Banana Daiquiri
Capitolo 1 di Giacomo ^^ovvero Goten
Mettevo a posto i bicchieri dopo averli
asciugati con una salvietta; era molto tardi e stavo per chiudere, il locale
era deserto.
Cominciai a contare i soldi nella cassa,
a dividere le banconote da cento e da cinquanta zeni da quelle di piccolo
taglio, e alla fine mi resi conto che anche quel giorno avevo incassato una
miseria.
Che cazzo di vita! Dissi intristendo lo
sguardo, ma perché mi era venuta l’idea di rilevare quel bar? Ma perché cavolo
facevo il barista, io, Son Goten?
Pensai a tutto quello che avevo da
pagare, alle scadenze con i fornitori e all’affitto. Mi accesi una sigaretta,
non era vita quella: era un inferno, rimpiangevo la tranquillità dei monti
Paoz, avrei voluto tornarci.
Spensi le luci sopra il bancone e
staccai la presa della macchina del caffè, quindi tolsi il grembiule macchiato
e lo gettai a terra.
Un rumore, un cigolio; la porta si era
aperta facendo entrare una folata di aria fredda.
“E’ chiuso!” Eh no. Non mi andava di
rimanere lì chissà per quanto ancora per qualche rompiballe. Volevo andare a
casa, farmi una doccia e mettermi comodo in pigiama davanti alla tele.
“Scusa Goten, posso?” sbattei le palpebre,
forse avevo bevuto troppo quel giorno. E' vero, mi facevo un goccetto ogni
tanto tra un aperitivo e l’altro, ma non poteva essere lei. Non poteva essere
Bra!
“Certo, ma… cosa ci fai qui a
quest’ora?” il vestito rosso che aveva addosso le fasciava il corpo e
stentavo a credere che quella bella ragazza che avevo avanti fosse la monella
che tante volte mi aveva fatto saltare i nervi.
“Non vorrei disturbare…” era entrata ed
io stavo lì a guardarla con la sigaretta tra le dita. La guardavo attentamente
per cercare di capire il motivo che l’aveva spinta a cercami e, quando mi
soffermai sul suo viso, mi resi conto che piangeva.
“Ehi, che succede piccola?” mi calai nei
panni del fratello maggiore: era questo che dovevo essere per lei, solo un
fratello, un amico, nessun’altra idea mi era mai passata in testa.
Ci tenevo alla pellaccia, eh!
“Mi ha lasciata, il mio ragazzo...
un’altra.” eccola, era scoppiata in singhiozzi ed io l’avevo stretta. Piangeva
e mi bagnava la camicia, che tenerezza mi faceva.
“Basta! Non devi piangere, quello è un
pazzo. Come si fa a lasciare una ragazza come te? Sei bella e hai mille altre
qualità, se ne pentirà quel coso, vedrai.” cercavo di consolarla come meglio
potevo, ma non ero molto esperto in certe cose, anche perché io stesso avevo
spezzato centinaia di cuori.
“Il fatto, Goten, è che lo amo e non
posso stare senza di lui.” si era soffiata il naso con un fazzoletto di carta,
mentre la invitavo a sedere a un tavolino e dicevo addio alla serata tranquilla
davanti alla tele.
Rimasi lì di fronte a lei a sorbirmi i
suoi tormenti per ore. Mi raccontò per filo e per segno la relazione con quel
compagno di liceo.
Un vero idiota, pensai ad un certo
punto. Un bugiardo, uno che se lo incontri come minimo gli frantumi la
mascella.
Quando ebbe finito mi sorrise e la cosa
mi fece un immenso piacere, perché vederla sorridere era come essere all’aria
aperta in una giornata di primavera: mi dava lo stesso benessere.
“Ti accompagno a casa, i tuoi saranno in
pena.” mi alzai e andai a prendere la giacca. Nella tasca avevo le chiavi della
moto, occorreva una mezz’ora per arrivare alla C.C.
“No, non ci torno a casa: ho litigato
con papà e anche con mamma. Ho detto che dormo da un'amica.”
Oddio, no. No! Mi guardava speranzosa,
ma cosa voleva, eh? Voleva che la ospitassi nel mio appartamento? E poi? Cosa
avrei dovuto fare? Cullarla e darle il bacio della buonanotte? No.
Era impensabile, quel corpicino che
girava per la mia camera da letto era una tentazione che non potevo
permettermi, se volevo arrivare alla pensione
“Per favore, per favore Goten.”
insisteva, ma cosa aveva in mente? Aveva detto ai suoi che dormiva da un amica,
ero io l’amica? Ma mi aveva guardato bene? Avevo tutto fuorché l’aspetto di
un'amica.
“Non è il caso, insomma… non capisco il
motivo della tua testardaggine. Cosa risolvi a dormire a casa mia?” mi andò la
saliva per traverso, mi era saltata addosso, mi stringeva e mi implorava.
Ti prego, ti prego. ti prego.
Basta! Era martellante, insopportabile:
era peggio di suo padre quando insisteva perché mi battessi con lui.
Cedetti.
"Va bene, ma solo per stanotte e
vedi di non darmi noia".
"Grazie!" mi scoccò un bacio
sulla guancia e si voltò di scatto. La vidi correre fuori e poi rientrare: non
capii a cosa stesse pensando, quali strane idee avesse per la testa, presi la
giacca e me la infilai, pensando che mi stavo cacciando in un grosso guaio.
continua…
Vi garba ? ^_-