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Autore: ValentinaRenji    08/09/2014    7 recensioni
Coppia: Misaki x Usami
L’amore è così, imprevedibile. Ci lega a qualcuno senza farcene rendere conto, stringendoci nello stesso filo del destino per non farci slegare mai. Ci indica un sentiero, a volte impervio, altre più semplice, cingendoti le mani per percorrerlo insieme.
Cos’altro puoi fare, se non seguirlo?
Avrai paura, avrai voglia di piangere, di urlare, di abbandonare tutto.
Forse, avrai voglia di scappare, perché non ti senti all’altezza, perché credi di essere sbagliato, mai abbastanza.
Ma poi … poi guarderai chi ami negli occhi ed ogni dubbio si dissiperà come un riflesso sfalsato.
Perché l’amore è fiducia, complicità, gelosia, sentimento malato che si aggrappa ad ogni villo per resistere alle tempeste, che si strugge per perpetuarsi nel tempo.
Ma l’amore è amore, e quello vero non si spegne mai.
Genere: Erotico, Fluff, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Yaoi | Personaggi: Akihiko Usami, Misaki Takahashi
Note: Lemon, Missing Moments, OOC | Avvertimenti: Spoiler!
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Ciao a tutti!
E' la prima volta che scrivo in questo fandom e sono un pò emozionata. Ho scritto riguardo la mia coppia preferita, Misaki e Usagi san e dedico questa breve one shot a Valentina Sis che mi ha fatto conoscere questo manga e perchè le voglio un mondo di bene.
Spero vi spiaccia, buona lettura!


 
Last Drop Falls
 
“Misaki … ti amo.”
 
Glielo ha sempre detto così, schietto e spontaneo. Glielo ha ripetuto all’infinito, sussurrandolo dolcemente sull’orecchio mentre le dita affusolate vagavano fra le ciocche castane e setose, lisce, soffici come un manto vellutato dall’aroma di bagnoschiuma mielato. Lo bisbigliava ancora e ancora, beandosi del viso paonazzo del più giovane, di quelle iridi smeraldo sgranate dall’imbarazzo, ingenue, dalle note infantili e bambinesche talmente candide e spontanee da risultare irresistibili.
Ormai lo sa bene, l’ha ammesso a se stesso da lungo tempo: non può più stare senza di lui.
 
“Misaki … ti amo.”
 
Digita assorto, le mani scivolano da un tasto all’altro della tastiera nera di quel pc portatile denso di cartelle e file, accompagnato da una pila carte indefinite, altre sparse sulla scrivanie, altre ancora accartocciate e riverse a terra, puntellando il pavimento ricoperto dal morbido tappeto.
La stanza profuma di matite temperate e toner della stampante, punzecchiata dall’intenso aroma delle numerose sigarette consumate durante l’intera notte trascorsa davanti allo schermo biancastro, le iridi ametista sgranate, le tempie premute dalla stanchezza.
Eppure … eppure c’è un pensiero che sovrasta tutti gli altri, un calore nel petto che affievolisce ogni sbiaditura di torpore, riscuotendolo dal sonno arretrato, dalla fame, dal brontolio dello stomaco vuoto. C’è qualcosa di strano che gli fa sussultare il cuore ad ogni passo lontano nel corridoio, che lo fa sorridere mestamente senza nemmeno accorgersene.
 
Te l’ho mai detto di amarti alla follia? Temo di sì … non è una novità, Misaki.
 
Eppure, ultimamente, un alone freddo e distante lo ricopre da capo a piedi, emarginandolo dal resto del mondo come se fosse rinchiuso in bolla sospesa, dalla superficie impermeabile, come se  … come se qualcosa fosse cambiato in lui. E di questo, Misaki se ne è accorto subito.
Era già successo una volta, un anno prima, quando i loro sentimenti erano ancora incerti, quando non riuscivano a delineare dei confini a quella strana sensazione corrosiva radicata nel ventre.
All’inizio non ne capiva la causa, addossando allo scrittore tutte le colpe, sostenendo interiormente che fosse eccessivamente avventato, dalla personalità complessa, incomprensibile, terribilmente fragile, porosa come un corallo dalle mille cavità. Eppure, dentro di sé, sapeva che probabilmente il torto non è mai di uno solo.
 
Usagi san … perché ti sei di nuovo rinchiuso nel silenzio?
 
Si avvicina cautamente, bussando timido alla porta chiusa della camera dove l’amante ha trascorso l’intera nottata, oramai terminata. La apre piano, facendo capolino prima con la chioma dai ciuffi sbarazzini, poi con il resto del volto dai lineamenti delicati. Le labbra sottili si schiudono in un sorriso rassicurante, incrociando le perle cristalline del compagno.
 
“Usagi san, ho preparato la colazione. Vieni?”
 
L’uomo annuisce, sollevandosi pesantemente dalla sedie e raggiungendo il più piccolo con pochi passi.
Lo osserva, taciturno, scorgendo nel viso un’espressione preoccupata, velatamente triste, trapelante da quegli occhi verdi profondi come l’oceano, palpitanti d’emozione. Posa il grande palmo della mano sulla sua guancia, carezzandola con lentezza, lascivamente, trasmettendogli il magico calore che solo il suo tocco sa donare.
 
“Grazie Misaki.”
 
La sua voce, la sua meravigliosa voce: roca, intensa, calda. Una scia di brividi percorre la schiena di Misaki, mordendo la pelle nivea come tarme affamate, facendolo sobbalzare al contatto delle proprie labbra con quelle dell’adulto, serrate sulle sue in una morsa di passione improvvisa, tanto da fargli mancare il fiato.
Percepisce la sua lingua sfiorarlo amabilmente, umida, giocare maliziosa, mentre un mugolio sommesso si fa strada nella gola arsa.
 
“U… Usagi san … N.. non respiro.”
 
Lo ascolta ridacchiare divertito, ne percepisce i baci sulla fronte e poi si sente stringere forte da quelle braccia possenti, rassicuranti, quelle ancore avvolgenti che lo salvano da ogni timore.
Non sa perché, non sa davvero come spiegarsi quella strana morsa allo stomaco, quel brulichio che lo attraversa ogni volta che le loro mani si sfiorano, quelle lacrime calde che si affollano negli occhi al solo contatto con il suo petto massiccio, bollente.
 
“Misaki … ti amo.”
 
Sussulta, sorpreso, alzando lo sguardo vitreo sul volto dai lineamenti decisi dell’uomo, più alto di lui.
Non si accorge di tremare, né di essere ad un passo da un pianto copioso, scomposto, singhiozzante, represso da lungo tempo, deglutito per la paura di dare preoccupazioni a quello scrittore bizzarro che gli ha rapito il cuore.
Percepisce le iridi chiare dell’altro puntate su di sé, pungenti, indagatrici, esattamente come la presa delle sue mani sulle spalle, ora più serrata e stretta.
 
“Misaki … cosa succede? C’è qualcosa che non va?”
 
Lui scuote la testa, lasciando ondeggiare le ciocche color cioccolato, deviando lo sguardo. Si sente scosso, come una foglia straziata dalla tempesta, come uno stelo d’erba sferzato dalla pioggia.
Ora che ci pensa, è esattamente quella la condizione atmosferica vigente quella domenica mattina: si è svegliato di buon umore, speranzoso di trovare il sole alto e splendente nel cielo e … chissà? Magari di fare una passeggiata durante il pomeriggio con il suo strambo coinquilino. Non appena ha alzato le veneziane della finestra, però, si è trovato di fronte ad una massa plumbea di dense nubi, affollate le une sulle altre, grigiastre e madide di umidità, scroscianti, algide, come quell’inverno gelido che pare non voler terminare mai.
Aveva allora inclinato le labbra in una smorfia dispiaciuta, leggermente afflitta, avviandosi rassegnato verso la cucina spaziosa. Nonostante ciò non si è perso d’animo, bensì ha rimboccato le maniche del pigiama morbido iniziando a preparare una colazione abbondante per il suo Usagi san.
E allora … allora perché ora non riesce a trattenere quei rivoli tiepidi e salati lungo le guance?
Perché si sente morire dentro alla sola visione di Akihiko?
 
“N… non ho nulla.”
 
“Bugiardo.”
 
“Sto bene .. non c’è niente che non va!”
 
“Bugiardo.”
 
L’uomo dal manto argenteo lo bacia candidamente sulle labbra, di nuovo, spingendolo con dolcezza sul divano poco distante dalla caotica scrivania. Lo sovrasta con la sua massiccia statura, ghermendolo sotto di sé come un lupo che tenta di divorare la sua preda. Ma Usami … Usami non divorerebbe mai la persona che ama e lo studente lo sa bene.
Stringe le palpebre sospirando, inarcando la schiena al contatto dei palmi bollenti dello scrittore sul proprio ventre magro, definito da addominali lievemente accennati. Lo percepisce respirare profondamente, solleticato dal suo manto setoso vicino al collo, mentre il petto nudo viene percorso da piccoli morsi alternati a lappate insistenti, una sinfonia per tale pelle chiara ora arrossata dal proibito gioco.
Cerca di riabbassare la maglia azzurra del pigiama, strattonando il tessuto verso il basso, opponendosi con forza e tenacia all’azione contraria di Akihiko che, inversamente, spinge verso l’alto le sue mani, sfamandosi di baci sempre più bramosi.
 
“Usagi san …”
 
Non ci riesce, non ce la può fare.
Si scioglie in un pianto copioso, come un bambino, sussultando, sotto lo sguardo attonito del compagno, le iridi ametista sgranate dallo stupore, le labbra schiuse in una smorfia basita e preoccupata al medesimo tempo.
Inizia a singhiozzare, portando le dita magre davanti al volto arrossato dalla vergogna, coprendolo e bagnandolo, urlandogli di non guardarlo, di andare via.
Ma lui non si muove, rimane lì immobile, a cavalcioni sul ragazzo tremante, le mani dolcemente strette ai polsi esili.
Li scosta con dolcezza, liberando le gote tinte di porpora ed umide, per posarvi sopra un tenue bacio.
 
“Misaki …”
 
“Perdonami … perdonami Usagi san… non volevo.”
 
“Misaki … ti amo.”
 
“SMETTILA DI DIRLO IN CONTINUAZIONE!”
 
Si divincola dalla presa dell’altro, mettendosi a sedere compostamente, la schiena rigida, i muscoli del corpo contratti dalla tensione la voce tremula, un nodo stretto nella gola.
 
“Misaki!”
 
Si immobilizza, scrutando spaventato il compagno, ora apparentemente alterato, serio. Lo fissa sfacciatamente, i ciuffi chiari si adagiano sul volto mascolino conferendogli un’aria eterea, di perfezione, rendendolo tanto magnifico da far perdere un battito al giovane Misaki.
 
“Misaki parlamene. Lo sai che non ottieni nulla a chiuderti in te stesso.”
 
“U… Usagi san …”
 
Lo abbraccia forte, con slancio, stringendosi a lui per riversargli addosso tutte le paure e i timori chiusi nell’anima da troppo tempo. Le lacrime scivolano lungo il viso magro, inumidendo la chiara camicia dello scrittore, che passa scompiglia con amore la chioma castana del più piccolo.
 
“Sei così buffo quando piangi.”
 
“Sta zitto!”
 
“E’ per me , vero?”
 
Lo sente biascicare qualcosa, burberamente, un bofonchio soffocato che pare proferire un “Hai troppa autostima” ovattato, con l’uguale reazione di farlo ridacchiare divertito.
Il suo Misaki, sempre così timido, riservato, mai pronto ad ammettere una volta per tutte i suoi sentimenti.
Ma d’altronde … lo ama anche per questo.
 
“Usagi san … avevo paura che ti fossi dimenticato di me.”
 
Un momento di silenzio, il cuore di entrambi scalpita indomito, tanto forte da poter implodere da un momento all’altro. Misaki appoggia l’orecchio sopra quel motore scalpitante, ascoltandone il battito scomposto, agitato, ormai conscio che sta scoppiando solo per lui.
Respira a fondo, cercando di contenere le lacrime ancora abbondanti, inspirando dal naso per ricominciare a parlare sotto lo sguardo attonito del compagno.
 
“Sei stato chiuso qui dentro per due settimane … non sei più venuto a mangiare con me , ho dormito da solo … Io … io credevo che …”
 
“Baka Misaki … lo sai che non potrei mai … scordarmi di te.”
 
Gli solleva il mento con le dita, delicatamente, per poggiarsi sulle sue colline morbide, rosee, assaporandole con cautela, come se si trattasse di un oggetto prezioso, di cristallo fragile e pregiato.
 
“… Misaki … mi dispiace di averti trascurato. Ma non ti preoccupare … mi faccio perdonare immediatamente.”
 
Un sorriso malizioso di delinea ferino, una lampo di luce attraversa le iridi violacee nell’esatto istante in cui sfila sapientemente la maglia dell’amante, lasciandolo interdetto e perplesso, le guance ancora umide.
 
“C… cosa fai Usagi san … Fermati! N… non qui!”
 
“Perché no?”
 
Inizia a baciarlo lungo l’intero torace, costellandolo di scie bollenti scandite da piccoli morsi; la pelle lattea si arrossa ad ogni carezza, ad ogni contatto, al semplice incontro con il respiro sempre più intenso di Usami.
Gli cinge i fianchi stretti, magri, afferrando con i denti l’elastico dei pantaloni cerulei con astuzia e brama.
 
“No Usagi san! Usagi san!”
 
Eppure, le proteste si spengono fievoli, come una fiammella tremula di una candela consumata. Non si accorge di protendere le sue dita fra le ciocche fulve dello scrittore, né si accorge di spingere il bacino verso di lui quando inevitabilmente si dedica alla sua intimità.
Lentamente, i pensieri si spengono, le lacrime si asciugano, ed un nuovo calore esplode nel petto avvolgendogli l’anima.
 
Come ho fatto a dubitare di Usagi san. Lui … lui non mi dimenticherebbe mai.
Forse ho avuto paura perché … perchè mi mancava.
Forse, la verità è che sono davvero innamorato di lui.
 
“Ti amo.”
 
Lo pronuncia senza rendersene conto, bisbigliandolo piano, come un sussurro del vento. Tiene le palpebre strette, le labbra dischiuse, le guance arrossate, immobile, lasciando che Akihiko lo squadri sconvolto, incredulo di aver ascoltato finalmente quelle parole insperate, trapelante di una gioia nuova, così forte da far tremare anch’egli.
Intenerito raggiunge nuovamente le labbra del più giovane, stampando un casto bacio colmo di gratitudine.
 
“Mi domando come fai a rendermi sempre felice, Misaki.”
 
“Ah? Uh? Cosa… cosa ho fatto?”
 
Sgrana le iridi smeraldo, puntandole dubbioso su quelle cristalline dell’altro, delineando con lo sguardo il suo sorriso raggiante, l’espressione sincera dipinta sul volto solitamente serio e composto.
 
“Ho .. ho detto qualcosa Usagi san?
 
“No, nulla.”
 
Non riesce a trattenere un risolino divertito di fronte a quel viso ingenuo e spaventato, a quei grandi occhi da cerbiatto incapaci di mentire. Quanto lo desidera? Quanto lo ama? Teme che non esista alcuna misura per definire l’immensità dei suoi sentimenti. Sa solo che sono infiniti, estesi, vasti, incalcolabili.
 
 
L’amore è così, imprevedibile. Ci lega a qualcuno senza farcene rendere conto, stringendoci nello stesso filo del destino per non farci slegare mai. Ci indica un sentiero, a volte impervio, altre più semplice, cingendoti le mani per percorrerlo insieme.
Cos’altro puoi fare, se non seguirlo?
Avrai paura, avrai voglia di piangere, di urlare, di abbandonare tutto.
Forse, avrai voglia di scappare, perché non ti senti all’altezza, perché credi di essere sbagliato, mai abbastanza.
Ma poi … poi guarderai chi ami negli occhi ed ogni dubbio si dissiperà come un riflesso sfalsato.
Perché l’amore è fiducia, complicità, gelosia, sentimento malato che si aggrappa ad ogni villo per resistere alle tempeste, che si strugge per perpetuarsi nel tempo.
Ma l’amore è amore, e quello vero non si spegne mai.
 
 
La pioggia scroscia malinconica sul tetto dell’attico, ticchettando sui vetri delle finestre linde ed algide. Nella stanza in penombra due corpi si posano l’uno sull’altro, esausti, adagiati su un divano morbido, i vestiti sparsi sul tappeto accanto a dei peluche a forma d’orso. I respiri si affievoliscono lentamente, le carezze si concretizzano in un abbraccio sempre più stretto, sovrastato da una coperta di pile per non disperdere il bollore di quella pelle arrossata.
Misaki struscia il volto assonnato sul petto nudo del compagno, trattenendo malamente uno sbadiglio, le palpebre pesanti, la mente cullata da un torpore crescente.
 
“U.. Usagi san … non vuoi fare colazione?”
 
Akihiko sbatte le ciglia, ridestandosi dal baratro di Morfeo in cui stava precipitando, aggrappandosi alla voce impastata del più giovane aderente al suo torace caldo.
Lo bacia sulla fronte, inspirandone il profumo intenso, crogiolandosi in quella sensazione di paradisiaca beatitudine che solo il suo Misaki sa donargli con la sua mera presenza.
Osserva la schiena nuda puntellata da brividi, le scapole appena sporgenti, i lineamenti rilassati, conscio del proprio battito che aumenta all’impazzata, alla voglia di stringerlo a sé per sempre, ripetendogli all’infinito quanto sia importante per lui.
Ma è certo che, in fondo, lo sappia già.
 
“Ehi, Misaki …”
 
“Mh…”
 
“Ti amo.”
   
 
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