Non riesco a togliermi quella terrificante immagine dalla mente: tu che impugni una pistola.
Non ha importanza contro chi la puntassi, quanto quella persona se lo meritasse, tu non puoi compiere un gesto così malvagio. E ciò che più mi turba è che è stata colpa mia se tu hai preso in mano un’arma.
Se fossi stato zitto, se mi fossi accorto che eri lì non avrei mai parlato con Scar dei tuoi genitori.
Se tu avessi ucciso una persona a causa mia non me lo sarei mai perdonato.
Sei una persona troppo buona, compi azioni troppo gentili per macchiare la tua anima con certi crimini.
Sono qui, con la fronte poggiata contro la superficie liscia della porta della tua camera. Non ho il coraggio di bussare, perché non saprei cos’altro dirti dopo oggi, dopo averti spiegato la verità. Ma voglio stare con te.
Poggio la mano sulla maniglia e la giro lentamente, aprendo piano la porta. Buio. Intravedo la tua sagoma, immobile, nel letto. In effetti è normale che tu ti sia addormentata dopo una giornata simile.
Silenziosamente richiudo la porta alle spalle e mi avvicino a te. Sorrido, guardandoti: dormi nella stessa posizione raggomitolata di quando eri bambina.
Osservandoti vedo una lacrima sul tuo viso e lo stomaco mi si stringe in una morsa. Non sopporto più vederti piangere. Mi chino per darti un bacio sulla guancia, per asciugare quella goccia salata, come se potessi cancellare tutte le lacrime che per colpa mia hai versato.
Non voglio andarmene. Voglio stare con te anche se stai dormendo, perché so che tra poco ripartirai. Ci sono delle persone che ti aspettano. Quanto le invidio.
Sollevo la coperta e mi sdraio vicino a te. I tuoi capelli sono così vicini che riesco a sentirne il profumo.
Non voglio infastidirti, ti prometto che al tuo risveglio non sarò più qui.
 
Mi allontano dal treno e tu mi richiami. Non hai sentito ciò che ti ho detto e vuoi spiegazioni. E hai ragione, devi saperlo.
“La prossima volta che ti farò piangere dovrà essere di gioia!”
Devi saperlo che tengo a te e che non ti farò mai più soffrire!