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Autore: Light Rain    10/09/2014    3 recensioni
Erano fermi, a pochi metri di distanza, ai lati opposti della strada e diretti nella stessa direzione.
Se mai ci fosse stata una lista di metafore per descrivere quelle loro due complicate vite, Stiles pensa che questa sarebbe senza dubbio la migliore.
Genere: Angst, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: Derek Hale, Stiles Stilinski, Un po' tutti
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Salve a tutti!
Allora questa storia è ambientata dopo la 3b e non prende in cosiderazione gli avvenimenti della stagione seguente, l’unico fatto che ho riportato è la prigionia di Derek in Messico, anche se questa non porta a conseguenze permanenti come nella serie.
Alcuni personaggi non sono presenti per decisioni personali, vedi Malia.
Detto questo vi auguro buona lettura, spero vi piaccia, ci vediamo in fondo!!









 

Way.


L’aria è fredda mentre attraversa il finestrino e riempie pesa l’abitacolo.
E a Stiles non piace, non così fuori stagione.
Gli alberi che costeggiano la strada si sono dipinti di verde già qualche settimana fa eppure, per qualche strano motivo, il vento invernale continua a soffiare per tutto l’est del paese. Sembra se ne freghi allegramente del cambio di stagione in atto.
E a Stiles non piace, affatto.
Perché se proprio ci deve essere un cambio almeno deve degnarsi di essere completo, perché sì, i fiori che sbocciano vanno bene, ma dieci gradi proprio no.
Niente mezze stagioni per lui, o una cosa la si fa per bene o può rimanere inverno anche tutto l’anno.
Non che a Stiles l’idea piaccia, sia chiaro.
Ma negli ultimi tempi si è fatto un’idea ben chiara in testa: lui detesta i cambiamenti.
Grandi o piccoli che siano non ha importanza, tutto ciò che va a compromettere la sua situazione attuale è considerato deletereo, o almeno è così i primi tempi.
Quindi, se proprio qualcosa deve cambiare è preferibile che lo faccia in meno tempo possibile.
Ma per quanto lo detesti la primavera avrebbe seguito i propri tempi e non certo quelli di Stiles.
Niente sembra mai seguire i suoi in effetti, niente di importante almeno.
Negli ultimi mesi l’unica cosa che ha ricevuto prontamente è il libro di letteratura da leggere durante le vacanze.
E il freddo continua a non piacergli quando indossa la giacca appena sceso dalla macchina, fa qualche passso veloce ed antra nell’atrio di quel polveroso edificio.
E’ stanco, molto.
Lo è da mesi ormai, non sa nemmeno più come comportarsi con questo suo malessere generale. Ma tra le poche cose che ha capito è che il freddo peggiora solo le cose, gli entra nelle ossa e lo paralizza completamente.
Si fa due rampe di scale al meglio che può, poi bussa con due colpi secchi alla porta, Derek la apre pochi secondi dopo.
-Scott ha dimenticato il portafoglio- dice Stiles in un sbuffo.
Il lupo lo osserva dubbioso per qualche secondo poi, senza dire niente, apre un po’ di più la porta si volta e va a stravaccarsi pigramente sul divano dove, molto probabilmente, era stato fino a poco prima.
Stiles fa qualche passo incerto per poi chiudersi la porta alle spalle.
L’appartamento non è molto diverso dall’ultima volta in cui c’è stato, forse il tavolo è stato spostato qualche metro più in avanti.
Quel vecchio edificio è spoglio e trasuda un gran senso di malinconia.
Stiles si domanda come faccia a vivere in un posto del genere.
-Quindi- azzarda il ragazzo -puoi usare il tuo olfatto lupesco per trovarlo?- chiede.
-E’ sul tavolo- risponde prontamente l’altro.
Gli occhi di Stiles volano immediatamente sul grande piano di legno per poi vedere lucido, al suo centro, il portafoglio di Scott.
E si sente infinitamente stupido per aver fatto quella domanda.
-Già- ammette in un sospiro rassegnato.
Possibile che sia così stanco da non averlo visto?
Lo maneggia per qualche secondo, lo apre perfino, tanto per essere sicuro che non manchi niente. Se lo passa lento da una mano all’altra per poi lasciarsi sfuggire un piccolo sorriso osservando un’abrasione sulla sua costa.
Era successo qualche anno prima, quando niente era sovrannaturale e tutto sembrava andare per il verso giusto. All’uscita di scuola un ragazzo dell’ultimo anno aveva rubato il portafoglio a Scott e lo aveva lanciato in strada, tra il traffico generale fu più e più volte investito. I due ragazzi erano corsi immediatamente a raccoglierlo ritrovandolo ancora, tutto sommato, intatto. Scott aveva sorriso e fatto una specie di paragone, dicendo che loro erano come il suo portafoglio, non di prima qualità certo, ma resistenti.
E Stiles allora aveva azzardato una previsione dicendo che sarebbero usciti da quel liceo solo con qualche graffio, in risposta Scott aveva fatto la promessa che non avrebbe cambiato portafoglio fino a che non sarebbero andati al college.
Quanto si sbagliava all’epoca, ora pagherebbe oro per avere solo dei meledetti graffi.
Li vorrebbe per entrambi.
-Non so dove abbia la testa quel ragazzo- sorride leggermente sventolando l’oggetto di pelle, ma non c’è ironia nella sua voce.
Si volta verso Derek, lo sorprende ad osservarlo silenzioso, il corpo completamente disteso sul divano, le braccia incrociate dietro il capo.
-Siamo tutti un po’ più pensierosi di questi tempi- afferma serio lui per poi spostare gli occhi sul soffitto.
Ma Stiles sa bene che quelli che affliggono Scott non sono solo semplici pensieri, quanto vorrebbe che lo fossero. Ed è preoccupato, terribilmente.
-Passa intere giornate a scorrazzare nel bosco con la sua moto, non parla quasi con nessuno, non risponde ai messaggi. Il fatto che venga a scuola un giorno sì e uno no è già una fortuna- ammette il giovane.
-E’ normale che sia così- risponde Derek.
Normale. Cos’è normale?
Stiles ha perso da tempo la capacità di inquadrare quella categoria, non ricorda esattamente l’ultima volta in cui si è sentito tale.
Prima della morte di sua madre forse. Tra una passeggiata al parco e una fetta di pizza fumante.
Forse allora.
Stringe forte il portafoglio mentre la tentazione di contarsi le dita gli accarezza la mente.
Sa che questo è reale, lo deve essere, eppure...
Una macchina inchioda improvvisamente nella strada al disotto dei loro piedi.
Ed è in quel momento che la schiena di Derek scatta in avanti come una molla, le mani affondano nella stoffa delicata del divano, il viso si volta istintivamente verso la vetrata ed un unico sibilante ringhio si fa largo per l’appartamento, le sue pupille brillano di un agghiacciante blu.
E’ solo allora che Stiles riesce ad osservare con chiarezza il viso del lupo: occhiaie livide circondano gli occhi incorniciati da un volto stanco, troppo stanco.
Derek posa lo sguardo per un unico fugace momento su Stiles per poi voltarsi nuovamente, rilassa il corpo ma si rifiuta di tornare disteso, le gambe rimangono immobili sul divano.
E’ scattato per una frenata in strada come stesse per sopraggiunge il peggiore dei nemici e, per quanto poco Stiles conosca Derek Hale, nel corso degli anni crede di aver raccimolato abbastanza informazioni per dire che questo non è normale, neanche per lui.
E mentre il licantropo si passa una mano sul volto Stiles capisce quanto anche lui ne sia uscito danneggiato.
Come se in quella cittadina vi sia ancora qualcuno di intatto.
-Guardaci Derek, siamo un disastro. Stiamo tutti cadendo a pezzi!- afferma il ragazzo.
-Noi non stiamo...- fa in tempo a ringhiare il lupo prima di essere interrotto.
-Sono passati mesi da quando sono tornato me stesso e sono ancora costantemente terrorizzato che questa possa non essere la realtà, per non parlare delle tonnellate di sonnifero che sono costretto ad ingerire per dormire almeno qualche ora a notte- urla disperato Stiles -Lydia è completamente ossessionata e passa le sue intere giornate a leggere libri nella speranza di risolvere quello che è successo. Tu sei stato imprigionato per due mesi dalla tua ex psicopatica che credevamo morta. Isaac se ne è andato, e credo che sia stato il più furbo di tutti. Scott non è più sè stesso ed Allison è morta!- conclude tutto d’un fiato.
Derek non sa che dire, non ora.
-Allison è morta. Ci puoi credere?- chiede quasi incredulo.
-Cioè la guardavi, era belle, forte, intelligente e ti dicevi “Lei non morirà, non è il tipo che muore”- e la sua voce si incrina leggermente -io sono il tipo che muore! Lo smidollato amico umano che non è buono a nulla, io sono quello che muore!- e c’è sincera rabbia nelle sue parole -ed invece è morta lei ed io sono diventato un assassino- conclude in un leggero sussurro.
-Non sei stato tu- interviene prontamente Derek.
-Queste mani! Sono state queste mani!- scatta il giovane.
-Stiles non è colpa tua, smettila di incolparti di una cosa di cui non sei responsabile- inizia con voce ferma il lupo -perchè credimi, farlo non porta mai a niente di buono. Nè per te nè per le persone che ti stanno attorno. Fallo anche per Scott, lui ha bisogno di te. Entrambi ne avete bisogno- dice a Stiles -e vedrai che con il tempo le ferite guariranno, lo fanno sempre, per quanto possa sembrare impossibile ora- conclude guardando il ragazzo.
Se c’era una cosa che Stiles non si aspettava venendo lì era di fare una chiacchierata cuore a cuore con Derek Hale.
Ed è sinceramente sorpreso di quelle parole e dalla sicurezza con cui sono state pronunciate anche se, in fondo, non dovrebbe esserlo.
Perchè Derek è quel tipo di persona che rimane concentrata, qualunque cosa accada, quello che sa cosa fare in una determinata situazione, quello che ti rimette sempre al tuo posto.
-Come fai?- chiede il giovane facendo qualche passo verso il divano -come fai ad essere sempre così calmo?- domanda.
-Non lo sono, affatto- risponde sorpreso Derek.
Lui lo osserva confuso.
-Stiles lascia che ti sveli un piccolo segreto- inizia poi il beta -la vita fa schifo, e per quanto faccia schifo adesso ricorda che può sempre andare peggio- conclude serio.
-Molto incoraggiante- sbuffa Stiles.
-Tutti muoiono prima o poi- riprende Derek -noi probabilmente prima e in modo più doloroso di altri. Ma fino ad allora camminerò con la testa alta e gli artigli sfoderati e sta’ pur certo che quando mi seppelliranno non porterò rimpianti in quel buco di terra- afferma deciso -e così dovresti fare anche tu. Perchè non si misura un uomo per quante volte cade, ma per quante si rialza e torna a combattere. E cerca di goderti a pieno le piccole cose, perchè sono quelle che ti fanno ingoiare tutta questa merda ed andare avanti- conclude sicuro.
Le sue parole rimbombano per tutto l’appartamento, seguite da un breve e fugace attimo di silenzio.
-Wow- si lascia sfuggire Stiles -da quando Derek Hale è diventato così filosofico?- chiede sorpreso.
-Qui la filosofia c’entra ben poco- sorride leggermente il lupo -tu sei giovane, ma imparerai che è bene trarre dalle esperienze di vita- dice al ragazzo.
-Anche se fanno schifo?- chiede subito lui.
Derek scuote leggermente la testa.
-Stiles lo sai qual è la cosa che mi piace di più della mia vita?- domanda.
Il più giovane si limita a rimanere in ascolto.
-Che è mia- afferma in un leggero sorriso -e che fin quando mi sarà possibile sceglierò sempre io la strada da percorrere- dice al ragazzo.
-Mi stai dicendo in modo subdolo e velato di trovare la mia strada?- chiede Stiles.
-Ti sto dicendo di tenere duro e di andare avanti- quasi ordina al più giovane -non posso fare altro, oltre a pararvi il culo e disperdere consigli a voi stupidi ragazzini- ammette poi.
-Iniziava a mancarmi il lupo scorbutico- ridacchia Stiles.
Ed è infinitamente lieto che ci sia ancora.
-Va’ a casa Stiles, si sta facendo buio- ordina l’altro.
Il ragazzo lo osserva rassegnato, si infila il portafoglio nella tasca della giacca per poi dirigersi verso la porta.
-Posso farti un’ultima domanda?- chiede d’un tratto, e non aspetta neanche la risposta di Derek per continuare.
-Le piccole cose che dovrei godermi a pieno- fa dirigendosi nuovamente verso di lui -mi faresti qualche esempio, perchè vedi- esita a solo qualche passo di distanza -con tutto questo casino credo di aver perso...-
Con uno scatto la mano di Derek afferra il colletto della sua giacca, Stiles inciampa nei suoi piedi e si ritrova ad un palmo di distanza dal suo viso.
Può sentire il suo respiro caldo sulla pelle e le dita di lui allentare leggermente la presa, un lungo brivido risale tutta la schiena.
Il cuore potrebbe esplodergli nel petto, ma non ha paura, non di lui.
Non quando quel paio di occhi verdi lo sta guardando con così tanta intensità da, ne è certo, vedergli l’anima.
Stiles fa appena in tempo a sbattere le ciglia che la mano di Derek si sposta sulla sua nuca per tirarlo definitivamente su di sè senza smettere di fissarlo neanche per un secondo.
Le labbra di Derek sono secche, forse addirittura più secche delle sua.
E si sente così stupido per pensare a certe cose in questo momento, ma veramente non ha nientaltro in testa.
Gli occhi di entrambi sono ancora aperti quando Stiles inclina leggermente la testa per agevolare quel bacio che, davvero, nessuno dei due si aspettava.
E’ sicuro di leggere in quegli scuarci di foresta un barlume di sorpresa prima che vengano ricoperti dalle palpebre, e così fa lui, chiude gli occhi e schiude le labbra.
La lingua di Derek entra piano, quasi per chiedere il permesso, ma appena sfiora la punta umida della sua va ad abbracciarla senza troppe cerimonie.
Vorrebbe accarezzarlo, vorrebbe toccarlo, vorrebbe distendersi completamente su di lui, ma nella sua goffaggine non ha la più pallida idea di dove mettere le mani.
Quasi a leggerlo nel pensiero Derek lo afferra per la vita e lo tira più a sè, Stiles si lascia trascinare fino a che le punte dei suoi piedi sbattono sulla gamba del divano.
Ed è lì che il ragazzo realizza quanto questa posizione sia scomoda: il lupo è seduto sul divano con le gambe ancora distese mentre lui è in piedi ricurvo su di esso.
In un atto di pura e semplice naturalezza Stiles sale a cavalcioni di Derek senza, neanche per un attimo, interrompere il bacio.
E va meglio ora, molto.
Una mano di Stiles si posa delicata sul collo, le dita tamburellano incerte sulla nuca, l’altra accarezza il petto rigido.
Continuano a muovere le labbra in quella che è per Stiles la danza più bella cha abbia mai ballato.
Ma non c’è foga in quel contatto, nè disperata ricerca.
C’è dolcezza, più di quanta potesse immaginare e c’è naturalezza, talmente tanta da paralizzargli il corpo dalla paura.
Perché no, per lui niente lo è da un bel pezzo.
Le mani di Derek stringolo salde le sue cosce, si muovono, solleticandole, risalgono fino alle sue natiche e lì si soffermano per alcuni secondi, accarezzandole.
La bocca di Stiles risale piano la mascella del lupo, la bacia, minuzioso, senza tralasciare un singolo millimetro, sorridendo al contatto con la barba ispida.
Arriva lento fino al suo orecchio, morde il lobo per poi succhiarlo, con l’altra mano si ritrova a disegnare piccoli cerchi sul suo petto.
Il viso di Derek si sposta alla ricerca della sua bocca, Stiles non oppone resistenza, soprattutto perché le mani del lupo si sono spostate sui suoi fianchi ed hanno preso a massaggiarli.
E in quel bacio caldo Stiles ritrova nuovamente tutta quella naturalezza che pensava ormai di aver perso e in uno scatto si arpiona con più forza alla sua nuca.
Le dita del più grande sollevano leggermente la sua maglia, entrando a contatto con la  pelle nuda, una leggera scarica elettrica lo percorre dalla testa ai piedi.
Le mani prendono a muoversi lente sù per la schiena, solleticandolo di piacere ad ogni contatto.
E’ sinceramente dispiaciuto quando Derek allontana il viso rompendo il bacio, ma quel senso di vuoto dura meno di un secondo, perché le labbra di Derek spostano la propria attenzione sul suo collo.
Lo bacia lento, come aveva fatto in precedenza il più giovene, scende fino allo sterno e poi prende a leccarlo, piano, talmente tanto che Stiles crede di impazzire.
Le sue mani continuano a fare avanti e indietro per tutta la sua schiena, stimoladola ad ogni carezza. Le leccate sono umide e calde, minuziose nel ricoprire tutto il suo collo. Con la punta della lingua solletica il pomo d’adamo, una due tre volte, sembra si diverta a mantenerlo così in tensione. Poi prende a baciarlo, con la stessa lentezza che ha distinto le mosse precedenti, lo bacia, lo morde e poi prende a succhiarlo, con forza, là dove la pelle è umida la barba la solletica e lo succhia ancora rilasciando dei piccoli schiocchi.
Un leggero gemito esce incontrollato dalla bocca del giovane e fa caldo, quel caldo che aspettava da mesi.
Vorrebbe gettere la giacca per terra e poi la maglia, i pantaloni e vorrebbe fare lo stesso con Derek, vorrebbe vedere ogni centimetro della sua pelle,  baciarla e leccarla, vorrebbe che Derek facesse lo stesso con lui, vorrebbe che lo toccasse e lo mordesse, vorrebbe assaporare ogni sua parte, vuole averlo tutto, vuole donargli tutto.
E questa volta è Stiles a reclamare quelle labbra, afferra il viso del lupo e lo conduce al suo, le loro lingue si scontrano nuovamente, tira i capelli del moro e lo spinge più a sè, se possibile, sposta il bacino sopra a quello dell’altro e inizia a muoverlo, piano. Le mani di Derek abbandonano veloci la schiena per poggiarsi sulle natiche, le scuote con violenza. Stiles continua a muoversi sopra di lui, dapprima con piccoli movimenti circolari poi con leggere spinte e strusciate, rendendo evidente la durezza di entrambi.
Derek si morde il labbro inferiore mentre Stiles stimola il suo capezzolo, lo sfrega lento tra le lunghe dita sottili e si baciano ancora riempiendo l’appartamento di pesanti respiri.
Stiles ondeggia su di lui in quei jeans decisamente troppo stretti, potrebbe esplodere da un momento all’altro, se lo sente, e senza neanche pensarci sù fa correre le mani fino alla cintura dell’uomo.
Ed è lì che forse sbaglia, perchè la bocca che tanto brama smette di muoversi tutta d’un tratto, il viso si allontana e le dita si fermano.
Il corpo di Stiles si paralizza tutto di un colpo, ha paura di aprire gli occhi, ha paura sul serio, ma lo fa, forse spinto dalla scossa di pazzia che sembra aver contraddistinto tutta la serata. Ma non si aspetta di vedere quello che trova, di pietrificarsi alla vista di un paio di occhi verdi che lo osservano, con durezza.
-Va’ a casa Stiles, si sta facendo buio- ordina Derek, in tono deciso.
Le mani del ragazzo si sollevano immediatamente dalla cintura, quasi scottate, poi affondano tremanti nella massa di capelli arruffati, si massaggia leggermente la nuca per cercare di calmarsi, boccheggia alla ricerca di parole ma davvero non ne trova.
E mentre lo sguardo freddo di Derek non lo abbandona neanche per un secondo, Stiles scende goffamente dal divano, inciampa nei suoi piedi un paio di volte ed esce da quello spoglio appartamento senza trovare il coraggio di fare altro.


 
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E’ ormai tardo pomeriggio e il libro di chimica lo osserva già da un po’, in risposta Stiles si abbandona sul letto con un grande stonfo.
Alza le mani al cielo e come di routine conta le sue dita.
-Due, quattro, sei, otto, dieci- sentenzia da solo nella sua stanza.
Ci sono tutte, non che dubitasse il contrario, sia chiaro, ma una controllata ogni tanto non fa mai male.
Lascia cadere le braccia ai suoi fianchi rilansciando un leggero sbuffo, si rigira nel letto un paio di volte rimanendo impigliato nel lenzuolo ed infine, con un altro sbuffo, affonda rassegnato la testa nel cuscino.
Non ricorda con esattezza come sia arrivato a quel punto, come dalla porta sia finito sul divano di Derek, è successo e basta si ripete in continuazione.
Forse perché è un adolescente in piena crisi ormonale con carenza di affetto, forse perché Derek dopo le tonnellate di delusioni amorose aveva bisogno di contatto fisico, forse erano sotto una maledizione, forse c’era la luna piena, forse, forse, forse...
La verità è che Stiles sa benissimo che non può dare la colpa ad ormoni che sa perfettamente controllare o a maledizioni che non sono state lanciate e tanto meno ad una luna che, quella sera, era ridotta ad un sottile spicchio.
Sì, è andato a controllare.
La verità è che Stiles non può incolpare nessuno, se non se stesso, e questo lo spaventa, terribilmente.
La porta d’ingresso sbatte rimbombando per tutta la casa.
-Sono tornato!- urla suo padre.
-Ok!- risponde Stiles sollevando appena la testa dal cuscino, tra un po’ sarebbe sceso a preparare la cena.
Sbuffa di nuovo e scivola giù dal letto per poi sedersi alla scrivania.
-E’ l’ora della lista- annuncia a sè stesso.
Afferra il primo foglio di carta che trova e scrive.

Piccole Cose 18 Aprile

Per quanto stupido potesse sembrare aveva iniziato una lista giornaliera delle piccole cose perché, nonostante l’esaustiva spiegazione di Derek, a Stiles non era ancora chiaro cosa fossero.
Aveva provato a chiederlo a suo padre e lui si era limitato a dire che erano tutte quelle cose che, per quanto piccole e insignificanti, per ognuno significano tanto. Stiles lo aveva preso come un generico “tutte le cose che ti rendono felice” e visti i tempi bui  in cui viveva aveva pensato che appuntarle da qualche parte poteva non essere, infondo, una cattiva idea. Tanto per averle presenti.
Ma nonostante ciò aveva ancora seri problemi ad identificarle, i primi tempi faceva liste di due pagine da quante stupidaggini scriveva, ora raramente superava i dieci punti, non sa dire se questo sia un bene o un male.
Fa tintinnare il lapis per qualche secondo sul bordo della scrivania prima di iniziare a scrivere.

Punto Uno: fare colazione sotto le coperte come quando c’era mamma
Punto Due: parlare con Lydia al telefono
Punto Tre: preparare il pranzo a papà
Punto Quattro: portare il pranzo a papà
Punto Cinque: pranzare con papà
Punto Sei: papà
Punto Sette: guardare un documentario sui lupi
Punto Otto: Derek

Stiles cancella frettolosamente l’ultima frase.
Perché Derek non è una piccola cosa, e soprattutto non è una sua piccola cosa, non lo è da più di due settimane ormai. Dubita fortemente che lo sarà mai, non che gli importi veramente, è solo che le situazioni in sospeso non gli sono mai piaciute. Vuole solo parlare con lui a quattr’occhi e chiarire la situazione, il fatto che non sappia come voglia che vada a finire è tutta un’altra storia.
Il telefono di casa squilla tre volte prima che suo padre vada a rispondere.
Derek c’era sempre stato in un modo o in un altro, certo, non in prima linea forse, ma c’era, si erano salvati la vita più volte di quanto potesse avere il coraggio di ricordare e, per quanto gli costasse ammetterlo, aveva bisogno di Derek nella sua vita.
Non sapeva come, ma era sicuro che senza di lui, in qualche modo, tutto sarebbe andato per il verso sbagliato.
Suo padre spalanca la porta all’improvviso.
-Muoviti! Dobbiamo andare all’ospedale- ordina lo sceriffo travolto dalla fretta.
-Che è successo?- scatta subito Stiles in piadi.
-Scott- mormora lui -ha avuto un incidente- conclude con la voce spezzata.
Stiles manda il suo amico a farsi benedire almeno un paio di volte, quello stupido lupo si cacciava sempre nei guai e, come ogni singola volta, doveva essere lui a raccogliere i pezzi.
-Cosa l’hanno portato all’ospedale a fare?- chiede il ragazzo stupito prendendo la giacca -tanto tra qualche minuto sarà già guarito- afferma scuotento leggermente la testa.
Suo padre non risponde, si limita a guardarlo dritto negli occhi, lo sguardo è terribilmente preoccupato.
-Papà?- lo richiama lui.
Qualcosa non va, solo ora se ne rende conto.
-Non sta guarendo- mormora il padre.
Ed è lì che arriva il panico, lo investe in pieno, lo avvolege e lo paralizza.
Perché no, non sta succedendo questo, non può, dopo tutto quello che hanno passato semplicemente non può essere.
E Scott è Scott, lui è forte, lui si rialza sempre, lui lui...
-Lo so figliolo, ma dobbiamo andare- lo richiama lo sceriffo.
Stiles alza leggermente la testa e spera di trovare negli occhi di suo padre un barlume di speranza, un sorriso che gli dica che è tutto uno stupido scherzo, che niente di questo sta accadendo sul serio, ma non trova niente.
-Dobbiamo andare- ripete ancora.
In qualche modo scendono le scale e si chiudono la porta di casa alle spalle, salgono in macchina senza mormorare altra parola, Stiles non ne avrebbe il coraggio comunque, sente che non avrebbe il coraggio di fare niente ora come ora, trova la forza solo di scrivere un singolo messaggio.

Scott è all’ospedale, è grave 

Scorre nella rubrica e seleziona in nome di Derek.

I corridoi sono affollati, medici e pazienti rallentano la loro corsa disperata fino al terzo piano ma, in qualche modo, quando incrociano lo sguardo di Melissa andare di fretta sembra non avere più molta importanza.
Suo padre accenna qualche passo per poi stringerla con decisione a sè, la donna affonda tremante la testa sulla spalla di suo padre.
Piange Melissa, piange con così tanta forza da farlo tremare, lo sceriffo le accarezza piano il capo e le sussurra delicato parole che Stiles non riesce ad afferrare. Solo quando i singhiozzi diminuiscono l’uomo ha il coraggio di chiedere come stia Scott.
-Lo stanno operando- sussurra appena lei -una costola gli ha perforato un polmone.
-Come è successo?- chiede ancora.
Lei ci mette qualche secondo prima di rispondere.
-E’ uscito con la moto nel pomeriggio- stenta a dire Melissa - lo ha trovato un uomo che correva nel bosco- scuote il capo lei -deve essere andato a sbattere contro un masso- dice con la voce incrinata -ha una grossa ferita al capo, temono abbia un’emorragia celebrale, stavano per fargli una tac quando gli è collassato un polmone- è constretta a terminere per trattenere ancora una volta le lacrime.
-Scott è un ragazzo forte- sussurra suo padre stringendola nuovamente -vedrai che si sistemerà tutto.
Stiles prova davvero a crederci, ci prova con tutto se stesso, ma davvero non ci riesce, non questa volta, non quando le condizioni del suo migliore amico sono peggiori di quanto pensasse.
-Stiles!- si sente chiamare.
Non ha bisogno di voltarsi per capire a chi appartiene quella voce, si dirige disperato verso di essa.
-Cosa è successo?- chiede Derek preoccupato.
-Ha avuto un incidente, è molto grave e non sta guarendo!- risponde Stiles.
-Cosa significa che non sta guarendo?- domanda ancora.
-Significa che le sue fottutissime cellule da licantropo hanno smesso di funzionare!- urla lui, e non gli importa se tutto il reparto lo ha sentito, non gli importa di niente ora.
-Era già successo quando pensavamo che tu fossi morto ma poi tu non eri veramente morto e c’era Allison e la cosa si è risolta lì. Ma ora Allison non c’è perché lei è veramente morta ed è probabilmete per questo che Scott si è spaccato la testa contro un sasso, ora lo stanno operando perché ha un polmone perforato e ti ho detto che non sta guarendo? Perché questo rende Scott un fottutissimo essere umano con ferite multiple gravi!- dice tutto d’un fiato -sta morendo Derek, e non può morire anche lui perché lui è Scott, è lui quello che ci manda avanti ed è il mio migliore amico e io non posso permettere che muoia anche Scott, io io..-balbetta in cerca d’aria.
-Stiles calmati- gli dice Derek.
Ma il ragazzo sembra non sentirlo.
-Non può morire anche lui- e le lacrime che sta trattenendo da quella che sembra un’eternità traboccano liquide dagli occhi.
-Lui, lui non può...- balbetta in cerca d’aria e lo sente, lo sente arrivare con un groppo in gola e un dolore lancinante al petto.
Lo riconosce, così terribile quanto familiare, perché possono passare anni, ma Stiles è e sarà sempre il ragazzino che piangeva nel panico per la morte di sua madre.
E una volta che ti ha trovato, questo non ti abbandona più.
Cerca di respirare, cerca di raccimolare più aria possibile, ma in ogni boccata sembra non essercene mai a sufficenza.
Si ripete che deve tranquillizzarsi, che deve ritrovare la calma, ma il suo petto continua a sussultare ad ogni singhiozzo.
Perché Stiles non può farlo ancora una volta, non può.
Dopo sua madre, Erica, Boyd, Aiden, Allison non può starsene lì in piedi a vedere scavare un’altra stupida tomba nel cimitero di Beacon Hills.
Non può e vuole solo che questo finisca, che tutto finisca.
-Stiles guardami!- gli ordina Derek prendendo il suo viso tra le mani -guardami!
Lui riesce a farlo, solleva gli occhi doloranti e li punta in quelli del lupo.
-Scott è un combattente- riprende poi -Scott si rialza ogni singola volta, non importa ciò che accade, lui si rialza sempre. Scott è un Alfa- annuncia -credi davvero che una stupida caduta in moto possa ucciderlo?- chiede quasi divertito -ha combattuto kanima, demoni e un branco intero di Alfa quando era solo un Beta. Scott McCall è una forza della natura, lui si rialza, sempre- conclude guardandolo e lo fa con così tanta intensità che Stlies quasi ci crede.
-Non posso perdere anche lui- ammette sincero tra le lacrime.
Derek lo tira a sè, la mano destra prende la sua nuca e lo conduce al suo petto.
-Lo so- sospira coperto dai singhiozzi  -lo so.
Stiles lascia crollare tutti i muri, si abbandona su di lui nel più liberatorio dei pianti.
Perché è terrorizzato, ha una paura cane che tutto si possa ripetere ancora una volta.
-Shh- sussurra Derek -respira Stiles, andrà bene, respira.
Ci prova, ora ci prova sul serio.
-Respira- ripete ancora l’uomo.
Va meglio ora, riprende fiato con la testa appoggiata alla spalla di Derek mentre lui accarezza la sua testa, l’altro braccio è disteso immobile su un fianco, le sue mani invece stanno premendo sul petto, nella speranza di contenere il dolore che solo ora sembra aver rallentato la sua corsa.
Restano fermi in quella posizione per quella che a Stiles sembra un’eternità, immobili, nel bel mezzo del corridoio mentre i medici gli sfilano accanto lanciando piccole occhiate, con lo sguardo di suo padre a perforargli le spalle.
Quando ha infine il coraggio di sollevare il viso trova quello di Derek voltato verso il muro, un filo di imbarazzo a ricoprirlo.
Si scosta appena, quanto basta per far lasciare la presa al lupo, il ragazzo indietreggia di qualche passo.
-Chiamo Deaton- annuncia Derek -magari lui ne sa più di noi.
Stiles si limita ad annuire stroppicciandosi gli occhi.
-E sta’ calmo- aggiunge cercando il cellulare -mi rendi nervoso- conclude scomparendo dietro l’angolo.

Da quel momento in poi i minuti si fanno interminabili e l’ansia più pressante, ogni sedia è come ricoperta di spine e il caffè sembra non essere mai abbastanza.
Il padre di Scott arriva poco dopo di loro, il suo volto è semplicemente terrorizzato, si stringe a Melissa per poi iniziare ad inveire su ogni medico che passi di lì, nessuno di loro sa dargli notizie di suo figlio.
Derek torna un paio di minuti dopo accompagnato da Peter, dice che Deaton può fare ben poco in una situazione come questa, che è tutto nelle mani di Scott e che li raggiungerà il più presto possibile.
Quando il corridoio si riempie del ticchettio di un tacco dodici Stiles si sente un po’ riavere, Lydia gli va in contro e lo abbraccia con tutta la forza che ha in corpo.
Le piccole mani di lei accarezzano la sua schiena mentre Stiles affonda il capo nell’ammasso di ricci biondo fragola. Sa di rose, di rose e momenti felici.
Dietro di lei Kira e Danny aspettano il loro turno.
Chris Argent abbraccia Melissa al suo arrivo, poi si siede in disparte in fondo al corridoio. Isaac chiama dalla Francia ogni dieci minuti nonostante gli abbiano detto che lo avrebbero avvertito loro, lui risponde semplicemente che non si fida.
Stiles non fa altro che camminare nervosamente avanti e in dientro, ogni tanto beve un  caffè per poi riprendere la sua strana danza.
Solo dopo l’ennesima occhiata di Derek decide di sedersi.
Le sedie sono scomode, terribilmente, e non ha importanza in che posizione si metta, nessuna è neanche lontanamente confortevole.
Non lo sono mai state infondo, né quando veniva da sua madre, né per Lydia, perché dovrebbero esserlo per Scott?
Ma Stiles sa bene che infondo le sedie non sono la cosa peggiore, gli ospedali lo innervosiscono di gran lunga di più.
Alza lo sguardo e trova Derek davanti a sè, le braccia incrociate sul petto, le spalle poggiate al muro e gli occhi che scrutano ogni singola persona che gli passi affianco.
-Grazie per essere venuto- si ritrova a dirgli, e non sa se lo ringrazi per Scott o per se stesso, forse un po’ per entrambi.
Il lupo si volta, lo guarda per qualche secondo e poi torna a fissare il vuoto.
-Se è importante io vengo sempre- risponde con una leggera alzata di spalle.
Anche questa volta non sa bene per chi voglia che quella risposta sia.
Stiles si sente così stupido, perché è chiaro che Derek sia lì per Scott, perché è lui quello in bilico tra la vita e la morte, ma una sua parte spera che in fondo sia lì anche per lui. Perché Stiles ha bisogno di questo, ha bisogno di crederci anche solo per un po’.
Sono le dieci passate quando un medico si avvicna a Melissa, tutti rimangono nervosamente in ascolto. L’intervento è andato bene nonostante vi siano state alcune complicazioni, come sospettavano ha una leggera emorragia celebrale, ma è  troppo debole per subire un’altra operazione, faranno passare la notte e domani mattina vedranno come agire. Scott è fragile, è stato un lungo intervento, ha bisogno di assoluto riposo sperando che l’emorragia non peggiori e che soprattutto non lasci danni permanenti.
C’è silenzio in quel corridoio, troppo, si scambiano piccoli sguardi pieni di paura, ma nessuno ha il coraggio di dire niente. Lydia prende posto vicino a lui e gli afferra delicata la mano, Melissa si abbandona esausta su una sedia, Kira continua a tamburellare la gamba visibilmente preoccupata, Derek decide che è meglio prendere un po’ d’aria fresca, lo seguirebbe se la mano calda di Lydia non glielo impedisse.
Scott resterà in coma farmacologico tutta la notte, la signora McCall ha già detto che troverà il modo di far entrare nella sua stanza più persone possibili, è convinta che se sentirà che loro sono qui per lui sarà più facile riprendersi.
Chiamano Isacc nonostante da lui sia notte fonda, si scusano per l’orario, lui risponde schiettamente che il fusorario può andare a farsi fottere, è di Scott McCall che si parla.
Il dottor Deaton arriva intorno a mezzanotte, è lui il primo che Melissa fa entrare, sta dentro per non più di un paio di minuti, tutto ciò che sa dirgli alla sua uscita è che il ragazzo deve farcela da solo, se la guarigione non è in atto è perché Scott non glielo permette, deve ritrovare la volontà di lottare, altrimenti dovranno affidarsi alla bravura dei medici e sperare che il destino sia dalla loro. E non c’è niente di più sconsolante alle orecchie di Stiles, per lui non sembra possibile che Deaton non possa fare niente, perché vivendo in un mondo sovrannaturale si aspetta che ci siano anche soluzioni sovrannaturali, perché questo non può portare sempre e solo cose negative, Stiles si dice che questo dovrebbe portare anche a qualcosa di buono e dovrebbe farlo ora, per Scott, perché è sinceramente stanco che loro perdano sempre, ogni singola volta.
Melissa sta nella stanza di suo figlio quasi un quarto d’ora, non osa neanche immaginare come si possa sentire la donna e quando esce sa che è il suo turno, se lo sente.
Così quando lei gli fa un leggero segno col capo, non è tanto sorpreso dall’improvviso attacco di panico.
Si alza lento, terrorizzato, suo padre gli da una piccola pacca sulla spalla, Lydia gli concede un leggero sorriso e Derek, dal canto suo, si limita ad osservarlo coi suoi grandi occhi verdi e questo, per un fugace istante, gli fa credere che niente sia cambiato.
La stanza è buia, più di quanto si aspettasse, ed è calda, così fuori posto rispetto ai corridoi asettici e fastidiosamente luminosi.
Scott è disteso immobile, la testa fasciata, un respiratore a coprirgli il viso, il braccio destro completamente abraso. E Scott è piccolo in quel letto, come non lo è da anni, così piccolo da farlo tremare.
Gli ci vogliono alcuni secondi per decidere di prendere posto vicino a lui.
-Ci hai fatto prendere un bello spavento sai?- ride leggermente.
Ma Scott non risponde, come potrebbe?
-Quando mio padre mi ha detto che avevi avuto un incidente ti ho mandato a quel paese, penso dovrei scusarmi- accenna massaggiandosi il capo -tuo padre invece a mandato a quel paese tutti i medici del reparto, oh avresti dovuto sentirlo- ride ancora -mio figlio qui! Mio figlio là! Se dovessi farti ricoverare un’altra volta penso ti sbatteranno fuori di qui a calci in culo- dice guardando la finestra ormai chiusa -Kira è molto preoccupata, ha questo strano tic alla gamba che manda tutti fuori di testa, Isaac chiama ogni dieci minuti, per colpa tua passerà la notte competamente insonne, penso anche io visto che mi sono bevuto una decina di caffé, se non ci fosse Lydia saremo già tutti usciti fuori di testa. Ci sono anche Danny e Chris Argent, perfino Peter, ti rendi conto della gente che riesci a unire?- domanda in tono sorpreso -e naturalemente c’è anche Derek, è più accigliato del solito e questo è tutto dire!- ride lui.
E si ferma un attimo e prende un bel respiro -sai, ci siamo baciati- continua -cioè è lui che ha baciato me, non che io sia stato fermo poi, sia chiaro- borbotta frettolosamente -te lo avrei detto prima se tu non avessi passato tutti i pomeriggi a scorrazzare con la moto, attività che dobbiamo interrompere tra l’altro!- quasi gli ordina.
E Scott ancora non risponde, non lo fa, né con un leggero sbuffo né con un sonoro scappellotto sulla nuca, se ne sta lì, immobile.
-Tua madre è dannatamente preoccupata- agginge poi -credimi non l’ho vista così neanche quando ti sei spaccato il mento sulle scale- accenna un leggero sorriso -non farle questo Scott, ok? Non farlo- e la voce si incrina leggermente -non mi lasciare qui da solo. Come faccio io senza ti te? Me lo spieghi? Come dovrei fare io? Noi facciamo tutto insieme, ricordi? Sei mio fratello Scott, iniziamo e finiamo insieme- e gli occhi si gonfiano di nuovo -quindi non andare dove non posso seguirti- e le lacrime escono senza che lui le possa fermare.
Perché Scott non può lasciarlo lì, semplicemente non può, e Stiles non si era mai posto il problema, perché lui c’era sempre stato, era naturale vivere la sua vita di fianco a lui, nel bene e nel male, e il solo pensiero che questo possa cambiare lo terrorizza.
-Quindi ora sbrigati a riattivare quelle tue cellule lupesche- ordina asciugandosi gli occhi -perché io non ho intenzione di passare un singolo giorno in più in questo ospedale, hai idea di quanto sia tetro questo posto amico, mette i brividi- dice in un leggero sorriso.
E parla ancora con Scott, gli racconta del nuovo videogioco che ha comprato, di quanto sia buono il profumo di Lydia e di quanto petulante sia divetato Isaac, gli dice che è forte, che tutto si sistemerà, gli dice che qualunque cosa accada lui ci sarà sempre.
Quando si chiude la porta alle spalle viene colpito da un’improvviso senso di vuoto, si poggia un attimo al muro per riprendere fiato e si massaggia dolorante gli occhi. Incrocia per un secondo il viso di suo padre, legge in lui la stessa desolazione che è convinto ricopra anche il suo, prende un altro respiro prima di abbandonare il muro.
Trova Kira accovacciata a terra, le gambe strette al petto, Lydia è seduta nella sedia più vicina a lei, più in là anche Derek si è deciso a prendere posto, la rossa gli concede il più rinquorante dei sorrisi.
Per quanti anni ha aspettato un momento come questo, per quanto tempo ha sperato che quella ragazza, quella stessa ragazza che rincorre dalle elementari, gli dedicasse il più adorabile dei sorrisi. Ed ora eccolo lì, inaspettatamente, alla sua portata.
E Stiles sa che se ora, in quell’istante, si sedesse al suo fianco ce ne sarebbe un altro, e poi un altro ancora, così tanti da perdere il conto. Stiles sa che se si sedesse lei parlerebbe con lui, gli confiderebbe le sue più intime paure, e lui sarebbe lì, la consolerebbe, si consolerebbero a vicenda, e parlerebbero ancora, lui le accarezzerebbe delicato la mano e lei ricambierebbe il suo gesto e poi, quando entrambi sarebbero stati troppo stanchi per continuare, lei avrebbe poggiato la testa sulla sua spalla e si sarebbero addormentati lì, uno vicino all’altro. Stiles sa che succederebbe questo.
Ma Stiles sa anche che non basterebbe, non più.
Sa che quel calore che è in grado di suscitargli nel petto non è più sufficiente, non dopo tutto quello che è successo, non dopo tutto quello che hanno passato.
Stiles sa che se ora, in quell’istante, si sedesse al suo fianco lei gli concederebbe un’altro sorriso, sa che parlerebbero fino a venirsi a noia, che si stringerebbero uno nell’alto, Stiles sa che questo comunque non sarebbe abbastanza.
E così decide di fare un passo in più, quel metro in più che spera lo tenga al caldo per sempre.
Derek si muove un po’ nella sua sedia quando lo vede arrivare, se non lo conoscesse bene, Stiles direbbe che sia nervoso. Si abbandona stanco nel posto vicino al suo, stende le gambe in avanti e tira sù il capo in un leggero sbuffo.
-Non sembra neanche Scott- si limita a dire.
Derek lo osserva silenziono, sembra che perfino lui abbia finito le parole.
-E’ peggio di quanto mi aspettassi- aggiunge ritirando le gambe e poggiango i gomiti selle ginocchia, le mani vanno a ricoprire il viso stanco.
-In un modo o in un altro ne usciremo fuori- sussurra Derek.
E questo non lo rassicura affatto, non può accettare un’opzione che non sia la completa guarigione di Scott.
Sobbalza leggermente quando sente un braccio stendersi sul suo schienale, si volta istintivamente e trova due occhi verdi ad osservarlo, quasi gli si blocca il respiro.
-Sta’ tranquillo- aggiunge -Scott è forte, anche se non sembra- e vede un piccolo sorriso dipingersi sulle sue labbra.
Ed è così bello da fagli tremare in cuore, si domanda come abbia fatto in tutto questo tempo a non accorgersene.
-Puoi andare da lui, se vuoi- gli propone Stiles.
-Non c’è bisogno- risponde Derek -lui è il mio Alfa in qualche modo, lui sa che sono qui- conclude tornando a guardare Stiles.
E in quel momento vede tutta la strada che hanno percorso, non è stato facile, neanche un singolo passo lo è stato, ma da essere nemici erano arrivati lì, tutte quelle persone così diverse tra loro erano lì, nel posto meno confortevole della terra, tutte lì per non dover perdere ancora un altro caro, poteva essere un Alfa, un Beta, un figlio, un compagno, un amante, un allievo, un amico, poteva essere tante di quelle cose, e nessuno di quelle persone avrebbe permesso a Scott McCall di mollare, nessuna.
Si abbandona stanco sullo schienale, la mano dell’uomo va subito a cercare la sua spalla per condurlo più vicino a sè.
-Cerca di riposarti un po’- sussurra Derek.
-Il mio migliore amico è in condizioni gravi, non ho il mio cuscino e non ho preso i sonniferi, dubito fortemente che riuscirò a chiudere occhio- dice Stiles.
-Tu provaci- insiste Derek in tono caldo.
E dopo un leggero sbuffo lo fa, chiude gli occhi e poggia la testa sulla spalla di Derek, la mano dell’uomo lo accarezza delicato.
Quel pomeriggio si era detto che non ricordava come loro due fossero arrivati in quella situazione, la verità è che Stiles ricorda sempre tutto quello che fa, ogni singolo momento, ogni sguardo e ogni contatto, ogni parola che non ha avuto la forza di pronunciare.
La verità è che Stiles ricorda tutto di Derek.
La verità è che Stiles sa un sacco di cose, cose che non vorrebbe neanche sapere a volte, cose che lo terrorizzano fino a farlo tremare, cose che nessuno dovrebbe sapere.
Ma Stiles sa anche quello che lo rende felice, quello che è in grado di farlo andare avanti, quello che lo fa stare bene e questo, questo loro modo contorto di punzecchiarsi di salvarsi a vicenda e baciarsi scomodamente su un divano, questo lo fa stare bene.
E non ricorda tra quale di questi pensieri il suo corpo si addormenta, finalmente tranquillo dopo quella che sembra un’eternità.

Lo sbandare di un carrello lo sveglia all’improvviso, il braccio di Derek lo tranquillizza all’istante.
-Che ore sono?- chiede con la bocca impastata.
-Quasi le tre- risponde l’uomo.
Il corridoio è silenzioso, trova quasi tutti addormentati, tranne suo padre e Melissa intenti a parlare.
-Scott?- domanda.
-Non ci sono cambiamenti- sussurra in tono grave.
Cosa si aspettava? Che dopo avergli parlato il suo amico avrebbe ripreso improvvisamente a lottare?
-Altro di nuovo?- chiede il più giovane strusciando il capo sulla spalla dell’uomo.
-Bhe vediamo- fa una piccola pausa -Isaac ha chiamato almeno un centinaio di volte, Danny è dovuto tornare a casa e tuo padre è passato di qui e ci ha guardato abbastanza male- conclude in una leggera risata.
-Un giorno di questi gli farò venire un infarto- ammette.
Se Derek non ne avesse fatto venire uno prima a lui, ovviamente.
-Sai, dovremo parlare- azzarda il ragazzo.
-E di cosa?- chiede malignamente l’altro.
Si stava prendendo gioco di lui il bastardo.
-Lo sai di cosa- dice stizzito alzando leggermente la testa per poi tornare sulla spalla.
Il più grande si lascia sfuggire un pesante sospiro.
Lo sapeva, non avrebbe dovuto iniziare quella conversazione.
-Oppure potremo non vederci più per il resto della nostra vita, lo abbiamo fatto altre volte, anche se il resto della vita è un periodo dannatamente lungo se ci pensi bene- blatera Stiles nel tentativo di recuperare la situazione.
Sente la testa dell’uomo voltarsi e posarsi di fianco alla sua, le labbra che premono calde sulla tempia.
-Forse- dice in un sussurro.
E a Stiles tremano le ginocchia.
-Nel senso che forse parleremo?- chiede.
Lo sente sorridere sulla sua pelle.
-Forse- ripete l’altro.
-Ma a te non riesce proprio essere chiaro nelle risposte, eh?- gli dice stizzito.
E poi la sente, un limpida e sincera risata. Ed è così tentato di alzare il capo per vederlo, dio se lo vuole vedere, non crede di aver mai desiderato così tanto qualcosa in tutta la sua vita. Ma non lo fa, perché è abbastanza sicuro che se ora lo vedesse Stiles lo bacierebbe, e non vuole questo, non lì, non quando il suo migliore amico è in bilico tra la vita e la morte e gli occhi di suo padre non lo abbandonano neanche per un secondo.
-Lo prenderò per un sì- dice allora semplicemente.
E vuole così tanto che lo sia, vuole parlere con Derek, tutto il giorno se fosse necessario, vuole potergli dire cosa gli passa per la testa e vuole che lui racconti cosa passa per la sua, vuole altre lezioni di vita e una spiegazione per quel bacio, vuole aggiungere il suo nome a quella maledetta lista delle piccole cose e vuole che lui diventi una sua.
Quel pomeriggio si era detto che era suo desiderio chiarire con Derek, ma che non sapeva come volesse che andasse a finire, il che è una stupidaggine perché infondo quella sera al loft era stata una risposta più che sufficiente.
Lui vuole Derek, solo Derek, lo vuole in ogni minuto della sua vita, e per quanto fingesse che quella fosse stata un’illuminazione improvvisa la verità è che questo lo sapeva già da tempo.
-Dormi un’altro po’- suggerisce l’uomo accarezzandogli delicato la nuca.
E di fronte ad una richiesta così dolce Stiles non trova il modo di rifiutare.

E’ la risata piena di suo padre a svegliarlo.
-Che sta succedendo?- chiede con la bocca impastata.
-Alla buon’ora!- esclama lo sceriffo.
A Stiles ci vuole qualche secondo per focalizzare bene, stacca la testa dal muro e si stupiccia gli occhi: Danny parla amicheveolamene con Kira, Lydia urla al telefono con quello pensa sia Isaac mentre suo padre e Melissa sorridono genuinamente.
-Scott?- chiede allora Stiles scattando in piedi.
-E’ guarito completamente- risponde suo padre -stamattina sono andati a controllarlo e lo hanno trovato già sveglio e in buone condizioni, un po’ intontito certo, ma in buone condizioni- sorride lui.
-Hanno gridato subito al miracolo- interviene Melissa -credo i miei colleghi mi riempiranno di molte domande nei prossimi mesi- scherza la donna.
-Quindi fatemi capire- dice Stiles prendendo un bel respiro -le sue cellule lupesche si sono attivate ed è guarito completamente, niente più operazioni, niente più polmoni collassati, niente emorragie celebrali..- blatera il ragazzo prima che suo padre lo interrompa.
-Scott sta bene- gli dice.
Stiles prende una bella boccata d’aria e sembra che respiri per la prima vola.
-Scott sta bene- ripete.
-Puoi andare a perlargli se vuoi, è sveglio da circa un’ora- dice suo padre.
E si sente svenire per un attimo, si passa una mano tra i capelli e prende un altro respiro.
-Scott sta bene- ripete ancora.
-Sì figliolo, sta bene- sorride lo sceriffo.
E gli occhi diventano lucidi senza che lui possa fermarli, ma le braccia di suo padre sono subito lì per consolarlo, ma sono lacrime diverse queste, lacrime che vorrebbe versare più spesso.
Parla con Isaac al telefono e poi si butta in uno strano abbraccio a quattro coi suoi amici, Melissa gli spettina divertita i capelli.
Ed è in quella strana euforia colletiva che Stiles nota un’assenza, si gira più volte su se stesso nella speranza di trovare una figura familiare, magari appoggiata al muro a ridere in disparte, Stiles si dice che sarebbe così, ma non trova niente.
-E’ andato via pochi minuti dopo il risveglio di Scott- gli dice suo padre.
Si volta verso di lui e trova il suo viso visibilmente dispiaciuto.
-Va bene così- sorride falsamente Stiles.
E tutte le sicurezze che aveva raccimolato la sera prima sembrano non essere mai esistite.
Se è importante io vengo sempre.
Le parole di Derek rimbombano sorde nella sua testa.
Evidentemente Stiles non lo era abbastanza per restare.


 
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La primavera era arrivata, infine, anche a Beacon Hills.
Era passato più di un mese dall’incidente di Scott e tutto sembrava aver ripreso i suoi ritmi: gli allenamenti di lacrosse erano pesanti ma ogni tanto il coach lo faceva giocare,  Isaac era tornato in città dopo la quasi dipartita del suo Alfa e Lydia sembrava aver trovato la serenità che credeva perduta, Scott era tornato lo Scott di sempre, allegro cocciuto e un po’ tardo, Kira gli stava vicino, tutti lo facevano.
Si erano rialzati in qualche modo e avevano ripreso a camminare a testa alta, la lista delle sue piccole cose aveva avuto un notevole incremento.
Si poteva quasi dire che stavano bene, certo un po’ acciaccati, ma stavano bene e questo a Stiles bastava.

Il vento è caldo mentre fa svolazzare la sua camicia a quadri, cammina lento guardandosi curioso attorno, si gode i tiepidi raggi si sole che illuminano la città.
Ha passato tutto il pomeriggio a casa di Scott a giocare ai videogiochi, il suo amico aveva ampliato di molto la sua collezione, tre ore di puro svago, come hai vecchi tempi, poi il suo migliore aveva interrotto il loro appuntamento per andare ad uno decisamente più interessante in compagnia di Kira, Stiles gli aveva dato un caloroso abbraccio e si era diretto verso casa.                       
Quando svolta l’algolo si paralizza di colpo, è tentato di andarsene, di voltarsi e di scappare nella direzione opposta, ma il suo corpo glielo impedisce.
Più in là, infondo alla strada, c’è Derek, non indossa la sua solita giacca di pelle ed è voltato, ma Stiles riconoscerebbe quelle spalle anche ad un miglio di distanza.
Non è la prima volta che lo vede da dopo l’incidente, si sono incrociati per sbaglio giusto un paio di volte durante le riunioni, Stiles evita sempre di andarci quando sa che c’è anche lui.
Sta per voltarsi e tornare indietro quando anche il passo del lupo si arresta, e rimane lì, immobile, al centro del marciapiede.
Erano fermi, a pochi metri di distanza, ai lati opposti della strada e diretti nella stessa direzione.
Se mai ci fosse stata una lista di metafore per decrivere quelle loro due complicate vite, Stiles pensa che questa sarebbe senza dubbio la migliore.
Ed è terrorizzato che lui possa averlo sentito, perché non è pronto, affatto, ha cercato di essere forte e di andare avanti, ma non è pronto per riprendere Derek Hale nella sua vita, soprattutto quando ci sarebbe rientrato in un modo che lui non vuole.
Perché per quanto lo desiderasse è evidente che Derek non la pensa come lui, che vogliono due cose diverse l’uno dall’altro, e Stiles non rivuole Derek come amico, questo lo ha compreso fin troppo bene.
Ed il suo cuore perde un battito quando il lupo si volta e guarda nella sua direzione.
Stiles si dice che ormai è troppo tardi per scappare, si dice che ora deve affrontare ciò che verrà, si dice che infondo ha fatto di peggio, anche se ora non riesce a ricordare cosa.
Si osservano per svariati secondi senza muovere un muscolo poi, d’un tratto, Derek fa un piccolo segno con la testa, come volesse invitarlo a raggiungerlo.
Stiles pensa che non sia possibile, ma l’uomo continua a guardarlo con così tanta intensità da fargli tremare le gambe.
Così attraversa impacciato la strada, le mani infilate nelle tasche dei jeans e la camicia a quadri che svolazza incontrollata.
-Hey- è l’unica cosa che ha il coraggio di dire quando gli è vicino.
-Hey- risponde l’altro.
C’è così tanta tensione nell’aria che la potrebbe tagliare con un coltello.
-E’ raro vederti per Beacon Hills- azzarda Stiles, come minimo avrebbe tentato di fare conversazione.
-E’ una bella giornata- risponde semplicemente l’uomo.
-So cosa intendi amico, ho aspettato mesi che arrivasse il caldo, sai a me l’inverso non piace proprio, troppo cupo e triste, poi sono un tipo freddoloso e con l’umidità mi si blocca la schiena- blatera Stiles.
Derek sorride leggermente vedendo il ragazzo sputare parole.
E’ così nervoso che teme di svenire.
-Dove stai andando?- chiede poi tentando di ritrovare la calma, ed è terribilmente curioso di saperlo, perché per far uscire il lupo dal suo antro oscuro deve essere una cosa piuttosto importante.
-A casa tua- risponde schietto Derek guardandolo negli occhi.
A Stiles manca il respiro.
-Anche io!- esclama -ed è una cosa abbastanza normale se si considera il fatto che è casa mia e che abito lì ed un sacco di altre cose- gesticola imbarazzato.
Derek ride ancora, più forte questa volta e per qualche strano motivo Stiles non ha più paura, nè del domani, nè di loro, nè di quello che verrà.
-Pensi che potremmo andare insieme allora?- chiede in un leggero sorriso.
Una volta una persona gli ha detto che la vita fa schifo, che moriranno prima di altri e che può sempre andare peggio. Ma gli ha anche detto che bisogna avere forza, che si deve andare avanti nonostante quello che succede, che devono godersi a pieno ogni singola cosa buona, che la vita che vivono è difficile e che si devono aggrappare con decisione l’uno all’altro, che nonostante tutto ognuno può scegliere che strada percorrere.
E Stiles sa bene che la sua strada non sarà facile, non lo è mai stata, sarà irta e piena di dossi, ci saranno giorni in cui vorrà tornare indietro e lasciarsi tutto alle spalle, altri in cui correrà con tutto il fiato che ha in corpo per vedere cosa ci sia dietro l’angolo, perché Stiles non sa dove questa strada porti, spera solo che lo possano scoprire insieme.
-Penso di sì.


 
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Punto Uno: Derek





 
The End












Angolo Autrice
Vi ringrazio infinitamente per essere arrivati fino in fondo a quasta lunga, lunghissima storia.
Spero vi sia piaciuta, se vi va lasciatemi un vostro parere, anche piccolo.
Chiedo pordono a chi segue la mia long per lo spropositato ritardo, vedrò di aggiornare il più presto possibile.
Ancora grazie e alla prossima!
Light Rain

 
  
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