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Autore: Tresor    15/09/2014    0 recensioni
[Coppia Daniel Feuerriegel/Pana Hema Taylor]
Com’è cominciata quella strana telefonata?
Un nome sul display dello smartphone.
Quattro lettere.
Un nome semplice eppure insolito.
Un saluto altrettanto semplice…
Genere: Erotico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: Un po' tutti
Note: Lemon | Avvertimenti: nessuno
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Capitolo 3

 

-          E’ bellissimo qui. – Mormora Hema, fissando l’oceano davanti a sé che rolla pigro sulla battigia, aranciato dall’imminente tramonto.

Seduto sotto il portico, tiene tra le mani il bicchiere di succo di frutta che Daniel gli ha appena portato senza quasi sapere cosa debba farne.

Non lo ha guardato mentre glielo porgeva, troppo spaventato di dover sostenere il suo sguardo così diretto e limpido.

Che nemmeno un attimo ha smesso di seguirlo durante tutta la cena, mentre cercava di coinvolgerlo in una parvenza di conversazione, costringendolo a un costante, soffocante imbarazzo.

Ha visto la sua mano entrare nel suo campo visivo e ha deciso che sarebbe stato sufficiente prendere l’oggetto senza per forza sollevare la testa e incontrare il suo proprietario.

Che si è avvicinato piuttosto silenzioso alle sue spalle tanto da non essersi accorto della sua presenza fintanto che non ha scorto le sue dita.

 

Daniel lo oltrepassa, scende un gradino e si siede.

Fissa anche lui l’oceano, dandogli le spalle.

-          Si è un bello spettacolo. – Dichiara con una strana inflessione nella voce.

Hema sposta gli occhi sulla sua ampia schiena, i muscoli a stento contenuti dalla leggera stoffa cotone della maglia, che gli si disegna su ogni piega dei muscoli.

Un groppo di emozione gli si forma al centro della gola, rendendogli improvvisamente il respiro difficile.

Lo stomaco gli si contrae come stretto in una morsa e anche il cuore gli si rivolta contro in una sorta di oscuro ammutinamento, prendendo a battere di nuovo irregolare.

 

Perché?

 

Si chiede disperato, incapace di capire perché d’un tratto si ritrova a provare attrazione per un corpo maschile, quel corpo e solo quello!

 

Quante volte se lo è domandato?

Ha perso il conto.

E tuttavia continua, ostinato, ottuso, a porsi sempre lo stesso interrogativo come se qualcosa si fosse inceppato nella sua testa.

 

Daniel si gira d’un tratto verso di lui, sorprendendolo e facendolo trasalire vistosamente.

Il brusco movimento fa ondeggiare pericolosamente il liquido dorato nel bicchiere.

Alcune gocce zampillarono fuori dal bordo, finendogli sulla pelle.

Imprecando tra sé per la propria stupidità, Hema lo poggia sul pavimento in legno e si porta istintivamente la mano alle labbra per raccoglierle.

Il gusto dolce dell’ace gli inumidisce la bocca che nemmeno sa di avere arida.

Si accorge soltanto un secondo dopo che due occhi verdi hanno seguito il suo gesto innocente, dilatandosi e facendosi più scuri.

Di scatto allontana la mano come un bambino colto in fallo a rubare la marmellata e, sgomento, si rende conto di star arrossendo dal calore che percepisce su tutta la faccia.

Si maledice mentalmente: sta facendo la figura del cretino!

Perché cazzo deve arrossire adesso?

 

-          Bellissimo! – Dice Daniel sottovoce, facendo scorrere lo sguardo su di lui.

Hema si sente a disagio anche se non capisce se il complimento è rivolto a lui o se sta soltanto ribadendo il concetto sulla vista mozzafiato dell’oceano a pochi metri di distanza da loro.

-          Cosa? – Balbetta automaticamente, senza pensare.

-          Ho detto che sei bellissimo. –

 

Ecco, il dubbio è risolto, Hema, contento?

 

-          Eh? ... I… Io? –

Daniel annuisce con un sorriso che gli illumina la bocca e il volto.

-          Smettila! – Sbotta lui di colpo, scattando in piedi.

Impulsivamente si getta giù per i gradini della scala e scende sulla spiaggia, affondando i piedi nella sabbia finissima.

Si gira verso di lui sconvolto e non gli importa più di controllarsi.

Lo ha fatto per tutta la cena, imponendosi di restare calmo e di non fare scenate inutili e incivili.

Ma non ce la fa più.

La testa gli scoppia e le reazioni che gli suscita Daniel con la sua presenza, i suoi sguardi adoranti, con le sue gentilezze dettate si dall’ospitalità, ma non solo, non lo aiutano di certo.

Sono mesi che si sente sotto pressione a causa sua e delle emozioni che gli provoca.

E’ stanco.

D’altra parte non è venuto da lui per quel motivo?

Per capire?

Trovare un filo logico alla follia che si è impossessata della sua mente e del suo cuore?

E mettervi probabilmente una fine prima che fosse diventato pazzo?

 

Daniel lo segue con lo sguardo senza alzarsi, mantenendo una calma che in realtà davvero non sente.

Non gli fa piacere vederlo in quelle condizioni.

Lo capisce perché probabilmente condividono la medesima confusione, ma vederlo esplodere a quel modo contrasta spiacevolmente con l’immagine sorridente e giocosa che ha sempre avuto di lui fin dal primo momento che si sono conosciuti sul set.

Significa che sta male e si rende conto che il pensiero che soffra provoca sofferenza anche a lui.

 

-          Hema, calmati, scusami, mi è sfuggito, non pensavo ti offendesse così e… -

-          Dimmi che ci sta succedendo! – Lo interrompe il ragazzo, sordo alle sue parole. Un’implorazione più che un grido. – Dimmi perché sta accadendo tutto questo? ... Che cos’è questa cosa che sento nel petto e che non mi lascia in pace da mesi? ... Attrazione, sesso, infatuazione, cosa? ... Io non capisco più niente.

Gli uomini non mi hanno mai interessato.

Mi sono sempre piaciute le donne.

Avevo… “ho” una ragazza… e adesso… adesso non riesco neppure a pensare a lei, a quel che provo per lei.

Come mi avvicino sento che è sbagliato.

Nella mia testa si forma l’immagine di te che mi guardi, che mi sorridi, che mi tocchi, e io… io mi allontano da lei sentendomi… in colpa… verso di te… come se ti stessi tradendo.

Passo giorni interi senza sentirla, senza avvertire la sua mancanza.

Mi manchi tu e non riesco a respirare.

Perché so di non poterti chiamare per… per dirti cosa?

Che ho bisogno di te.

Che vorrei vederti, parlarti, sentire le tue braccia intorno a me e non quelle della mia ragazza?

Tutto questo è folle.

E io non so più che cosa pensare. –

-          E’ la stessa cosa che provo io, Hema, e per quanto ci pensi, anch’io non capisco come sia potuto succedere.

All’inizio ho pensato a una suggestione dovuta ai ruoli che avevamo interpretato nella serie.

All’interesse che era scaturito dai media per come il regista aveva voluto la storia d’amore tra due uomini senza scadere nei soliti cliché gay.

Tu da una parte e io dall’altra, nelle interviste abbiamo sempre ribadito che non avevamo avuto alcun problema a interpretare quelle scene.

Ma forse… non so… forse… -

-          … Forse abbiamo mentito! – Lo interrompe il ragazzo sospirando, a quel punto privo di forze per continuare a gridare il proprio disagio.

D’un tratto le ginocchia gli cedono e si accascia sulla sabbia come svuotato.

Abbandona le braccia sulle cosce e per qualche attimo distoglie lo sguardo dal suo interlocutore, che invece ha sempre la curiosa abitudine di guardarlo dritto in faccia che tanto lo mette a disagio.

Daniel rimane in silenzio… e fermo, seduto sul gradino della scala.

Il cuore in tumulto che se ne frega della sua volontà di placarlo.

I pensieri che si agitano e cozzano confusi e rapidi.

La voglia a stento gestibile di raggiungerlo e abbracciarlo per strapparlo dalla sua disperazione inconsolabile.

Il desiderio, inedito, prepotente, di proteggerlo che ha provato così imperioso, poche volte in vita sua, e solo per i membri della sua famiglia.

Mai per uno sconosciuto che invece, d’un tratto, senza preavviso, si è insinuato sotto la pelle e gli suscita emozioni di cui mai avrebbe pensato di essere capace.

 

-          … Io ho mentito! -

La voce contrita, sconfitta, del ragazzo lo rapisce alle proprie riflessioni.

-          Hema…! –

-          Ho mentito!! – Ripete quelli, sollevando gli occhi su di lui, lucidi di lacrime che, malgrado la furiosa lotta con se stesso, fatica a ricacciare indietro. - … Ma lo capisco solo ora… Ho sempre mentito.

Quando Steven mi ha chiesto se avevo problemi a interpretare quel ruolo e gli ho detto che non ne avevo nessuno.

E ne ero convinto fino a che la parte è rimasta sul copione.

Ma tutto è cambiato dopo.

 

Quando sul set abbiamo cominciato a baciarci, mi dicevo che non provavo proprio niente, a parte l’ansia di recitare al meglio e di essere credibile.

Ma non era più vero un istante dopo che ti avevo baciato.

Quando ha voluto che ci toccassimo in quel corridoio e sentivo il calore della tua pelle sotto le mani.

E mi sono convinto che non era niente, solo una parte da impersonare.

E non ci credevo più già un attimo dopo che il tuo respiro mi sfiorava.

Quando i due personaggi hanno fatto l’amore per la prima volta e quel letto doveva essere il teatro del loro incontro.

Quando hai cominciato a baciarmi e a toccarmi, e io a lasciarmi andare alle tue attenzioni.

Ho pensato realmente di essere concentrato solo sulla parte.

Che le emozioni che provavo erano solo la voglia di far bene.

Lì davanti a tutta la troupe e le telecamere.

E invece ho cominciato a sentire ogni tua carezza, ogni tuo bacio sulla pelle.

E la mia testa ha cominciato ad andare per conto proprio.

E non era come quando faccio l’amore con la mia ragazza.

Era completamente diverso.

Era un susseguirsi di emozioni che non capivo, ma che mi mandavano in confusione e mi facevano sentire felice al tempo stesso.

E rabbrividivo e non avrei voluto essere da nessun’altra parte.

E non c’entrava niente la scena che stavamo rappresentando per finta.

Io sentivo te contro di me, lì su quel letto.

Percepivo il tuo corpo che mimava la penetrazione, premuto contro la mia schiena, e mi si accapponava la pelle d’aspettativa, come se da un momento all’altro avesse dovuto succedere davvero.

Ti sentivo e il cuore mi batteva così forte nel petto da rombarmi nelle orecchie.

E il sangue correva così rapido da assordarmi.

E a un certo punto mi è parso di non essere più là, sotto gli occhi di tutti, ma da solo… con te… e i pensieri più assurdi hanno cominciato a formarsi nella mia testa.

E avrei voluto realmente far l’amore con te.

Sentirti dentro di me.

… Dentro… di me…. E non so nemmeno che cazzo vuol dire!!

Sono un maschio, perdio!

So che vuol dire far sesso con una donna.

Non con un uomo.

Che cazzo ne posso sapere di sentire “dentro di me”… ?

E invece su quel letto avevo lo stomaco contratto e non capivo più niente se non il calore delle tue braccia intorno a me, delle tue gambe che mi sfioravano, della tua bocca sulla mia…

E non lo so come non mi sono perso in tutto quello, lì, sotto tutti quegli sguardi.

E mi sono sentito sollevato che Steven si fosse inventato quel lenzuolo tra le mie gambe, perché altrimenti niente mi avrebbe salvato dalla figura di merda più grossa della mia vita... perché mi stavo eccitando e il desiderio di te mi stava divorando…

E quando è finita e non abbiamo dovuto nemmeno replicarla perché era perfetta così, io non sapevo più chi ero e dove fossi.

E mi sono ritrovato a ringraziare non so chi perché se solo avessimo dovuto rifare la scena perché a Steven non era piaciuta, non sarei sopravvissuto.

 

E mi sono sentito abbandonato quando mi hai lasciato, e me ne sono dovuto andare via, inventandomi quella scusa idiota, senza guardare in faccia nessuno, perché ero talmente nel panico da riuscire a stento a mantenere quella specie di controllo che mi ha impedito di far capire a tutti lo stato in cui ero ridotto.

 

E’ stato un inferno e un sogno ogni momento di tenerezza tra i due personaggi.

Ogni volta che dovevamo interpretare una parte intima, avrei voluto scappare, inventarmi qualsiasi cazzata per non farla, e al tempo stesso avrei voluto aver l’opportunità di ripeterla all’infinito perché…. maledizione!!! … perché nella realtà non avrei mai potuto farlo davvero con te al di fuori dei nostri ruoli.

E non capivo perché avrei voluto veramente baciarti e sentirti addosso a me.

Perché ti cercavo in giro per il set, negli studi, quando non riuscivo a vederti.

Perché facevo di tutto per attrarre la tua attenzione e per avere i tuoi occhi su di me.

Solo su di me.

Non riuscivo a razionalizzare tutte le sensazioni che mi provocava guardarti o solo starti vicino.

E d’un tratto non è più servito a un cazzo ripetermi che era sicuramente suggestione.

Che appena fossero finite le riprese, tutto sarebbe passato.

No.

Anzi.

E stato peggio!!

Appena ho preso coscienza del momento in cui sarebbe finita e che non ci saremmo più visti, il panico è aumentato.

E non sono più riuscito a guardarti, a starti vicino senza andare in confusione.

Senza maledirmi per la mia follia.

E mi è mancato il respiro come se all’improvviso mi fosse stato sottratto tutto l’ossigeno. –

 

Respiro che gli viene meno definitivamente dopo quel lungo sfogo, ingarbugliato e frenetico, senza interruzione.

Sputato tutto di getto in un crescendo di tensione che lo lascia esausto e vuoto e dolorante.

 

Ha stretto talmente i pugni sulle cosce senza rendersene conto da aver affondato le unghie nei palmi delle mani, e solo adesso ne avverte il bruciore sottile che lo costringe ad aprirle e a rivoltarle per capire da dove viene il malessere.

Se dalla pelle o dall’interno del cuore.

Tuttavia le lacrime, ormai libere e disperate, gli confondono la visuale e gli impediscono di mettere a fuoco qualsiasi immagine.

E qualunque altro pensiero coerente.

Così si accartoccia su se stesso quasi a voler sparire, esplodendo in un urlo soffocato.

 

Non si accorge quasi che Daniel lo ha raggiunto e si è inginocchiato davanti a lui, se non quando sente che lo prende per le braccia per spingerlo a risollevarsi.

Lo fa, obbedendo al suo comando gentile, sussultando a ogni singhiozzo, cercando di non guardarlo, incapace di sopportare il suo sguardo: qualunque espressione vi sia impressa, non la potrebbe sopportare.

-          Se avessi continuato a guardarmi, probabilmente avresti visto lo specchio della tua pazzia in me, Hema… -

 

Una rivelazione.

 

Tali sono le parole che gli piovono addosso dalla voce spezzata con cui Daniel gli si rivolge.

Una confessione che non ha previsto e che non avrebbe mai potuto immaginare nemmeno tra un milione di anni.

Che gli frantuma definitivamente il fiato in gola, gelandogli le lacrime nelle iridi e i pensieri furiosi nella testa.

Sbatte gli occhi gonfi, annaspando quasi stesse soffocando sotto litri d’acqua.

Si agita cercando di scrollarsi di dosso la sua presa.

Daniel non lo trattiene.

Così come non ha osato interromperlo nel suo lungo e disperato monologo.

 

Ma non ve ne è bisogno perché Hema non scappa, troppo sconvolto, paralizzato in quella posizione, le ginocchia affondate nella sabbia sottile che sfrega contro i jeans.

-          Cosa? –

Lo chiede o lo ha pensato soltanto?

Non sa dirselo.

Tutto quel che riesce a percepire sono le dita dell’uomo davanti a sé che gli si posano leggere sul volto e gli portano via le lacrime dagli occhi in carezze pietose e gentili.

Riesce finalmente a metterlo a fuoco, registrando su quel volto che non gli sta dando pace da mesi, la medesima angoscia che sicuramente stravolge il suo.

In quegli occhi verdissimi, anch’essi lucidi di lacrime ancora fermamente trattenute, la medesima prostrazione e confusione che attanagliano il suo cuore da settimane senza tregua.

Sgomento, riconosce in lui il suo stesso panico e non capisce.

 

Che sta succedendo?

 

Possibile che non sia stato il solo a trovarsi in quella situazione assurda?

 

 

Daniel pare leggergli nella mente quando d’impulso lo avvolge nel proprio abbraccio, premendolo piano sul suo petto, e affondando il viso nei suoi capelli, gli sussurra:

-          Ogni volta, fin dalla prima volta, che ti ho toccato… baciato… accarezzato… abbracciato… ogni maledetta volta… ho voluto farlo davvero con un desiderio folle che non mi riconoscevo.

Non era più finzione scenica.

Non lo è mai stata.

E ci ho messo un po’ a capirlo, esattamente come te.

Ma non ho voluto fermarmi a pensare perché quando ci ho provato, il mio cervello si è rifiutato di ammettere l’unica verità che avrebbe potuto spiegare quel che mi stava succedendo.

Che avrebbe potuto dare un nome all’immediata complicità che si era instaurata tra noi.

Alla voglia irresistibile di cercarti, di starti vicino ogni momento. –

Di colpo si sente spingere indietro.

Hema si libera delle sue braccia un po’ bruscamente, e gli punta in faccia due occhi pieni di risentimento.

-          Perché non mi hai mai detto niente di tutto questo? – Gli domanda, accusatorio.

-          Per gli stessi motivi per cui non mi hai mai detto niente neppure tu, immagino! – Ammette lui candidamente.

-          Ci ho messo quasi un anno per capacitarmi di questo… -

-          Abbiamo vissuto gli stessi stati d’animo, a quanto pare… forse sarebbe stato meglio parlarne prima, ma… come avrei potuto immaginare quel che stavi passando tu? ... Dopo la fine delle riprese non ci siamo più incrociati se non a distanza attraverso interviste sui nostri personaggi.

Sembra quasi che ci siamo evitati…. E… non lo so… forse è stato proprio così!

Con che faccia avrei potuto parlarti con il rischio di entrare nella tua vita da perfetto sconosciuto e scombussolarti? Non ne avevo il diritto. –

-          Come vedi io me ne sono fottuto di averne o no il diritto! –

A Daniel sfugge una risata mentre scrolla la testa.

-          Sei stato più coraggioso di me! –

-          O forse più incosciente! ... E’ che… a un certo punto… ho sentito che dovevo chiamarti… non so spiegarlo… era come se qualcosa mi spingesse a farlo sicuro che in qualche modo avresti capito… e… tu hai capito davvero! –

-          Pazzesco, vero? –

-          … Non lo so… non so niente! – Aggiunge scorato. - Mi sento come se fossi capitato in una realtà parallela e non fossi più io… e non è affatto una bella sensazione… E più provo a cancellare tutto e ad andare avanti… più le cose peggiorano e ci affondo dentro. –

-          E’ così terribile? –

Hema sgrana gli occhi incredulo: che domanda gli sta facendo?

-          Daniel, tu davvero non ti rendi conto? –

-          Di cosa? Che probabilmente ci siamo innamorati sul set di un serial televisivo? –

-          Zitto, non dire cazzate! –

Daniel inclina il capo da un lato fissandolo con un’espressione indecifrabile.

Hema rifletté disorientato che quel gesto lo faceva spesso sul set quando voleva capire qualcosa che gli sfuggiva.

Non è la prima volta che glielo vede fare, né che ne viene in qualche modo soggiogato, come rapito.

E si sente ancora più confuso di scoprirsi improvvisamente sensibile a un atteggiamento che non gli dovrebbe essere familiare e che invece, suo malgrado, lo è.

-          E tu… - Indaga l’uomo lentamente, scrutandolo impietoso. - … come definisci quello che proviamo? –

-          E che cazzo ne so? –

-          Hai paura delle parole, Hema, e di quel che significano? –

-          E tu da quando cazzo è che fai il filosofo? –

-          Cerco solo di dare un nome alle cose: è l’unico modo che conosco per capirle… Tu invece che vuoi fare? … - Attende una risposta che non viene, perciò aggiunge: -  Perché sei venuto qui, Hema? –

Il ragazzo trasale, ma tutto quel che sa fare è scattare in piedi e mettere più distanza possibile tra sé e lui.

Daniel lo segue con lo sguardo allontanarsi verso la riva, si alza a sua volta, ma non lo segue, lasciandogli il tempo di raccogliere i pensieri.

E concedendolo anche a se stesso.

Che cosa vuole lui?

Se lo chiede.

      Perché malgrado Hema sia convinto che quella storia gli stia scivolando addosso senza sconvolgerlo più di tanto, le cose stanno decisamente in modo diverso.

E adesso più che mai ne è consapevole.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

   
 
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