«Piper,
vai a svegliare Jason per favore?» chiese Annabeth con una
gentilezza un po’
distratta, senza alzare gli occhi dalla cartina di Roma -
sarà stata la
quattordicesima volta che la studiava, oramai doveva conoscerla a
memoria.
«È
ora di colazione»
«Sì,
va’ a svegliare il biondone» le fece eco Leo, in
tono lamentoso. «Sto morendo
di fame»
Piper
roteò gli occhi, sconsolata, poi si diresse verso la porta.
Lì ci mancò poco
perché si scontrasse con un agitatissimo Frank.
«Non
trovo Hazel» si lamentò quest’ultimo non
appena mise piede in sala mensa.
«Come
non la trovi? Che vuol dire?» Leo scattò subito in
piedi, allarmato.
Frank
scosse la testa e allargò le braccia, una smorfia
d’esasperazione sul suo viso
da bambinone.
«Vuol
dire che non la trovo! Pensavo fosse con te, ma...»
Piper
scappò via dalla mensa prima di doversi sorbire
l’ennesima discussione tra i
due. Percorse in fretta i corridoi della nave, sperando di incrociare
l’amica: un
orribile sospetto le stava avvelenando i pensieri, e si augurava con
tutto il
cuore di sbagliarsi di grosso.
Quando
arrivò di fronte alla porta della camera da letto di Jason,
esitò prima di
bussare. Prese un profondo respiro e alzò il pugno chiuso.
«...non
possiamo dirlo agli altri»
Si
bloccò, le nocche a meno di un centimetro dal legno. Era la
voce del suo
ragazzo quella che aveva appena parlato? No, non poteva essere
possibile.
«Non
capirebbero»
Era
definitivamente la voce di Jason. Piper strinse le labbra e
serrò entrambi i
pugni.
«Ma
te lo giuro, io ti amo, ti amerò per sempre. Potremo stare
insieme quando loro
non ci sono...»
Un
istante di pausa.
«Sì,
lo so, sarà difficile ma... come dici...?»
Altra
pausa, questa volta più lunga. Piper - ormai furiosa - tese
le orecchie, ma non
riuscì a sentire nulla. Eppure, Jason rise.
Immaginò le sue labbra arricciarsi,
i suoi occhi brillare. Perché le stavano facendo quello?
«Chi,
Piper?» fece, e la ragazza sentì il cuore
stringersi. «La mia fidanzata, dici?
No, lei non saprà nulla. Non saprà mai nulla. Io
amo te...»
A
quel punto, Piper non ce la fece più. Il suo calcio si
abbatté sulla porta,
facendola tremare.
«Jason
apri!» strillò. «Apri la dannata
porta!»
Sferrò
il secondo calcio nell’esatto istante in cui il ragazzo
apriva la porta, col
risultato di strabaltarlo all’indietro, facendolo finire sul
pavimento.
«Dov’è?»
Piper entrò nella stanza come una Benevola non
così benevola, gli occhi cangianti che saettavano da
una parte all’altra alla ricerca di Hazel.
Jason,
ancora stordito per la botta, ringraziò mentalmente che la
ragazza non fosse
figlia di Giove come lui: in quel momento, Piper aveva tutta
l’aria di poter
lanciare fulmini dagli occhi e incenerire chiunque le si fosse messo
tra i
piedi.
«Dov’è?!»
ripeté Piper, sempre urlando, mettendo sottosopra
l’intera stanza. «Jason CON
CHI STAVI PARLANDO?!»
All’improvviso
il ragazzo fu in preda ad un forte istinto di protezione verso
l’oggetto del
suo amore: saltò sul letto con un balzo felino, prendendo
tra le braccia il
qualcosa che stava nascosto sotto al cuscino e stringendoselo al petto
come se
ne andasse della sua stessa vita.
«Che.
Cosa. Hai. In mano?» sibilò Piper avvicinandosi a
lui.
Il
trambusto aveva nel frattempo attirato il resto
dell’equipaggio, che si
affollava nello spazio lasciato dalla porta semiaperta, senza riuscire
a vedere
molto.
«Scusate...
cosa sta succedendo?»
Piper
si bloccò di colpo, irrigidendosi. Si voltò
lentamente, poco alla volta, come
se temesse la reazione violenta e improvvisa di un feroce mostro
appostato alle
sue spalle.
Si
sentì girare la testa, e dovette appoggiarsi alla parete per
non franare a
terra: Hazel era lì, di fronte a lei, e la fissava con un
sopracciglio inarcato
e un’espressione perplessa.
«Ma
allora... ma allora cosa...?» farfugliò, in preda
alla confusione. «Cosa...?»
Percy,
probabilmente intuendo la situazione, corse in avanti e
saltò addosso a Jason.
I due lottarono per alcuni istanti, Jason stringendo a sé
qualunque cosa avesse
tra le braccia e Percy tentando di fargliela mollare. Alla fine fu
quest’ultimo
ad averla vinta, e l’oggetto interessato rotolò al
centro della stanza, ai
piedi di una Piper ora ancora più sconvolta, sotto gli occhi
di tutti.
Si
levò un coro di stupore generale.
«Non
posso credere che mi abbia tradita per... per quello!»
«È
stato davvero vile da parte sua. Su Piper, calmati adesso»
Annabeth
diede un lieve colpetto sulla spalla dell’amica, nel
tentativo di consolarla.
Piper le singhiozzava sulla spalla da circa tredici minuti e
quarantasette
secondi, e non c’era modo di farla smettere. Il trauma era
stato troppo grande,
troppo... be’, sì, troppo traumatico.
«Sei
stato un grande idiota, amico, un idiota colossale!»
esclamò Leo per la
ventiduesima volta.
«No,
no!» Jason tentò di divincolarsi dalla presa di
Frank e Leo, che lo tenevano
saldamente per le braccia, impedendogli di fare pazzie - come se non ne
avesse
già fatte abbastanza.
«No
ti prego Percy non farlo!» gridò ancora.
Percy
inarcò le sopracciglia, poi osservò per
l’ennesima volta quello che reggeva tra
le mani, indeciso se buttarlo in mare - era quello il piano - oppure
no.
Alla
fine sospirò e lo gettò fuori bordo.
«Nooo!!!»
L’ululato straziante di Jason costrinse gli altri tre ragazzi
a tapparsi le
orecchie. Il figlio di Giove corse verso il parapetto, iniziando ad
issarsi.
Percy lo intercettò prontamente e lo ributtò sul
ponte.
«No!
Cos’hai fatto?» Jason si mise in ginocchio e tese
la mano verso le onde. «Ti
amo! Ti ritroverò, lo giuro! Ti aaamooo!!!»
Percy
si schiaffò una mano sulla faccia, indeciso se ridere o
piangere. In sottofondo
si sentivano chiaramente i singhiozzi di Piper e gli aggettivi poco
amorevoli
che attribuiva al suo carissimo fidanzato - ex-fidanzato, ormai.
«Andiamo,
amico!» esclamò Leo poggiando una mano sulla
spalla di Jason. «Non prendertela così»
«Tu
non capisci!» strillò quest’ultimo.
«Voi tutti non potete capire! Noi ci
amiamo!»
«Insomma,
avrei capito se fosse stata una cintura per gli attrezzi magicamente
magica -
come la mia, tanto per fare un esempio» continuò
Leo, picchiettando l’indice
sulla sua inseparabile compagna. «Ma un mattone? Andiamo
amico, ci stai serio?»
«Ci
amiamo!» insistette Jason.
I
singhiozzi di Piper ebbero un picco improvviso.
«Sei
solo un grandissimo stro...!»
Annabeth
le tappò la bocca appena prima che potesse concludere
l’ingiuria.
«Andiamo
Piper, torniamo dentro» le disse prendendole la mano e
trascinandola
sottocoperta, seguita da un’attonita Hazel.
«Io
ho bisogno di lui!» continuò Jason, tentando di
nuovo di buttarsi in mare.
Percy
lo placcò in tempo.
«Lo
sai di cos’hai bisogno, tu?» borbottò.
«Di uno psichiatra divino. Di quelli
bravi. Su, Frank, dammi una mano con questo idiota»
E
insieme lo portarono dentro, per poi legarlo stretto e rinchiuderlo
nella sua
cabina, lasciando il coach Hedge di guardia.
«Nella
speranza che gli passi prima di arrivare in Italia»
commentò Percy mettendosi
in tasca la chiave. «Un mattone, ma per favore!»