Capitolo
3
-
E’
bellissimo qui. – Mormora Hema, fissando l’oceano davanti a sé che
rolla pigro
sulla battigia, aranciato dall’imminente tramonto.
Seduto
sotto il portico, tiene
tra le mani il bicchiere di succo di frutta che Daniel gli ha appena
portato
senza quasi sapere cosa debba farne.
Non lo
ha guardato mentre
glielo porgeva, troppo spaventato di dover sostenere il suo sguardo
così
diretto e limpido.
Che
nemmeno un attimo ha
smesso di seguirlo durante tutta la cena, mentre cercava di
coinvolgerlo in una
parvenza di conversazione, costringendolo a un costante, soffocante
imbarazzo.
Ha
visto la sua mano entrare
nel suo campo visivo e ha deciso che sarebbe stato sufficiente prendere
l’oggetto senza per forza sollevare la testa e incontrare il suo
proprietario.
Che si
è avvicinato
piuttosto silenzioso alle sue spalle tanto da non essersi accorto della
sua
presenza fintanto che non ha scorto le sue dita.
Daniel
lo oltrepassa, scende
un gradino e si siede.
Fissa
anche lui l’oceano,
dandogli le spalle.
-
Si
è un bello spettacolo. – Dichiara con una strana inflessione nella voce.
Hema
sposta gli occhi sulla
sua ampia schiena, i muscoli a stento contenuti dalla leggera stoffa
cotone
della maglia, che gli si disegna su ogni piega dei muscoli.
Un
groppo di emozione gli si
forma al centro della gola, rendendogli improvvisamente il respiro
difficile.
Lo
stomaco gli si contrae
come stretto in una morsa e anche il cuore gli si rivolta contro in una
sorta
di oscuro ammutinamento, prendendo a battere di nuovo irregolare.
Perché?
Si
chiede disperato,
incapace di capire perché d’un tratto si ritrova a provare attrazione
per un
corpo maschile, quel corpo e solo quello!
Quante
volte se lo è
domandato?
Ha
perso il conto.
E
tuttavia continua,
ostinato, ottuso, a porsi sempre lo stesso interrogativo come se
qualcosa si fosse
inceppato nella sua testa.
Daniel
si gira d’un tratto
verso di lui, sorprendendolo e facendolo trasalire vistosamente.
Il
brusco movimento fa
ondeggiare pericolosamente il liquido dorato nel bicchiere.
Alcune
gocce zampillarono
fuori dal bordo, finendogli sulla pelle.
Imprecando
tra sé per la
propria stupidità, Hema lo poggia sul pavimento in legno e si porta
istintivamente la mano alle labbra per raccoglierle.
Il
gusto dolce dell’ace gli
inumidisce la bocca che nemmeno sa di avere arida.
Si
accorge soltanto un
secondo dopo che due occhi verdi hanno seguito il suo gesto innocente,
dilatandosi e facendosi più scuri.
Di
scatto allontana la mano
come un bambino colto in fallo a rubare la marmellata e, sgomento, si
rende
conto di star arrossendo dal calore che percepisce su tutta la faccia.
Si
maledice mentalmente: sta
facendo la figura del cretino!
Perché
cazzo deve arrossire
adesso?
-
Bellissimo!
– Dice Daniel sottovoce, facendo scorrere lo sguardo su di lui.
Hema si
sente a disagio
anche se non capisce se il complimento è rivolto a lui o se sta
soltanto
ribadendo il concetto sulla vista mozzafiato dell’oceano a pochi metri
di
distanza da loro.
-
Cosa?
– Balbetta automaticamente, senza pensare.
-
Ho
detto che sei bellissimo. –
Ecco,
il dubbio è risolto,
Hema, contento?
-
Eh?
... I… Io? –
Daniel
annuisce con un
sorriso che gli illumina la bocca e il volto.
-
Smettila!
– Sbotta lui di colpo, scattando in piedi.
Impulsivamente
si getta giù
per i gradini della scala e scende sulla spiaggia, affondando i piedi
nella
sabbia finissima.
Si gira
verso di lui
sconvolto e non gli importa più di controllarsi.
Lo ha
fatto per tutta la
cena, imponendosi di restare calmo e di non fare scenate inutili e
incivili.
Ma non
ce la fa più.
La
testa gli scoppia e le
reazioni che gli suscita Daniel con la sua presenza, i suoi sguardi
adoranti,
con le sue gentilezze dettate si dall’ospitalità, ma non solo, non lo
aiutano
di certo.
Sono
mesi che si sente sotto
pressione a causa sua e delle emozioni che gli provoca.
E’
stanco.
D’altra
parte non è venuto
da lui per quel motivo?
Per
capire?
Trovare
un filo logico alla
follia che si è impossessata della sua mente e del suo cuore?
E
mettervi probabilmente una
fine prima che fosse diventato pazzo?
Daniel
lo segue con lo
sguardo senza alzarsi, mantenendo una calma che in realtà davvero non
sente.
Non gli
fa piacere vederlo
in quelle condizioni.
Lo
capisce perché
probabilmente condividono la medesima confusione, ma vederlo esplodere
a quel
modo contrasta spiacevolmente con l’immagine sorridente e giocosa che
ha sempre
avuto di lui fin dal primo momento che si sono conosciuti sul set.
Significa
che sta male e si
rende conto che il pensiero che soffra provoca sofferenza anche a lui.
-
Hema,
calmati, scusami, mi è sfuggito, non pensavo ti offendesse così e… -
-
Dimmi
che ci sta succedendo! – Lo interrompe il ragazzo, sordo alle sue
parole. Un’implorazione
più che un grido. – Dimmi perché sta accadendo tutto questo? ... Che
cos’è
questa cosa che sento nel petto e che non mi lascia in pace da mesi?
...
Attrazione, sesso, infatuazione, cosa? ... Io non capisco più niente.
Gli
uomini non mi hanno mai
interessato.
Mi sono
sempre piaciute le
donne.
Avevo…
“ho” una ragazza… e
adesso… adesso non riesco neppure a pensare a lei, a quel che provo per
lei.
Come mi
avvicino sento che è
sbagliato.
Nella
mia testa si forma
l’immagine di te che mi guardi, che mi sorridi, che mi tocchi, e io… io
mi
allontano da lei sentendomi… in colpa… verso di te… come se ti stessi
tradendo.
Passo
giorni interi senza
sentirla, senza avvertire la sua mancanza.
Mi
manchi tu e non riesco a
respirare.
Perché
so di non poterti
chiamare per… per dirti cosa?
Che ho
bisogno di te.
Che
vorrei vederti,
parlarti, sentire le tue braccia intorno a me e non quelle della mia
ragazza?
Tutto
questo è folle.
E io
non so più che cosa
pensare. –
-
E’
la stessa cosa che provo io, Hema, e per quanto ci pensi, anch’io non
capisco
come sia potuto succedere.
All’inizio
ho pensato a una
suggestione dovuta ai ruoli che avevamo interpretato nella serie.
All’interesse
che era
scaturito dai media per come il regista aveva voluto la storia d’amore
tra due uomini
senza scadere nei soliti cliché gay.
Tu da
una parte e io
dall’altra, nelle interviste abbiamo sempre ribadito che non avevamo
avuto
alcun problema a interpretare quelle scene.
Ma
forse… non so… forse… -
-
…
Forse abbiamo mentito! – Lo interrompe il ragazzo sospirando, a quel
punto
privo di forze per continuare a gridare il proprio disagio.
D’un
tratto le ginocchia gli
cedono e si accascia sulla sabbia come svuotato.
Abbandona
le braccia sulle
cosce e per qualche attimo distoglie lo sguardo dal suo interlocutore,
che
invece ha sempre la curiosa abitudine di guardarlo dritto in faccia che
tanto
lo mette a disagio.
Daniel
rimane in silenzio… e
fermo, seduto sul gradino della scala.
Il
cuore in tumulto che se
ne frega della sua volontà di placarlo.
I
pensieri che si agitano e
cozzano confusi e rapidi.
La
voglia a stento gestibile
di raggiungerlo e abbracciarlo per strapparlo dalla sua disperazione
inconsolabile.
Il
desiderio, inedito,
prepotente, di proteggerlo che ha provato così imperioso, poche volte
in vita
sua, e solo per i membri della sua famiglia.
Mai per
uno sconosciuto che
invece, d’un tratto, senza preavviso, si è insinuato sotto la pelle e
gli
suscita emozioni di cui mai avrebbe pensato di essere capace.
-
…
Io ho mentito! -
La voce
contrita, sconfitta,
del ragazzo lo rapisce alle proprie riflessioni.
-
Hema…!
–
-
Ho
mentito!! – Ripete quelli, sollevando gli occhi su di lui, lucidi di
lacrime
che, malgrado la furiosa lotta con se stesso, fatica a ricacciare
indietro. - …
Ma lo capisco solo ora… Ho sempre mentito.
Quando
Steven mi ha chiesto
se avevo problemi a interpretare quel ruolo e gli ho detto che non ne
avevo
nessuno.
E ne
ero convinto fino a che
la parte è rimasta sul copione.
Ma
tutto è cambiato dopo.
Quando
sul set abbiamo
cominciato a baciarci, mi dicevo che non provavo proprio niente, a
parte
l’ansia di recitare al meglio e di essere credibile.
Ma non
era più vero un
istante dopo che ti avevo baciato.
Quando
ha voluto che ci
toccassimo in quel corridoio e sentivo il calore della tua pelle sotto
le mani.
E mi
sono convinto che non
era niente, solo una parte da impersonare.
E non
ci credevo più già un
attimo dopo che il tuo respiro mi sfiorava.
Quando
i due personaggi
hanno fatto l’amore per la prima volta e quel letto doveva essere il
teatro del
loro incontro.
Quando
hai cominciato a
baciarmi e a toccarmi, e io a lasciarmi andare alle tue attenzioni.
Ho
pensato realmente di
essere concentrato solo sulla parte.
Che le
emozioni che provavo
erano solo la voglia di far bene.
Lì
davanti a tutta la troupe
e le telecamere.
E
invece ho cominciato a
sentire ogni tua carezza, ogni tuo bacio sulla pelle.
E la
mia testa ha cominciato
ad andare per conto proprio.
E non
era come quando faccio
l’amore con la mia ragazza.
Era
completamente diverso.
Era un
susseguirsi di
emozioni che non capivo, ma che mi mandavano in confusione e mi
facevano sentire
felice al tempo stesso.
E
rabbrividivo e non avrei
voluto essere da nessun’altra parte.
E non
c’entrava niente la
scena che stavamo rappresentando per finta.
Io
sentivo te contro di me,
lì su quel letto.
Percepivo
il tuo corpo che
mimava la penetrazione, premuto contro la mia schiena, e mi si
accapponava la
pelle d’aspettativa, come se da un momento all’altro avesse dovuto
succedere
davvero.
Ti
sentivo e il cuore mi
batteva così forte nel petto da rombarmi nelle orecchie.
E il
sangue correva così
rapido da assordarmi.
E a un
certo punto mi è
parso di non essere più là, sotto gli occhi di tutti, ma da solo… con
te… e i
pensieri più assurdi hanno cominciato a formarsi nella mia testa.
E avrei
voluto realmente far
l’amore con te.
Sentirti
dentro di me.
…
Dentro… di me…. E non so
nemmeno che cazzo vuol dire!!
Sono un
maschio, perdio!
So che
vuol dire far sesso
con una donna.
Non con
un uomo.
Che
cazzo ne posso sapere di
sentire “dentro di me”… ?
E
invece su quel letto avevo
lo stomaco contratto e non capivo più niente se non il calore delle tue
braccia
intorno a me, delle tue gambe che mi sfioravano, della tua bocca sulla
mia…
E non
lo so come non mi sono
perso in tutto quello, lì, sotto tutti quegli sguardi.
E mi
sono sentito sollevato
che Steven si fosse inventato quel lenzuolo tra le mie gambe, perché
altrimenti
niente mi avrebbe salvato dalla figura di merda più grossa della mia
vita...
perché mi stavo eccitando e il desiderio di te mi stava divorando…
E
quando è finita e non
abbiamo dovuto nemmeno replicarla perché era perfetta così, io non
sapevo più
chi ero e dove fossi.
E mi
sono ritrovato a
ringraziare non so chi perché se solo avessimo dovuto rifare la scena
perché a
Steven non era piaciuta, non sarei sopravvissuto.
E mi
sono sentito abbandonato
quando mi hai lasciato, e me ne sono dovuto andare via, inventandomi
quella
scusa idiota, senza guardare in faccia nessuno, perché ero talmente nel
panico
da riuscire a stento a mantenere quella specie di controllo che mi ha
impedito
di far capire a tutti lo stato in cui ero ridotto.
E’
stato un inferno e un
sogno ogni momento di tenerezza tra i due personaggi.
Ogni
volta che dovevamo
interpretare una parte intima, avrei voluto scappare, inventarmi
qualsiasi
cazzata per non farla, e al tempo stesso avrei voluto aver
l’opportunità di
ripeterla all’infinito perché…. maledizione!!! … perché nella realtà
non avrei
mai potuto farlo davvero con te al di fuori dei nostri ruoli.
E non
capivo perché avrei
voluto veramente baciarti e sentirti addosso a me.
Perché
ti cercavo in giro
per il set, negli studi, quando non riuscivo a vederti.
Perché
facevo di tutto per
attrarre la tua attenzione e per avere i tuoi occhi su di me.
Solo su
di me.
Non
riuscivo a
razionalizzare tutte le sensazioni che mi provocava guardarti o solo
starti
vicino.
E d’un
tratto non è più
servito a un cazzo ripetermi che era sicuramente suggestione.
Che
appena fossero finite le
riprese, tutto sarebbe passato.
No.
Anzi.
E stato
peggio!!
Appena
ho preso coscienza
del momento in cui sarebbe finita e che non ci saremmo più visti, il
panico è
aumentato.
E non
sono più riuscito a
guardarti, a starti vicino senza andare in confusione.
Senza
maledirmi per la mia
follia.
E mi è
mancato il respiro
come se all’improvviso mi fosse stato sottratto tutto l’ossigeno. –
Respiro
che gli viene meno definitivamente
dopo quel lungo sfogo, ingarbugliato e frenetico, senza interruzione.
Sputato
tutto di getto in un
crescendo di tensione che lo lascia esausto e vuoto e dolorante.
Ha
stretto talmente i pugni
sulle cosce senza rendersene conto da aver affondato le unghie nei
palmi delle
mani, e solo adesso ne avverte il bruciore sottile che lo costringe ad
aprirle
e a rivoltarle per capire da dove viene il malessere.
Se
dalla pelle o dall’interno
del cuore.
Tuttavia
le lacrime, ormai libere
e disperate, gli confondono la visuale e gli impediscono di mettere a
fuoco
qualsiasi immagine.
E
qualunque altro pensiero
coerente.
Così si
accartoccia su se
stesso quasi a voler sparire, esplodendo in un urlo soffocato.
Non si
accorge quasi che
Daniel lo ha raggiunto e si è inginocchiato davanti a lui, se non
quando sente
che lo prende per le braccia per spingerlo a risollevarsi.
Lo fa,
obbedendo al suo
comando gentile, sussultando a ogni singhiozzo, cercando di non
guardarlo,
incapace di sopportare il suo sguardo: qualunque espressione vi sia
impressa,
non la potrebbe sopportare.
-
Se
avessi continuato a guardarmi, probabilmente avresti visto lo specchio
della
tua pazzia in me, Hema… -
Una
rivelazione.
Tali
sono le parole che gli
piovono addosso dalla voce spezzata con cui Daniel gli si rivolge.
Una
confessione che non ha
previsto e che non avrebbe mai potuto immaginare nemmeno tra un milione
di
anni.
Che gli
frantuma
definitivamente il fiato in gola, gelandogli le lacrime nelle iridi e i
pensieri furiosi nella testa.
Sbatte
gli occhi gonfi,
annaspando quasi stesse soffocando sotto litri d’acqua.
Si
agita cercando di
scrollarsi di dosso la sua presa.
Daniel
non lo trattiene.
Così
come non ha osato
interromperlo nel suo lungo e disperato monologo.
Ma non
ve ne è bisogno
perché Hema non scappa, troppo sconvolto, paralizzato in quella
posizione, le
ginocchia affondate nella sabbia sottile che sfrega contro i jeans.
-
Cosa?
–
Lo
chiede o lo ha pensato
soltanto?
Non sa
dirselo.
Tutto
quel che riesce a
percepire sono le dita dell’uomo davanti a sé che gli si posano leggere
sul
volto e gli portano via le lacrime dagli occhi in carezze pietose e
gentili.
Riesce
finalmente a metterlo
a fuoco, registrando su quel volto che non gli sta dando pace da mesi,
la
medesima angoscia che sicuramente stravolge il suo.
In
quegli occhi verdissimi,
anch’essi lucidi di lacrime ancora fermamente trattenute, la medesima
prostrazione e confusione che attanagliano il suo cuore da settimane
senza
tregua.
Sgomento,
riconosce in lui
il suo stesso panico e non capisce.
Che sta
succedendo?
Possibile
che non sia stato
il solo a trovarsi in quella situazione assurda?
Daniel
pare leggergli nella
mente quando d’impulso lo avvolge nel proprio abbraccio, premendolo
piano sul
suo petto, e affondando il viso nei suoi capelli, gli sussurra:
-
Ogni
volta, fin dalla prima volta, che ti ho toccato… baciato… accarezzato…
abbracciato… ogni maledetta volta… ho voluto farlo davvero con un
desiderio
folle che non mi riconoscevo.
Non era
più finzione
scenica.
Non lo
è mai stata.
E ci ho
messo un po’ a
capirlo, esattamente come te.
Ma non
ho voluto fermarmi a
pensare perché quando ci ho provato, il mio cervello si è rifiutato di
ammettere l’unica verità che avrebbe potuto spiegare quel che mi stava
succedendo.
Che
avrebbe potuto dare un
nome all’immediata complicità che si era instaurata tra noi.
Alla
voglia irresistibile di
cercarti, di starti vicino ogni momento. –
Di
colpo si sente spingere
indietro.
Hema si
libera delle sue
braccia un po’ bruscamente, e gli punta in faccia due occhi pieni di
risentimento.
-
Perché
non mi hai mai detto niente di tutto questo? – Gli domanda, accusatorio.
-
Per
gli stessi motivi per cui non mi hai mai detto niente neppure tu,
immagino! –
Ammette lui candidamente.
-
Ci
ho messo quasi un anno per capacitarmi di questo… -
-
Abbiamo
vissuto gli stessi stati d’animo, a quanto pare… forse sarebbe stato
meglio
parlarne prima, ma… come avrei potuto immaginare quel che stavi
passando tu?
... Dopo la fine delle riprese non ci siamo più incrociati se non a
distanza
attraverso interviste sui nostri personaggi.
Sembra
quasi che ci siamo
evitati…. E… non lo so… forse è stato proprio così!
Con che
faccia avrei potuto parlarti
con il rischio di entrare nella tua vita da perfetto sconosciuto e
scombussolarti? Non ne avevo il diritto. –
-
Come
vedi io me ne sono fottuto di averne o no il diritto! –
A
Daniel sfugge una risata
mentre scrolla la testa.
-
Sei
stato più coraggioso di me! –
-
O
forse più incosciente! ... E’ che… a un certo punto… ho sentito che
dovevo
chiamarti… non so spiegarlo… era come se qualcosa mi spingesse a farlo
sicuro
che in qualche modo avresti capito… e… tu hai capito davvero! –
-
Pazzesco,
vero? –
-
…
Non lo so… non so niente! – Aggiunge scorato. - Mi sento come se fossi
capitato
in una realtà parallela e non fossi più io… e non è affatto una bella
sensazione… E più provo a cancellare tutto e ad andare avanti… più le
cose
peggiorano e ci affondo dentro. –
-
E’
così terribile? –
Hema
sgrana gli occhi incredulo:
che domanda gli sta facendo?
-
Daniel,
tu davvero non ti rendi conto? –
-
Di
cosa? Che probabilmente ci siamo innamorati sul set di un serial
televisivo? –
-
Zitto,
non dire cazzate! –
Daniel
inclina il capo da un
lato fissandolo con un’espressione indecifrabile.
Hema
rifletté disorientato che
quel gesto lo faceva spesso sul set quando voleva capire qualcosa che
gli
sfuggiva.
Non è
la prima volta che
glielo vede fare, né che ne viene in qualche modo soggiogato, come
rapito.
E si
sente ancora più
confuso di scoprirsi improvvisamente sensibile a un atteggiamento che
non gli dovrebbe
essere familiare e che invece, suo malgrado, lo è.
-
E
tu… - Indaga l’uomo lentamente, scrutandolo impietoso. - … come
definisci
quello che proviamo? –
-
E
che cazzo ne so? –
-
Hai
paura delle parole, Hema, e di quel che significano? –
-
E
tu da quando cazzo è che fai il filosofo? –
-
Cerco
solo di dare un nome alle cose: è l’unico modo che conosco per capirle…
Tu
invece che vuoi fare? … - Attende una risposta che non viene, perciò
aggiunge:
- Perché sei venuto
qui, Hema? –
Il
ragazzo trasale, ma tutto
quel che sa fare è scattare in piedi e mettere più distanza possibile
tra sé e
lui.
Daniel
lo segue con lo sguardo
allontanarsi verso la riva, si alza a sua volta, ma non lo segue,
lasciandogli
il tempo di raccogliere i pensieri.
E
concedendolo anche a se
stesso.
Che
cosa vuole lui?
Se lo
chiede.
Perché
malgrado Hema sia convinto che
quella storia gli stia scivolando addosso senza sconvolgerlo più di
tanto, le
cose stanno decisamente in modo diverso.
E
adesso più che mai ne è consapevole.