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Autore: Megan Alomon    08/09/2014    0 recensioni
"Tutto bene sul fronte occidentale, amore mio, nessuno bombarda più."
Genere: Introspettivo | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Per terra, nel fango
(sei al sicuro adesso)
 
 
La rosa sta proprio male.
Le restano solo cinque petali. Devo finire di raccontarle tutto.
 
Dopo essere svenuta, mi svegliai in un letto con lenzuola candide. Ero in una stanza enorme, con finestre grandi e tende color lavanda. C'era odore di disinfettante e di qualcos'altro. Ma cosa? Non capivo.
In fondo alla sala c'era una porta scura che si aprì cigolando.
Entrò un'infermiera, o almeno pareva esserlo.
Ero così debole che nemmeno dissi "buongiorno" o una cavolata simile. Ricordavo la guerra. Ricordavo ogni cosa. Mi veniva da piangere ma mi trattenni.
"Ciao." disse l'infermiera, "Sei l'unica sopravvissuta."
"Lo...so." mi bruciavano le labbra.
"Ti abbiamo trovata per terra, nel fango, eri svenuta."
Solo allora notai che la donna non mi guardava mentre parlava. Non mi guardava perchè non poteva vedermi. Era cieca, i suoi occhi erano praticamente bianchi. Mi spaventai.
"Sei al sicuro adesso."
"Io..."
"Non avere paura."
"Mi chiamo..."
"Lo so. Io vi conosco tutti." l'infermiera sorrise, "Devi fare una flebo, torno subito." come era entrata, uscì.
Mi stropicciai gli occhi. Mi sentivo intorpidita e stanca. Alla mia sinistra c'era un comodino e sul comodino c'era un pacchetto di sigarette e un accendino.  Ne presi una e la accesi. La prima boccata mi fece tossire, la seconda mi rischiarò di un poco le idee. Mi misi una mano tra i capelli. Qualcuno me li aveva tagliati. Erano lunghi quasi fino al seno una volta, ora toccavano appena le spalle.
L'infermiera tornò. "Non fumare." mi disse calma, "Fa male alla tua bella voce."
"Come..."
"Io so tutto... adesso dammi il braccio sinistro."
Allungai il braccio e mi chiesi come avrebbe fatto quella strana donna a farmi una flebo se non ci vedeva. La donna tastò il mio braccio, con il pollice della mano sinistra trovò la vena e ci infilò l'ago.
"Ahi!" esclamai.
"Lo so, tesoro. All'inizio fa sempre male."
"Cos'è?"
"Cosa?
"Che c'è nella..."
"Nulla che ti possa danneggiare. Ah, ti ho tagliato i capelli. Erano rovinati." sorrise ancora, poi se ne andò.
 


"Racconta ancora."
"Ti vedo stanca, rosa temeraria."
"Ti prego, finisci il tuo racconto."
"Va bene."
 


Passarono due giorni. Poi l'infermiera mi permise di uscire.
Fuori da quella stanza c'era un immenso giardino, era bellissimo. Ricordo che ci camminavo scalza. E capii che cos'era l'altro odore che sentivo: salsedine.
"Siamo vicini al mare?" chiesi all'infermiera.
"Sì, puoi andarlo a vedere se vuoi." mi indicò un punto oltre un cespuglio di gelsomino. Mi incamminai e per poco non svenni davanti alla bellezza di quello che vidi. Dietro al gelsomino, iniziava una spiaggia bianca e poi c'era il mare. Il vento mi scompigliava i capelli e il mare ruggiva. 
Mi veniva da piangere. Era tutto meraviglioso, puro. L'infermiera cieca mi raggiunse.
"Abbiamo sepolto tua sorella."
"Quando?"
"Tre giorni fa."
Mi accasciai per terra, guardai il mare e piansi.
"Presto potrai tornare a casa." mi disse ancora la donna.
"Come?" chiesi.
"Verranno a prenderti e sarai a casa."
"Chi?"
"Il mare."
Non capii.
Tornai a casa da sola, in effetti. Nessuno venne a prendermi. Quando tornai però, nessuno pareva essersi accorto della mia assenza. Eppure ero stata via quasi un anno e mezzo. Passò del tempo, poi incontrai il poeta. E poi basta. Fine.
 
 
 
"Fine?"
"Fine."
"E con il poeta poi come è andata?"
"Bene, rosa temeraria."
"Sto morendo."
"Lo so e mi dispiace. Posso ancora fare qualcosa per te?"
"Ricordami."
 
 
 
Ed è così che alla rosa cade anche l'ultimo petalo.
La rosa temeraria, ha sfidato la pioggia e il freddo e d è nata. La rosa temeraria è andata, persa nel vento.
Una lacrima sul mio viso, scende lungo la mia guancia e cade sulla punta della mia scarpa destra.
 
  
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