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Autore: _CONLATESTATRAILIBRI    08/09/2014    0 recensioni
la storia ha come protagonista una ragazza di 14 anni che incontra il suo vero amore e se ne innamora subito, ma come tutte le storie anche la loro ha un difetto...vivono distanti 97.17 km in linea d'aria. Lei a Udine e lui a Venezia. Non avranno molte occasioni di incontrarsi, anzi quasi nessuna, ma il loro segreto è che hanno un posto segreto solo per loro...una stella dove incontrarsi.
Genere: Fluff, Romantico, Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Contesto generale/vago
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UNA STELLA DOVE INCONTRARSI

CAPITOLO 1
La storia deve ancora cominciare...

Era iniziata come un semplice festa, e si trasformò nel miglior giorno della mia vita. Ma si sa che tutte le cose belle prima o poi finiscono e anche quel giorno era destinato a finire...male.
Era il compleanno di un nostro amico di famiglia, ma come ragazzi c'eravamo soltanto io, mia sorella Giorgia e due sue amiche (Cecilia e Penelope), insomma, la giornata si presentava una vera noia. Ma stranamente la fortuna decise di stare dalla mia parte e dopo mezz'ora di noia assoluta passata a parlare e (soprattutto) ascoltare gli adulti arrivarono altri due amici del festeggiato che io non conoscevo e che non avevo mai visto. Erano due tipi (marito e moglie) abbastanza picoletti e ben vestiti. Dietro di loro si trascinavano due ragazzi, uno che aveva la mia età ed uno che  aveva 16 anni ma ne dimostrava 18. Erano tutti e due biondi, magri, alti, vestiti in jeans e maglietta, come ormai la maggior parte degli adolescenti, ma la cosa che li caratterizzava maggiormente erano gli occhi, completamente diversi li uni dagli altri ed assolutamente irresistibili. Il più giovane aveva due occhi magnifici, di un colore inesistente su qualsiasi tavola dei colori. Erano un misto tra azzuro e verde, paragonabili solamente al più bello degli oceani. Non ne avevo mai visti di più belli prima. L'altro invece li aveva colore marrone castagna, assolutamente particolari, ma quasi banali in confronto a quelli del fratello. Si capiva lontano un miglio che erano stati trascinati lì dai genitori e che non si divertivano per niente, così decisi di salvarli. Appena il festeggiato mi chiamò per farmi conoscere i due ragazzi io li invitai a conoscere mia sorella e le sue amiche. I due si chiamavano Peter (il più giovane) e Tommy (il fratello) e mi dissero che la loro madre era inglese, per questo avevano tutti e due nomi inglesi, e il padre era italiano originario di Milano e trasferitosi a Venezia per lavoro, dove aveva conosciuto la madre. Ci avviammo verso il parco di fronte al ristorante, dove si trovavano Giorgia e le due amiche che stavano giocando a nascondino con altre tre bambine conosciute lì. Io presentai a Giorgia, Cecilia e Penelope i due ragazzi e quando guardai Peter per presentarglielo i miei occhi incrociarono i suoi facendomi quasi dimenticare che cosa stessi facendo. Cazzo! Erano bellissimi! Sarei potuta stare tutto il giorno a fissarli. Mi ero innamorata dei suoi occhi ancora prima di potermi innamorare di lui. Ed era proprio mentre fissavo i suoi occhi che mi accorsi che anche lui mi stava guardando e mi stava dicendo qualcosa. Risorsi dal mio mondo fatto di me e i suoi occhi e con faccia interrogativa gli dissi:"Scusa, non ho capito cosa hai detto." "Ti ho chiesto se vuoi giocare anche tu a nascondino." "Oh, si va bene. Dopotutto mi sembra che non ci sia nient'altro di meglio da fare qui." "Sono della tua stessa opinione." Ridemmo assieme e poi iniziammo a giocare a nascondino con mia sorella, le sue amiche, suo fratello e le tre bambine conosciute lì. Ci divertimmo un mondo e il tempo passò così velocemente che quando ci stufammo di giocare era già l'una e mezza e stavamo morendo di fame. Così ci avviammo verso il ristorante dove c'erano gli adulti, ma mentre camminavamo io inciampai nel laccio delle mie all star costantemente slacciate e sarei caduta con la faccia sull'asfalto se Peter non mi avesse preso in tempo. Ci ritrovammo così uno nelle braccia dell'altro con lui che mi teneva per i fianchi ed io che gli facevo solletico con i miei capelli. Mi sentivo così a mio agio tra le sue braccia che quando mi girai completamente rossa in faccia fui capace di dire solo "Scusa." Per fortuna lui non si scandalizzo e mi disse "Non c'è di che, mi è piaciuto salvarti e se volessi rifarlo io sono pronto." Io semplicemente gli sorrisi dolcemente e continuai a camminare con le mie all star slacciate ai piedi e un sorrisone a trentadue denti stampato in faccia. Quando entrammo nel ristorante capimmo che, come sempre, avevamo un tavolo solo per noi bambini/ragazzi, probabilmente non ci consideravano alla loro altezza oppure semplicemente non avevano voglia di averci tra i piedi anche la domenica, ma fatto sta che dovevamo sederci in 6 ad un tavolino in cui ci stavamo solo in 4. Io prima di sedermi andai in bagno a sciacquarmi la faccia per farla tornare al suo colorito naturale, e quando uscii mi scontrai contro Peter che mi prese, di nuovo, tra le sue braccia ma stavolta eravamo petto contro petto. Potevo sentire il suo profumo (uguale a quello che usano tutti gli altri maschi ma che addosso a lui stava d'incanto) e sentire il suo respiro calmo e rassicurante soffiarmi caldo sui capelli che, ancora una volta, gli facevano solletico sotto il mento. Quando mi ristaccai da lui, un po' controvoglia, lui mi sorrideva con il suo sorriso dolce bellissimo e mi disse "Penso che ormai dovrai considerarmi il tuo eroe." "Già, mi sa che oggi una qualche strana forza mi attiri a te." "Probabilmente sono la tua criptonite che ti fa sentire debole e cascare tra le mie braccia ogni volta che ti sono vicino." "Allora sono onorata di avere te come mia criptonite." "E io sono onorato di esserlo." Ci sorridemmo e ci dirigemmo verso il nostro "tavolo da pic-nic" (così l'aveva soprannominato Peter ed eravamo tutti assolutamente d'accordo con lui). Quando arrivammo ci accorsimo che erano rimasti solo due posti ed erano uno di fianco all'altro, così Peter mi sussurò all'orecchio "Mi sa che oggi dovrai cadermi tra le braccia ancora un paio di volte visto che siamo destinati a stare MOLTO vicini." Il suo fiato sul collo e il modo in cui sussurava le parole mi fecero venire le vertigini, così gli risposi un semplice "Mi sa anche a me" con l'aggiunta di un sorriso e mi sedetti al mio posto, con la sedia praticamente attaccata a quella di Peter che per tutto il pranzo non fece altro che farci ridere con le sue battutte, i suoi buffi annedotti, le sue imitazioni strambe e le lotte che faceva con suo fratello per scherzo. All'inizio non me ne accorsi, ma mi stavo innamorando di lui.
   
 
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