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Autore: NastyaCoubert    12/09/2014    1 recensioni
La vita di una nazione come Arthur Kirkland era piena di avventure esaltanti, conquiste, scoperte e nuove terre da esplorare, soprattutto adesso che aveva messo le mani su una grossa fetta del nuovo continente.
Tuttavia se ci sono luci ci sono anche ombre e se l'adrenalina pura era presente nella vita di Inghilterra purtroppo reclamavano la loro parte anche momenti al cui confronto vedere la vernice asciugare su un muro risultava molto più allettante.
Genere: Generale, Introspettivo, Slice of life | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: America/Alfred F. Jones, Danimarca, Inghilterra/Arthur Kirkland, Norvegia
Note: Missing Moments | Avvertimenti: nessuno
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Tutti i personaggi appartengono a Himaruya Hidekaz.

Fic senza pretese. Anche eventuali accenni storici non sono specifi ne ricercati ne appurati. Grosso modo è ambientata in America durante il periodo in cui quest'ultima era sotto dominio inglese.

 

 

 

The Arrow and the Memories.

 

La vita di una nazione come Arthur Kirkland era piena di avventure esaltanti, conquiste, scoperte e nuove terre da esplorare, soprattutto adesso che aveva messo le mani su una grossa fetta del nuovo continente.

Tuttavia se ci sono luci ci sono anche ombre e se l'adrenalina pura era presente nella vita di Inghilterra purtroppo reclamavano la loro parte anche momenti al cui confronto vedere la vernice asciugare su un muro risultava molto più allettante.

Uno di questi era quando doveva compilare chilometri e chilometri di pure e brute carte burocratiche che riguardavano niente meno che il governo di America.

Mentre sprecava, a dir suo, litri di inchiostro, sentì delle risate provenire dal cortile della villa in cui alloggiava con la piccola nazione ed il suo contingente militare.

Più che un'abitazione aveva la funzione di caserma visto tutte le manovre militari che Arthur doveva supervisionare. La nazione aveva fatto del suo meglio per renderla simile alla sua dimora in Inghilterra, portando dei suoi effetti personali per adobbare le sue stanze private in modo che gli ricordassero casa, nonostante questa fosse ad un oceano di distanza.

Visto che l'allegria continuava imperterrita e giungeva fino al suo studio, Arthur decise di prenderla come un'ennesima scusa per allontanarsi da quelle scartoffie e si avvicinò alla finestra per scoprire il motivo di tanto buon umore. Ciò che vide ebbe come unico risultato quello di farlo imprecare a voce altissima, mandando alle ortiche i suoi, spesso vani, tentativi di apparire sempre come un impeccabile lord inglese e lo fece precipitare celermente giù per scale, verso il cortile.

Infatti Alfred assieme ad alcuni soldati avevano avuto la brillante idea di frugare nei suoi appartamenti, indubbiamente su iniziativa del bambino, per scoprire nientemeno che un antico arco vichingo che teneva appeso alla parete sopra il camino. Ovviamente la piccola nazione aveva deciso di far pratica proprio con quell'arma.

Ora, i problemi generati dal fatto che l'americano avesse deciso di intraprendere la strada dell'arciere erano due: innanzitutto l'arco in questione era antichissimo e risalente all'infanzia di Arthur, ovvero all'epoca in cui romani e vichinghi e tribù varie si contendevano le sue coste, e quindi era tremendamente fragile, cosa preoccupante visto la forza bruta del bambino. Secondo: Alfred era goffo e maldestro e l'ipotesi che una freccia finisse per conficcarsi in qualche arto era un'ipotesi tremendamente plausibile.

-Alfred!- urlò trafelato al bambino una volta giunto in cortile.

A causa della sua repentina entrata in scena i soldati si erano tutti ammutoliti e voltati verso la nazione, rendendo il borbottio di America “Ecco finito il divertimento” ben udibile.

-Alfred! Dove hai preso quell'arco?- domanda retorica, sapeva benissimo la sua origine ma il marmocchio doveva ammettere le sue colpe.

-Da camera tua.- disse a voce bassa il bambino guardandosi i piedi.

-E cosa ti ho detto riguardo ad entrare in camera mia?- chiese l'inglese con tono di rimprovero incrociando le braccia.

-Di non farlo.-

-E perchè?-
-Perchè ci sono cose fragili e pericolose.- ormai la voce di Alfred era poco più che un mormorio.

-Esatto ed ora ridammelo. Questo è sia fragile che pericoloso.- rispose con tono severo allungando la mano.
Mentre la nazione restituiva l'arma i soldati vicino a loro non potevano fare a meno di guardarla con fare interessato. Dopotutto era un bellissimo ed antichissimo reperto ed infatti uno di loro non riuscì a trattenere la sua curiosità.

-Scusatemi signore, è un arco molto particolare. Da dove viene?- chi aveva parlato si chiamava Gustav ed era uno dei membri più giovani.

-E' un arco di fattura vichinga, scandinavo per la precisione.- disse tendendo la corda con molta attenzione.

-Wow! Che figo! Arthur mi fai vedere come si usa?- urlò Alfred pieno di entusiasmo tirandogli un lembo della giacca.

L'inglese soppesò per un attimo l'offerta e decise infine di accontentare il bambino. Dopotutto lui non fremeva all'idea di tornare alle sue carte ed inoltre ad Alfred una lezione di storia non avrebbe di certo guastato. Infatti aveva notato con disappunto che America aveva trafugato anche la faretra, la quale era stata legata in modo barbaro e sbagliato alla vita del piccolo.

-Va bene ma tu presta attenzione. Ti farò vedere solo un tiro.- tese l'arco a Gustav che lo prese come se si trattasse della sacra sindone.

-Innanzitutto questo tipo di faretra va portato sulla schiena. E' troppo lunga per la vita e ti impiccerebbe soltanto in un combattimento.- disse sciogliendo le cinghie.

Con pochi movimenti precisi se l'assicurò nella giusta posizione. Era decisamente cresciuto da quando la portava ed infatti gli era stretta ma in qualche modo era riuscito ad infilarsela.
Le cinghie di cuoio tuttavia gli avevano fatto comprendere le pene che dovevano sopportare le donne indossando un corsetto.

Divaricò le gambe, mettendosi in posizione davanti al bresaglio.
Prese una freccia e la incoccò sotto gli occhi colmi di ammirazione dei presenti.
Alzò l'arco e tese la corda prendendo la mira per colpire il bersaglio che per l'occasione consisteva in un foglio con un cerchio inchiodato ad un albero.

Guardando il tronco con disappunto notò che qualcuno, con poca mira, aveva già lanciato qualche freccia. In particolare una di queste aveva centrato il foglio ma era qualche pollice sopra il bersaglio.

-Sai Alfred, sei stato fortunato che le frecce non siano060 originali. Sa fossero state antiche come l'arco mi sarei arrabbiato parecchio.- disse prendendo la mira.
-Lo so, lo so.- rispose con impazienza -Forza colpisci il bersaglio!-
-Non sempre il tuo obiettivo è la cosa più ovvia che salta all'occhio.-
Il suono secco che seguì fece ammutolire i presenti.
-Quella sarebbe stata la tua punizione se mi avessi rotto l'arco.- disse ridacchiando davanti all'espressione di Alfred.
Il bambino dal canto suo non rispose. Era ancora troppo stupito e rimase a guardare in modo attonito la freccia del padrino che aveva perfettamente spaccato la sua a metà.

-Wow! Chi ti ha insegnato? Come hai fatto? Dove hai imparato?- lo tempestò di domande aggrappandosi alla sua manica per richiamare maggiormente la sua attenzione.

-Anzi aspetta non dire niente. Lo so!- aggiunse prima che potesse rispondergli -Ti sei allenato e forgiato durante i tuoi lunghi anni di guerra e le tue avventure.-

-Beh non posso dire che quelle hanno aiutato- disse facendo un cenno ai soldati, dirigendosi verso casa.

-Tuttavia questo è merito degli insegnamenti di una persona. Era molto tempo fa. Ero piccolo come te.-

-Chi? E' una nazione? La conoscerò?- chiese entusiasta.

-Sì è una nazione e... Boh, forse un giorno.- rispose avviandosi verso casa con il bambino al seguito.

-Mi insegni?- domandò in modo supplichevole sbarrandogli la strada.

-Va bene, ma non con quest'arco.- disse tentando di entrare in casa, ma America continuava a stare fra lui e la porta.

-E... Sarò capace anch'io di farlo?-
A questa domanda l'inglese si limitò a sorridergli mettendogli una mano sul capo ed accarezzandolo appena disse semplicemente -Questo dipende da te.-

 

 

Il rollio della nave era incessante e rendeva difficoltoso prendere la mira ed infatti dopo qualche vano tentativo il bambino spazientito abbassò l'arco.

I vichinghi erano un popolo guerriero e non si trattenevano certamente dal compiere scorrerie lungo le sue coste, catturando schiavi e bruciando i villaggi.

Lui era stato imbarcato come tale ma in realtà veniva trattato dai capi dei nordici più come un fratello minore che come un prigioniero.

-Non ci riesco. La nave si muove troppo.- si lamentò.

-Ah! Ma sentilo che pretese!- Danimarca era seduto sul un barile, appoggiato al parapetto del ponte , mentre derideva senza cattiveria Arthur.

-Non riesci ad alzare una spada, inciampi nelle lancie e non riesci a ruotare ne un'ascia ne un martello.- disse tenendo conto dei suoi fallimenti con le dita -Pensavo che l'arco fosse la tua unica possibilità di imparare a difenderti ma evidentemente mi sbagliavo.-

-Se voi prima mi insegnaste le basi probabilmente poi riuscirei a colpire anche un bersaglio in movimento.- si lamentò Arthur arrabbiato per lo scherno del danese.

-Non ci sono basi nella vita reale.- entrambi si voltarono stupiti di sentire quella voce.

Difficilmente Norvegia parlava se non interpellato o per insultare Danimarca.

-Il vento non smetterà di soffiare o il mare di muoversi solo perchè tu lo trovi difficile.- disse staccandosi dall'abero maestro a cui era appoggiato.

-Così allo stesso modo i tuoi nemici non staranno fermi a guardarti mentre prendi la mira.- continuò stringendo la mano di Arthur e con essa l'arco.

Norvegia aveva le mani fredde. Sempre.

-Se vuoi qualcosa devi andare dritto al sodo senza cercare di percorre la strada piu' facile.- disse mentre stringendo le mani del piccolo portandole in posizione di tiro ed aggiunstandogli la posizione. Mantenendosi alle sue spalle lo guidò nei movimenti facendogli prendere una freccia dalla faretra ed incoccandola.

Tese l'arco.

-Tu sei debole piccolo e gracilino. Sei un'isola che ha poco da offrirti ma fa comunque gola a molti altri e tutti più potenti di te. Loro ti vorranno controllare e ti ruberanno le tue ricchezze, affamando le tue genti e negandoti la libertà. Se non vuoi che questo sia il tuo destino devi imparare a difenderti.- detto questo lasciò andare la freccia che con enorme sopresa del bambino si conficcò nella metà di un'altra che aveva scagliato in precendenza, spaccandola in due.

-Continua a lottare e non fermarti finchè non sarai sul tetto del mondo ed allora non avrai più paura che qualcuno ti porti via la cosa più preziosa di tutte.-

-La vita?- chiese in bambino restituendo l'arco a Norvegia, dopotutto era il suo.

-La libertà.- rispose il nordico lanciando uno sguardo a Danimarca. Il volto era impassibile ma gli occhi ardevano di rabbia.

-Ci riuscirò anch'io?- chiese il bambino dubbioso riferendosi sia alle parole che al tiro.

-Questo dipende da te.- disse spingendo l'arco verso il suo petto -Fino ad allora ti servirà questo.-

 

Era passato molto tempo da allora ma non vi era giorno che Inghilterra pensasse alle parole di Norvegia. Ora che era sul tetto del mondo nessuno avrebbe osato portargli via ciò che era suo e per proteggerlo e conservarlo avrebbe lottato fino all'ultimo anche se la strada fosse stata una salita impervia o un mare in burrasca.

 

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Come ho già detto questa è una fanfition senza pretese, realizzata in un momento di noia.

Visto la storia mi piace pensare che parte del carattere di Arthur sia stato forgiato dall'incontro dei vichinghi nordici i quali assiedavano le sue coste con razzie ed azioni simili ma, nonostante tutto, visto che sono un cuore tenero e mi piacciono le situazioni allegre, fra loro alla fine ci fosse una sorta di affetto ed amicizia.

Beh, grazie di aver letto.

 

NastyaCoubert.
 

 

  
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