"Forse la felicità, non esiste per tutti, forse è solo un triste presagio.. quello che so è che lei non mi viene mai a fare visita.. lei mi odia!"


Si svegliò con gli occhi gonfi per il pianto intenso durato tutta la notte, nonostante tutto doveva scegliere il suo sorriso più bello per iniziare la giornata, anche se quel sorriso era finto, doveva sceglierlo per forza, perché lei odiava le domande. Si vestì, ed anche se non andava più a scuola, si era svegliata presto quella mattina, forse per il male alla testa ed alla gola che le venivano solitamente quando passava notti del genere. Si fece coraggio e uscì dalla sua stanza. Andò in cucina per vedere se c’era qualcosa di buono da mangiare per colazione.. di solito sua madre si svegliava molto presto e preparava dei buonissimi pancake, infatti per la casa girava già quel buon odorino che la invadeva puntualmente ogni mattina. Scese, si sedette a tavola, e le venne servito quel gran piattone pieno di quelle delizie. Poco dopo anche la madre si sedette, ma non disse nulla. Non diceva mai nulla. E questo si può dire, creava uno strano equilibrio tra loro. Non appena finito di mangiare si affrettò ad uscire per andare a lavoro.. lei lavorava in un negozietto, uno di quelli che hanno sempre tutto. Lì non veniva mai gente interessante, a parte un ragazzo biondino che passava ogni giorno, si dava un occhiata in giro, guardava per un lungo istante lei, che a sua volta lo fissava da dietro il bancone, prendeva la prima cosa che gli capitava per le mani e la pagava, e non sempre andava bene: una volta prendendo la prima cosa che gli capitava tra le mani, prese una confezione di assorbenti e una volta arrivato alla cassa lei scoppiò in una risata che cercò di soffocare sin da subito, poi guardandolo gli disse: “Ti servono davvero questi?” sapeva che era improbabile che gli servissero perché altri le avevano detto che viveva da solo. In quel momento guardò cosa aveva preso e per la prima volta vide il viso di lui assumere un colorito più rosso di una Ferrari. Però doveva ammettere che lui le piaceva, e non poco. Quel giorno, però, quando arrivò, non guardò negli scaffali, ma andò dritto verso di lei, lasciò un foglio sul bancone e nello stesso modo in cui era entrato uscì. Lei si azzardò a guardo il foglio: “Il mio nome e James” e sotto un numero di telefono. Per la prima volta dalla morte di suo fratello – il motivo per cui piangeva la notte – sentì quel brivido di felicità che la percorreva ogni qual volta accadeva qualcosa di bello. Non appena uscì dal negozio, lo ritrovò lì a pochi metri da lei.. accadde tutto tanto in fretta che lei capì solo quando lui se ne andò: l’aveva baciata, così, senza paura di una reazione negativa, che non sarebbe mai arrivata, ma che poteva comunque esserci. Non appena capì e si girò per chiamarlo lui era già sparito. Per quanto poco fosse durato, quello che aveva provato era stato fortissimo. Più grande di qualsiasi altra emozione lei avesse mai provato. Arrivata a casa, parlò per la prima volta dopo tanto tempo con sua mamma, e non solo, l’abbracciò pure. Non appena estrasse il foglio dalla tasca vide una scritta che prima non aveva notato “Dicono che un bacio non si chiede, ma si da, senza avere paura della reazione” era una delle tanti frasi che suo fratello le ripeteva. Sì, era quel tipo di ragazzo romantico che ti rende felice. Una lacrima le rigò la guancia. Senza pensarci due volte compose il numero: “Ciao James, il mio nome è Anna”