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Autore: yua    28/09/2008    4 recensioni
Fay riuscì a stupirsi di
quanto si fossero acuite le sue percezioni: nell’istante stesso in cui la scia
calda terminava il suo viaggio, il freddo contrasto con l’aria esterna gli
procurava un leggero pizzicore, così leggero che sarebbe potuto benissimo
essere ignorato, ma se il biondo l’avesse fatto avrebbe dovuto fare i conti con
una realtà che si dimostrava ben più difficile da affrontare del semplice
pizzicore delle lacrime
il titiolo, october, è il tiolo della canzone degli evanescence, della quale ho messo il testo nella storia...
Genere: Malinconico | Stato: completa
Tipo di coppia: Shonen-ai | Personaggi: Fay D. Flourite, Kurogane
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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october

october

I can't run anymore,
I fall before you,
Here I am,
I have nothing left,
Though I've tried to forget,
You're all that I am,
Take me home,
I'm through fighting it,
Broken,
Lifeless,
I give up,
You're my only strength,
Without you,
I can't go on,
Anymore,
Ever again.

«Ciao Fay… va, va tutto bene?» chiese Shaoran un po’ preoccupato, quando andando ad aprire alla porta in un torrido pomeriggio di agosto trovò l’amico col volto sconvolto e gli occhi arrossati.

Per tutta risposta, l’altro sorrise. «certo! Avevo solo voglia di venirvi a trovare! Però è tutto così complicato qui…»

Shaoran lo fece entrare in casa, ed il biondo andò a sedersi sul divano, in salotto, davanti all’amica Sakura. La ragazza era raggiante, eppure si rabbuiò un istante quando vide il mago, che tentava ancora di nascondere le sue angosce pur essendo queste ormai tanto palesi da sconvolgere la ragazza. Riuscì a camuffare questo suo mutamento di umore, ed esibì a sua volta uno smagliante sorriso.

Iniziarono a chiacchierare, come se nulla fosse accaduto, come se gli scuri cerchi intorno agli occhi ancora arrossati di Fay non fossero segni di pianto, come se il fatto che il biondo non avesse ancora menzionato la persona con la quale viveva fosse del tutto normale, fino a che lei, per errore, non fece un commento su Kurogane. Il sussulto di Fay fu impossibile da ignorare, soprattutto perché la ragazza conosceva bene la situazione che c’era…

«che cosa c’è Fay, che cosa è successo?» chiese Shaoran, senza capire fino in fondo l’entità della sua domanda.

«niente, è stato… è stato solo un attimo di debolezza, è… è passato» affermò il biondino in modo persino troppo poco convincente. La sua voce tremava, ma sul suo volto era tornato un enorme, spaventoso sorriso.

«Fay, come sta Kurogane?» chiese Sakura posando una mano sulla spalla del ragazzo. Lui abbassò la testa, prendendosela tra le mani, come per nascondere il suo volto alla vista dei due, fino a che non scattò nuovamente in su, lo sguardo che correva frenetico dall’una all’altro, senza soffermarsi su nulla. I suoi occhi cristallini, chiarissimi, non potevano non tradire la moltitudine di emozioni contrastanti che lo assalivano: paura, angoscia, terrore, dolore, tristezza, sopportazione…

«è…è stato… orribile… la crisi… peggiore del solito, urlava, si agitava e quasi… quasi non mi ha… riconosciuto…» neppure se ne era reso conto, ma stava piangendo. La ragazza, commossa, lo abbracciò stretto, mentre lui si abbandonava ai singhiozzi, scosso da fremiti violenti e da brividi che percorrevano la sua schiena per tutta la sua lunghezza, non risparmiandolo mai, facendogli ricordare ogni volta quanto fosse debole, incapace anche di sopportare in silenzio quel dolore,incapace di sostenere con coraggio incrollabile la persona che amava.

Per lui era diventato sempre più difficile stare con Kurogane, convivere con le sue crisi, dividere con lui, ogni giorno, le pene di una malattia che non sarebbe mai scomparsa. Sempre più spesso si ritrovava a maledire quel maledetto giorno, il giorno in cui quell’uomo…

Rimase così ancora qualche minuto, le mani convulsamente strette sugli abiti leggeri della ragazza, gli occhi ostentatamente chiusi, sigillati, le lacrime inarrestabili che bagnavano la spalla di lei.

Era tutto così doloroso, prendersi cura di Kurogane, anche nei momenti più difficili con attenzione, amore e devozione. Poi c'erano le volte in cui era piacevole, quando lui stava bene, e allora gli sembrava quasi di essere una coppia normale, due persone normali che stavano insieme, amandosi… eppure in certe occasioni persino lui aveva bisogno di allontanarsi, di scappare per avere un istante d’aria…

E allora si sentiva così debole da odiarsi.

Riuscì a recuperare il controllo di sé, si asciugò le lacrime e tornò a sorridere come se nulla fosse mai accaduto. «perdonatemi, ora è passato» affermò con tono cupamente allegro. «mi dispiace veramente di avervi fatto assistere a questa scena patetica…» si scusò. Anche Sakura sorrise; lei però ancora non aveva smesso di piangere.

My only hope,
(All the times I've tried)
My only peace,
(To walk away from you)
My only joy,
My only strength,
(I fall into your abounding grace)
My only power,
My only life,
(And love is where I am)
My only love.

Aprì la porta di casa con le sue chiavi, sul volto il solito sorriso, anche se le tracce di pianto ancora non erano sparite dal suo volto. Kurogane era seduto sul divano, meditando con l'attenzione abituale, ma quando sentì il compagno entrare smise immediatamente, rivolgendogli un cenno di saluto. Il biondino sorrise, veramente felice: Kurogane aveva ripreso il controllo di sé, era tornato normale… con grazia gli si avvicinò, senza mai smettere di sorridere. Agilmente prese posto accanto a lui, posando la testa su una delle sue grandi spalle, così tanto più forti delle sue. A quel gesto, Kurogane rispose passandogli un braccio attorno ai fianchi, in modo da poterlo tenere più vicino a sé, in modo da poterlo stringere come poche altre volte si era concesso di fare. Fay sollevò lentamente gli occhi, un po’ insicuro, così da perdersi completamente in quelli color rubino dell’altro.

«stai bene adesso?» lo sguardo del giapponese divenne in un istante tristissimo, come se fosse sul punto di scusarsi, ma fu solo l’ombra di un momento, perché subito dopo tornò cupo, annuendo con serietà. Lo strinse forte al suo petto, con una dolcezza inusuale ed inaspettata.

«perché resti con me…?» soffiò appena, con le labbra appoggiate tra i capelli biondi del suo Fay

Una.

Due.

Tre.

Non sentiva più nulla, se non il rumore assordante di quel conto inutile, del conto inutile delle lacrime che scendevano calde e silenziose fino ai confini del suo volto.

Quattro.

Cinque.

Non aveva ancora sbattuto le palpebre, ancora non aveva compreso a fondo la scena che stava osservando da un istante interminabile.

Sei.

Sette.

Una di quelle lacrime salate andò ad infrangersi contro l’angolo delle sue labbra dischiuse, e solo quella semplice goccia andò a bagnare la sua lingua immobile.

Quel suono, così tormentoso, quel unico rumore che ronzava nella sua mente annebbiata gli permetteva di non pensare, di non dover ancora analizzare con attenzione quella scena su cui il mondo sembrava essersi fermato.

Non vedeva altro, se non quelle dita così realmente incorporee affondare con facilità nelle tempie vulnerabili di un guerriero potente, vedeva il ghigno soddisfatto di quel traditore che aveva colpito all’improvviso un ninja imbattuto, e che ora stava trattenendo quelle che sarebbero state atroci urla di dolore. I particolari del volto di Kurogane, in quel momento di massima sofferenza si impressero a fuoco nella mente di Fay, che per tutto il resto della sua esistenza fu perseguitato dall’immagine dei suoi lineamenti contratti, della smorfia di terrore e dolore dipinta indissolubilmente sulle sue labbra, del bagliore dei suoi occhi scarlatti, un bagliore così intenso da essere impresso con precisione allarmante nello sguardo di chiunque lo stesse vedendo.

Fay riuscì a stupirsi di quanto si fossero acuite le sue percezioni: nell’istante stesso in cui la scia calda terminava il suo viaggio, il freddo contrasto con l’aria esterna gli procurava un leggero pizzicore, così leggero che sarebbe potuto benissimo essere ignorato, ma se il biondo l’avesse fatto avrebbe dovuto fare i conti con una realtà che si dimostrava ben più difficile da affrontare del semplice pizzicore delle lacrime.

Cos’era, fermo il tempo? Sì, doveva essere proprio così, altrimenti non si sarebbe potuto spiegare come quel momento orribile potesse durare così a lungo; sì, il mondo si era fermato, la notte si era fermata, per osservare la sconfitta di Kurogane, ninja del Giappone antico, per osservare la debolezza di un uomo che si era infine sacrificato per proteggere quello a cui teneva.

Il tempo si era preso una pausa dal suo eterno ciclo per mostrare ancora una volta che ci sono persone alle quali non è permesso un destino di luce, perché i crimini commessi devono sempre essere pagati.

Poi, all’improvviso, tutto ripartì, quel cacciatore lasciò andare la sua preda, che si accasciò a terra con un tonfo secco, come un comune oggetto senz’anima, ed assieme a quel corpo, anche un altro cadde, con la stessa velocità, ma mentre uno crollava in tutto e per tutto, col volto rivolto al pavimento, l’altro cadeva semplicemente in ginocchio, con le braccia inerti lungo i fianchi, che sfioravano il pavimento come se fossero state private di tutta la loro forza vitale.

La gabbia di vetro in cui era stato intrappolato, lentamente si sciolse.

Quando Fay sentì nuovamente l’aria pulita sfiorargli con delicatezza il viso, corse da quel corpo che era rimasto immobile da non sapeva più quanto tempo. Lo voltò, in modo da poterne vedere il viso, e tolse i capelli che cadevano disordinati e sparpagliati a coprirgli la fronte e gli occhi. Presto, il biondo si rese conto che l’altro era vivo, ma questa scoperta non mutò minimamente le attenzioni che il giovane gli riservava: aveva capito che qualcosa si era spezzato all’interno del giapponese, che qualcosa era cambiato in modo irreversibile, e che quella poteva essere l’ultima volta che lo avesse stretto tra le braccia a quel modo.

Fay sapeva che le armi più pericolose di quello che era stato l’avversario del moro agivano sulla psiche, aveva capito persino lui che anche un semplice, breve contatto con quel… mostro… creava dei danni, quantomeno al sistema nervoso. Non era in grado di dire quanto lungo fosse stato il combattimento che imperversava fino a poco prima, -o forse erano già trascorsi dei giorni interi, il tempo non aveva più valore- ma sapeva che non era durato solo qualche secondo.

Se i suoi occhi non fossero stai pieni solo dell’immagine della persona che amava, si sarebbe reso conto che stava sorgendo il sole, che gli implacabili raggi dell’alba stavano filtrando attraverso le grandi vetrate colorate della chiesa che era stata teatro dell’ultimo scontro, e, se solo li avesse notati, quei raggi peni di colori, quasi allegri, vivaci, avrebbero ferito i suoi occhi stanchi.

Se solo i suoi sensi non fossero stati completamente impegnati nell’occuparsi di Kurogane, nello sperare aprisse all’improvviso gli occhi, o dicesse qualcosa, o almeno si muovesse, si sarebbe reso conto che tutto quel mondo si stava svegliando, che tutto quel mondo si stava preparando a vivere un’altra giornata di menzogna, senza curarsi minimamente di colui il quale giaceva pressoché inerme tra le braccia della persona per la quale sarebbe stato disposto a morire.

I can't run anymore,
I give myself to you,
I'm sorry,
I'm sorry,
In all my bitterness,
I ignored,
All that's real and true,
All I need is you,
When night falls on me,
I'll not close my eyes,
I'm too alive,
And you're too strong,
I can't lie anymore,
I fall down before you,
I'm sorry,
I'm sorry.

«perchè ti amo Kuro-bau» disse con semplicità mentre alzava il volto, cercando le labbra dell’altro, unendole in un bacio dolcissimo. Quando questo fu sciolta, Kurogane mormorò appena, su quelle labbra un "ti prego, perdonami" che sembrava così stonato mentre stringeva ancora più forte quel corpo gracile, nuovamente scosso dai singhiozzi.

Constantly ignoring,
The pain consuming me,
But this time it's cut too deep,
I'll never stray again.

Il titolo è messo a caso, o quasi. Insomma, è il titolo della canzone degli Evanescence di cui c'è il testo, magaro non c'entra molto con la storia in sè, però...

  
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