchio a volte, e credeva di essere stronza. Una di quelle stronze che però piacciono, anche se lei non si piaceva per niente. Sapeva che molti amici le stavano intorno perché sì, il suo carattere era indubbiamente travolgente, ma lei non lo voleva. Sapeva solo che Ashton era uno dei pochi amici che aveva, e che l'avrebbe sempre capita. Aveva provato a cambiare, ma il suo costante respingere le persone la portavano a pensare che fosse una ragazza cattiva. Lei non lo era però. Lei, in fondo, era una delle ragazze più buone. Frannie cercava solo qualcuno con la sua stessa bontà, e poi si sarebbe dimostrata un'amica.


"Frances, tesoro, c'è un tuo amico!"
Frannie si legò la coda alta appena in tempo, per poi infilare il cappotto e scendere di sotto. In salotto trovò sua madre che cinguettava allegramente con una bambina che reggeva la mano di Michael, spaesata. Prese un respiro, e tossì leggermente.
Michael si voltò di scatto verso di lei, e la mora non poté fare a meno di notare la sola felpa leggera che ricopriva le braccia del ragazzo. A metà novembre non le sembrava che ci fosse bisogno solo di una felpa per stare fuori di sera.
Dopo un veloce saluto uscirono di casa, e Michael presentò la bambina a Frannie.
"Lei è Zoe, è mia sorella. Stavo uscendo di casa quando mia mamma mi ha obbligato a portarmela dietro."
La bimba fece un sorriso timido, guardando negli occhi la ragazza che si era inginocchiata al suo livello per stringerle la mano.
"Piacere, io sono Frances, ma puoi chiamarmi Frannie."
"Sono Zoe." balbettò lei soltanto, e in quel momento Frannie notò l'uguaglianza con gli occhi e la bocca rossa del fratello, di diverso c'erano solamente i capelli, che ricadevano abboccolati sulle punte di un color biondo cenere.
"Andiamo?" riprese Frannie, scuotendo per la spalla Michael, che le sorrise leggermente.
Per tutta la serata parlarono più che altro di scuola, e Frannie scoprì che Michael si era trasferito a Sydney dall'Inghilterra, anche se non le spiegò il motivo preciso. Alla fine non le sembrava tanto male quel ragazzo, sembrava essere uno come tanti. Non disse quasi nulla di sé per tutta la serata, mentre Frannie gli raccontò della sua vita in generale, e di come funzionava la loro scuola, dato che Michael era nuovo. Zoe se ne stava sempre attaccata al fratello, dicendo qualcosa ogni tanto, e Frannie trovava strano il fatto che la bimba osservava qualsiasi cosa vedeva passare davanti a sé. Non ci diede peso però e a fine serata salutò Michael con un piccolo bacio sulla guancia, per poi vederlo allontanarsi mentre prendeva in braccio la sorellina.

Il giorno dopo, a scuola, raccontò ciò che le era successo ad Ashton, e lui le disse semplicemente che reputava Michael un bravo ragazzo, e che non le avrebbe fatto male conoscerlo meglio.
All'uscita da scuola così aspettò che Michael uscisse, ma un professore la vide e uscì da lei.
"Signorina Jenkins?"
Lei si voltò, stringendosi ancora di più nel cappotto.
"Oh, salve professor Morris."
"Sta aspettando il signor Clifford, come ieri?"
Lei si stupì, voleva dire che il giorno prima l'aveva tenuta d'occhio.
"In realtà sì."
"Oggi non c'era a scuola, e non ci sarà per qualche giorno."
"Beh...la ringrazio, professor Morris." si allontanò dall'uomo. "Passi un buon weekend!"
"Anche lei." ricambiò lui, cordialmente.
Appena arrivata a casa, Frannie scrisse a Michael se fosse successo qualcosa di grave, ma lui non le rispose.
Non le rispose nemmeno per i quattro giorni a seguire, quando ormai Frannie stava iniziando a preoccuparsi.

Era il due dicembre quando finalmente Frannie vide Michael appoggiarsi al muro della struttura, quella mattina, con lo sguardo ancora più vuoto di alcuni giorni prima e la pelle, come se fosse possibile, ancora più bianca. Salutò velocemente Luke ed Ashton, e si diresse da lui, urtando diversi studenti nel tragitto.
"Michael!" agitò la mano nella sua direzione, e lui alzò gli occhi verso di lei.
"Ciao, Frannie." mormorò, scostandosi un ciuffo dal viso.
"Ti ho scritto ogni giorno." borbottò lei, incrociando le braccia al petto. "E tu non mi hai mai risposto."
"Scusami, ma non guardo spesso il cellulare." si giustificò, provando a fare un piccolo sorriso.
"Ero preoccupata." ammise lei. Non sapeva di essere stata veramente in pensiero per Michael fino a quando non l'aveva visto quella mattina.
"Perché?" chiese ingenuamente il ragazzo, riponendo nella tasca posteriore dei jeans il telefono.
"Perché di sì. Senti, oggi pomeriggio sei libero?"
"Sì." sorrise leggermente lui, quasi imbarazzato. Non aveva mai ricevuto troppe attenzioni nell'ultimo periodo.
"Allora che ne dici se andiamo a farci un giro?"
Il ragazzo annuì, e la mora gli stampò un bacio sulla guancia, tornando da Luke.

Quel giorno Michael tornò a casa sorridendo. Sua madre lo vide, gli chiese cosa gli prendeva, e Michael le raccontò di Frannie. La donna, ormai sull'età avanzata, sorrise al figlio come una nonna e lo lasciò andare in camera sua, dandogli due o tre lavoretti da fare prima delle cinque.
"Mikey, rivedrai la ragazza di ieri?"
La voce flebile della sorellina smorzò l'entusiasmo di Michael, che entrò riluttante nella stanza di Zoe, dove aleggiava un pesante odore di farmaci. La bimba era delicatamente appoggiata sul lettino bianco, sempre fermo accanto alla finestra, e sorrideva tristemente al fratello.
"Sì." rispose lui, lasciandole una carezza. "Tu riposati, okay? Il viaggio è stato troppo lungo per te."
"Anche per te." protestò la bambina. "Mikey, senti...cosa vuoi per Natale?"
"Natale?" chiese lui, ridendo. Non aveva mai creduto nel Natale, la vedeva solo come una normale festa dove scambiarsi regali. "Voglio solo che tu stia bene, per Natale."
"Qualcosa di diverso?"
Zoe lo sapeva. Zoe conosceva benissimo la sua situazione. Zoe si chiedeva se stesse uccidendo lei, o suo fratello. Prima era abituata a vederlo sempre con i suoi amici in casa a giocare con i videogiochi, e d'un tratto era diventato un padre per lei. I professori a scuola riempivano dei grandi sacchi con dei giochi per farla felice, ma lei voleva solo vedere Michael tornare come una volta. Sapeva però, che non era possibile.
"Quello che vuoi." disse lui infine. "Basta che ci sia del tuo. Anche un rotolo di carta igienica colorato mi andrebbe bene."
"Che sciocco che sei." lo riprese lei, ridendo, finendo però per tossire.
Il ragazzo le si avvicinò, dandole un bacio sulla fronte.
"Adesso riposati. Ti chiamo stasera per le medicine."
"Mikey, come si chiamava...?"
Michael socchiuse gli occhi. Gli faceva schifo pronunciare quel nome, come se le lettere fossero impresse nei suoi peggiori ricordi. Ma lo chiamava così solo per Zoe.
"Polipetto." sorrise infine. "Un piccolo polipetto che rompe le scatole."
"Giusto. A dopo."
Il fratello fece un cenno, tornando in camera sua.
La sua piccola Zoe aveva un tumore da diversi mesi ormai, e la situazione sembrava peggiorare ogni giorno di più.
La signora Clifford si era traferita con i figli dopo che il marito era stato arruolato nell'esercito, e aveva aspettato quasi un mese prima di iscrivere Michael alla nuova scuola a Sydney.
Il giovane Michael si era così ritrovato ad essere figlio, fratello e padre in pochi giorni. Tutto girava attorno a Zoe, era la sua principessa, e le aveva promesso che nulla sarebbe stato in grado di dividerli.


Alle cinque e un quarto Michael si presentò davanti a casa Jenkins con la torta che sua mamma aveva preparato, e suonò impacciatamente il campanello cercando di non far cadere tutto.
"Michael!" sorrise Frannie abbracciando il ragazzo. "Vieni, entra. I miei hanno detto che c'è troppo freddo per uscire, staremo in casa. Hai fatto una torta?"
"Mia mamma." alzò le spalle. "Era emozionata all'idea che venissi da te."
"Dovrai farmela conoscere." sorrise lei, sistemandosi i capelli che ricadevano sul maglione viola. "Vieni, andiamo in camera mia."
I due si misero comodi sul letto, e Frannie propose di vedere un film. Così fece partire qualcosa che trovò nella sua collezione di dvd, e appoggiò il viso alla spalla di Michael. Alla fine del film, Michael si ritrovò ad avere la ragazza con la testa appoggiata sulle sue gambe e un'espressione assorta nel sonno dipinta in viso.
Le scostò una ciocca dal viso, e appena le sue dita sfiorarono il viso pallido di Frannie, la vide sorridere.
Prima di scoprire il tumore di sua sorella, Michael era molto bravo con le ragazze. Riusciva ad abbindolarle in pochi giorni, e dopo altrettanti pochi le lasciava, pronto a cambiare preda. Anche se si trattava di poco più di un anno prima, Michael sapeva di essere stato piccolo. Sapeva di aver giocato troppo con persone con cui non si poteva assolutamente giocare.
"Perché hai voluto conoscere proprio me?" chiese il ragazzo appena vide che gli occhi della castana si schiusero.
Lei si sentì subito in colpa, anche se alla fine non si pentiva di averlo voluto conoscere.
"Così." disse soltanto. "Ma non tornerei indietro. Sei davvero un ragazzo d'oro, Michael."
Lo guardò per diversi attimi in quegli occhi verdi, arrossendo. Voleva bene, a Michael, gli voleva davvero tanto bene. E non le importava del resto, perché finalmente si accorse di tutto ciò che quel ragazzo poteva donarle.
E proprio quando i due stavano parlando del più e del meno che il cellulare di Michael prese a squillare insistentemente, e quando il ragazzo vide che era sua madre che lo stava chiamando non esitò a rispondere.
"Mamma? Dimmi." Michael cercava sempre di rimanere calmo al telefono con sua madre, anche se spesso finiva per fare il contrario.
"Mikey, tua sorella non riesce più a respirare, ho appena chiamato l'ambulanza...potresti-"
"Sto arrivando." rispose lui solamente, alzandosi velocemente dal letto.
"Che è successo?" si preoccupò la ragazza, cercando di capire.
Lui si infilò in fretta le scarpe, tirando su il cappuccio della felpa: "Mia sorella sta male." minimizzò. "Ci vediamo a scuola, grazie di tutto."
"Aspetta!" sbottò lei, fermandolo per il polso.
Michael si girò, affrettato e nervoso com'era non aveva permesso a Frannie di salutarlo come lei soleva fare.
Infatti, la mora si sollevò sulle punte e stampò un bacio sulla guancia fredda del ragazzo, che venne poi ricambiato. E così, alle otto della sera di quel due dicembre, iniziava il lento periodo che avrebbe portato Michael a rinchiudersi in ospedale per badare a sua sorella.


Era il dieci dicembre quando finalmente Michael tornò a scuola. Nessuno si era accorto della sua assenza. Nessuno, tranne Frannie.
Lei lo aspettava ogni mattina, ma non lo vedeva mai arrivare.
Le mancava quel ragazzo, le mancava davvero tanto.
Alla fine si era dovuta ricredere, perché Michael non era come gli altri. Michael era semplicemente una delle persone più vere che lei potesse conoscere, una di quelle persone che sapeva le avrebbe detto tutto senza giri di parole.
E quando lo vide, quella mattina, gli corse incontro, e dentro di lei si stava formando una strana sensazione di rabbia insieme a tanta felicità.
"Clifford!" lo chiamò lei.
Lui alzò gli occhi verdi su di lei, e sorrise. Sorrise dopo otto giorni di agonia, e la strinse in un abbraccio. Inizialmente lei si guardò attorno spaesata, notando che tutti la stavano fissando, ma poi si rese conto che finalmente il suo Michael era lì, e lei non doveva fare altro che stringerlo.
"Mi sei mancato." biascicò lei contrò il petto del ragazzo.
"Anche tu." rispose lui. "Scusami se non rispondo al telefono, ci sono stati diversi problemi."
"Tranquillo."
Alla fine, lei non voleva litigare con Michael per delle sue stupide pretese. A lei bastava che lui ci fosse, e non le importava del resto.
"Dove sei stato?" gli chiese infine, guardandolo nelle iridi trasparenti.
"Di qua e di là." disse lui soltanto. Non voleva che nessuno sapesse di Zoe, non ne aveva mai parlato. Si sentiva talmente stupido a parlare del suo passato che preferiva concentrarsi solo su ciò che gli restava.
"Me lo dirai prima o poi." si rattristò la castana, baciando il ragazzo sulla guancia.
Lui annuì, per poi fare un cenno a Frannie ed entrare. Nessuno stava entrando a scuola, ma lui non voleva che Frannie vedesse quelle piccole lacrime che stavano scorrendo sul suo viso, provocate dall'affetto che lei gli stava dando. Lui ne stava dando talmente tanto a sua madre e sua sorella che non gliene era rimasto nemmeno un po' per se stesso, ma con Frannie sembrava che fosse tutto al suo posto.


Era il dodici dicembre quando Frannie teneva guardato Michael appoggiato al suo armadietto intento a leggere un messaggio. Aveva scoperto che lui aveva l'armadietto quasi di fronte al suo, ed entrambi coglievano l'occasione per vedersi ad ogni suono della campanella.
Quella mattina, i suoi occhi si sbarrarono quando vide il ragazzo lasciarsi scivolare contro la parete, accasciandosi al suolo.
Nessuno si fermava a chiedergli come stava, e lei avrebbe voluto gridare a tutti di voltarsi e chiedere come non potessero vedere il suo Michael a terra.
Corse verso di lui, e si inginocchiò al suo fianco, scuotendolo per le spalle.
Gli occhi verdi di Michael erano vuoti, come se si fossero improvvisamente prosciugati di tutta la vita che contenevano, e questo spaventò Frannie. La spaventò talmente tanto che non lo riconosceva più, e aveva paura che nemmeno lui potesse riconoscerla più.
Lo chiamava, le sembrava di urlare il suo nome, ma lui non rispondeva. E in quel momento, tante lacrime cominciarono a scorrere sul viso pallido del ragazzo, e Frannie prese da terra il telefono che gli era caduto di mano. Era aperto sul messaggio di sua mamma, che diceva soltanto: 'Forse siamo alla fine.'
Frances non capì, ma le lacrime di Michael non facevano altro che agitarla ancora di più.
"Michael, chi è alla fine?" scosse nuovamente il ragazzo. "Michael, chi è alla fine?!"
Lui alzò finalmente gli occhi su di lei, ma non riuscì a parlare. Nascose solo il viso contro la spalla della mora, che si sedette quasi in braccio a lui, e continuò a piangere.
Fu solo dopo molto tempo, quando i professori li andarono a cercare, che Frannie fu costretta a lasciar andare Michael, mentre lui fu mandato a casa senza una spiegazione, per la ragazza, plausibile.

A fine scuola, il professor Morris la intercettò, e la portò nel suo ufficio, spiegandole che avrebbe dovuto parlarle di Michael.
"Ho visto che è diventata amica del signor Clifford." iniziò l'uomo, sistemandosi la giacca. "Ne ho parlato con lui, prima di dirle ciò che sto per dirle, ecco...questioni di privacy."
"Non capisco perché stia assente per giorni." asserì lei. "E non ho capito il messaggio di sua madre, stamattina."
"Ha conosciuto Zoe, la sorellina di Michael?"
"Sì." confermò la mora. Ricordava bene quella bimba e il modo strano che aveva di osservare ogni cosa.
"Beh, lei...è malata di cancro da sette mesi, e Michael deve prendersi cura di lei e di sua madre, dato che il padre è stato arruolato nell'esercito. Per questo è assente per dei lunghi periodi."
Frannie rimase lì sulla sedia con lo sguardo perso, fissando passivamente il professore davanti a lei.
"Quindi...il messaggio era riferito alla sorella?"
L'uomo annuì lentamente, posando la mano grande sulla spalla esile della ragazza.
"Se ha tempo, magari..." proseguì lui. "La sorella è ricoverata nel reparto dove fanno la chemioterapia. Può dire di essere un'amica di Michael."
La mora annuì, alzandosi dalla sedia.
"La ringrazio molto prof, vado subito."
Frannie si dileguò, quasi correndo verso l'ospedale della città, limitandosi ad un messaggio a sua madre.

Un senso di vomito la percorse quando entrò nel reparto che l'infermiera le aveva indicato. Tutto era squallidamente bianco e un odore decisamente nauseante aleggiava per tutto il reparto. La mora prese un respiro profondo, pensando alla piccola Zoe. Anche se l'aveva conosciuta per una serata sola, non poteva fare a meno di associare il sorriso del fratello a quel viso così giovane che forse stava per spegnersi.
Finalmente lo vide.
Michael se ne stava seduto su una sedia nella sala d'attesa con la testa chinata e i gomiti appoggiati alle ginocchia. Gli andò vicino, sedendosi accanto a lui, posando una mano sulla sua spalla. Quando però vide che non ci furono reazioni, si accorse che il ragazzo stava dormendo con un'espressione addolorata in volto, e le guance solcate da tante lacrime.
Si chiedeva com'era possibile addormentarsi in quelle situazioni, ma si tolse la felpa e l'appoggiò sulle braccia lasciate scoperte dalla maglietta del ragazzo. Le dispiaceva di aver deciso per una felpa rosa proprio quel giorno, ma non poteva sopportare la vista della pelle d'oca su Michael.
Sentiva freddo, ma non le importava. In quel momento le importava solo del ragazzo che aveva di fianco, al quale cercava di trasmettere tutto il calore che aveva standogli vicino.
"Tu sei Frannie, tesoro?"
Una voce la fece ridestare e lei balzò in piedi.
"Sì, signora." confermò, arrossendo. Probabilmente era la madre di Michael, e sperava che non le avesse dato fastidio vederla così vicino a suo figlio.
"Sono la mamma di Michael e Zoe. Piacere di conoscerti."
"Piacere mio. Signora, io non vorrei disturbare, ma posso restare qui con Michael?"
La ragazza vide gli occhi della donna inumidirsi, e un sorriso triste farsi strada sul viso rugoso.
"Ma certo, tesoro. Puoi stare con lui tutto il tempo che vuoi, non credo gli dispiaccia."
"Zoe?" domandò Frannie in un sussurro.
"Zoe è sveglia, se la vuoi andare a trovare. Le sei piaciuta fin dall'inizio...vai pure, cara."
"Grazie." sorrise la mora, mandando giù il nodo alla gola che le si era formato.
La signora le indicò la strada, e percorsi due corridoi si ritrovò davanti una porta con su scritto "Clifford" sulla targhetta appesa. Si fece così coraggio ed entrò.
La piccola Zoe aveva perduto tutti i boccoli, e fissava con uno sguardo straziato il muro davanti a sé.
"Ehi, piccola."
La bimba si girò verso di lei, accennando ad un debole sorriso. La mora si avvicinò lentamente, cercando di non urtare alcun macchinario collegato al corpo troppo giovane della bambina.
"Come stai?" le domandò, maledicendosi poi mentalmente per la domanda idiota.
"Non lo so." ammise la piccola sottovoce. "I dottori dicono che sto male, ma io sto bene."
"I dottori dicono sempre un mondo di balle." la rassicurò Frannie, provando a far ridere la bambina. "Non gli credere mai. Solo le buone notizie sono vere."
"Frannie..." biascicò la bambina, guardando la ragazza negli occhi grigi. "Non lasciare andare Michael, ti prego. A volte, beh, credo che il polipetto faccia più male a lui che a me."
Frannie ipotizzò che il polipetto fosse il tumore, e così rimase al gioco.
"E' solo che ti ama tanto."
Non conosceva nemmeno Michael. Non sapeva nulla di lui, eppure certe cose riusciva a capirle.
"Anche io amo lui." rispose la bambina. "Beh...gli voglio bene, ecco."
Frannie rise leggermente, suscitando anche la risata di Zoe. Restarono così a parlare di scuola e ragazzi finché un dottore non chiese a Frannie di uscire per permettere alla piccola di riposare.
Quando uscì dalla stanza, trovò Michael appoggiato alla parete con le braccia incrociate, e appena la vide si aprì in un sorriso.
Si abbracciarono stretti, e non si lasciarono andare per un bel po' di tempo.
In quel momento Frannie si chiese cosa poter regalare a Michael per Natale. Se avesse potuto gli avrebbe regalato la vita della sorella, ma sapeva che la speranza non aveva mai aiutato dentro le mura di un ospedale. Pensò a tutto, ma non le veniva in mente nulla. Tutti i regali del mondo sarebbero stati insignificanti per un ragazzo come lui.


Le vacanze di Natale iniziavano il venti dicembre, e mancavano solo tre giorni ormai.
Frannie si sentiva costantemente dire di essere cambiata, di non essere più la stessa. Non sentiva più Luke, Ashton o nemmeno la sua amica più stretta, Savannah. Non rispondeva più ai messaggi, a casa non c'era mai e i voti erano drasticamente calati.
Passava ogni pomeriggio in ospedale, vedendo i piccoli progressi che Zoe faceva.
Era arrivata a convincersi di aver avuto ragione quando aveva pensato di donare a Michael la vita della sorella, perché a quanto sembrava gli occhi della piccola riacquistavano luce di giorno in giorno. I movimenti erano più fluidi, e la voce meno fioca.
Anche Michael stava riacquistando vivacità, e Frannie faceva di tutto per sentire quante più volte possibile la sua risata.
Frances e Michael erano diventati veramente amici. Non passava giorno che non si vedessero, e per il ragazzo lei era diventata ragione di speranza, quasi di vita. Michael aveva sempre visto sempre e solo bianco in tutta la sua vita. Da ragazzino non si rendeva conto di essere uno stupido che vagava nel bianco dell'ignoranza, della cattiveria. E quando era stato costretto a cambiare, aveva visto il bianco dei muri degli ospedali che ogni giorno lo circondavano.
Eppure, da quando Frannie era nella sua vita, forse iniziava a vedere i muri colorarsi di un giallo tenue, che sebbene non fosse deciso, riusciva a riscaldarlo e a non fargli smettere di sperare.
E quel diciassette dicembre, la piccola Zoe tornò finalmente a casa, e la signora Clifford invitò i genitori di Frannie a cenare insieme, giusto per conoscere i genitori di quella ragazza tanto cara che conosceva ormai da diversi giorni.


"Speriamo che le vacanze vi concedano un po' di riposo dai libri. Buon Natale e buon anno nuovo, ragazzi! Potrete trovare il regalo che il vostro Babbo Natale vi ha fatto in atrio, sotto il grande albero. A presto!"
Il professor Collins scese dal palco dell'auditorium, mentre tutti gli studenti si dirigevano nell'atrio.
"Chi hai pescato?" chiese Michael a Frannie, cercando di non accodarsi alla grande fila che si era creata, tanto sapevano che si sarebbero dovuti fermare per aspettare che i prof dessero a Michael dei libri per Zoe.
"Non ricordo il suo nome." mentì lei. "Ho comprato il suo regalo tempo fa...oh guarda, su quel pacchetto c'è il tuo nome."
"Vediamo chi è..." Michael afferrò il pacchetto poco distante da loro. Era un sacchetto dalla carta gialla, dove in nero c'era stato scritto ' M. Clifford'.
"E' morbido." sorrise lui, tastandolo.
"Se dici li apriamo a casa, io ho preso prima il mio. Andiamo?"
Lei non voleva che lui lo aprisse dove tutti potevano vedere, perché ci aveva pensato troppo per renderlo qualcosa da condividere. Il suo regalo era stato fatto solo ed unicamente per Michael.
Lui annuì, e una volta essersi assicurato che la ragazza lo stesse seguendo, si diresse verso l'aula dei professori proprio mentre la campanella suonò, lasciando andare via lo sciame di studenti.
Alle due finalmente anche loro poterono riscaldarsi davanti al caminetto di casa Jenkins, e alle sette sapevano di dover andare a casa Clifford per un'altra cena.
Dopo aver pranzato i due si sedettero sul divano con i rispettivi regali tra le mani.
"Inizio io." si propose Frannie, scartando il pacchetto che aveva tra le mani.
Dal cuscinetto sollevò una collana alla quale era appeso un plettro, e se lo mise al collo, sorridendo, per poi leggere il biglietto ad alta voce.
"Spero che il regalo ti piaccia, so che lo volevi da quando sei venuta a casa mia. Buon Natale, Calum."
"Lo conosci?"
"Uno dei miei più vecchi amici." sorrise lei. "Dai, scarta il tuo."
Il ragazzo allentò il fiocco in cima al sacchetto, per poi sfilarlo del tutto e tirare fuori ciò che c'era dentro.
Si ritrovò così ad avere in mano un peluche a forma di scimmietta, con due grandi occhi viola, e con i ciuffi della testa colorati di lilla. Sorrise leggermente leggendo anche lui il biglietto ad alta voce.
"Stringilo quando io non ci sarò, anche se farò il possibile per esserci sempre. Non mollare mai Michael, qualsiasi cosa accada, e ricordati che io ci sono. Ti voglio tanto bene, Frannie."
Subito dopo aver letto il nome del mittente, il ragazzo si scaraventò sulla mora abbracciandola, finendo così per cadere entrambi stesi sul divano.
"Ti piace?" gli chiese lei, speranzosa, ancora avvinghiata al suo corpo. "I capelli li ho colorati io."
"E' bellissima." sorrise lui, mentre la sua voce si incrinava. "Grazie."
"E' per questo che ti ho voluto conoscere." ammise lei. "Non volevo fare un regalo insensato, e all'inizio nemmeno credevo che mi sarei affezionata a te...poi è cambiato tutto, ed eccoci qui."
Michael le baciò la guancia, quasi ridendo dalla felicità, e restarono così fin quando una chiamata non li interruppe.
Così il ragazzo si alzò dal divano, rispondendo allegramente.
Fu questione di pochi istanti.
Sul suo viso comparve un'espressione terrorizzata, mentre cadde a terra addosso al divano, spostandolo leggermente.
A Frannie non servì molto per capire cosa fosse successo, e si catapultò al suo fianco, scuotendolo dalle spalle e continuando a chiamarlo.
Le lacrime presero a scorrere sui visi di entrambi, mentre le labbra di Michael iniziarono a tremare, così come il suo corpo, senza riuscire a fermarsi.
Frannie continuava a chiedersi com'era possibile che una vita così giovane potesse essere portata via da una malattia, e come poteva essere che i medici non si erano accorti dei peggioramenti.
La madre della ragazza corse in salotto, e aiutò entrambi i ragazzi a rimettersi in piedi, per poi accompagnarli in macchina a casa di Michael, trovando l'ambulanza parcheggiata sul vialetto. La signora Clifford era ferma sulla porta e fissava impassibile la barella portare via la sua bambina sotto un candido telo.
"E' mia sorella, state fermi!"
La voce di Michael fece girare tutti i presenti verso di lui, che stava correndo verso la barella.
"Lei è mia sorella!" ripeté, gridando tra le lacrime. "Non potete portarmela via!"
Un medico cercò di calmarlo, posizionandosi davanti all'ambulanza per evitare che facesse danni: "Ragazzo, non c'è più nulla da fare."
"No...lasciatela a me!" gridò di nuovo, dimenandosi per passare, mentre un altro medico si era dovuto unire per bloccarlo.
Frannie partì di corsa, ignorando le grida della madre che le dicevano di stare lontana, perché lui era fuori di sé. Ma a lei non importava, lei voleva solo che Michael smettesse di piangere.
Lo afferrò da dietro, schiacciando il suo petto contro la sua schiena, intrecciando le mani sul suo stomaco.
"Michael, calmati..." sussurrò, bagnando il maglione scuro del ragazzo con le sue lacrime. "Ti prego, smettila...non serve a nulla."
Michael si immobilizzò, fissando inerme la barella salire sull'ambulanza e le porte chiudersi.
Cadde a terra, sfinito, continuando a piangere. Lei si accasciò accanto a lui, stringendolo tra le braccia esili. Era così che aveva fatto parecchi giorni prima, a scuola, quando erano stati separati dai professori.


Non fu facile per i tre giorni seguenti stare distante da Michael, per Frannie. Era stata la signora Clifford a suggerirlo, e l'aveva invitata a riconciliarsi col ragazzo al funerale della piccola Zoe.
Infatti, quel ventitrè dicembre, dopo essersi preparata a dovere, Frannie fece ingresso nella grande chiesa in centro città, sentendosi subito a disagio.
Non era mai stata una ragazza di chiesa, ma doveva qualcosa a Zoe, e quello le sembrava l'unico modo rimasto per ripagare il suo debito.
"Frannie."
La castana si voltò verso Michael, che le aveva appoggiato una mano sulla spalla. Si abbracciarono non appena i loro occhi si scontrarono, tenendosi stretti.
Una volta allontanati, il ragazzo le tese la mano: "Non ho intenzione di stare qui. Vieni con me?"
Lei annuì, e una volta presa la mano di Michael uscirono all'aperto, sentendo l'aria fredda scompigliare loro i capelli.
"Forse tornerò in Inghilterra." iniziò Michael, camminando sulla piccola muretta, piede dopo piede. "In fondo, ero qui solo per le cure di Zoe."
Frannie si sentì morire. Non era pronta a lasciare Michael.
"E quando sarebbe la partenza?"
"Natale." mormorò lui, scendendo dalla muretta. "Ma c'è un problema, chiamiamolo così."
"Sarebbe?" domandò la mora, sedendosi sulla panchina accanto a lui.
"Tu."
"Io?"
Si guardarono negli occhi, fino a quando Michael non decise di proseguire.
"Ho te, qua. E se parto, non ti avrò più."
"Vengo con te." sorrise lei. In effetti, non le sarebbe dispiaciuto lasciare Sydney.
"Non potrei permetterlo." mormorò lui, sfregando la mano sulla spalla della ragazza. "Hai la tua vita qui. Io ci vivo solo da due mesi."
La mora prese un respiro, non le sembrava certo quello il momento adatto per mettersi a fare la romanticona, ma forse non ne avrebbe avuto più l'occasione.
"E se, beh...la mia vita la vedessi, chessò...con te? E non qui, magari?"
Il ragazzo alzò gli occhi verso di lei, arrossendo leggermente.
"Sai, Frannie, i muri degli ospedali sono tutti bianchi."
"Lo so." mormorò lei.
"E anche la mia vita è sempre stata così. Ero accecato dalla superficialità, non sapevo ciò che avevo realmente fino a quando non ho iniziato a perderlo. Intorno a me era tutto schifosamente bianco." sospirò per un istante. "Poi però ho conosciuto te. E sei diventata un raggio di sole che illuminava ogni parete bianca. Come se in un ospedale lanciassero un secchio di vernice gialla."
"Sarebbe bello." sorrise lei. "Forse farebbe bene a chiunque si trovi lì."
"Tu sei l'unica macchia gialla che vedo in quei muri." disse infine Michael, portando il peso in avanti per appoggiarsi con i gomiti alle ginocchia.
"Sarò sempre quella macchia gialla." rispose Frannie, posando la testa sulla spalla del ragazzo. "A Natale venite a mangiare da noi, prima di partire, vero?"
Michael annuì, stringendo la mano attorno a quella fredda della castana, che arrossì leggermente. Non era di certo la prima volta che si tenevano per mano, ma per qualche strano motivo in quella situazione sembrava tutto diverso.
"La mia vita sembra essere arrivata al capolinea."
Frannie si alzò di scatto dalla panchina, inginocchiandosi di fronte a lui: "Perché dici una cazzata del genere?"
"Perché vivevo per tener in vita Zoe."
"Trova un'altra ragione per vivere." suggerì lei, incurante del fatto che i suoi pantaloni si stessero bagnando a causa del ghiaccio per terra.
"E se l'avessi già trovata ma dovessi lasciarla?"
"Falla restare." rispose Frannie, guardandolo negli occhi. "Oh andiamo, cosa ci vuole? Dille di restare."
"Resta." sussurrò lui soltanto, abbassando lo sguardo.
La ragazza posò il pollice sotto il mento di Michael, alzandogli leggermente il viso, e solo allora notò le lacrime che stavano scendendo, accompagnate dal suono lugubre delle campane.
"E' lì che ti guarda." sorrise dolcemente lei. "La vedi, Mikey? Vuoi veramente farti vedere così da lei?"
Michael sorrise leggermente, piangendo forse ancora più forte. Fu allora che la mano piccola della ragazza si chiuse attorno alla sua, costringendolo ad alzarsi dalla panchina, e lo abbracciò forte. Anche lui la strinse, affogando ogni singhiozzo sulla sua spalla, fin quando non videro tutti uscire. In quell'istante la macchina della madre di Frannie parcheggiò davanti a loro, e furono costretti a separarsi, accordandosi per la cena di Natale.


Venticinque dicembre.
Sul tavolo decorato unicamente di rosso c'era un'enorme ghirlanda come centrotavola, e sui piatti erano disposti dei tovaglioli con i nomi di chi doveva sedersi scritti in bella grafia. Frances era comodamente stesa sul divano quando sentì il campanello suonare, e una volta aperto si gettò tra le braccia di Michael, che la strinse a sé. La signora Clifford venne accolta dalla madre di Frannie, e lasciarono i due ragazzi da soli sul porticciolo che dava sul piccolo giardino.
La neve iniziava finalmente a scendere, e tutto il paesaggio attorno a loro si dipingeva di bianco.
"Quindi...partite domani?"
La domanda di Frannie arrivò diretta alle orecchie di Michael, che si girò verso di lei.
"A quanto pare." sorrise, guardando oltre la staccionata. "Senti, ti ricordi quando mi hai detto di dover far restare la mia nuova ragione di vita?"
"Sì."
"Le nostre mamme ne hanno già parlato." proseguì Michael, guardandola negli occhi. "E...se vuoi, puoi venire con noi. A mia mamma non dispiacerebbe, poi ha detto che se vogliamo, più avanti, possiamo trovare una casa nostra."
Frannie spalancò gli occhi: "Dici davvero?"
"Dico davvero. Del resto siamo entrambi maggiorenni." confermò lui.
"Dico di sì!" esclamò la mora, gettandosi tra le sue braccia. "Sarebbe fantastico."
"Sarà fantastico." ridacchiò lui, stringendola forte al suo petto. "Buon Natale, Frannie."
"Anche a te."
Si strinsero un'ultima volta, e appena furono sull'entrata, la mora si fermò, stringendo la mano del ragazzo.
"Che c'è?" le chiese lui, guardandola negli occhi.
Lei arrossì leggermente, cercando di sostenere il suo sguardo, per poi allungarsi e dare un bacio sulla guancia a Michael.
"Siamo sotto il vischio." disse poi, sorridendo.
"Ah già, la tradizione." suffò lui, passandosi una mano tra i ciuffi lilla.
"Ti voglio bene, Michael."
Lui sorrise leggermente, stampandole un piccolo bacio sulle labbra.
"Anche io, Fran."
La ragazza arrossì violentemente, e solo pochi secondi dopo erano di nuovo uno attaccato all'altra, senza nemmeno preoccuparsi nemmeno di prendere aria.
Era lei la luce di Michael. Era lei quella macchia gialla che non sarebbe mai scomparsa dalle pareti bianche della sua vita.
Michael l'amava in una maniera sconfinata, e avrebbe continuato a farlo per anni.
Frannie chiese scusa a tutti per essersi allontanata e successivamente sparita, ma i veri amici capirono e l'aiutarono col trasloco.
Zoe rimase nel cuore di entrambi per l'eternità, ricordando loro di essere sempre la rispettiva luce dell'altro, come lei lo era stata per aprire gli occhi ad entrambi.


"Frannie, tu...ami mio fratello?"
"Cosa? Oh, no, direi di no..."
La bimba riprese a bere dalla scodella di minestra, guardando interrogativa la ragazza.
"Davvero?"
La castana alzò lo sguardo su di lei, sorridendole: "No."
"Lo sapevo!" esclamò con voce flebile. "Si vede, diventi tutta rossa e balbetti."
"Succede ogni tanto." si difese la mora, ridendo.
"Prenditene cura. Lui e mamma sono tutto ciò che mi resta."
Frannie, si alzò, raggiungendo la piccola sdraiata sul letto.
"Lo farò sempre. Gli voglio troppo bene per lasciarlo andare."
Zoe tossicchiò leggermente, tornando a fissare il vuoto: "Vorrei dipingere la mia stanza. Che colore mi consigli? Sono stufa del bianco."
Frannie ci pensò un attimo su, pensando per un attimo a Michael.
"Giallo."




Writer's corner
Hi everybody c:
Allora, spero che questo scempio vi sia piaciuto, di solito non sono così drammatica ma a volte ci sta un po' di tristezza. Ammetto che me la immaginavo molto diversa la storia, ma è venuta fuori così...detto questo vi mando un bacio, e vi lascio con due frasi prese da Colpa delle stelle e una gif del nostro Mikey ♥

"Okay? Okay."

"We're just friends."
"Well, she is, I'm not."



Un bacio :*

Ale xx
Lou xx
Ash xx
  
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