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Autore: Wake Me Up Inside    10/09/2014    1 recensioni
Immobile, statuaria, fissi corrucciata la distesa di attrezzi davanti a te. E’ il momento della parte più difficile.
Quali occhi indosserai oggi?
Genere: Introspettivo | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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  E’ una fredda mattina d’autunno quando, salutato da mille applausi fantasma, dopo mesi di silenzio si riapre il sipario. Mutevole e leggera come un’ombra ti muovi nel buio più assoluto cercando a tentoni il palcoscenico, e una gelida alba ti coglie impreparata, nuda davanti allo specchio.
  Cerchi con le mani di celarti al tuo pubblico immaginario, quelle mani amate e odiate, sporche di sangue e rossetto, quelle mani capaci d’incantare, di affascinare, di sorprendere. Mani da illusionista.
  Ma è ormai aperto il sipario ai lati dello specchio, e allora, con gesti lenti e solenni, ti prepari per la grande entrata in scena.
  La cipria cade come neve sul tuo volto levigandone le asperità e i crateri, copre tagli e cicatrici come se bastasse questo, se non vedendole potessero semplicemente scomparire. Uno spesso strato di trucco uniforma il colore, nasconde i punti in cui la pelle è più sottile, chiudendo quelle pericolose finestre sull’anima.
  Con il pennello e gesti esperti abbellisci il taglio al di sopra del mento, una slabbratura che sputa via fumo e veleno; ma ora la tingi di rosso disegnando un bel sorriso, e quel fumo e quel veleno si mutano in un dolce e inebriante profumo di spezie.
  Una mano dalle dita lunghe e le unghie smaltate reca su di sé la storia di tutti i tuoi spettacoli, copioni incompleti scarabocchiati con un pennarello scuro o incisi direttamente nella carne; calzi lunghi guanti di seta scura, sorridi soddisfatta con la vernice rossa che cola giù da un lato. Quella mano ora si serra sul collo di una bottiglia, ne tieni sempre una lì dietro le quinte, credi che non lo sappiano? E getti indietro la testa, e bevi, bevi come se non avessi un domani, con un unico lungo sorso che reca in sé un’altrettanto lunga storia.
  Cosa c’è sul fondo di quella bottiglia?
  Non lo sai, o forse ti piace credere di non saperlo, e quando ogni mattina la getti via vuota di illudi di averne preso tutto ciò che ti serviva, mentre sai che no, che le cose più importanti sono quelle che ci hai sputato dentro imprigionandole nel vetro, per poi berle di nuovo annegate nella bottiglia del giorno dopo.
  E ora?
  Immobile, statuaria, fissi corrucciata la distesa di attrezzi davanti a te. E’ il momento della parte più difficile.
  Quali occhi indosserai oggi?
  Ne hai di tutte le fogge, grandi, piccoli, allungati...ce ne sono di blu e di argentati, ce ne sono di allegri, di dolci, di tristi e di curiosi. Li accarezzi tutti con lo sguardo cieco dei due crateri appena sotto la fronte. Un paio è limpido, troppo trasparente per i tuoi gusti, un altro troppo umido, lacrime come piccoli cristalli appesi alle ciglia; le tue mani indugiano su degli occhi velati, ti permetterebbero di nasconderti, ma sono troppo incrostati di rabbia e probabilmente rischieresti di andare a sbattere.
  Scegli infine quelli chiarissimi, di ghiaccio: sono belli, rassicuranti, e solo osservandoli a lungo e da molto vicino si può notare l’eccessiva fissità dello sguardo, la cavità della pupilla, buia e vuota. Ma chi mai ti guarderebbe tanto a lungo?
  Così prendi ago e filo, e con pochi movimenti rapidi li cuci sul tuo volto.
  Sei quasi pronta per entrare in scena, ora. Davanti allo specchio provi qualche malconcio sorriso, ma in fondo ti basta quello che ti sei dipinta in viso per poter affermare senza troppa fatica di stare bene. I capelli ricadono sulle spalle, non lucenti e falsi quasi quanto tutto il resto, per nascondere le cuciture anche agli sguardi più indiscreti.
  E’ fatta.
  Indossi ai polsi i tuoi fili come braccialetti, e poi, portando alto come un trofeo quel viso non tuo, sali sul palcoscenico e dai inizio alla commedia.
  
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