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Autore: formerly_known_as_A    15/09/2014    3 recensioni
Momotarou è furioso con Sousuke e decide di andarlo a trovare durante le vacanze estive.
Genere: Fluff, Introspettivo, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Momotarou Mikoshiba, Sosuke Yamazaki
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
- Questa storia fa parte della serie 'Settembre-Dicembre'
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Note:

Grazie a @clod_lilyy per il prompt :3

E facciamo finta che la fine del summer break sia a metà settembre.




Momo non si arrabbia spesso. No, in realtà gli capita così di rado di arrabbiarsi che l'idea di star camminando con passo così fermo verso un obiettivo per dirgli di tutto lo sconvolge un poco.

Ma il suddetto obiettivo è un tale scemo che se lo merita di sicuro. Vuole fargli la strigliata del secolo, lasciarlo così in imbarazzo per quello che ha fatto che ci penserà mille volte prima di ripeterlo.

Suona al campanello della casa, impressionato dallo stile tradizionale, non raro da quelle parti, ma distante dalla propria.

Gli viene ad aprire una donna, che lo osserva con aria confusa prima di fermarsi sul suo broncio gigantesco e sbattere le palpebre. Gli occhi verdi -più grandi e dolci di quelli del figlio- non lasciano dubbi sulla sua identità, per cui prende un respiro profondo e fa un bel sorriso.

"Buongiorno, signora, sono Momotarou Mikoshiba, un... Un compagno di squadra di Sousuke!" esclama, esitando nel modo in cui vorrebbe definirsi. Non si sente un amico, in questo momento, non dopo quello che Sousuke gli ha nascosto.

La donna passa una mano sulla propria treccia, ancora un po' stupita e sorride, finalmente.

"Oh! Sei gentile a passare, Sousuke è in camera sua! Vuoi qualcosa da mangiare? Da bere?" domanda, disponibile ed un po' nervosa, scostandosi per farlo passare. "Sousuke non porta molti amici a casa, a parte Rin! Sono contenta che tu sia qui!"

Momo si blocca un momento, la rabbia dimenticata in cambio di qualcosa che non sa definire, un dolore al centro del petto che gli fa piegare gli angoli della bocca all'ingiù. Annuisce, però, perché se è lì è perché è amico di Sousuke, anche se è uno scemo.

Si risistema la scatola sul fianco e la donna si illumina di nuovo, incitandolo ad andare in camera del figlio.

Sousuke più che contento, sembra sorpreso, quando va' ad aprire la porta. È il contrario di quella donna gioiosa, un po' assonnato, pare e sotto la maglietta che indossa si intravede il tutore. Momotarou aspetta che la madre vada a preparare qualcosa che ha elencato in fretta, prima di prendere un grosso respiro e lanciare all'altro ragazzo uno degli sguardi più assassini mai fatti.

"Perché non me l'hai detto?" sbotta, ma il tono è più ferito, leggermente imbronciato, che inviperito. Abbassa la testa perché sente ancora una volta quella sensazione triste, quella che gli gonfia il cuore di dolore. Scuote la testa. "Credevo fossimo amici! O almeno compagni di squadra! Non mi hai detto niente, invece!" continua.

C'è un silenzio accompagnato solo dal suono del compagno di squadra che porta il peso del proprio corpo da un piede all'altro, poi una sorta di tosse nervosa.

"Davvero non ti ho detto della mia spalla?" domanda e Momo vorrebbe tirargli la scatola in fronte per vedere se, in qualche modo, un po' di furbizia gli torna. Sbuffa e gonfia di nuovo le guance, lanciandogli l'ennesima occhiataccia.

"Certo che so della tua spalla, ma non è importante!" esclama, cercando di non allarmare la signora in cucina. È arrabbiato, ma non così tanto. O forse sì, tanto, ma spera che mettendo le cose in chiaro non ci sia mai più un'incomprensione del genere.

Sousuke sembra stupito dall'affermazione e di riflesso sale con la mano a toccarsi la spalla, in un gesto nervoso. Anche quella è importante. Ma non di più. Può capire che non gliel'abbia detto, ma si considera suo amico, quindi qualcosa di meno doloroso poteva anche dirglielo, no?

"Perché non mi hai detto che era il tuo compleanno, martedì?!" dice finalmente, spostandogli la mano dalla spalla e costringendolo a guardarlo di nuovo. Sousuke, se possibile, sembra più sorpreso, ma subito ha un sorriso sul viso, qualcosa che non trasmette nessuna felicità, solo un'ironia che a Momo non piace.

Sta per dire che quello non è veramente importante. Lo sta per dire con uno sguardo triste ed un sorriso finto sulle labbra. Momo lo sa perché si conoscono da abbastanza tempo, anche se gli ha nascosto una cosa grave. L'ha osservato -forse un po' troppo spesso- e ha assimilato i suoi gesti, il suo modo di esprimersi, le sue bugie.

Quelle non le sopporta proprio.

"Ho dovuto trovare un regalo in tutta fretta! Il negozio di animali non aveva le gelatine! Ho preso il treno per andare nella città accanto a prenderle! Non mi piaceva neppure la scatola, avrei voluto prenderti tutto con calma e farti un regalo migliore ma tu non mi hai detto niente!" ora il volume della sua voce è acuto, quasi strozzato. Ha la gola ridotta ad uno spillo, perché per la spalla capisce il suo voler nascondere tutto, ma non per qualcosa di tanto semplice come un compleanno.

Momo si sentiva suo amico, prima di questo. Ora non sa bene cos'è.

"Credevo fossimo amici. Non solo compagni di squadra." mormora, abbassando la testa.

"C'è di sicuro che sei un cretino." borbotta Sousuke, posandogli la mano sulla testa. Non fa un gesto carino come Rin, non gli scompiglia i capelli. Gli sfrega le nocche sul cranio con energia, facendogli anche un po' male.

"Ahi! E poi come osi!" replica Momo, liberandosi dalla sua mano e spingendogli la scatola sul petto. "Ti detesto, buon compleanno."

Sousuke scuote una volta la scatola e Momo impallidisce, lanciando un grido rauco.

"Non farlo!"

"Che cosa c'è dentro?" domanda il ragazzo, facendo un passo all'indietro per farlo entrare in camera.

"Un cervo volante."

C'è un altro momento di silenzio che precede la realizzazione che ha rovinato la sorpresa con quella facilità, ma non ha il tempo di scusarsi, perché Sousuke scoppia a ridere e va' a posare la scatola sulla scrivania.

Camera sua è ordinata e ci sono, nonostante tutto, poster di atleti alle pareti. Momo è sollevato, nel vederli. Non hanno parlato direttamente della questione spalla, ha aspettato che fosse Sousuke ad introdurre la questione e nel frattempo sono andati in vacanza. Ha aspettato anche che Sousuke gli chiedesse di vedersi, visto che abitano poco distanti l'uno dall'altro, ma non è successo.

Momo si tormenta le dita, osservando il lavoro preciso che l'altro sta facendo nel togliere la carta ed aprire il cartone che sta all'interno.

È strano. Anche se lo considera un suo amico, anche se non è mai nervoso davanti agli amici, ha paura di risultare a Sousuke fastidioso e stupido. Sono i silenzi, forse, il modo in cui sembra sempre così serio in ogni occasione, la sua media scolastica alta. Momo non è granché, a scuola. Gli piace l'idea di essere bravo nel nuoto, ma nei confronti di Sousuke prova un'ammirazione, un senso di inferiorità, quasi, che a volte non capisce.

"Non credere che regali solo cervi volanti! Ho pensato che quando sarai a casa più spesso potrà avere compagnia e magari ne avevi bisogno anche tu. E non sono animali orribili! Sono timidi e cadono sulla schiena spesso e quando mangiano le boccucce si muovono in modo super-carino!" esclama, senza prendere nemmeno il respiro.

Fa un passo in avanti verso di lui, lo guarda posare sulla scrivania il terrario con la tana già pronta, i legnetti e il termometro, le gelatine, poi la scatola con dentro il coleottero. Non riesce a smettere di pensare che è stata una pessima idea, che chissà cosa penserà di lui, ma le dita di Sousuke sono ipnotiche, mentre toglie il nastro adesivo dalla scatolina e la apre con cura.

"Buongiorno." lo sente dire e, anche se non è facile vedere la sua espressione, c'è un sorriso, in quella voce.

Il cuore gli batte all'impazzata quando lo vede sollevare l'animale tra indice e pollice e posarlo sulla propria mano.

"È il più grosso che ho trovato!" spiega Momo, avvicinandosi ancora, l'idea di non vedere la sua espressione che lo rende troppo nervoso. Il coleottero stringe bene le dita dell'altro nuotatore ed azzarda qualche movimento fuori dalla scatola.

Sousuke finalmente alza il viso verso di lui ed allunga il braccio per mostrare meglio il coleottero. È opaco, di un grigio scuro meraviglioso e a Momo piange un po' il cuore cedere un esemplare così bello.

"Mi hai preso un insetto per tenermi compagnia, Momo." rimarca il nuovo proprietario. Ha di nuovo un sorriso sulle labbra, ma questa volta arriva agli occhi, illuminandoli di divertimento. Non sa se lo stia prendendo in giro o meno, ma Momo si siede a gambe incrociate ed ammira il cervo volante per distrarsi dal batticuore.

Non riesce nemmeno a dirgli che è un coleottero, non un insetto.

Rimangono per alcuni minuti intenti a fissarlo, entrambi, nel silenzio più assoluto. Il rosso ha, sorprendentemente, finito le cose da dire. Non riesce a trovare nulla di divertente o particolarmente interessante da dire, neppure un elenco delle cose da fare per prendersi cura di quella bestiola.

"Mi piace. Grazie."

Momotarou solleva lo sguardo per vedere la bugia, ma non sembra esserci, nemmeno quando Sousuke porta il coleottero nella sua teca e la chiude con cura. Lo guarda ancora mentre la mette sotto la scrivania, all'ombra... sopra un'altra del tutto identica.

"Pyunsuke?" chiede Momo, ritrovandosi ad osservare un secondo esemplare di cervo volante, intento a sgambettare per recuperare l'equilibrio perso e rivoltarsi. Senza dubbio Pyunsuke. Non credeva di ritrovarlo lì, ora si sente in colpa ad avergliene portato un secondo.

"Pyunsuke." conferma il più grande, guardando verso i due terrari piuttosto che verso il sorpreso kohai alla sua destra.

Ha tenuto Pyunsuke. L'ha tenuto bene, considerando la teca di buona qualità, il muschio e i legnetti che ha usato. Nel piattino per il cibo c'è un piccolo pezzo di pesca che il coleottero sta mordicchiando con aria felice -per quanto possa sembrarlo, Momo comunque ne è convinto- le zampette ben strette intorno.

"Perché hai tenuto Pyunsuke?" domanda, confuso. Che arrivasse davvero a Gou era una speranza vana, ma credeva che l'avrebbe liberato, più che tenerlo come animale domestico.

"Perché l'hai chiamato Pyunsuke?"

"È un nome carino." risponde, gli occhi fissi sulle due teche, le guance arrossate. Vorrebbe non essere mai arrivato in cima alla collina su cui è situata la casa di Sousuke, all'improvviso. Si sente nudo, di fronte a lui, più nudo che nelle docce, in un senso più intimo che lo spaventa.

Il bussare ritmico alla porta lo fa sobbalzare e Sousuke si alza per andare a recuperare il vassoio che la madre ha portato.

"Tutto bene?" la sente mormorare, un po' preoccupata.

"Bene. Colpa mia." Sousuke risponde, prima del silenzio che precede la chiusura della porta.

Sente una sedia trascinata fino alla scrivania ed alza lo sguardo. Il senpai ha posato un vassoio carico di dolci e bibite sulla sua superficie e Momo, a vederli, fa un piccolo verso di sorpresa. Sente che ride, ma non se la prende davvero, più interessato a sedersi e lanciarsi su quello che sembra un pasticcino al cocco e cioccolato.

"Mia madre ha una pasticceria." spiega Sousuke, apparendo ancora divertito. "E credo mi detesti perché non porto mai nessuno a casa per assaggiare le sue creazioni della domenica."

Momo smette di puntare il dolcetto e tenta di trattenersi, aspettando che sia il padrone di casa a servirsi. Ha voglia di chiedergli un milione di cose diverse, ha voglia di sapere di più, oltre a quello che già gli ha raccontato, oltre al nuoto. Sa che dopo il liceo non è ancora sicuro di quello che farà e in questo sono simili.

Ma Sousuke non sembra spaventato e Momotarou vorrebbe essere come lui.

"Se non le assaggi nemmeno tu credo che mi odierà molto di più."

Momo sobbalza e, senza troppi complimenti, si lancia sui dolcetti. Quello al cocco ha un ripieno di cioccolato bianco che gli fa venire le lacrime agli occhi e ne prova uno che sembra alla menta, con tanto di scagliette verde scuro sopra, ma si rivela al tè verde. Quasi soffoca per la sorpresa, ma Sousuke è pronto a dargli un sorso di tè.

"Sono buonissimi!" si affretta a dire, ancora mezzo soffocato e con un bignè per metà in mano. Non lo dice tanto per dire, potrebbe essere il suo cibo preferito, almeno per una settimana. "Posso venirti a trovare anche la settimana prossima?" domanda, nell'ansia di potersi ritrovare di nuovo davanti a quei dolci.

Sousuke ha ancora quel sorriso, quello che fa sentire Momo fiero di sé, capace di metterlo di buon umore. Importa poco sembrare un po' stupido, nel tentativo. Si appoggia con il gomito al tavolo e lo osserva con la guancia ferma nel palmo, prima di sbuffare.

"Momo. La settimana prossima saremo a scuola." gli ricorda. Momo per qualche motivo diventa rosso, la figuraccia che gli pesa di più del solito e finisce il bigné in silenzio.

Ma non dura troppo. Il tempo di finire due dolcetti e una lattina di tè, Sousuke si stiracchia e muove la spalla per sgranchirsi un poco.

"Come lo devo chiamare?"

"Chi?"

"Il cervo volante. Pyunsuke è un nome certificato per cervo volante? Posso chiamarlo Momopyon?" domanda Sousuke, guardandolo un po' di traverso. A Momo sembra di impallidire ed arrossire allo stesso tempo, caldo e freddo che si alternano per un momento lunghissimo in cui crede che si alzerà e correrà gridando nella foresta. Ma non lo fa, pietrificato dall'idea che lo stia prendendo in giro.

Forse se lo meriterebbe, vista la scenata che ha fatto all'arrivo.

"Momopyon?" ripete, gli occhi assolutamente fissi sul piatto che prima ospitava i dolci, pronti a riempirsi di lacrime quando comincia a non sbattere le palpebre da un po' di tempo.

"Pyunsuke e Momopyon. E poi li facciamo combattere."

Alza finalmente la testa verso di lui, un'espressione di orrore sul volto e non si rilassa neppure incontrando il suo sorriso. Scuote la testa, perché capisce che è uno scherzo, ma improvvisamente gli mancano le parole.

"Se lo chiami Momopyon e poi mangia le pesche non è cannibale?" domanda, tormentandosi le dita con un piccolo broncio.

Non è questo che vorrebbe chiedergli, è sempre la solita domanda, quella che preme sullo stomaco come un macigno ma gli sembra troppo infantile da chiedere per avere una risposta vera.

"Non va' bene. Decideremo dopo, allora. Vuoi giocare a Tekken?" chiede Sousuke, all'improvviso. Se Momo fosse un animaletto, le sue orecchie ora starebbero sull'attenti, interessate. Salta in piedi, entusiasta.

"Sono campione di Tekken!" risponde, nuovamente pieno di energie.

Sousuke ridacchia e va' ad accendere il televisore e la console, ma Momo è rapido a tenerlo per la maglietta, senza quasi rendersene conto, in realtà.

Forse... Forse chiederlo alla sua schiena è più semplice.

"Sousuke? Soucchi. Siamo amici? Come Pyunsuke e Momopyon?" si corregge all'ultimo, ma finisce per risultare ancora più infantile, cercando di rimpicciolirsi, il cuore che batte furiosamente nelle orecchie.

C'è un silenzio, poi un sospiro da parte del più grande. Non si gira, lasciando Momotarou nel panico più totale, fermo a chiedersi se si stia interessando di cose che non lo riguardano, se sia il solo, tra i due, interessato al rapporto che hanno costruito.

"Non siamo come loro, altrimenti passeremmo le giornate a prenderci a testate, no?"

Momo scuote la testa, anche se non può vederlo. Vorrebbe una risposta vera, sincera, anche un rifiuto secco, anche se, probabilmente, gli spezzerebbe il cuore. Illudersi di essere importante per qualcuno e vedere l'illusione cadere in pezzi non è semplice, ancora peggio per uno come lui.

"Sei un buon amico, Momo. " mormora finalmente Sousuke, voltandosi. Sembra esasperato quando gli sfrega di nuovo le nocche sulla testa. "Ma che domande sono?!" chiede, stizzito.

C'è un rossore diffuso sulle sue guance, però, qualcosa che, del tutto naturalmente, da' il permesso a Momo di stringerlo di slancio, probabilmente rompendogli qualche costola e restare così finché Sousuke glielo consente.

Un tempo lunghissimo, in cui resta ad occhi chiusi a sentire le braccia del ragazzo più grande attorno e i suoi sbuffi, ma in cui non prova ad allontanarlo neppure un momento.

   
 
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