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Autore: SilviAngel    10/09/2014    6 recensioni
Dal testo:
Il solo sentire l’amico comunicargli che il giorno successivo anche il sourwolf avrebbe preso parte alle attività di beneficienza, l’aveva riportato, in un attimo, alla consapevolezza che di lì a ventiquattrore avrebbe avuto un altro non appuntamento con il suddetto lupo acido e, senza riuscire a trattenersi, sospirò
Genere: Commedia, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: Derek Hale, Stiles Stilinski, Un po' tutti
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
- Questa storia fa parte della serie 'Come tutto cominciò...'
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Dato che mi sembrava assurdo tenere queste storie separate, ho creato una serie.
Ci sarà una quarta parte? 
Ai posteri l'ardua sentenza.
Buona lettura! :) 


Dannazione ti voglio!
 
La serata “giochi e svago per non pensare a un certo lupo” di Stiles andò a meraviglia, eccezion fatta per un solo piccolo e trascurabile elemento: non riuscì affatto a non pensare a un certo lupo e i vari messaggi che Scott ricevette – e di cui lo aggiornò meticolosamente di volta in volta – non aiutarono di certo.
I vari sms dell’alfa avevano avuto inizialmente un argomento totalmente innocuo e cioè la raccolta fondi per il gattile municipale organizzata per il giorno dopo, ma mano a mano che il tempo passava, erano diventati frecciate a cuore aperto per il semplice motivo che Lydia era stata in grado di convincere anche Derek a partecipare all’evento.
Il solo sentire l’amico comunicargli che il giorno successivo anche il sourwolf avrebbe preso parte alle attività di beneficienza, l’aveva riportato, in un attimo, alla consapevolezza che di lì a ventiquattrore avrebbe avuto un altro non appuntamento con il suddetto lupo acido e, senza riuscire a trattenersi, sospirò.
“Ehi, per caso ti da fastidio vederlo dopo che”
“Dopo cosa, Scott?” domandò dopo aver mandato per l’ennesima volta al tappeto il moro nel videogame e gioendo internamente di quella virtuale vincita.
“Dopo aver ammesso che, sì beh, dopo avermi confessato che Derek ti piace”
“Non è quello” mordendosi la lingua, Stiles si ricordò di quanto detto prima al lupo e cioè di non fare parola con nessuno della cena e deviò verso una mezza verità “e non sono infastidito, sono solo nervoso”
“Nervoso all’idea di rivedere il tuo bello?” lo prese bonariamente in giro il padrone di casa prima di tornare a dedicarsi allo schermo.
 
Il sabato mattina arrivò lesto, anche perché tra chiacchere e giochi, spuntini e risate i due amici avevano fatto le ore molto piccole e, maledicendo la sveglia, si trascinarono fuori dalle lenzuola.
Anche se la loro mobilità era simile a quella di zombie assonnati, Stiles e Scott arrivarono davanti alla scuola in perfetto orario, trovando nel parcheggio anche Lydia, Kira e inaspettatamente Peter.
“Che ci fa qui il pazzo?” borbottò sottovoce l’umano.
“Non ne ho idea” mentì l’alfa dato che la banshee lo aveva informato della sua presenza durante la doccia di Stiles, sottolineando che avrebbe cercato di tenerlo d’occhio per quanto la motivazione del lupo fosse stata un semplice “Non penserete che voglia perdermi ciò che di sicuro avete pianificato vista la presenza di Derek e Stiles nello stesso posto? Siamo una stramba famiglia a modo nostro”
Le bancarelle erano numerose e offrivano ogni genere di inutilità legata al mondo felino, dalle tazze ai centrini, alle ciotole personalizzabili, ma i ragazzi andarono oltre giungendo al piazzale antistante l’ingresso laterale, dove eccezionalmente era stato permesso l’accesso alle auto per l’attrazione principale dell’intero evento.
L’anziana organizzatrice aveva infatti messo in chiaro che nulla avrebbe fatto aprire i borsellini delle signore come la possibilità di avere la loro auto pulita e lucidata da baldi giovanotti.
Per questo motivo quindi, Scott giunto al tavolo dove una sorridente e pimpante Lydia avrebbe tenuto i conti e la cassa, senza attendere oltre, si sfilò la T-shirt, lasciandola tra le amorevoli mani di Kira, seduta accanto alla rossa.
Stiles – che con suo enorme rammarico non era stato scelto per questa attività o fiera dei muscoli, come l’aveva definita il coach – prese posto al piccolo tavolo disposto accanto a quello delle amiche. Il suo compito sarebbe stato quello di mantenere ordine tra le auto in entrata e in uscita – facendo in modo che non ci fossero ragazzi senza lavoro – e gestire le eventuali adozioni di cuccioli.
Fu quindi con sorpresa e malcelato disappunto che accolse lo stridio di una seggiola spostata accanto a lui, a cui seguì la voce allegra ma cospiratrice di Peter.
“Facciamo un patto”
“Davvero hai il coraggio di propormi una cosa del genere?” commentò Stiles guardandolo con gli occhi ridotti a fessure.
“Io potrei dirti dove si trova ora mio nipote se tu, al momento opportuno, mi lascerai fare una cosa”
“Un patto a scatola chiusa e per di più con te? Mi hai preso per Scott?”
“Suvvia Stiles, non vorresti sorprendere Derek in un attimo di, chiamiamola, debolezza?” lo tentò suadente.
“So che non dovrei fidarmi di te, ma per la miseria! Mi prometti che nessuno si farà male, nessuno morirà e nessuno verrà messo in imbarazzo?”
“Croce sul cuore” rispose prontamente il mannaro, gongolando per la propria riuscita.
“Dubito seriamente che tu ne abbia uno. Comunque, va bene. Ora dimmi dov’è Derek”
“Il mio dolce e caro nipotino – guai a te se lo farai soffrire – è dentro la scuola. Lydia l’ha mandato a prendere i gattini”
“Derek è andato a prendere i cuccioli?” l’uomo annuì, osservando il piazzale davanti a loro riempirsi di auto “Scusa perché dovrebbero essere una debolezza? Oh mio Dio, dimmi che non se li mangia?”
“Certo che no, li adora” sorrise, senza distogliere lo sguardo da ciò che accadeva attorno a loro.
“Ok, allora io vado a vedere come se la cava. Tu puoi tenere sotto controllo la situazione?”
Il mannaro rispose che non avrebbe perso neppure un fotogramma e sventolò teatralmente la mano in segno di saluto.
Stiles attraversò il cortile interno oramai ricoperto da acqua e sapone in gran quantità, ridendo agli sguardi sognanti che molte ragazze – e parecchie signore – stavano elargendo a Scott e agli altri aitanti ragazzi che, a torso nudo, si stavano occupando delle loro carrozzerie.
Permettendo alla porta di richiudersi lentamente alle sue spalle, il figlio dello sceriffo si lasciò dietro il frastuono della musica e il vociare degli altri studenti. Muovendosi tra corridoi e aule, arrivò al luogo dove sapeva fossero stati portati i cuccioli svezzati e pronti per le adozioni, dopo apposito controllo delle famiglie affidatarie e, aperta la porta, si trovò di fronte a uno spettacolo inaspettato e decisamente vietato ai minori.
Derek era in ginocchio, piegato in avanti, mentre con un braccio infilato sotto la cattedra cercava di acchiappare qualcosa. Posizione questa che lo costringeva – viva Iddio – a mettere in mostra un favoloso lato B di cui Stiles aveva già, in un certo senso, appurato l’esistenza, ma non in modo così plateale.
“Hai intenzione di darmi una mano o resti lì a fissare il vuoto?” la voce del moro lo distrasse riportandolo alla realtà e, per quanto sovrappensiero, Stiles riuscì a tenere a freno la bocca, dato che nella sua mente già si era immaginato quale risposta avrebbe potuto scappargli “Fissare il vuoto? Fidati, è l’ultima cosa che penso di fare con questo ben di Dio davanti”
Ciò che scivolò fuori dalle sue labbra, purtroppo, non fu di certo migliore “Una mano, ok! Dove? Dove vuoi che la metta?”
La testa di Derek si voltò a rallentatore cosicché il figlio dello sceriffo potesse fare mente locale a quanto appena detto e cercare di rimediare “Cioè volevo dire, che devo fare?”
“Cerca di prenderli” gli disse prima di riportare la sua attenzione sotto la cattedra.
Solo in quel momento il liceale si rese conto che a spasso per l’aula vi erano numerosi gattini.
“Ma non dovrebbero essere chiusi nella cesta?” domandò dopo averne agguantati un paio.
“Era chiusa”
“Ma” lo incitò a continuare Stiles.
“L’ho aperta”
“L’hai aperta per quale motivo?” chiese curioso mentre rimetteva altri gattini nella sportina.
“Perché volevo vederli” ammise Derek ritornato in posizione verticale con stretto al petto il suo bottino, un cucciolo dal pelo grigio che non faceva altro che miagolare e miagolare.
“Vederli” cantilenò scettico il liceale.
“Giocarci”
“Ok, ora dammi qua, molestatore di gatti” scherzò il figlio dello sceriffo rimettendo anche l’ultimo micetto assieme agli altri prima di riprendere “Non mi aspettavo ti piacessero, anzi pensavo fossi più un tipo da cani, sai dato che sei un mannaro”
“Con i cani, i licantropi non possono che instaurare un naturale rapporto gerarchico e”
“E allora? Avresti qualcuno che finalmente ti obbedisce” lo prese in giro il ragazzo, ridendo senza però schernirlo per davvero.
“Ah, ah, divertente. Battute sceme a parte, preferisco i gatti”
“Ho scoperto una nuova cosa di te, strana, a tratti un po’ inquietante, ma nuova. Ora spicciati però, si staranno domandando dove siamo finiti. Peter mi ha mandato a cercarti e non mi piace l’idea di averlo lasciato a fare il mio lavoro. A proposito di lavoro, cosa ci fai tu qui?”
“Mi ha chiamato Kira. Purtroppo lei e Lydia hanno scoperto che Greenberg non poteva essere presente e serviva quindi un rimpiazzo” spiegò Derek mentre sollevava la cesta e si avvicinava all’uscita.
 
Giunti nel cortile, i due ragazzi si separarono, dopo aver portato i cuccioli accanto alla postazione del figlio dello sceriffo.
“Allora, piaciuta la sorpresa?” chiese curioso Peter, non appena il nipote si fu allontanato “Spero di sì, perché è appena arrivata la tua parte del patto”
Stiles si guardò in giro – dopo aver visto il sorriso impeccabilmente disegnato sul viso del vecchio lupo – e notò che, a prima vista sembrava non esserci nulla in grado di causare un tale buonumore. Tornando con lo sguardò al volto di Peter, decise di seguire la direzione in cui erano fissi i suoi occhi e fu lì che capì.
Un’auto era appena stata parcheggiata accanto a quelle che già erano nelle mani dei suoi compagni di scuola, solo che non era l’utilitaria dell’ennesima signora di Beacon Hills, ma era un dignitoso e serio SUV, nel dettaglio, quello appartenente al signor Argent.
“Che hai intenzione di fare?”
“Mi prenderò semplicemente cura di Chris, beh, per cominciare, dell’auto di Chris e tu me lo lascerai fare” con queste parole si alzò e lentamente si sfilò la T-shirt, incamminandosi poi verso il cacciatore.
Sulla via, strappò letteralmente di mano a un povero ignaro studente il secchio e la spugna e riprese il suo cammino fino a quando non si trovò a pochi passi dall’uomo.
Stiles rimase completamente interdetto per lunghi attimi, prima di essere distratto dai continui miagolii provenienti dalla cesta. Si decise così a darsi da fare e, dopo aver montato un piccolo recinto in una zona ombreggiata e averla dotata di ciotole di acqua e qualche gioco, vi posizionò all’interno i cuccioli.
Ancora in ginocchio a terra intento ad osservare i gattini prendere confidenza con quel nuovo spazio, notò un’ombra scura incombere su di lui e, sollevando il capo, vide che Derek se ne stava in piedi con la fronte aggrottata “Cosa diavolo sta combinando Peter?”
“Non ne ho idea e molto probabilmente è molto meglio non sapere, fidati. E tu che fai qui?”
“Aspetto che ci sia un cliente per me” le parole del moro non si erano ancora spente che la voce di Lydia lo chiamò, indicandogli un’automobile che aveva appena preso posto accanto a quella del cacciatore “Oh, sembra che sia arrivato il mio turno” e incrociando le mani, strinse tra le dita il bordo della maglietta sfilandosela lentamente e mettendo in mostra un’illegale quantità di addominali.
Stiles rimase immobile, ancora a terra, benedicendo la prospettiva privilegiata e inumidendosi inconsciamente le labbra, appena prima di darsi del deficiente per una simile reazione incontrollata. Fu quindi con un attimo di ritardo che registrò le parole che il mannaro aveva pronunciato.
“Puoi tenermi questa?” aveva chiesto Derek mentre la sua T-shirt ricadeva, dopo un breve volo, sul capo di Stiles.
 
Il figlio dello sceriffo stringeva e rigirava la stoffa morbida e scusa tra le dita, incapace di lasciarla andare, di poggiarla in un qualunque punto o smettere di guardarla come se fosse stata il Sacro Graal, per questo motivo, scattò come una molla al suono della voce del migliore amico.
“Ehi, che stai facendo? Sapevi che avremmo avuto aiuto extra?” chiese Scott indicando con il pollice i due Hale alle sue spalle e in quell’istante la ragione di Stiles andò a spasso in un prato pieno di fiori e uccellini cinguettanti.
Derek, mezzo nudo, stava insaponando il cofano di un’auto, sporgendosi in modo da tendere la sua magnifica schiena e fargli venire sciami di pensieri impuri, molto impuri “No, non lo sapevo, ma è un bene vero?”
“Oh di certo è un bene per la popolazione femminile presente, non riescono a togliere gli occhi da Derek, anche se a voler essere sinceri anche Peter sta avendo un discreto successo”
Seguendo le parole dell’alfa, il liceale spostò di poco la sua attenzione, trovando il vecchio lupo compiere gesti analoghi a quelli del nipote sul SUV di Chris mentre quest’ultimo si godeva la scena rapito.
Stiles aveva bisogno di spiegazioni, necessitava immediatamente di informazioni e spalancò la bocca, scuotendo la spalla di Scott, in attesa di una risposta.
“Lydia pensa che ci stiano nascondendo qualcosa. La cosa mi imbarazza e mi disturba, ma credo che sia scientificamente provato che lei non è geneticamente in grado di sbagliare, quindi”
“Quindi il lupo vorrebbe farsi il cacciatore?” domandò Stiles annuendo impercettibilmente a se stesso “Dici che al signor Argent piace il controllo? Cioè essere controllato intendo, comandato a bacchetta”
“Non voglio conoscere le sue perversioni, ma perché pensi questo?” chiese Scott storcendo il naso.
“Ricordi la moglie? Sembrava un generale nazista e Peter beh, lui vorrebbe governare il mondo”
“Bene, ora avrò immagini raccapriccianti in mente per tutto il pomeriggio, grazie. Scusa ma ora devo tornare al lavoro. Il dovere mi chiama e i miei addominali devono rispondere” rise Scott allontanandosi.
“Sì, Adone, vai a fare il tuo dovere”
Tornando alla sua seggiola, Stiles si accorse, imprecando a mezza voce, che la maglietta di Derek era scivolata nel recinto dei cuccioli e che uno di questi – a ben guardare forse era quello che si era ostinatamente nascosto sotto la cattedra, un esemplare grigio tigrato – la stava analizzando con interesse per poi appallottolarcisi sopra.
“Oh, no, no. Lui mi ucciderà. Forza micio” e così facendo cercò di spostarlo gentilmente “vai un pochino più in là, forza”
Alla fine dovette desistere, gli occhioni lucidi e i sottili miagolii del cucciolo erano armi contro le quali non poteva combattere e decise che, se proprio Derek avesse tentato di fargli la pelle per non aver custodito la sua T-shirt, avrebbe sfoderato le medesime doti.
Riconquistata la propria posizione dietro il piccolo tavolo, Stiles si destreggiò abilmente tra un alcune di adozioni e la contemplazione di Derek, entrambe attività che lo impegnarono fino alla pausa pranzo.
Tutti i presenti – ad eccezione di Peter e Chris, spariti contemporaneamente e in un momento non precisato – si godettero le prelibatezze fornite dalla madre di Kira sotto l’ombra degli alberi e quando alcuni ragazzi tentarono di oziare ancora e magari concedersi un pisolino, le auto da lavare ricominciarono ad arrivare.
 
Stiles tornò al proprio posto, perdendo parecchio tempo ad osservare il gattino che, dopo aver nuovamente perlustrato la maglietta di Derek come fosse un’intricata grotta misteriosa, vi si era semplicemente addormentato sopra, per di più mezzo coperto dal cotone scuro.
Fu forse per questo motivo che alla fine della giornata, il piccolo rimase l’unico ancora nel recinto e il liceale lo guardò triste, sospirando per quella cattiva sorte.
Quando un molto bagnato Derek Hale tornò a reclamare l’indumento, Stiles si aprì in uno sfolgorante sorriso e mostrandogli la situazione gli disse poco elegantemente di arrangiarsi perché non aveva avuto la forza e il coraggio di svegliarlo.
“Non fa niente, è una normalissima maglietta, posso farne a meno”
“Oh ne puoi fare dannatamente a meno, fidati!” scappò dalla bocca di Stiles che con un colpo di tosse cercò di fingere di non aver detto nulla.
“Allora, me ne vado. Ti lascio a sistemare questo casino” indicando con il capo il disastro di acqua, sapone e bandierine colorate che ornavano il cortile. “Io vado a rendermi presentabile per dopo”
“Non ti serviranno che un paio di minuti allora” di nuovo Stiles sbatté metaforicamente la fronte innumerevoli volte contro uno spigolo immaginario.
“Era un complimento per caso?” ghignò il moro poggiando le mani sul ripiano del banco che li separava e sporgendosi in avanti.
“Complimento? No, era un, un” borbottò arrossendo leggermente “ma tu non dovevi andare? Allora vai” concluse mettendosi a raccogliere i documenti sparsi sul ripiano.
“Ok” la voce sussurrata di Derek giunse al suo udito assieme al suo calore, dato che il mannaro, spostandosi di poco, era arrivato a sfiorare il viso del minore “Ti passo a prendere alle otto” e regalandogli un leggero bacio sulla guancia sparì.
Stiles sollevò il capo rapido, accorgendosi stranamente che nessuno pareva essersi accorto di nulla.
Beh, nessuno aveva visto quanto successo a parte: una certa banshee dai capelli rossi che ghignò trionfante, un alfa che sollevò nella direzione di una volpe entrambi i pollici e un lupo e un cacciatore che dietro alcuni cespugli stavano compiendo certe sordide attività che vennero interrotte solo per un attimo affinché il mutaforma potesse godersi l’accelerare di un piccolo cuore.
 
Voltando le spalle al cortile, Stiles riprese a respirare a velocità regolare e piegò le ginocchia, sedendosi sui talloni e, sbirciando oltre la rete del piccolo recinto, borbottò “Ehi, micio, mi sa che dovrai tornare al gattile” e sollevando con cura la maglietta con dentro il cucciolo, lo vide sbadigliare, stiracchiandosi, mentre apriva verso di lui due occhietti sonnacchiosi “Oh dannazione, ma come hanno fatto a lasciarti qui!”
“Me lo domando ogni volta, ragazzo” la voce della responsabile del gattile pronunciò quelle poche parole con tono triste prima di continuare “C’è sempre la speranza che qualcosa di buono accada però” alluse la donna, raccogliendo i fogli relativi alle adozioni concluse e sorridendogli.
“Ma ora sarà da solo?” chiese preoccupato il liceale.
“Purtroppo no. Il gattile è pieno di cuccioli come lui o adulti anche più sfortunati perché difficilmente verranno scelti”
“Senta signora, pensa che potrei prendere io questo gatto?” propose inaspettatamente Stiles.
“Certo, se ritieni di essere in grado di prenderti cura di lui e proteggerlo”
Dopo un paio di firme qua e là, il liceale strinse a sé un piccolo batuffolo di stoffa miagolante, lo adagiò nella sportina rimasta e si incamminò verso la sua auto.
Prima di mettere in moto, Stiles digitò un rapido messaggio e poi partì.
 
Resta dove sei, passo io da te.
 
Derek trattenne per un attimo il respiro, non riuscendo a capire quale potesse essere la ragione di quel cambio di programma e strofinandosi i capelli bagnati, aprì distrattamente l’armadio, scegliendo un paio di pantaloni scuri, una T-shirt nera e una comoda camicia di jeans.
Discese al piano inferiore, guardando con orgoglio i piccoli ma evidenti miglioramenti che aveva apportato al loft – anche se gran parte del merito spettava indiscutibilmente a Lydia – sperando che Stiles avrebbe apprezzato.
Il divano era stato sostituito da un modello a U comodo e spazioso, i vetri delle finestre erano stati tirati a lucido e l’intero ambiente era stato ripulito da capo a piedi, apparendo ora almeno abitabile.
Il rumore di un leggero bussare riempì l’aria e il padrone di casa si affrettò verso la porta, facendo scorrere il battente di metallo.
“Ciao” esordì Stiles superandolo rapido e avanzando fino a ritrovarsi nel bel mezzo dell’appartamento “Wow! Vedo che hai iniziato a dare una sistemata. È molto accogliente”
“Grazie” rispose educatamente il mannaro prima di raggiungerlo “Non che non mi faccia piacere averti qui, ma perché hai”
“Per questo” lo interruppe di getto il ragazzo sollevando la cesta.
“Non capisco” ammise sinceramente Derek mentre seguiva Stiles che aveva raggiunto il sofà, posato sul cuscino la cesta e si era inginocchiato.
“Era rimasta solo lei – me lo ha detto la direttrice del gattile che era una signorina – e non ce l’ho fatta a rimandarla indietro. Poi tu hai detto che ti piacciono e così ta-tan” concluse voltandosi e mostrando l’involto formato dalla maglietta del licantropo con accovacciato all’interno un gattino, o meglio, una gattina.
“Stiles, non credo sia una buona idea. La casa è un casino”
“Ma sta migliorando. Su guarda come è carina” e così dicendo il minore prese la micia e liberandola dalla stoffa se la portò accanto al viso in modo che entrambi fossero rivolti verso Derek.
“Smettila di fare gli occhioni da cucciolo indifeso”
“Ma è un cucciolo indifeso” obiettò il castano.
“Non sto parlando di lei, ma di te, smettila” si esasperò Derek, anche se dentro di sé era ben consapevole di essere in procinto di cedere.
“Non sto facendo gli occhioni da cucciolo”
“Tu hai sempre gli occhioni da cucciolo” ribadì Derek.
“Oh”
“Se rimarrà qui, avrò bisogno di un bel po’ di cose Forza, alzati, andiamo a fare spese”
Stiles lo seguì sorridendo e gongolando, non prima di aver rimesso l’ospite nella cesta così da poterla portare con loro.
 
Dopo una manciata di minuti si trovarono a gironzolare tra le corsie di un enorme negozio specializzato in ogni genere di articolo per piccoli animali.
“Bene, allora, ti serviranno” iniziò ad elencare Stiles alzando ad ogni punto un dito della mano libera “cibo, giochi, una cesta per farla dormire, una lettiera e ah, ecco, uno di questi” rise sventolandogli sotto il naso un piccolo collare di gomma.
“Non penso abbia le pulci”
“Lo so, ma non vorrei gliele passassi tu, lupone” lo prese in giro Stiles che, anche facendo un passo indietro, non riuscì ad evitare lo scappellotto sulla nuca, mentre Derek gli ringhiava di smetterla “Sono contento che tu, beh, che tu ancora mi minacci e mi sgridi per ogni cosa”
“Siamo sempre noi, mi pare doveroso e necessario tenerti in riga” disse il mannaro prima di voltargli le spalle e prendere dallo scaffale alcune scatolette di pappa per gatti.
“Spicciati, nella corsia accanto dovrebbero esserci le cucce” lo incitò a muoversi Stiles.
 
Il maggiore si guardava attorno imbarazzato.
Stiles aveva appena posato sul pavimento del negozio la cucciola, mettendola di fronte a due ceste: una rosa e gialla, piena di rose e cuoricini – molto da gattina, a voler essere pignoli – e un’altra dannatamente unisex e sobria.
“Mi spieghi cosa stai facendo?” disse a denti stretti il licantropo.
“Aspetto che scelga”
“E lo deve fare lei?” chiese ancora più scocciato il moro.
“Dato che ci deve dormire lei, mi pare ovvio. Basterà vedere verso quale zampetterà. Semplice” come se avesse sentito e compreso quanto detto dal ragazzino, la micia inizialmente titubante, si mosse poi decisa verso quell’accozzaglia di colori improponibili.
“Io non porterò in casa mia quella cosa” puntualizzò il mannaro indicando la cesta rosa.
“Ma le piace”
“Non mi importa”
“Allora non verrò a trovarla” si mise in piedi Stiles fronteggiando spavaldo Derek.
“Che stai dicendo?”
“Ti sto facendo notare che l’ho adottata io e il nostro sarà un affidamento condiviso e che, se non prendi questa cuccia, io potrei decidere di non passare lunghi pomeriggi nel tuo loft magari steso sul tuo bellissimo divano a giocare con lei” spiegò il liceale ghignando.
“Sei un demonio” si arrese il maggiore, artigliando quella dannata cesta imbottita e infilandosela sotto il braccio, mentre Stiles si occupava di recuperare la gattina e seguire l’altro poi verso le casse.
 
Di nuovo in auto, il liceale si accorse che Derek non aveva imboccato l’uscita che li avrebbe ricondotti in periferia e quindi verso il loft “Dove stiamo andando? Vuoi abbandonarci lungo l’interstatale?”
“Non tentarmi” scherzò il guidatore “Dato che si è fatto tardi, vorrei cenare e non possiamo di certo lasciarla a casa da sola, dovremo necessariamente mangiare a casa mia, quindi mi servono alcuni ingredienti”
“Tu cucini?” domandò completamente sorpreso e un po’ scettico Stiles.
“Come pensi sia sopravvissuto in questi anni?”
“Beh, non ci avevo mai pensato. Take away?”
Derek parcheggiò di fronte a una bottega apparentemente anonima, ma che Stiles conosceva per essere uno dei negozi di alimentari più costosi della città “Resta qui” disse il moro appena prima di chiudere la portiera ed incamminarsi verso l’esercizio commerciale.
 
Tornati al loft, Stiles venne convinto a suon di ringhi e occhiatacce a rimanere fuori dalla cucina e, dopo aver commentato sarcastico “Hai una cucina?” accettò di buon grado quel divieto, accomodandosi sul divano e prendendo con sé la micia così da poterla coccolare.
Parlando al cucciolo, disse a un tratto a voce piena “Allora, è giunto il momento di darti un nome. Come ti possiamo chiamare?” terminò stendendosi sui morbidi cuscini e portandoselo al petto.
Rumori di piatti e padelle, attutiti dalla distanza, giungevano dalla camera accanto mentre il figlio dello sceriffo si perdeva in carezze e fusa “Che ne dici di Candy?”
“Lo sai che non ti può rispondere?” lo prese in giro Derek.
“Tu si però. Che ne pensi?”
“No” si limitò a dire il padrone di casa.
“Potresti articolare meglio la tua risposta?”
“Non mi piace”
“Sourwolf” bisbigliò Stiles.
“Ti ho sentito”
“Lo so. Ho trovato!” saltò su Stiles, spaventando il gattino che d’istinto sfoderò le unghie, aggrappandosi alla maglietta del ragazzo.
Varcata la soglia a lui originariamente interdetta, riprese a parlare “La chiameremo Moonlight”
“Ok”
“Ok? Non hai altro da dire?”
“Mi piace”
“Dobbiamo lavorare sulla tua incapacità di comunicare, davvero. Comunque è deciso. Ora dimmi, che prepari di buono?”
“Omelette ai funghi e poi ho comprato una cheesecake ai lamponi”
“Wow. Niente male. Hai bisogno di una mano?” chiese sorridendo e avvicinandosi ai fornelli.
“No. Dobbiamo solo aspettare che il timer del forno suoni”
 
Nell’attesa si occuparono della cena della nuova coinquilina di Derek e rimasero a guardarla, fino a quando il trillo del forno non li richiamò.
Nuovamente seduti ad un tavolo, uno di fronte all’altro, mentre Moonlight esplorava il suo nuovo territorio, i due ragazzi si persero in mille chiacchiere e molte curiosità di Stiles trovarono finalmente risposta.
Senza neppure accorgersi, arrivarono al dolce e, poco dopo, Derek si alzò raccogliendo piatti e posate.
“Ora posso darti una mano?”
Mentre il padrone di casa gli strappava di mano i bicchieri, Stiles ottenne come risposta solo un sottile e prolungato ringhio di avvertimento.
“Ok, allora me ne vado di là” e dopo un paio di secondi, la voce del liceale si fece sentire di nuovo “Derek vieni qui”
Il moro seguì tale richiesta e trovò quello che avrebbe tanto voluto definire come il proprio ragazzo fermo immobile nel mezzo del soggiorno.
“Guarda” disse il più giovane, indicandogli i movimenti della gatta che, con non poca fatica, stava tentando di trascinare la maglietta del licantropo – che nel pomeriggio le aveva fatto da cuccia – verso la cesta nuova. Riuscita nell’impresa, vi si accoccolò sopra soddisfatta e, solo allora, Stiles riprese “Le piaci”
“Lo credo bene, sono un figo” affermò Derek avvicinando il proprio viso a quello del liceale ghignando per poi allontanarsi e lasciarlo lì con un palmo di naso.
Ridendo tra sé e sé, Stiles, non sapendo cosa fare, si guardò intorno fino a posare lo sguardo sulla porta che conduceva sulla terrazza.
 
Terminati i suoi compiti Derek, desiderando la vicinanza l’altro, si diresse nella stanza principale e, trovata la sua meta, uscì anch’egli.
Il licantropo si era mosso con la sua tipica leggerezza e per questo poté osservare per lunghi attimi il figlio dello sceriffo che si stava gustando in silenzio la vista. Non resistendo più alla distanza che li separava, lo raggiunse, posando le mani sulla ringhiera a lato di quelle di Stiles, ingabbiandolo dolcemente.
Il corpo di Stiles sussultò, totalmente impreparato a quella vicinanza, senza però ancora voltarsi “L’interno ha ancora bisogno di qualche sistemata, ma il panorama è davvero favoloso”
“Sono contento che ti piaccia” rispose il proprietario, avvicinando il proprio corpo a quello dell’altro e sfiorandogli la nuca con la punta del naso.
A quell’effimero tocco, qualcosa si mosse nel petto del giovane, spingendolo a girarsi e arretrare il più possibile contro il parapetto.
Derek, suo malgrado, registrò l’aumento di quella dannata distanza tra loro e si specchiò negli occhi spalancati e intimoriti del minore.
“Stiles” lo chiamò con voce bassa e rassicurante.
“Io non” deglutì vistosamente il castano “Io non sono preparato, non sono pronto a tutto questo. Tu mi piaci, lo ammetto, ma fino a qualche settimana fa ero del tutto convinto mi piacessero le ragazze e, a sostegno di questo, sappi che ho pomiciato parecchio con tua cugina”
“Cosa?” ringhiò rabbioso il lupo.
“Ok, pessimo tempismo per informarti della cosa. Cioè, pensavo lo sapessi, ma glissassi sulla questione. Posso dirti che però non accade da tempo e comunque l’elemento di fondo è che ho un gran casino in testa. Non sto dicendo che non mi va, ma solo che ho bisogno di”
“Tempo” concluse per lui Derek staccando le mani dalla pietra e allontanandosi di poco.
Gli occhi di Stiles sorrisero e si illuminarono e poi accadde una cosa che il mannaro mai avrebbe pensato potesse succedere, soprattutto dopo quelle parole. Stiles gli si fiondò tra le braccia, stringendolo forte e affondando il viso contro il suo petto, borbottando un leggero “Grazie sourwolf”
   
 
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