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Autore: LaraPink777    12/09/2014    7 recensioni
Splinter si interroga su cosa significhi essere padre. Uno dei suoi figli lotta tra la vita e la morte. Gli altri tre dovranno vedersela con un uomo spietato e con le loro paure. Troverà la famiglia Hamato la forza per la sfida più difficile?
Genere: Angst, Azione, Drammatico | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Donatello Hamato, Leonardo Hamato, Michelangelo Hamato, Raphael Hamato/ Raffaello, Splinter
Note: nessuna | Avvertimenti: Tematiche delicate, Violenza
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Cap 2

 

“Death

You bring death, and destruction to all that you touch”

Muse, Take A Bow

 

“Ed infine, nell’ultima versione, quella che mi ha regalato Raph, beh, il realismo è da paura, ma il seno è ancora più piccolo!”

Leonardo ha appoggiato sconfitto la testa contro il logoro cuscino che fungeva da spalliera sulla seduta del gradino. Nonostante l’antipiretico che aveva appena preso, il secondo in quella giornata, la febbre continuava a salire. Il mal di testa e la nausea lo stavano mettendo a tappeto e, come se non bastasse, era costretto a stare lì ad ascoltare Michelangelo che illustrava l’evoluzione del seno di Lara Croft in tutte le versioni di Tomb Raider.

Appena Donatello è uscito dal suo laboratorio, Leonardo l’ha guardato con occhi imploranti.

Il mutante mascherato in viola si è messo a ridere. “Mikey, la smetti di sfinire Leo a ciance?”

“Ma Donnie! Sto facendo compagnia ad un povero ammalato! E poi ci stiamo divertendo, no Leo? Dimmi, fratello, lo sai qual è la versione di Need for Speed che amo di più? Secondo m… ahio!”

Raffaello li ha raggiunti giusto in tempo per affibbiare uno scappellotto in testa al fratello mascherato in arancione. “Tu non fai compagnia, testa di legno. Tu sottoponi le persone a dure prove di sopportazione.”

Si è buttato pesantemente a sedere anche lui sui gradini della fossa nella zona centrale, accanto a dove si era appena seduto anche Donatello.

“Uh Senzapaura, stasera non hai l’aria molto sveglia. Sembri Mikey.”

Leonardo e Michelangelo hanno lanciato in sincronia la stessa occhiataccia al fratello mascherato in rosso.

“Quindi direi che per questa notte la ronda salta.”

“E perché mai, Raffaello?” Le tartarughe si sono girate verso il loro sensei, in piedi tra la colonnina piramidale e la piscina. Si trovava già lì o era appena arrivato? Avere per padre un furtivo maestro ninja non è sempre il massimo, soprattutto se sei un adolescente.

“Donatello, figlio mio, come sta tuo fratello?” Splinter si è rivolto direttamente al medico di casa sapendo che se l’avesse chiesto al diretto interessato, la risposta sarebbe stata un generico ‘sto bene’.

“Credo che abbia preso l’influenza che sta correndo, Sensei. Basta tenere la febbre giù, ed in un paio di giorni dovrebbe essere a posto.”

Leonardo ha chiuso gli occhi. Il pensiero di stare due giorni a casa ammalato non l’attirava neanche un po’.

“Allora non vedo alcun motivo per cui voi non dovreste uscire, figli miei. Raffaello, per stasera il leader sarai tu.”

Raffaello, che era rilassato e con le braccia incrociate, si è alzato in piedi di scatto, come se fosse stato morso da una tarantola. Ricordava ancora la fallimentare esperienza di quando aveva provato a guidare i suoi fratelli. Mikey era stato colpito a causa sua e lui era rimasto pietrificato dal panico; per fortuna Donatello aveva salvato la situazione.

“Con tutto il rispetto, maestro, non sarebbe meglio che tu affidassi questo compito a Donnie?”

Donatello l’ha guardato imbambolato e si è quasi slogato la mascella da quanto ha spalancato la bocca.

“No, Raffaello. Questa sera il capo sarai tu, e Donatello vi guiderà invece domani sera.”

“Ed io? Io, Sensei? Io quando?” Michelangelo è balzato in piedi anche lui ed ha iniziato a ballare da un piede all’altro.

Splinter si è passato le mani sul petto, a lisciare il suo kimono, un po’ in difficoltà.

“Poi vedremo, figlio mio. Tutti ci auguriamo che Leonardo possa tornare presto alle sue responsabilità.”

“Uh uh, certo.” Michelangelo ha abbassato lo sguardo, un po’ ferito per non essere stato scelto, un po’ in colpa per non aver pensato che in un paio di giorni il fratello mascherato in blu si sarebbe ripreso, cosa che lui desiderava con tutto il cuore. Ha quindi guardato con affetto Leonardo.

Quando la porta a vetri si è aperta, le guardie all’ingresso si sono drizzate in un militaresco gesto di saluto. Nessuno ha osato guardare in faccia l’uomo alto ed elegante che ha percorso i lussuosi marmi con passo marziale. La notte era ormai avanzata, ma le guardie sapevano bene che il loro padrone non aveva orari per presentarsi al suo ufficio. Lavorare per lui voleva dire essere sempre pronti, vigili, preparati. Anche la notte.

Lui, anzi, si mostrava soprattutto la notte: la giovane guardia si stava chiedendo il perché, quando con un lieve inchino ha abbassato lo sguardo, mentre il padrone gli passava davanti per entrare nell’ascensore; forse a causa della sua menomazione fisica, una profonda ustione che gli deturpava il viso. O forse, perché la notte era il regno dei diavoli come lui, la guardia ha pensato deglutendo, osando alzare lo sguardo solo quando le porte dell’ascensore si sono chiuse, nascondendogli la vista dell’inquietante e misterioso uomo d’affari straniero per cui lavorava.

Solo, all’interno dell’ascensore, l’uomo si è lisciato le mani sul costoso gessato italiano, che nascondeva ma faceva immaginare la possente muscolatura, il corpo ancora giovane ed atletico; ha piegato il collo da una parte e dall’altra per sgranchirsi dal lungo volo dal Giappone.

I giorni passati erano stati molto difficili. Ma aveva vinto, ancora una volta. E chi aveva perso, non avrebbe mai più avuto la possibilità di pentirsi per aver osato mettersi contro di lui. Adesso, aveva lasciato lì solo i suoi uomini per occuparsi delle ultime faccende ‘da mettere a posto’. Lui è potuto tornare a dedicarsi interamente ai suoi piani qui a New York.

Quando ha percorso il corridoio che portava al suo ufficio, non ha potuto fare a meno di sorridere, soddisfatto, al pensiero. Il sorriso, sbieco e crudele, gli si è congelato di colpo quando ha aperto la porta del suo immenso studio, che si affacciava in alto sulle sfavillanti luci di Manhattan, le quali brillavano oltre le pareti di vetro, arrivando ad illuminare l’ambiente di un freddo barlume irreale, che faceva distinguere l’arredamento della stanza ancor prima di accendere la luce.

È bastata una frazione di secondo al suo corpo per mettersi in allarme.

La mano ha stretto la pistola nella fondina sotto la giacca ancor prima che la maggior parte delle persone avesse avuto il tempo di capire che qualcosa non andava.

C’è qualcuno.

Poi, l’ha visto.

Seduto sulla poltrona in pelle della sua scrivania, lì in fondo.

La sagoma si distingueva anche nella semioscurità, in leggera silhouette contro il cielo di piombo aldilà del vetro.

“Mikey! Finiscila di giocare con quell’antenna! Vuoi lasciare tutto il palazzo senza televisione?”

“Capirai che perdita! E poi sei leader da poche ore e già rompi come Leo!”

“Prova a dirlo un’altra volta!” Raffaello ha agguantato Michelangelo e l’ha buttato per terra, sul tetto di un vecchio condominio.

Donatello guardava le luci lontane, seduto sul cornicione.

“Ragazzi, la serata è morta. Che dici, Raph, torniamo? Voglio vedere come sta Leo.”

Le tre tartarughe avevano pattugliato tutta la sera sotto una pioggerellina sottile e fastidiosa. L’acqua faceva brillare il cemento dei tetti e delle terrazze, e riempiva le poche finestre illuminate ai piano inferiori di una miriade di briciole di luce.

Raffaello si è alzato da sopra Michelangelo, dopo avergli strofinato forte con le nocche la pelle della testa.

“Direi di sì. Inizio ad essere inzuppato fino alle ossa, dannazione.”

All’improvviso Michelangelo, che si era appena rialzato anche lui, ridacchiando e tenendo una mano sulla testa, ha visto qualcosa venirgli incontro.

Velocissimo, si è scansato di lato.

Un pugnale dal manico nero si è conficcato, vibrando, nel muro della casupola che conduceva alle scale del palazzo, proprio a fianco della tartaruga mascherata in arancione. “Ma cosa…”

I tre fratelli hanno estratto le armi, guardinghi. Nei tetti vicini non si vedeva anima viva.

“Se pensavano di colpirmi da lontano con un pugnale non conoscono il grande Michelangelo!”

“Non volevano colpirti, testa di guscio. Guarda!” Raffaello ha indicato l’arma nel muro, accanto al fratello. Tra la lama ed il manico vi era conficcato qualcosa di bianco. Un pezzo di carta ripiegato.

Michelangelo ha estratto il pugnale dal muro, mentre i fratelli si guardavano ancora intorno. Ha spianato la sottile striscia di carta, bagnata dalla pioggia.

Donatello si è girato a guardare Michelangelo. Il fratellino ha letto il messaggio con gli occhi sgranati; le pupille azzurre hanno seguito la linea della scrittura sulla carta una, due, tre volte; la bocca era tirata in un’espressione seria come raramente si era vista sul suo viso lentigginoso. Michelangelo ha poi alzato lo sguardo a Donatello, uno sguardo stupito, impaurito, doloroso, e poi a Raffaello che gli si era avvicinato , a cui ha consegnato il biglietto.

Donatello non avrebbe saputo dire con esattezza se la mano di Michelangelo tremasse o se fosse solo una sua impressione, ma ha visto chiaramente che adesso stavano tremando quelle di Raffaello.

“Chi sei? Come hai fatto ad entrare?”

Ha puntato la pistola contro la figura seduta alla sua scrivania, ma non avrebbe sparato. Non subito, almeno. Alla rabbia per l’affronto si sommavano la curiosità di sapere cosa volesse quell’uomo da lui e, nonostante tutto, la stima per il suo coraggio e per le sue capacità. Non era facile entrare nel suo ufficio, all’ultimo piano della Oroku Saki Corp, con l’imponente numero di guardie che proteggevano la struttura. Alcune di quelle guardie, comunque, non avrebbero mai più fatto uno sbaglio simile.

L’uomo si è alzato, allargando lentamente le braccia.

“Sono un amico. Sono qui per offrirle il mio servizio.” La voce era calma, sicura.

Oroku Saki ha acceso la luce dall’interruttore al suo fianco, sempre tenendo la pistola puntata sull’uomo.

Adesso, poteva vedere benissimo le fattezze della persona che aveva osato introdursi nel suo ufficio. Era un uomo alto, caucasico, sui quarant’anni d’età. Capelli brizzolati tagliati cortissimi, viso squadrato, corpo snello ma muscoloso. Indossava una divisa nera, di foggia militare.

Freddi occhi grigi l’hanno guardato senza mostrare paura; un sorriso gelido si stagliava sul viso perfettamente rasato.

“Mi chiamo Kurtis Tucker, signor Oroku. O dovrei chiamarla Shredder.”

L’uomo si è allontanato dalla scrivania, mostrando con ironico ossequio il posto lasciato libero.

Shredder si è avvicinato, ma non si è seduto. “Dammi un motivo per cui non dovrei ucciderti subito.”

Kurtis l’ha guardato dritto negli occhi. “Gliene darò quattro. Grandi ed umanoidi tartarughe ninja. Anche se ormai probabilmente dovrei dire tre.”

Il giapponese ha alzato le sopracciglia. Quest’uomo insolente si era meritato la sua attenzione, ed il diritto di restare in vita ancora per un po’.

Ha poggiato la pistola, e si è seduto. Ha squadrato meglio l’uomo che aveva di fronte, che adesso lo stava guardando in attesa, sempre con quel sorrisetto gelido sul volto; la sua espressione, beffarda e sicura di sé, aveva un non so che d’inquietante.

Oroku Saki, che conosceva bene le nefandezze dell’animo umano, ha identificato subito l’aura che l’uomo irradiava intorno a lui: sapeva di morte.

“Vai avanti.”

Kurtis ha annuito leggermente, quasi divertito.

“Sono venuto a sapere che le interessano quei mutanti. Li ho visti combattere con i suoi ninja. Io e gli uomini che lavorano per me possiamo risolverle il problema. Come le dicevo, ne abbiamo già messo fuori gioco uno.”

“Quale?”

Gli gelidi occhi grigi hanno brillato per un attimo di sadica soddisfazione. Quello che gli aveva piantato un coltello nella spalla. Si è toccato per un attimo la ferita, ormai guarita.

“Quello con la maschera blu”.

Shredder ha allargato gli occhi in maniera appena percepibile. Quest’uomo aveva ucciso l’allievo più abile del suo nemico? Un piacere crudele gli ha accarezzato l’anima nera al pensiero del dolore che questo doveva aver procurato a quel mostro mutato di Hamato Yoshi.

Quest’incontro si stava rivelando più interessante del previsto.

 

N/A Piango, ragazze. Mi avete fatto piangere. Ho aperto il computer, entro nel mio piccolo tarta-mondo-felice (cara cartoonkeeper8, eccolo, il posto felice!!!), ed un po’ titubante mi chiedo se qualcuno ha letto il primo capitolo. Mi trovo 9 recensioni.

Sicuramente ho letto male.

Tolgo gli occhiali, li pulisco.

NOVE RECENSIONI! ODDIODDIODDIO!!!A questo punto vi risparmio la scena straziante di LaraPink che prende un profondo respiro e poi piange in pieno stile manga, fontanelle dagli occhi.

Grazie grazie grazie! Siete state carinissime! Le care vecchie amiche cartoonkeeper8, CatWarrior, ladyzaphira, Ser Barbs, piwy, LisaBelle_99, NightWatcher96 mi hanno onorato e lusingato, ed adesso mi sento un po’ in colpa per non essere stata molto presente in questo sito come avrei voluto. La fontanella è diventata il Rio delle Amazzoni quando ho letto che vi ricordavate pure del mio OC.

Siete fantastiche, ragazze <3

Un grazie di cuore anche alle “nuove” Conn e ILoveRaph, piacere di conoscervi dudettes, spero che resteremo a divertirci un po’ insieme.

Ehmm…. Maschietti, ma ci siete? Esistete? Dai, almeno uno?

Riguardo alla storia, questa volta ho dato un po’ di spazio al mio OC (solo un poco, tranquilli. Prometto che non ruberà affatto il posto alle turtles, che restano le protagoniste indiscusse, tutte e quattro in ugual misura). Io personalmente quando leggo che in una storia c’è un OC arriccio un po’ il naso, ma poi spesso me ne innamoro. Spero di aver creato un personaggio che possa piacervi almeno un po’, volevo un villain che non fosse solo il solito Shredder.

Non me ne volere Oroku, sai che ti amo, sì, continua a massaggiare lì, caro…

Un abbraccio grande come il Colosseo che vi faccia riprendere dallo shock del primo giorno di scuola, a presto!

 

  
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