DISCLAIMER:
D.Gray-Man e i suoi personaggi appartengono a Katsura Hoshino. Niente scopo di
lucro.
Situazione:
1.
Il passato di Allen con Mana.
Frasi
da inserire:
6.
"Niente è più come prima. Almeno, non da quella volta."
8.
"Solo una volta! Una! Cosa ti costa?"
Note:
One-shot, Spoiler, Introspettiva, narratore in prima persona (Allen Walker)
Rating:
Verde
Giuramenti di un clown
“Stai
comodo, ragazzino?”
Sulle
spalle di un clown l'orizzonte è più basso ma il cielo è stranamente più alto.
“Avevo
detto che me ne sarei andato da quel circo, Augusto...”
“Quindi
sei diventato più forte, ragazzino?”
Non
è affatto comodo, anzi, è addirittura fastidioso stare sulle spalle di un
pagliaccio.
“Lasciami,
Augusto, cammino da solo.”
L’Augusto
mi scarica per terra e l’orizzonte torna all’altezza giusta, ma se guardo
l’Augusto che fissa l’alto, il cielo sembra ancora più distante.
“Ehi,
Allen?”
“Parli
ancora con quel cane morto, Augusto?”
“Che
problema enorme parlare con un essere morto, vero? Ma può darsi che lui mi
risponda, anche se non è più in vita... Allen?”
E
dal cielo, l’Augusto passa a me. Curioso che il suo sguardo non cambi.
“Perché
mi fissi, Augusto?”
“Perché
sto aspettando una risposta... Allen…”
“Non
è quello il mio nome.”
“Già,
non ho mai capito quale fosse...”
“Niente
di preciso...”
“Peccato,
speravo tu fossi un bambino più preciso, perché io sono un adulto completamente
stralunato.”
“Oh,
beh... un nome non è poi questo granché, Augusto.”
Ho
le mani affondante nelle tasche e di più non avanzano. Vorrei seppellirle
sottoterra, soprattutto la mano sinistra.
“Non
è quello il mio nome, ragazzino.”
“Tutti
ti chiamano Augusto, Augusto.”
“E'
solo una maschera, ragazzino.”
“Beh...
allora, come ti chiami?”
“Ci
presentiamo? Finalmente! E' importante... io sono Mana Walker.”
L'Augusto
è cangiante come il suo nasone rosso, decisamente troppo vivace per me.
“Io
sono... mi chiamano Efesto[1].”
“Uh?
Che grande onore, una divinità greca!”
“Storpio
e deforme! ... ed è stato gettato via alla nascita.”
“Così
non hai un nome, eh? Come sei fortunato, ragazzino, puoi battezzarti da solo.”
“Io
non sono fortunato!”
Di
questo sono assolutamente sicuro: le deformità portano sfortuna.
“Sto
aspettando, ragazzino.”
“Che
cosa?”
“Che
tu mi dica il tuo nome.”
“Te
l'ho già detto, io non ho mai avuto un nome... solo un soprannome. Pensi ancora
che sia fortunato?”
“Sei
più fortunato. Un soprannome è
comunque umano, ma un numero...”
Non
è cosa da clown perdere la parola e singhiozzare. Non farmi credere che sei
qualcosa di diverso da un clown, Augusto.
“Ehi,
Augusto?”
“Mh?”
L'Augusto
si gingilla con una pallina di gomma stellata e mi ricorda qualcosa: una
manciata di terra arida come tomba, due bastoncini secchi come croce e un pagliaccio
come un fratello in lutto.
“Perché
non hai pianto, Augusto? Hai detto che quel cane Allen era tuo amico... Hai
detto anche che le tue lacrime si sono prosciugate... però...”
L'Augusto
scatta in avanti e i suoi colori quasi mi accecano: fastidioso vortice di
bianco cipria e rosso sangue!
E
lui si volta con le dita bianche premute sulle guance incipriate e per la prima
volta noto un altro colore che decisamente stona: blu cobalto per le lacrime.
“Sai,
ragazzino, con le lacrime il mio trucco si squaglierebbe... e poi ho già queste
dipinte sul viso: nessun bisogno delle vere lacrime. Un clown che piange
sarebbe davvero spaventoso, non trovi?”
“Triste...”
Patetico,
veramente... o forse famigliare...
“Tu
sembri triste, ragazzino.”
Credo
davvero che l'Augusto mi abbia accusato... ancora peggio del branco di Cosimo
che mi punzecchiava il braccio deforme.
Però
l'Augusto si mette a fare delle facce buffe, la pelle si tira e si schiaccia
come gomma.
“Smettila,
Augusto! Datti una controllata!”
L'Augusto
si blocca con le guance infossate nella mascella.
“Ecco
perché ho voluto caricarti sulle spalle. Un clown ha bisogno di un compagno, specialmente
un Augusto. Un clown lavora meglio in coppia.”
“Io
non sono un clown, Augusto!”
“Ma
sei un bambino e i bambini sono sempre utili. Nelle faccende da clown, basta
una semplice risata di bambino per risolvere le cose. Ecco perché non mi
piacciono i bambini che non ridono.”
“Mi
dispiace, io non rido. Detesto i clown.”
“Allora
potrei ridere io e risolvere le cose, dopotutto... L'Augusto è un bambino
cresciuto male...” L'Augusto si scrolla i pantaloni giganti e striati. E' solo
una maschera, è un pagliaccio, e con quel costume sembra deforme.
“Perché
i clown non ti piacciono, ragazzino?”
“Perché
sono persone poco credibili che non prendono mai nulla sul serio.”
“Sbagliato.
I clown non sono persone... Guardami bene, ti sembra l'aspetto di un essere
umano?”
L'Augusto
rotea sul posto e di nuovo mi da' la sensazione della marea o di una trottola
impazzita.
“Ma
stai indossando un costume, Augusto!”
“Ma
io sto parlando di quello che c'è sotto il costume.”
“Non
riesco a vedere nulla.”
Ovviamente
la cipria nasconde bene i difetti, proprio una bella fortuna...
“Ti
piacerebbe essere un clown, non è vero ragazzino?”
Grugnisco
perché quell'impiccione di un Augusto è persino capace di leggere i pensieri
altrui.
“Ho
appena detto che i clown li detesto!”
“Che
l'odio sia invidia? I clown possono nascondere tutto.”
“Nascondere
una deformità con altre deformità.. phf...”
“Ingegnoso,
vero? Per un clown, le proprie deformità sono preziose e per la gente sono
ironiche.”
“E'
stupido, Augusto! I clown sono stupidi perché ridono sempre.”
“E
così tu non ridi per non essere stupido, capito.”
“E
così tu non piangi per non rovinarti il trucco e per continuare a essere
stupido!”
Bisticciare
con questo Augusto è come tentare di prendere a pugni una ragnatela. Io lo
offendo con tutta la cattiveria di cui sono capace e quello continua a
sorridere... ma può darsi sia solo il trucco.
“La
stupidità è la missione di un clown, ragazzino.”
“Questo
è davvero stupido... e triste...”
Comincio
a frignare come un moccioso. Mi da' fastidio questo lato del mio carattere,
così sensibile, sempre disposto a commuoversi e a piagnucolare per le tragedie
degli altri. La compassione non dovrebbe essere un'ipocrisia per i reietti come
me?
L'Augusto
picchietta le lacrime dipinte sulla sua maschera, lunghe e grottesche gocce
cobalte.
“Ci
sono diversi tipi di lacrime e di risate, ragazzino. Non ti è mai capitato di
piangere dalla gioia?”
Credo
che il perenne broncio e le mani sempre affondate nelle tasche rattoppate
parlino da sé. Ma l'Augusto trova il modo di allargare ancora quel sorrisone
sproporzionato.
“Credo
di no... Comunque è male che tu non rida, ragazzino. Perché più triste di un
sorriso triste è la tristezza di non saper sorridere.”
Un sorriso triste… Credo
che le mie lacrime soffrano la solitudine... anche loro...
“Perché
non provi a piangere, Augusto?”
“Non
mi va...”
L'Augusto
continua a saltellare e i suoi rimbalzi mi danno il mal di mare.
“Solo
una volta! Una! Cosa ti costa?”
L'Augusto
frulla la testa: è un bamboccio viziato troppo cresciuto e un'insopportabile trottola
a forma di pagliaccio!
“Mi
dai fastidio, Augusto! Se io piango e ti vedo ridere... sei crudele! E non mi
piacciono le persone crudeli... i clown...”
Ecco
che ricomincio a piagnucolare come un bambinetto di pastafrolla e fanghiglia.
“Allen...”
Ecco
ancora il dramma dell'Augusto, lui che scruta il cielo e sospira con un nasone
rosso e sproporzionato e quel suo grottesco sorrisone tirato e dipinto.
“Non
ti può rispondere, Augusto! I cani, una volta morti, non tornano in vita.”
E
l'Augusto non vuole mollare! Lo capisco da come ammira il cielo, come se
attendesse che una mano gentile gli restituisca quello che ha perso.
“Anche
le persone, ragazzino? Credi che non possano risorgere... se ne conservo il
ricordo... se qualcuno ospita la loro memoria...?”
“No,
non tornano in vita! Va' contro le leggi di Dio!”
“Ma
un pagliaccio di Dio... per lui le leggi divine non hanno importanza.”
“Ma
hanno importanza per Dio e se lui decide qualcosa, è così e non si può
cambiare.”
E'
la prima filastrocca che mi hanno insegnato e non la sopporto, ma a furia di
sentirmela gridare in faccia mi è venuta voglia di gridarla in faccia a
qualcuno. Comunque l'Augusto non mi degna di uno sguardo, è tutto concentrato e
fissa l’alto, come se volesse ascendere al cielo.
“Sto'
aspettando, ragazzino...”
“Le
lacrime, Augusto?”
“Il
tuo nome.”
Anch'io
ho aspettato parecchio e ho sperato nell'Augusto, ma lui sembra ancora più
smarrito. E' come se gli occhi gli galleggiasse per aria, come se rimescolasse idee
senza senso e ordine: Augusto... Allen... Efesto... cane... clown...
ragazzino... Credo che alla fine lo accontenterò.
“Allen
va bene, dopotutto.”
“Quindi
sei risorto... Allen…”
Il
sorrisone dipinto cola con la cipria e lascia scoperta pelle che sembra legno.
L'Augusto socchiude e schiude le labbra, come se sillabasse: è il momento
giusto per cambiare. Sono d'accordo, Augusto, Mana...
“Che
pelle scura, Mana...”
“E'
che vengo da un luogo pieno di luce.”
“Mana!”
Mi
ha già visto e non c'è bisogno di gridare, ma sono sempre avventato quando vedo
mio padre.
“Non
gridare, Allen, non gridare... non il mio nome.”
“Perché?”
“Lo
sai che un nome è un'arma a doppio taglio, Allen?”
“Perché
anche se un nome ti distingue tra la folla, può far sì che chi ti insegue ti
trovi facilmente.”
“Bravissimo,
Allen.”
“Mana...
qualcuno ti segue... chi è? Ha un nome?”
“Un
nome e un numero.”
“Ecco...
tieni! Ti ho portato il libello che volevi.”
Gli
porgo un volumetto di quattordici pagine, credo sia una commedia. L'ho imparato
da Mana, scacciare il fastidio cambiando discorso.
Mana
apre il libello come un ventaglio e con uno schiocco è già chiuso. Non è da
Mana essere così frettoloso con una commedia.
“Ben
quattordici pagine... Non credo di potercela fare ancora per molto.”
“Il
clown, Mana?”
“Infatti.
Niente è più come prima. Almeno, non da quella volta.”
Quella
volta era stata la prima lacrima di Mana e il mio primo sospiro, sereno.
Prima
di quella volta ero sempre stato infuriato, talmente tanto che avrei voluto
uccidere qualcuno. Però Mana mi ha insegnato che la rabbia finisce sempre con
la vergogna e perciò avevo perdonato tutti, persino Cosimo. Il mio braccio mi
fa vergognare abbastanza.
Quella
volta, persino Mana aveva risparmiato Cosimo, ma soltanto perché ‘perdonare un
nemico è il metodo migliore per farlo infuriare.’
Da
quella volta avevo deciso di non sprecare nulla, nemmeno una vita consumata o deforme. Non sopporto l’idea che
qualcuno muoia, anche se c'è un motivo… semplicemente detesto l'idea della
morte. Credo di essermi molto affezionato alla vita, soprattutto a quella degli
altri, soprattutto a quella di Mana.
“La
neve, la maschera... Tutto si scioglie e sento che è vicino, Allen...”
“Che
cosa, Mana?”
“Il
luogo da cui sono venuto, le persone che ho incontrato...”
Comincia
a nevicare. Mana dice che la neve ha significati diversi per le persone e che
per alcuni non ha nemmeno un significato. Ma per me è diverso - me lo ha detto
Mana - perché la neve scendeva dal cielo quando il mio vero padre mi lasciò in
un circo; la neve è legata al mio peggior ricordo, perciò - me lo ha detto Mana
- non mi stancherò mai della neve, perché la mia memoria sarà per sempre viva,
non mi abbandonerà mai, e perciò non posso che essere grato a tanta fedeltà...
- me lo ha detto Mana - ... finché la memoria non mi abbandona, andrà tutto
bene.
“In
quel luogo pieno di luce, Mana?”
La
neve è straordinaria: brilla anche se è tremendamente gelida. Mana si
accovaccia sulle scalinate di una cattedrale e resta in attesa con le scarpe
affondate nella neve.
“Ti
va di ripassare quel trucco, Allen?”
“Certo!”
Raccolgo
un ramoscello e seguo i movimenti di Mana. Anche lui con un ramoscello comincia
a disegnare.
“Ecco!
E' pronto, Mana!”
Mana
traccia un altro simbolo, una specie di 'M' rovesciata e io rispondo. Battuta e
risposta, come al circo, come l'Augusto e il suo aiutante.
Creo
simboli nella neve con la mia mano deforme e nascosta. “Se quella mano è tanto fastidiosa, allora non mostrarla a nessuno.” Me
l'ha detto Mana; ecco perché porto un guanto.
“Questo
è... vediamo... Certo! … il simbolo.”
Questo
trucco mi fa ricordare. Comincio ad elencare con calma tutto quello che Mana mi
ricorda: un clown, un Augusto, il mistero, risate perenni e crucciate, una
lacrima solitaria, l'immagine di lui che giocherella con la palla del defunto
cane Allen, mentre siede e aspetta. Ecco, Mana Walker aspetta.
“E'
pronto, Mana.”
Traccio
l'ultimo solco nella neve e sono gioioso, ma non capisco... sono commosso fino
alle lacrime.
“Ora
che è pronto, posso andare.”
“Al
circo, Mana?”
“A
teatro, Allen. L'ultima scena. La quattordicesima pagina.”
Prende
l'ultima e la lascia scivolare a terra, sulla neve. E' insolito per Mana che è
sempre così attento e premuroso con gli spartiti e i libelli; lui ama l'arte e
per questo recita sempre... tutto è insolito. Mana non è più stralunato... è
drammatico, non come un pagliaccio, ma come una persona.
Raccolgo
la quattordicesima, leggo le battute, le recito a memoria e nella mia fantasia
è Mana che mimeggia e tutto sembra normale.
Di
certo, faccio molta attenzione a non leggere l’ultima riga del copione: “Un artista ha la morte sempre con sé, come
un bravo prete il suo breviario[2].”
“Mana...
è una commedia, dovresti ridere.”
Mana
si alza e il cilindro gli scivola sulla fronte, un'ombra si allunga; non riesco
a vedere il suo volto.
“Hai
ragione, Allen e lo farò nel modo giusto.”
E'
la prima volta che le parole di Mana mi imbarazzano.
“Vengo
con te?”
Sillabare
una vana preghiera è simile al sentirsi affogare... lasciato alle spalle; è una
sensazione che conosco bene.
“No,
tu andrai avanti, Allen... ricordati quello che hai giurato.”
La
stranezza di Mana non mi piace e neanche la neve che mi fa affondare mentre lui
avanza come se galleggiasse... come un fantasma.
“Andare
sempre avanti, non fermarmi mai...”
Lo
recito come Mana mi ha insegnato e mi fermo perché la neve mi blocca, perché
vorrei implorare Mana, perché Mana continua nel suo silenzio con una stria di
lacrime sulla guancia destra e scioglie la neve.
“Lo
sai, Allen? Se guardi indietro potresti ricordare qualcosa che non tornerà più. Se
guardi avanti potresti pensare a qualcosa che non arriverà mai. Chiudi gli
occhi e riaprili solo quando avrai la forza di tornare indietro senza piangere
e guardare avanti sorridendo[3].”
Finalmente
Mana si ferma, in mezzo alla strada, e vorrei dirgli che è pericoloso, ma mi
sembra così inutile, perché Mana è sempre stato immune alla morte con quel suo
trucco bianco che lo fa somigliare ad una statua sorridente, però...
L'inverno
è troppo rigido per la cipria. Non c'è trucco in questo giorno di neve.
Questa
mattina, ho visto Mana gettare via una confezione nuova di cipria ed è strano
per Mana, che
da
qualche tempo crede nella vita in economia, buttare via una cosa che può
essergli ancora utile, come se non gli servisse più, non più.
“Promettilo,
Allen...”
Il
viso di Mana senza cipria è spaventoso, più cereo del trucco, troppo brillante
e spoglio, riesco a vedere le pieghe della pelle, le guance scarne affondate, e
i segni della vecchiaia. Mana sembra umano, mortale.
“Promettilo,
Allen... fino al giorno della tua morte.”
Piango
in silenzio solo per dire che qualcosa deve cambiare, prima che sia troppo
tardi.
Ma
Mana è già sul palco, fiero e tremante per la sua ultima scena: arriva la
carrozza e, prima di cadere, Mana recita un Requiem. Mi sta guardando.
“Mana!”
Anche
se resto fermo, la neve mi fa cadere a terra, non come Mana: io sono disperato,
straziante, vivo... Mana, sul ciottolato della strada, rigido, il cilindro
schiacciato sotto le ruote della carrozza... Mana è...
“Allen...
ascolta, Allen...”
Mana
mi stringe il polso e anche se il mio braccio è deforme il dolore lo sento, lo
sento troppo.
“Non
importa ciò che succederà... non fermarti... attraverso l'avversità...”
“No,
Mana! Non morire...”
In
questi anni Mana mi ha insegnato che la vita è importante, qualsiasi vita,
perciò mi chiedo, perché Mana...?
“Attraverso
tutto...”
“Un cuore ferito fa male
all'inizio, ma poi fa diventare forti.” Me lo hai detto tu, Mana, però... Mana, tu non
lo sai, ma ho sempre saputo che reciti quando parli con me. Un orfano
abbandonato le nota certe cose, quando non riceve l'attenzione del suo unico
genitore.
“Continua
a camminare...”
E'
come se avessi i ciocchi di Mana tra le mani, la sua voce rotta. Vorrei trovare
il modo di aggiustare tutto.
“Ti
aspetto...”
Mana
non mi guarda, i suoi occhi spirano verso il cielo. Io lo seguo e vedo la neve
che cade, la carrozza e l'uomo nell'abitacolo, il suo sorriso tirato e dipinto e
la pelle come legno.
“Ti
voglio bene...”
Mana,
non dire addio! Di nuovo... è come se fosse già accaduto: ricordo il volto di
Mana, più distante e luminoso... Però non era Mana a dire addio.
Estranei
che si avvicinano e gridano, io che non voglio separarmi da Mana, pelle di
legno e quel falso sorriso, i solchi nella neve, il Requiem, quelle note, Mana
che mi fissa con l'ultimo sguardo che ci scambiamo sulla terra, e il bisbiglio
che sfugge dalle labbra... non so più a chi appartiene...
“...
Fratello...”
“Quando
Mana ha detto di volermi bene, si riferiva a me... o...? A quale dei due?” Ora
che sono un Esorcista, il pagliaccio di Dio e il Quattordicesimo mi chiedo
sempre: un clown... o un uomo sincero... quali dei due?
“Ogni uomo mente, ma
dategli una maschera e sarà sincero.”
[Oscar Wilde]
[*^*]
[1]Efesto. Nella
mitologia greda è il dio del fuoco, dei metalli […]. Figlio di Era, nasce
deforme e viene gettato dall’Olimpo in un vulcano.
[2]Citazione
da “Opinioni di un Clown” di Heinrich
Böll.
[3]Citazione
anonima.
Prima
fic pubblicata sul mio account di EFP e partecipo al mio primo Contest J
Non
posso credere di essere la prima a pubblicare la fic del Contest *_* Di solito
sono l’emerita ritardataria, comunque è tutto merito di Kaho che ha fatto
posticipare la scadenza. XD
Grazie,
Lechu! (ovviamente non sono ironica ;D)
Bye,
Sacker (ex-Samy)