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Autore: Lady_Mira    09/09/2014    4 recensioni
Chi ha mai detto che essere adolescenti è una passeggiata? Giada, Francesco, Giulia, Elena e Letizia ne sanno qualcosa. Cinque storie di cinque adolescenti raccontate in prima persona.
Genere: Angst, Introspettivo, Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het, Crack Pairing
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Scolastico
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Giulia

Mi guardo attorno tentando di indovinare chi possa avermi scritto quelle parole. Il mio sguardo si posa su Giacomo. Cerco di capire se mi stia osservando di nascosto per vedere se ho ricevuto il biglietto, o magari se invia un qualche segnale per farmi capire che sì, è lui l'ammiratore segreto. Devo averlo fissato a lungo, poiché a un certo punto si accorge di essere osservato e mi rivolge uno sguardo interrogativo, e io mi giro di scatto, imbarazzata. Guardo dalla parte opposta, e i miei occhi percorrono le file dei banchi, soffermandosi sui maschi della classe. Chi potrà mai essere l'ammiratore segreto? Poi penso che non è necessariamente uno della classe, potrebbe essere anche qualcuno della scuola, che mi ha vista camminare per i corridoi, o magari al bar. Stupido edificio! Perché devi avere 672 studenti al tuo interno?

Giada

Il compito di latino non è stato poi così difficile. Ho visto tutto da Giovanni, che mi fa copiare senza problemi. Non so se affianco a me si senta imbarazzato o lusingato, fatto sta che mentre scrive guarda solo il foglio, muove solo il braccio, per il resto sta immobile, sembra quasi una statua di cera con il braccio umano. Ma tanto non mi frega nulla, è lui che comportandosi così pare un idiota. Sembra non respirare nemmeno, e forse non respira sul serio, visto che è tutto rosso in volto. E ci credo che non ha amici. Quando lui finisce il compito, lo costringo ad aspettare altri cinque minuti per farmi copiare le ultime cose.

Letizia

Dopo l'odioso compito di latino (che io ho consegnato in bianco), c'è motoria. Motoria è la materia più inutile che sia mai stata inventata dopo... beh, in realtà non so cosa ci sia di più inutile dell'ora di scienze motorie. Mentre ci dirigiamo verso il corridoio, ricordo che ho dimenticato le scarpe da ginnastica. Perfetto, vorrà dire che starò seduta mentre tutti gli altri muoiono sul campo. Sorrido trionfante, e vado a dire alla prof che pure per oggi starò in panchina.

Giulia

Mentre mi cambio le scarpe, trovo un altro bigliettino dentro la calzatura.

So che ti stai chiedendo chi sono.
Ma non cercare di capire la mia identità.
È proprio questo il bello del gioco.
-Ammiratore segreto

Fisso stupita quelle parole. Lo rileggo due volte, dapprima velocemente, poi più lentamente, soffermandomi su ogni sillaba. Gioco? L'aveva chiamato gioco, quello di mandarmi i bigliettini? Mi sono scervellata per tutto il compito di latino chiedendomi chi fosse l'ammiratore, probabilmente l'avrò sbagliato tutto, quel dannato compito, facendo sbagliare anche Sofia. E lui lo chiama gioco. E va bene, caro ammiratore, sai cosa? Starò al gioco.

Francesco

La professoressa di scienze motorie dice che oggi si giocherà a pallavolo. La maledico nella mia mente, già sapendo che probabilmente combinerò un casino e verrò preso in giro da tutti. Di nuovo. Si formano tre squadre: i capitani sono Giulia, Lorenzo e Paolo. Comincia a scegliere i membri del suo gruppo Giulia: ovviamente chiama Sofia. È poi il turno di Lorenzo e di Paolo, e la cosa ricomincia. Quando anche Giovanni viene scelto, rimango solo io. Ed è il turno di Paolo. “Mi sa che mi toccherà prendere lo sfigato” fa con una smorfia disgustata “Che iella” aggiunge lui, e qualcuno della sua squadra mormora qualcosa di simile. “Tarazzo, vuoi venire o vuoi stare lì impalato tutto il giorno?” mi fa Paolo, visto che io non mi sono ancora mosso di un millimetro. “Preferirei stare impalato, veramente...” borbotto, ma senza farmi sentire. “Perfetto, ora che avete fatto le squadre, cominciamo a giocare. La squadra di Giulia e quella di Paolo vadano in campo” urla la professoressa.

Letizia

Mi siedo a bordo campo. Non so che fare, così comincio a fissarmi la punta dei piedi. Poi mi rendo conto che non sono sola: affianco a me sta Angela, una ragazza con cui non ho mai parlato, forse l'unica di tutta la classe con cui non ho scambiato neanche un ciao. È una nuova, è arrivata a ottobre e ancora non conosce nessuno del luogo. Credo. Quel che so è che in classe non ha amici, e non l'ho mai vista in giro con nessuno. A dire il vero non l'ho mai vista nemmeno parlare, se non alle interrogazioni, o quella volta in cui ha alzato la mano, accompagnando il gesto a un flebile “è mio”, per dire che il dizionario di latino smarrito era il suo. Se ne sta seduta per terra, composta, la maglietta nera che le fa sembrare la pelle ancora più pallida di quanto non sia realmente. Ha i capelli neri con delle meches bionde che le cadono sulle spalle, e mi chiedo come faccia ad averli così perfettamente lisci. Decido di parlarle, visto che le alternative sono ben poche: o mi annoio, o tento una chiacchierata, e la seconda mi sembra la scelta migliore. “Ciao” dico avvicinandomi. Lei mi guarda, accenna a un sorriso, e poi torna a fissare un punto indefinito davanti a lei. “Che guardi?” chiedo, tanto per fare un po' di conversazione. “Nulla” risponde, parlandomi per la prima volta in tre mesi. “Bello” dico, seguendo il suo sguardo “Anch'io” faccio, non appena capisco che il punto indefinito è un angoletto buio. Accenna a una risata, che poi si spegne subito. “Come mai mi stai parlando?” domanda dopo qualche secondo di silenzio, stavolta guardandomi in faccia. “È un reato?” chiedo sospettosa. “Oh no... ma è strano” “Cosa c'è di strano nel fare un po' di conversazione?” “Non mi hai mai parlato in tre mesi, e hai decido di parlarmi adesso” risponde, pensosa. “In effetti...” dico “ma se ti sembra troppo strano dimmelo che taccio subito” aggiungo. “Tranquilla, parla pure, mi fa piacere” mi sorride. “Ah, bene... allora...” non so più che dire, ho esaurito gli argomenti. A dire il vero non li ho mai avuti, gli argomenti. “Come è andata dal preside?” mi chiede prima che riuscissi ad aggiungere altro. “Dal preside?” ripeto, colta alla sprovvista. “Sì, dal preside... non dirmi che non ci sei andata” “Ah, dal preside!” esclamo, pensando che ho appena fatto la figura dell'idiota. “Benissimo! Gli ho raccontato tutto, e non la smetteva più di ridere!” “Il preside rideva?” “Certo! Che c'è di strano? Pure lui è umano, e di certo lo è più della professoressa di storia”

Francesco

Entro in campo, al posto 5. In quell'angoletto lontano nessuno mi darà fastidio. Paolo è in battuta. La professoressa fischia, e la partita comincia. Devo dire che all'inizio va piuttosto bene. Non mi arriva nessuna palla, e se mi arriva gli altri fanno di tutto pur di non farmela prendere. Sanno che i miei riflessi fanno pena, perciò decidono che farmi toccare palla è troppo rischioso. È quando arrivo al posto 3 che cominciano i miei guai. Per fare i tre passaggi, sono obbligati a passarmi la palla. Il mio compito sarebbe alzarla, ma proprio non ci riesco. Una volta la mando in testa a uno, un'altra la manco, un'altra ancora la schiaccio nel mio stesso campo. Gli altri sono esasperati, così decidono di fare a meno di me, ma nonostante tutto riesco a combinare disastri. “Senti, sfigato, o facciamo punto adesso, oppure dopo ti riempo di botte” mi urla Paolo dal posto 5.

Giulia

Devo dire che Francesco mi fa piuttosto pena. Non è colpa sua se non sa giocare a pallavolo. Paolo lo sta minacciando, si sente fin qui, al posto 1, quello di battuta. “Brava Valensi!” mi fa Mirko passandomi la palla per farmi battere di nuovo. In effetti ho fatto fare alla squadra ben cinque punti soltanto battendo, e non è poco. Metto la palla sulla mano sinistra, prendo la mira con la destra. La professoressa fischia, il che vuol dire che posso cominciare. Batto. E la palla colpisce la rete.

Giada

È incredibile come esultino quelli della squadra di Paolo. Certo, fare punto con lo sfigato in squadra è un miracolo, ma tutte quelle grida di gioia per un allenamento mi sembra troppo. Giulia è stata un'idiota a sbagliare la battuta. Nemmeno Giovanni riesce a sbagliarle, figurarsi lei che fa pallavolo. L'unico che le sbaglia, in tutta la classe, è Tarazzo. E poi fa pure quella faccia da martire quando viene scelto per ultimo. Chi lo capisce è bravo. Io sto in squadra con Lorenzo, perciò posso guardare la partita in santa pace mentre spettegolo con Vanessa. Giocheremo contro la squadra vincente, e poi chi perde tra le due squadre contro la perdente di questa, così da formare una specie di classifica. Che noia.

Francesco

Giulia ha sbagliato la battuta. Non ci credo. Non può essere vero. Paolo non mi riempirà di botte, per stavolta. “E bravo Tarazzo, abbiamo fatto punto, sei fortunato” mi dice infatti. Sospiro di sollievo. Devo ricordarmi di ringraziare Giulia, dopo.

Giulia

“Ma sei cretina?” mi dice Mirko, che è in squadra con me. Io non gli rispondo. “Dai, Giu, non importa” mi fa Sofia per consolarmi. Annuisco. Perché ho sbagliato? So di averlo fatto di proposito. Credo che Francesco mi facesse pena. Compassione. Ecco cosa mi ha impedito di mandare la palla dall'altra parte.

A.S.
Angolo Scrittrice

Ciao a tutti!
Tanto per cominciare, mi scuso se il capitolo è un po' breve, ma per pubblicarlo in tempo ho dovuto farlo un po' più corto. Mi scuso anche per non aver fatto intervenire Elena che, però, dal prossimo capitolo, interverrà più spesso.
Voglio ringraziare ancora tutti quelli che hanno commentato il capitolo precedente, grazie mille, continuate così!
Grazie anche ad Aurora per aver letto tutto.
Beh, e che dire? Recensite, per favore, così da farmi sapere che ne pensate <3
Un bacio a tutti, alla prossima.

   
 
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