-NOBODY SAID IT WAS EASY-
1. I
love you, you know.
-Nome?-.
-Yuma Tsukumo-.
-Età?-.
-Diciotto anni-.
-Primo anno?-.
-Già-.
Yuma fece un respiro profondo. Dio,
quanto odiava il mal di
testa.
-Il modulo di iscrizione?-.
Yuma si riscosse.
-Come?-.
-Il modulo di iscrizione, ragazzo. Ho
bisogno che tu me lo
dia compilato e firmato, altrimenti non possiamo verificare la tua
iscrizione
all’ Exeter College-.
La segretaria era una donna sui
cinquant’anni, dalla bocca
rifatta e lo sguardo indagatore. Lo stava guardando con
disapprovazione, ma
Yuma non fece altro che darle il modulo, scrollando le spalle.
Era abituato a sguardi del genere. Di
certo non doveva dare
una bella impressione, vestito solo con una maglietta bianca a mezze
maniche,
un paio di jeans logori, delle Sneakers che non cadevano a pezzi grazie
solamente al nastro adesivo, uno skateboard sotto il braccio e i
capelli
disordinati.
Yuma non si era mai curato del
proprio aspetto, così come
non gliene era mai importato nulla di quello che avrebbero potuto
pensare gli
altri di lui. Per sua fortuna, la maggior parte della gente si faceva
gli
affari loro e si limitava a lanciargli occhiatacce, proprio come la
segretaria.
Quest’ultima, dopo aver
timbrato il modulo, glielo
riconsegnò e disse –Bene, le scale sono qui a
destra, tieni la chiave della tua
stanza-.
Senza salutare, Yuma prese la chiave
e si avviò nella
direzione indicata dalla donna.
Avrebbe potuto cambiare vita. In quel
College, avrebbe
potuto ricominciare.
“Dai
Yuma” pensò,
camminando. “Non fare le tue solite
cazzate.
Devi dare una buona impressione”.
Ancora immerso in quei pensieri,
qualcosa gli andò addosso,
facendogli cadere lo skateboard.
“Ma
che cazz…?”.
Un attimo per riprendersi e si vide
davanti agli occhi una
ragazza davvero carina. Era bassa, di corporatura minuta. I lunghi
capelli
azzurri le scendevano fino al fondo schiena, contornati
all’altezza degli
zigomi da due frange dal colore più chiaro. Gli occhi erano
fucsia e indossava
una canottiera dello stesso colore e degli shorts bianchi.
Non appena lo vide,
esclamò –Oddio, scusami tanto non ti
avevo visto!-.
Yuma sorrise, mentre si chinava per
raccogliere il suo
skateboard da terra.
-Tranquilla, anche io non ti ho
vista. Comunque, dove vai
così di fretta?- chiese, notando solo in quel momento che la
ragazza aveva un
accenno di fiatone.
La ragazza sospirò.
-Io e mio fratello siamo delle
matricole, è il nostro primo
anno all’ Exeter College e non sappiamo bene come orientarci.
Mi sono fermata
un momento a chiedere dove fossero le camere delle ragazze e in
quell’attimo ho
perso mio fratello. Reginald non mi ascolta mai…-.
Si morse l’incavo della
guancia destra, scocciata.
Soffocando le risate, Yuma disse
–Anche io sono nuovo qui e
stavo giusto andando a cercare la mia stanza. Forse tuo fratello
è andato
avanti-.
La ragazza annuì.
-Lo credo anche io. Comunque, io mi
chiamo Rio Castle e…
wow, sai andare sullo skateboard?-.
Yuma rise.
-Yuma Tsukumo e… beh,
sì. Diciamo che me la cavo-.
Rio lo guardò, estasiata.
-Ho sempre desiderato imparare ad
andare sullo skate…-.
Yuma prese l’occasione al
volo.
-Se vuoi dopo ci vediamo a pranzo e
te lo insegno-.
La ragazza batté le mani,
sorridendo furba.
-Bene, allora! Ci vediamo in mensa,
Yuma e… ah, se vedi un
tizio ombroso vestito di viola potresti dirgli che la sua sorellina lo
sta
cercando disperatamente?- gli domandò, finendo il tutto con
un occhiolino.
“Questa
ragazza è
davvero simpatica”.
Yuma scoppiò a ridere.
-Ok, lo farò! A dopo Rio!-.
Salutandolo con la mano, Rio si
allontanò, raggiungendo
altre due ragazze.
Di certo, pensò Yuma
sorridendo, non ha problemi di
socializzazione.
Sospirando divertito, Yuma si
passò una mano tra i capelli e
si diresse verso le scale. Dopo qualche rampa, seguì il
cartello che indicava i
numeri delle stanze e prese il corridoio di sinistra arrivando davanti
alla
porta numero 323.
Girò la chiave nella
serratura e non appena aprì la porta,
si ritrovò investito da delle risate. Nella stanza
c’erano altri due ragazzi.
Il primo era molto alto e aveva un
fisico asciutto.
Indossava dei pantaloni beige, una camicia grigia di flanella e delle
scarpe di
camoscio. I capelli erano chiari, tra il grigio e il bianco e formavano
un
caschetto, mentre gli occhi erano di un colore blu scuro e rilucevano
di una
luce luminosa. L’espressione era indagatrice e calcolatrice e
Yuma ebbe la
brutta impressione che quel ragazzo lo stesse studiando dal primo
momento in
cui era entrato.
Il secondo era anche lui alto e
magro. Al contrario di Yuma,
sembrava ci tenesse molto al proprio vestiario. Indossava del pantaloni
lunghi
viola, una giaccia dello stesso colore e una maglietta dal colore
scuro, a metà
tra il marrone e il nero. I capelli erano dello stesso colore della
giaccia, di
un viola scuro e lo stesso valeva per gli occhi. Al collo portava un
ciondolo
d’acciaio, una punta di freccia acuminata.
Yuma lo riconobbe
all’istante.
Prima che uno dei due ragazzi potesse
aprire bocca, Yuma gli
domandò –Per caso sei tu Reginald Castle?-.
Quest’ultimo annuì, non smettendo
di osservarlo.
–Beh- rispose Yuma con
finta disinvoltura –Prima ho
incontrato Rio. Ti sta cercando disperatamente-.
Ricordando il tono ironico con cui
glielo aveva detto la
ragazza, a Yuma venne da ridere, ma riuscì a trattenersi di
fronte al fratello.
Il ragazzo di nome Reginald, dopo un
attimo di sorpresa,
aveva sbuffato per poi dire –Mia sorella è
un’attrice nata. Scommetto che in
realtà di stava divertendo con un paio di sue nuove
amiche…-.
Yuma a questo punto non
riuscì a trattenersi e scoppiò
fragorosamente a ridere.
-Esatto! Comunque tua sorella
è molto simpatica, sai?-.
Dopo un attimo di sconcerto, anche
Reginald sorrise.
-Sì, diciamo che non ha
problemi di socializzazione.
Comunque, chi sei?-.
-Yuma Tsukumo- rispose il ragazzo,
passandosi una mano tra i
capelli.
-Io invece sono Durbe- disse a quel
punto il ragazzo alla
sinistra di Reginald, tendendogli la mano.
Yuma la strinse esclamando
–Solo Durbe?-.
E lui rispose, serio
–Già, solo Durbe-.
Sorridendo per smorzare la tensione,
Yuma poggiò lo zaino che
aveva sulle spalle sul secondo letto nella stanza. Si sdraiò
sul materasso e
per un attimo si abbandonò alla morbidezza del cuscino.
-Allora, Yuma… da dove
vieni?- gli domandò Durbe, con tono
indagatore.
Con un sospiro, Yuma si
girò di lato.
-Vengo dalla città di
Heartland, in Giappone-.
Reginald parve sorpreso.
-Dal Giappone vieni qui in
Inghilterra?-.
Durbe lo anticipò.
-Problemi familiari?-.
Yuma rise piano.
“Chissà
se anche lui
ha esperienza in questo campo…” .
-Mio padre è un fottuto
coglione e mia madre una stronza di
prima categoria. Se non me ne fossi andato sarei impazzito, quindi
questo
College per me rappresenta una via di fuga-.
Yuma si era aspettato che i due
ragazzi lo guardassero male
e invece ottenne in risposta degli sguardi comprensivi.
-Io non sono messo così
male con la mia famiglia e questo
solo perché sono orfano- disse Reginald.
-Io e mia sorella siamo stati
affidati ai servizi sociali di
Londra fino ai nostri sedici anni e dopo, siamo riusciti a vincere una
borsa di
studio per questo College. Tutto pur di andarcene da quella cazzo di
città…-
aggiunse alla fine, con tono ironico.
Yuma gli sorrise. Poi si
girò verso Durbe.
-E tu invece?- gli
domandò.
Il ragazzo rispose, con un tono di
voce profondo –Io sono un
amico di infanzia di Reginald. Sono cresciuto nei dintorni di Londra,
con sette
tra fratelli e sorelle. Di famiglia non sono ricco e quindi per i miei
genitori
è stata una liberazione che io me ne sia andato
all’età di diciotto anni. Anche
io ho vinto una borsa di studio-.
Yuma rise.
-Quindi fino ad ora ho conosciuto tre
persone qui grazie a
delle borse di studio! Siete tutti geni allora!-.
-Anche tu sei qui grazie ad una borsa
di studio- replicò
Durbe, sorridendo ironico.
Yuma lo guardò sorpreso.
-E tu come fai a saperlo?- gli
domandò, leggermente
irritato.
Durbe non sembrava un cattivo
ragazzo, eppure aveva
quell’aria da saputello che cominciava a stargli un
po’ sui coglioni.
Il ragazzo indicò il
modulo di iscrizione di Yuma, quasi
accartocciato sul letto, accanto al suo zaino e allo skate. Yuma lo
osservò e
un attimo dopo si sentì un po’ stupido.
Così, per mascherare
l’imbarazzo, si mise a ridere.
-Mi hai beccato- disse, sorridendo
colpevole.
-Comunque, non sono un genio come
voi. Sono qui grazie ad
una borsa di studio per lo sport. Io non studio, corro-.
Non appena sentì la parola
“sport” il volto di Reginald si
illuminò un poco.
-Anche tu sei qui per una borsa di
studio per lo sport? Beh
non sei l’unico, lo stesso vale per me. Io sono specializzato
in pallanuoto,
però-.
Yuma sorrise. Quel ragazzo
così introverso cominciava a
piacergli sul serio.
-Amico, potremmo dire che corri in
acqua!- replicò ridendo.
Un attimo dopo anche Reginald
sorrise.
Yuma batté le mani,
rendendosi conto solo in quel momento
che era quasi ora di pranzo.
-Sentite- disse, rivolgendosi anche a
Durbe –perché non
scendiamo? Ho promesso a Rio che mi sarei visto con lei a pranzo-.
Reginald si levò la
giaccia viola, mettendo in mostra il
fisico magro e asciutto.
-Ottima idea, Tsukumo-
ribatté e Yuma si rese conto, con
immenso piacere, che il ragazzo stava acquistando man mano sicurezza
nei suoi
confronti.
Reginald si voltò verso
Durbe.
-Vieni?-.
Ma il ragazzo scosse la testa,
dicendo –Devo ancora
raggiungere la mia stanza Reginald. Ero passato qui solo per salutarti
velocemente. Vi raggiungo in mensa più tardi-.
-A dopo!- lo salutò Yuma,
per poi prendere il proprio skate e
uscire, seguito da Reginald.
Durante il tragitto, Yuma
scoprì quanto in realtà Reginald
fosse simpatico e forte. Scoprì che aveva da sempre badato
lui alla sorella,
più piccola di lui di un anno, e che non appena compiuti
diciannove anni aveva
vinto quella borsa di studio e lo stesso valeva per Rio. Erano sempre
stati
soli, lui e Rio, da quando i suoi genitori erano morti in un incidente
stradale
quando loro avevano solo quattro anni. Erano passati di istituti in
istituti,
con l’aiuto dei servizi sociali, e proprio per questo non
erano mai riusciti a
stringere legami con qualcuno, tranne che con Durbe. Yuma si
sentì subito legato
a quel ragazzo. Era più grande di lui di un anno, anche lui
era cresciuto senza
i suoi genitori e aveva una minima esperienza del mondo.
“Come
primo amico
promette bene” pensò, mentre lui e
Reginald passavano davanti ad un gruppo
di ragazze che non avevano smesso un attimo di fissarli da quando erano
arrivati alla fine delle scale.
Giusto qualche secondo ed entrarono
nella mensa.
-Mazza quanta gente, eh?- disse,
rivolto all’amico, che per
tutta risposta annuì, mentre cercava con lo sguardo sua
sorella.
Proprio quando anche Yuma stava per
iniziare a cercarla, una
voce femminile li fece sobbalzare.
-Reginald, ecco dov’eri
finito! Ah, ciao Yuma!-.
Quest’ultimo si
girò e si ritrovò davanti una Rio che,
infuriata col fratello, iniziava a parlare a raffica.
-Stupido che non sei altro! Ti cerco
dalle nove di questa
mattina e sono le due, si può sapere a cosa ti serve quel
tuo dannato cellulare
se non lo usi? Non so più cosa fare con te, fratello. E
poi… Yuma, hai portato
lo skate!-.
Yuma rise, sorpreso del cambio
improvviso di argomento,
mentre Reginald guardava la sorella con esasperazione.
-Sì, ho promesso che ti
avrei insegnato ad andarci no?- le
rispose, facendole l’occhiolino.
Anche Rio si mise a ridere.
-E bravo Yuma, tu si che sei un bravo
ragazzo! Comunque,
voglio presentarvi una persona. La mia compagna di stanza, è
davvero molto
simpatica!-.
Si fece da parte e Yuma
riuscì solo a sentire il rumore del
proprio skate che cadeva a terra.
La ragazza che aveva di fronte
sembrava essere uscita da una
rivista di moda. Era alta e magra, aveva un fisico tonico, ma allo
stesso tempo
delicato e femminile. I capelli erano lunghi e di un verde scuro, che
al sole
rilucevano di una luce più chiara. Le scendevano fino alle
spalle,
incorniciandole il viso magro e roseo. Gli occhi erano castani e al
loro
interno Yuma credette di vedere dei riverberi dorati, accentuati dalla
forma
ondulata delle lunghe ciglia. Indossava una canottiera verde con le
spalline
sottili, che le metteva in risalto il piccolo seno, una gonna di jeans
corta e
stappata ai bordi e delle Superga bianchissime.
Quando la ragazza parlò,
gli sembrò di sentire la voce di un
angelo.
-Piacere, ragazzi. Io mi chiamo Tori-.
Okay eccomi
qui! Sono
tornata con un’altra deprimente e terrificante
long! Allora, ho
pensato che questa ff potesse essere interessante: Yuma e co. al
College, tutti
diciottenni e via dicendo, Tori con problemi seri al cervello ecc.
Per questo
primo
capitolo lascio la parola a voi, è la mia prima rating
arancione, spero vi piaccia!
Benny (che si sta facendo in quattro che scrivere la sua ALTRA long -.-“).
ps.
sotto vi metto le immagini di Yuma, Tori e Durbe ^^ (come sono nella
mia ff ovviamente).