Masquerades
La ragazza, al suo fianco, si voltò lievemente, i lunghi capelli corvini che le ricadevano sul volto e le mani accanto al capo.
Aveva le labbra socchiuse. E gli occhi sigillati.
Era bella.
E tanto.
Tanto bella, e tanto fragile.
Non era più la bambina che lo inseguiva correndo, e che gli afferrava il kimono pregandolo di donarle anche solo un briciolo della sua attenzione. E non si sporcava neppure più nel fango. E non litigava con Jaken.
Era cresciuta – storse il naso, infastidito. Ringraziava il manto oscuro della notte, che copriva i suoi tratti e gli consentiva il libero scorrere dei suoi pensieri.
Assottigliò gli occhi.
Non ci riusciva.
Non ci riusciva proprio.
Non ci riusciva proprio.
Dannazione.
Non era possibile
immaginare Rin una donna.Era indicibile, incomprensibile…
Incredibile.
Lo infastidiva.
Quel nuovo volto lo odiava.
E odiava anche quel nuovo kimono, troppo tenue. E quell’obi troppo sgargiante. E quel fermacapelli che le aveva regalato quella sacerdotessa.
Si agitava.
E stringeva i pugni.
Alzò il
capo, il cielo
terso e senza stelle pronto a donargli il suo conforto –
grugnì.E stringeva i pugni.
Non poteva accettarlo, ma era così. La realtà era che quella mocciosa era cresciuta – e avrebbe dovuto abbandonarla.
L’aveva già lasciata al villaggio anni addietro, ma lei gli aveva costantemente posto le sue rimostranze – seppur controvoglia, lei aveva ripreso a seguirlo.
Saltellando.
Era ancora una bambina, allora, e lui non si era mai posto alcun problema.
Giocava forse a fare il padre?
Voleva forse una figlia?
La portava con sé per quella ragione?
Nuovo grugnito
–
indispettito. Era davvero, davvero indispettito.Voleva forse una figlia?
La portava con sé per quella ragione?
“Sesshomaru-sama…”.
Respiro profondo, labbra increspate in un sorriso.
Quella mocciosa
era incredibile.Respiro profondo, labbra increspate in un sorriso.
Così… strana!
Rin si comportava sempre in modo infantile, e, nonostante i suoi movimenti più aggraziati e i modi più femminili, appariva come una bambina.
Forse era per questo che le permetteva ancora di seguirlo.
Perché era ancora un cucciolo, per la sua specie – per la razza demonica era ancora troppo giovane. Ma per gli umani no.
Adulta.
Presto avrebbe dovuto
accompagnare la sua idea di lei con quell’odioso aggettivo.Sogghignò – si scherniva da solo.
Non aveva mai pensato tanto.
“Signor Sesshomaru,
non si allontani”.
Sorriso scomparso, aria corrucciata, da donna.
Non si permise di
inarcare
il sopracciglio.Sorriso scomparso, aria corrucciata, da donna.
Né di sospirare.
Né di fare null’altro.
Si consentì solo una fugace occhiata.
No.
Le somigliava.Con quell’aria fragile, e umana, somigliava a quella stupida ningen – quella dannata che aveva ghermito il cuore del Padre.
Il cuore del suo Esempio.
Di colui che doveva essere suo mentore e guida, di colui che doveva essere suo costante Modello da superare.
Di colui che doveva essere l’esempio irraggiungibile.
Sesshomaru doveva desiderare raggiungerlo.
E non fu così.
Amò quella
donna – un’umana!
– e per lei morì.Per lei e per quell’hanyou. Era morto per salvare due esseri totalmente inutili.
Era morto. E non gli aveva consentito di scavalcarlo. Di dimostrarsi superiore, vincente, il vero capo.
Assottigliò gli occhi, la nitida immagine di suo padre l’ultima volta che i loro sguardi si erano incontrati, poi si voltò piano verso la creatura stesa accanto a lui, raggomitolata su di sé.
E sbuffò.
Non v’era posto per
la dolcezza, in lui.
E quella mocciosa era solo un fastidio.
Avrebbe dovuto
sbarazzarsene.E quella mocciosa era solo un fastidio.
E non ci riusciva.
Come non riusciva a sbarazzarsi di quel minuscolo servitore.
Di sordina, quei due erano diventati parte del suo vagare. Sarebbe stato quantomeno strano, voltarsi intorno e non vedere quei seccatori.
Non vedere quella mocciosa e quell’inutile youkai.
“Signor
Sesshomaru?”.
Non si
voltò, conscio che
lei sapeva che l’aveva udita e che presto avrebbe ripreso a
parlare.“Sesshomaru-sama,
è ancora sveglio?”.
La ragazza
ridacchiò
sottovoce, gattonando accanto a lei e sedendosi sui talloni, le mani
giunte in
grembo e il capo inclinato, come in attesa di una risposta –
una risposta che
mai avrebbe ottenuto.Sesshomaru era conscio di non essere costretto a parlare, così riappoggiò il capo contro il tronco, puntando nuovamente lo sguardo verso il cielo – era ancora notte.
E potevano anche non dormire…
*\* Se promettete di non uccidermi vi dico come, quando e perchè ho scritto questo sclero - ma non uccidetemi! Lo so che una mia sola fic su Sesshomaru basta e avanza.
Ma... Ma scritta una fic per Kadduccia, dovevo farne una anche per Elisa, perchè se la merita. ù.ù Elisa è molto brava, e sopporta anche una pazza sclerotica come me. Indi, una fic gliela dovevo.
Ed eccola.
L'avete letta, avete avuto modo di comprendere quando sia schifosamente OOC, e quanto io sia baka.
Ora, vi chiedo solo di commentare - ci terrei tanto tanto tanto! *.* Me lo fate il piccolo favore?
Ok, allora vado. Bacioni! */*