Serie TV > Austin & Ally
Ricorda la storia  |      
Autore: _crazy_katycat_    13/09/2014    5 recensioni
. Volevo svegliarmi, correre da mia madre e abbracciarla…quello doveva essere un incubo, giusto? No, mi sarò svegliata un milione di volte dopo l’accaduto, ma no. Non era un incubo. Mia mamma era stata affetta dal cancro. DA QUEL DANNATISSIMO E FOTTUTISSIMO CANCRO. Aveva lottato, e aveva perso. QUESTA MALEDETTISSIMA MALATTIA MI HA PORTATO VIA MIA MADRE.” Sentivo le mie gambe cedere, sentivo che non riuscivo più a reggermi in piedi dal dolore. Sentivo che sarei caduta a terra.
Incredibilmente Ross mi sostenne, mi aiutò a restare in piedi.
Non solo fisicamente parlando, ma anche metaforicamente.
In quel momento mi resi conto di quanto ero stata patetica, fragile, e stupida.
Per un momento dubitai del fatto che sfogarsi con lui fosse stato intelligente.
Probabilmente pensava fossi una stupida ragazzina che si sfogava con qualcuno all’una di notte.
Be’ dopotutto Ross non era un qualcuno.
Ross era chi mi faceva stare bene.
Genere: Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Altri
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A
POV Laura
Quel giorno avevo litigato con mio padre.
Non era strano, succedeva di continuo…
Ma ogni volta litigare con lui mi faceva un gran male, odiavo litigare con lui, ma amavo avere ragione.
Purtroppo perdevo in quasi tutte le discussioni, ma dovreste considerare che lui mi poteva mettere in castigo quando voleva…
Tralasciando questo dettaglio, quel giorno avevo bisogno di schiarirmi le idee.
Presi un giubbotto e scappai dalla finestra, lasciandola mezza aperta.
Se tutto andava bene, mio padre non lo sarebbe mai venuto a sapere.
La luce fievole dei lampioni illuminava la strada.
Faceva abbastanza freddo, ma dopotutto era l’una di notte.
Cercavo inutilmente di stringermi nel mio cappotto, ma non serviva a scaldarmi.
Sapevo bene che non avevo bisogno di uno stupido giubbotto, ma di calore vero, di calore umano.
Mi sedetti su una panchina fredda e immancabilmente iniziai a piangere.
Mi ricordo perfettamente che quando mia mamma era ancora in vita, le dicevo tutto, parlavamo per ore, e riusciva sempre a consolarmi.
Certo, parlavo anche con mio papà, ma non era lo stesso.
Inevitabilmente mi ricordai di tutto, di quando era malata, di quando non ho potuto più averla accanto a me.
Altre lacrime amare rigarono il mio viso.
Avevo solo bisogno di sfogarmi, di un abbraccio.
Di sicuro nessuno mi avrebbe abbracciata all’una di notte.
o…forse sì.
Non potevo immaginare che avrei trovato un biondo, all’una di notte, che si sedeva accanto a me.
Quei capelli, quei lineamenti, quegli occhi color nocciola.
Dio mio, pure il nome era perfetto.
ROSS.
Quattro lettere che formavano un sorriso da ebete sulla mia faccia.
Mi rivolse un sorriso. Come facevo a non sciogliermi?
Poi mi ricordai che avevo gli occhi gonfi e rossi per il pianto, e l’ultima cosa che volevo era farlo preoccupare.
Cercai di sembrare il più naturale possibile, come se non fosse successo niente.
“Laura…tu hai pianto! Cos’è successo? Sai che di me ti puoi fidare”
Perfetto! Si vede che non sono brava a nascondere certe cose.
“non ho pianto” mentii.
“ti conosco”
“lo so”
“allora, dimmi: perché hai pianto?”
Mi strinse la mano. Potevo sentire il battito che accelerava e le guancie che andavano in fiamme.
Non riuscivo a rispondere, quella domanda mi procurò solo altre lacrime.
Due calde e possenti braccia mi accolsero, mentre continuavo a piangere.
Non mi ero mai mostrata così fragile, con nessuno.
La verità è che avevo bisogno di una persona con cui sfogarmi.
Ma non una qualsiasi, mi ero resa conto che avevo bisogno di lui.
E per quanto non volessi rovinare la nostra amicizia, non potevo negare che avevo un debole per lui.
 Mi sentivo sicura e protetta fra le tue braccia.
Era una sensazione unica, che solo Ross riusciva a farmi provare.
La sua soave voce mi distolse dai miei pensieri.
“Laura, ho capito che è grave…ne vuoi parlare?”
Il motivo era doloroso, e non volevo parlarne con nessuno.
 Certe volte pensi che è meglio tenersi tutto dentro, che non ne devi parlare con nessuno, ma invece non è così.
Non so cosa mi fosse preso, sarà stato l’effetto che aveva, e che ha tutt’ora, Ross su di me.
 “stavo pensando alla morte di mia madre. Oggi ho litigato con mio padre, e non so perché ho iniziato a pensare a lei” lacrime amare scorrevano sul mio viso, e Ross non ci pensò due volte ad asciugarle.
“mi ricordo perfettamente tutto..da quando aveva iniziato ad avere i primi sintomi. Quei primi dannati sintomi. Di quando mio padre le consigliava di farsi una visita, ma lei rifiutava. Dicono che la pigrizia è un brutto nemico, ma non immaginavo a tal  punto” cercai di sdrammatizzare. Quando rimanevo troppo seria in questo argomento, piangevo…sempre. E mi ero già mostrata abbastanza fragile, non volevo infierire.
“poi finalmente le hanno diagnosticato la malattia. A quell’epoca i miei non volevano dirmi neanche il nome, dicevano che ero troppo piccola, non avrei capito e che alla fin fine non avrebbe cambiato le cose. Non sapevo niente di quella malattia, non capivo neanche la gravità della cosa all’epoca. Ero così stupida. Non posso ancora credere che quando la andavo a trovare all’ospedale quando la ricoveravano, mi annoiavo. Certo, stavamo lì 4 ore…ma se adesso potessi ancora andare a vederla all’ospedale per ben 4 ore, ringrazierei Dio in tutti i modi possibili. Cavolo, come ho fatto ad ascoltare musica, quando ancora potevo parlarle, abbracciarla, dirle che le voglio bene? Perché, perché sono stata così stupida?!” le lacrime scorrevano sulle mie guancie, e non avevano intenzione di smetterla. Ross cercava di dire qualcosa, ma dalla sua espressione potevo capire che non riusciva a dire niente. Aveva gli occhi lucidi anche lui, non gli avevo mai effettivamente raccontato tutta la storia.
“non mi perdonerò mai per questo.” Continuai, in completa sincerità.
“non è stata colpa tua Laur, avevi undici anni e non sapevi che tua mamma sarebbe morta!”
“ e invece sì! Era in ospedale, Ross! Devo essere davvero stupida per non aver capito quanto fosse grave! SONO STATA UN’IDIOTA. UNA FOTTUTISSIMA IDIOTA.”
Ero furiosa con me stessa. Ogni volta che ci pensavo, continuavo a ripetermi che mia mamma si sarebbe meritata una figlia migliore.
“smettila di incolparti Laura! Non hai colpa di niente! Lo vuoi capire? NON SAPEVI CHE TUA MAMMA SAREBBE MORTA!” sembrava arrabbiato. Arrabbiato del fatto che mi stessi incolpando. Non volevo litigare con Ross, perciò continuai il racconto.
“mia mamma dopotutto cercava comunque di essere felice e sorridente. Era una delle sue più grandi qualità. Ricordo che quell’anno andammo in Spagna, per le vacanze. La malattia, anche se mia mamma stava facendo la terapia, avanzava, senza che ce ne potessimo accorgere. È stata una vacanza fantastica, anche perché avevo mia mamma accanto. Era prevista la sua guarigione per il periodo vicino al suo compleanno. Diceva sempre che non vedeva l’ora di stare meglio per il suo compleanno.” un lieve sorriso si formo sul mio viso, a subito fu bagnato dalle mie lacrime.
“il suo compleanno arrivò, e non si sentì meglio. Io, che ero sicura si sarebbe recuperata per il suo compleanno, ci rimasi sconvolta, ma non persi la speranza, e neanche lei. Passò un mese, e a dicembre fu di nuovo ricoverata. Io pensavo alle vacanze, al Natale, e lo volevo passare con lei. Purtroppo, il suo ultimo Natale in vita lo passò fra quelle dannate quattro mura bianche dell’ospedale. Il ventisei la visitammo, e stava male come non mai. Le diedi il regalo che avevo scelto, parlammo, le raccontai del natale, e la salutai. Fu l’ultima volta che la vidi. L’ultima volta che le ho detto ‘ti voglio bene’. L’ultima volta che ho sentito l sua voce.” La mia voce tremava, e il mio pianto di disperazione continuava. Fui di nuovo accolta fra il calore delle sue braccia, dopodiché continuai.
“ passarono alcuni giorni, dove non potevo andarla a visitare. Mi dicevano che stava male, e che era meglio se non andavo. Non avevo nessun potere al riguardo. Un giorno mi lasciarono da mia zia. Tutto stava andando normalmente, c’erano i miei cugini, e scherzavamo e ridevamo. Ad un tratto mi arrivò un messaggio. Mi chiedo ancora adesso perché ho dovuto leggerlo. Perché non potevo fregarmene e continuare a ridere. Lessi il messaggio, e ci rimasi sconvolta. Era un messaggio di condoglianze. Un maledetto messaggio di condoglianze. All’inizio non capii di cosa stava parlando. Dopodiché collegai tutto, e scoppiai a piangere. Tutti mi chiesero che stava succedendo e non facevo che ripetere ‘è morta! Mia mamma è MORTA!’ stavo malissimo, sentivo che mi mancava il respiro. Non ci volevo credere. Le mie zie non aiutavano dicendo ‘no..non è ancora sicuro’. Tutte balle. Quel giorno mia mamma era morta. Da lì incominciai a pensare perché non ho approfittato del tempo che avevo avuto con lei. Mille pensieri passavano nella mia mente, mentre tutti mi sentivano piangere. Anche le mie zie piansero, ma cercarono di contenersi. I miei cugini avevano capito poco la situazione. Mia cugina aveva pianto, ma smise dopo mezz’ora. Mentre mio cugino, che aveva 3 anni all’incirca, non capiva che stava succedendo. In quel momento, neanche io volevo capirlo. Piansi per tutto il pomeriggio, mentre cercavo di chiamare mio papà. Lui non mi rispose, ma parlammo dopo. Il funerale si svolse dopo due o tre giorni. Se c’è qualcosa che fa più male di sentirti dire ‘condoglianze’ da così tante persone, non la conosco. Ho pianto dall’inizio alla fine. Non ci volevo credere, non era possibile. Volevo svegliarmi, correre da mia madre e abbracciarla…quello doveva essere un incubo, giusto? No, mi sarò svegliata un milione di volte dopo l’accaduto, ma no. Non era un incubo. Mia mamma era stata affetta dal cancro. DA QUEL DANNATISSIMO E FOTTUTISSIMO CANCRO. Aveva lottato, e aveva perso. QUESTA MALEDETTISSIMA MALATTIA MI HA PORTATO VIA MIA MADRE.” Sentivo le mie gambe cedere, sentivo che non riuscivo più a reggermi in piedi dal dolore. Sentivo che sarei caduta a terra.
Incredibilmente Ross mi sostenne, mi aiutò a restare in piedi.
Non solo fisicamente parlando, ma anche metaforicamente.
In quel momento mi resi conto di quanto ero stata patetica, fragile, e stupida.
Per un momento dubitai del fatto che sfogarsi con lui fosse stato intelligente.
Probabilmente pensava fossi una stupida ragazzina che si sfogava con qualcuno all’una di notte.
Be’ dopotutto Ross non era un qualcuno.
Ross era chi mi faceva stare bene.
Ma comunque, si sarà annoiato a morte.
“be’ ora mi considererai una stupida, un’idiota fragile, una debole e se vuoi faremo finta che non sia successo niente di tutto questo.”
Lui mi guardò come se fossi una da ricoverare in un ospedale psichiatrico.
“ io non posso fare finta che non sia successo niente. Non posso, e non voglio. Laura, tu non sei affatto stupida, né tantomeno un’idiota. Ognuno è sensibile su certe cose, e da quanto ho capito dal racconto sei stata forte. Mostrarsi fragili, o semplicemente sfogarsi è una dimostrazione di coraggio e forza. Laura, ne hai passate tante, eppure hai sempre un meraviglioso sorriso stampato in faccia. Hai fatto bene a sfogarti, non ti faceva bene tenere tutto dentro. E, in questo modo ti ho conosciuta meglio. Ricorda: la speranza è l’ultima a morire”
Quelle sette parole rimbombavano nella mia testa.
Cavolo, quelle parole avevano perso senso per me.
Io speravo mia mamma sarebbe guarita.
Non è successo.
Speravo si sarebbe ripresa da quegli ultimi giorni in ospedale.
Non è successo.
E stupidamente speravo che quel messaggio, quello delle condoglianze di mia madre, fosse uno scherzo crudele, che avesse sbagliato numero… non so, che non fosse vero.
Non è successo.
Mi sono convinta in questi anni che la speranza è in utile, perciò quella frase non aveva neanche più senso.
O almeno, non per me.
Già che mi stavo sfogando da una mezz’oretta buona, decisi di dare voce ai miei pensieri.
“quella frase non ha senso”
“si che lo ha”
“NO, NON CE L’HA! MIA MADRE NON MI PARE CHE SIA QUA, LA VEDI PER CASO?”
Volevo tirarmi un pugno per avergli gridato in quel modo.
Cosa ho fatto.
Vidi che se ne stava per andarsene, ma lo fermai.
“aspetta Ross! Non volevo gridarti addosso…è che la morte di mia madre è dolorosa anche più di una pugnalata al cuore…t-tu non c’entri. Scusa”
Speravo veramente che mi perdonasse.
Vedi? Ho usato la parola speravo, perché sapevo che no mi avrebbe perdonata.
Sperare non serve a niente.
Più lo pensavo, e più mi convincevo.
Ross stava andando via.
“sul serio, mi…mi dispiace”
Non sapevo cosa dire, cosa fare. Niente.
Sapevo solo che lasciarlo andare mi avrebbe spezzato il cuore.
Ovviamente lui non sapeva che mi piaceva, e non credevo di aver intenzione di farglielo sapere.
“Ross, resta..ti prego” i miei occhi erano lucidi, e cercavo di cacciare indietro le lacrime, per la milionesima volta.
Ross ovviamente le notò.
Non so cosa gli abbia fatto esattamente cambiare idea, ma corse a consolarmi.
Fra un singhiozzo e l’altro mormorai “grazie per restare. Grazie per consolarmi. Grazie di esistere.
“non ringraziarmi. Ma ora ti posso chiedere perché pensi che sperare non serve a niente?”
“l’ho pensato ad alta voce?” mi stupì.
Credevo di averlo pensato e basta.
“Ho sperato, e non è servito a niente. Non credo che servirà mai niente. Sperare di essere felici vuole dire arrendersi al fatto che sisarà tristi per il resto della vita”
“da quando pensi così?”
“da quando è morta mia mamma”
“non dovresti pensare così”
“se mi dai una buona ragione, è possibile che inizi a pensarla diversamente”
Ross rimase un attimo in silenzio.
“quindi pensi che non sarai più felice senza tua mamma?”
“in un certo senso..si e no… magari troverò qualcosa o qualcuno che mi farà felice. Ma penso che sperare di essere felici sia una cavolata. E poi, anche se può sembrare una frase fatta, surgelata, confezionata e venduta a venti centesimi in un supermercato, sono convinta che lei mi stia guardando.”
Ross abbozzò un sorriso.
“avevi detto che se ti davo una buona ragione, è possibile che cambi opinione?”
“sì”
“vediamo se questo basta”
Si avvicinò a me, appoggiando delicatamente la sua mano sulla mia guancia.
Le nostre labbra si sfiorarono.
Mi abbandonai alla sensazione delle nostre labbra in contatto.
Da lì capii tutto.
Capii a cosa serviva sperare.
A cosa serviva sperare di vivere, di essere felici.
Finalmente capii il significato della frase
La speranza è l’ultima a morire.
Spazio autrice
Hey bella gente!
Allora, prima di tutto vorrei precisare che…
QUESTA FANFICTION È BASATA SU UNA STORIA VERA, ACCADUTA REALMENTE NELLA VITA COMUNE.
Si intende la storia della mamma di Laura, non di loro due.
Comunque, voi, o miei cari lettori, mi conoscete come una folle da manicomio che scrive fanfiction demenziali e pazze…tutto questo è effettivamente vero, ma ho voluto sperimentare un nuovo genere.
È la prima, primissima volta che scrivo una cosa del genere, vi prego siate clementi.
Spero vi sia piaciuta, in ogni caso.
Lasciatemi le vostre opinioni, valgono molto per me ;)
E se state aspettando da un mese il nuovo capitolo di Un Imprevedibile Raduno Disney, lo sto scrivendo, spero di postarlo il più presto possibile.
Comunque…credo di aver detto tutto..
Ah si! Vi volevo anche dire: chi di voi ha letto o ha visto il film di ‘Colpa Delle Stelle’?
Oddio, io sto leggendo il libro ed è M E R A V I G L I O S O
Okok… ho detto tutto!
Ah si,  e per finire in bellezza:
ricordatevi sempre,
che la speranza è l’ultima a morire.
   
 
Leggi le 5 recensioni
Ricorda la storia  |       |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Torna indietro / Vai alla categoria: Serie TV > Austin & Ally / Vai alla pagina dell'autore: _crazy_katycat_